3 March, 2002

 

E' uscito il nuovo numero della news letter "Fuori Registro" . Ecco il sommario:

Sommario Terroristi
di Giorgio Boni
Per Libera
di Vincenzo Viola
Caro Presidente, ci affidiamo a Lei...
di Lucia Bonaffino
Scuola dell'infanzia: non vogliamo questa riforma
di Teresina Vignola
Confessioni di un eretico hi-tech
di Sergio Pennacchietti
Avatar, mondi virtuali
di Emanuela Cerutti
La rivista di storia
di Giovanna Casapollo
Perplessità
di Gianni Mereghetti
Per un nuovo “j’accuse” degli intellettuali
di Federico Repetto
Omaggi
di Pierpaolo Paolizzi
Pulci nella mente
di Elpidio Iorio
Libertà per le Associazioni e riconoscimento del loro pubblico ruolo
di Rolando A. Borzetti
Caro onorevole, quale pena rende giustizia?
di Vincenzo Andraous
Carovana antimafia in Lombardia
di Libera
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Riportiamo dalla news letter di cui sopra un interessante articolo sull'informatica nella scuola. Il tenore dell'articolo è condiviso da chi scrive. Tale idee vengopno proprio da chi utilizza il computer quotidianamente e non certo da novizio. Non sarà che l'utilizzo prolungato del computer nella didattica favorisca il progetto complessivo di ignoranza?...

Confessioni di un eretico hi-tech
di Sergio Pennacchietti
Il titolo riprende quello del bel saggio dell'astronomo americano, uno dei padri di Internet Clifford Stoll, Confessioni di un eretico hi-tech. Perché i computer nelle scuole non servono, TO, Garzanti, 2001


Il progetto di riforma Moratti intende realizzare (qualcuno aveva dei dubbi?) le poche, ma chiare, idee enunciate nella famosa ricetta delle “tre i”, pubblicizzata a suo tempo nei manifesti preelettorali di Berlusconi. Ricordate? “Inglese, Internet, Impresa” (non ricordo bene l’ordine degli addendi, ma tanto il risultato non cambia…).
Scorrendo infatti gli articoli della Delega al Governo, possiamo verificare la centralità di queste “I”. Mi soffermerò solo sull’informatica e su internet, che (insieme alle lingue straniere) sono gli unici contenuti didattici esplicitati nello scarno e generico documento.
Si parla (art.2 punto f) di “alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche” fin nella scuola primaria (dai 5 anni e mezzo, quindi) e a proposito della scuola secondaria di primo grado si dice che “cura l’approfondimento nelle tecnologie informatiche”.
Per quanto riguarda il secondo ciclo, si dice che esso: “ ….è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale; in tale ambito [sic!], viene curato lo sviluppo delle conoscenze relative all’uso delle tecnologie informatiche e delle reti…”.
In realtà questa centralità dell’informatica e della rete nell’attività scolastica era già stata sostenuta (seppur in maniera meno invasiva) da vari ministri, in particolare da Berlinguer.
Credo sia proprio giunto il momento di aprire un dibattito di valutazione critica di quello che è stata l’invasione dei computer nelle scuole, anche per prepararci a difendere la scuola da tutto ciò.
Tutti conosciamo i costi di questa ormai decennale operazione di informatizzazione della didattica, propagandata “culturalmente” dai vari Maragliano e sostenuta certamente dalle potenti multinazionali dell’informatica. I docenti sono stati bombardati da corsi di aggiornamento, pressioni di ogni tipo (la scuola non va? E’ colpa della didattica antiquata! La soluzione del successo formativo? Il computer, la multimedialità, gli ipertesti!).
I pochi insegnanti che hanno fatto resistenza sono stati costretti a sentirsi irrimediabilmente vecchi, incapaci di modernizzarsi.
Per quanto mi riguarda sono stato tra quelli che – a partire da una sensazione di oggettiva difficoltà a dare risposte al problema dell’efficacia della didattica – mi sono buttato con entusiasmo nella novità. Ho costruito con i miei studenti ipertesti, ho utilizzato internet, ho fatto lezioni con i Cd-rom. La mia scuola (un liceo scientifico) ha acquistato ben tre laboratori di informatica, utilizzati dagli insegnanti di matematica (Piano Nazionale per l’Informatica), dai colleghi di lingue, da molti insegnanti di altre materie.
Ma in questi ultimi anni mi sembra che l’entusiasmo (non solo a me) stia progressivamente calando, e non credo solo perché si è scoperto che l’utilizzo di queste macchine porta via al docente un sacco di tempo. Sempre più colleghi scoprono che gli studenti dal computer ricevono assai pochi stimoli a ragionare (si accontentano di verificare che – chissà come – il programma fa così bene i grafici al posto loro, che nella rete trovi davvero tutto (ma chi insegna a distinguere la qualità dell’informazione?) con grande facilità (oh, come sono belle queste tesine multimediali…).
Eppure ancora oggi studiosi di ogni genere ci bombardano con idee peregrine, tipo quella dell’ “apprendimento incidentale”, che consisterebbe nel fenomeno miracoloso per cui si acquisiscono conoscenze senza accorgersene, saltando di qua e di là con il click del mouse (è più o meno il meccanismo su cui si basa la forza della pubblicità).
Ho però la sensazione che stia affiorando in più d’un docente la convinzione che non bastino più i facili slogan o le affermazioni assiomatiche, ma occorra appunto “aprire un dibattito critico” su tutta l’operazione, che ci ha travolto senza darci il tempo di riflettere e sia quindi ora di valutare tutta la vicenda, fuori dagli acritici entusiasmi pionieristici e, soprattutto, con in mano i risultati delle nostre seppur parziali esperienze dirette.
Il clima certo non è dei migliori: discorsi come questi possono apparire eretici a chi, astrattamente e/o da pedagogista, continua a diffondere (“astuto o folle”) le magnifiche sorti e progressive della scuola rinnovata dall’informatica.
Per parte mia consiglio la lettura del libro di Stoll (Confessioni di un eretico hi-tech), che – analizzando la realtà degli U.S.A. - smitizza con argomenti convincenti i grandi discorsi sull’utilità di questi strumenti nelle scuole, arrivando più che altro a mostrare quali possono essere i danni di una didattica impostata su queste macchine.
Ci sarà qualcuno – mi chiedo - che organizzi incontri, dibattiti, questa volta non solo propagandistici, su questi argomenti? O si tratta di argomenti “tabù”, visti gli interessi che sono in gioco?
Certamente ho presente le possibili accuse: ecco il solito insegnante conservatore che criminalizza l’uso dei computer (come qualcuno ancora fa della televisione): in realtà io sono ben convinto dell’utilità dell’informatica nella nostra società: quello che non condivido è che venga considerato importante dedicare ore ed ore di scuola (ovviamente non mi riferisco a scuole di tipo tecnico, né tantomeno professionali) per imparare quello che ciascuno può imparare facilmente e in poco tempo fuori dalla scuola (ad esempio ad usare word oppure excel). Ben altre cose – a mio parere – andrebbero fatte a scuola: penso ancora ad un idea di scuola primaria dove si impari a scrivere con la penna, si facciano i calcoli con le dita delle mani, ecc. e più in generale penso ad una scuola come luogo di formazione…

Sergio Pennacchietti
Liceo “E.Vittorini” - Milano

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Da Kataweb, sulla riforma degli organi collegiali:

Organi collegiali, riforma sotto tiro

La Cgil sta organizzando "una grande mobilitazione" in tutte le
scuole alla quale hanno già aderito anche i Verdi; la Uil esprime "netto dissenso" e annuncia iniziative di "pressione e informazione" nei confronti dei parlamentari; l'Unione degli studenti proclama tre giornate di mobilitazione nazionale (dal 6 all'8 marzo) con manifestazioni in varie città: le critiche che erano subito piovute sulla riforma degli organi collegiali che arriverà in aula alla Camera i primi di marzo dopo essere stata approvata dalla Commissione cultura, si stanno ora trasformando in concrete iniziative di protesta.
La Cgil scuola, bocciando il provvedimento, invita "tutti coloro che considerano la natura pubblica dell'istruzione una valore e la democrazia un diritto" a contribuire "alla promozione di una grande e duratura mobilitazione in tutte le scuole in concomitanza con la prossima discussione parlamentare del disegno di legge".
Il testo di riforma degli Organi collegiali della scuola - afferma infatti il segretario generale della Cgil Scuola, Enrico Panini - "è pessimo. Con pochi articoli si trasforma la scuola in impresa. I docenti sono ridotti al ruolo di semplici esecutori, il personale che opera nei servizi è scacciato da ogni istanza di partecipazione come fossero appestati, sui genitori si scarica una cultura familistica in base alla quale si alimenta la convinzione che l'istruzione abbia una dimensione localistica, il dirigente diventa il soggetto sul quale si accentrano poteri e responsabilità in un'assurda e inaccettabile commistione fra indirizzo e gestione".
Secondo Panini "siamo in presenza di una operazione chiaramente ideologica che renderà le scuole più povere di partecipazione proprio quando l'autonomia scolastica avrebbe consentito, finalmente, decisi passi avanti rispetto alla situazione precedente".
Sulla stessa lunghezza d'onda anche il segretario della Uil scuola, Massimo Di Menna: "Purtroppo, dopo tanto discutere è uscita una mediazione che rischia di determinare sfiducia nel personale e problemi alla gestione delle scuole". La Uil Scuola evidenzia, tra l'altro, tre elementi "molto negativi": "l'incomprensibile esclusione del personale Ata, che invece ha una presenza anche nei consigli di amministrazione delle università; l'introduzione del garante degli utenti che, addirittura, solo in quanto il più votato tra i genitori assume la presidenza del comitato di valutazione; la mancata modernizzazione attraverso un'equilibrata presenza delle componenti esterne quali le forze sociali, e la semplice diatriba tra numero dei genitori e numero dei docenti". Rimane "forte la preoccupazione per l'autonomia didattica del corpo docente e su questi aspetti - ha concluso il leader sindacale - la Uil è impegnata ad organizzare modalità di pressione e informazione nei confronti dei parlamentari, per evitare l'approvazione di un testo che creerebbe tensioni, demotivazioni e problemi alle scuole".

Sul piede di guerra anche l'Unione degli studenti. Dal 6 all'8 marzo, sono state proclamate tre giornate di mobilitazione nazionale, con manifestazioni in varie città. Slogan della protesta, mutuato dal dialetto partenopeo, "Acca' nisciuno è fesso!". Sono in programma manifestazioni, assemblee, sit-in e azioni simboliche di disobbedienza: "Ci presenteremo ad esempio ai consigli di istituto indetti nelle scuole per quei giorni - hanno spiegato gli studenti - in numero superiore rispetto a quello oggi previsto, vale a dire tre o quattro, e prenderemo tutti la parola".
L'obiettivo, sottolinea l'Uds, è "costruire un'alleanza anche con le altre componenti della scuola, per chiedere che questa sia innanzitutto luogo di presenza democratica". Un no deciso, quindi, quello pronunciato dall'organizzazione studentesca nei confronti della riforma messa a punto dal ministero dell'Istruzione e della nuova articolazione degli organi collegiali che, afferma l'Uds, "non lasciano spazi reali di discussione e partecipazione all'interno delle scuole". L'Uds contesta, inoltre, la "farsa" del cambio di nome da Consiglio di amministrazione a Consiglio di scuola per il principale organo di autogoverno degli istituti: "Il punto - rilevano gli studenti - è che tale organo non ha alcun potere reale nè facoltà di decidere in merito alle questioni sostanziali della vita scolastica. Non è un problema di numero degli studenti al suo interno rappresentati, nè un problema formale di nome, la questione vera è la funzione che si vuole riconoscere a questo organo fondamentale". Infine, conclude l'Unione degli studenti, "siamo nettamente contrari all'impostazione aziendalistica che si vuole dare alle scuole attraverso i nuovi organi collegiali. La dimostrazione, se ve ne fosse bisogno, è la prevista figura del garante dell'utenza: una figura inaccettabile perchè nella scuola è assurdo parlare di utenza".

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