31 March, 2002

Innanzitutto due articoli su Il Manifesto di ieri, il primo su una cosa che è roiuscita a passare al senato nella discussione dello scudo fiscale e che è abbstanza grave e fa vedere come l'attacco è on genere ai diritti dei lavoratori e non solamente all'art.18 (che ne è diventato simbolo...):

Diritti sindacali sispesi per tre anni
PAOLO ANDRUCCIOLI
Ci sono riusciti. Al senato il governo Berlusconi è riuscito a far passare un emenda-mento al decreto sullo scudo fiscale che sospende i diritti sindacali per quelle aziende che scelgano di uscire dal sommerso. Si tratta di una norma a tempo, perché vale solo per tre anni, ma e un precedente gravissimo. Si e trattato infatti di un vero e proprio blitz, che era state tentato - in modi analoghi - anche per 1'articolo 18. Siccome contro la legge delega del mercato del lavoro e montata 1'opposizione dei sindacati (che a quanta pare non sono affatto isola-ti), allora il governo ha provato a far rientrare dalla finestra i provvedimenti di modifica dello Statuto dei lavoratori attaccandoli appunto al decreto fiscale, che invece viaggia spedito verso 1'approvazione finale. Per 1'articolo 18 - vista anche la forte reazione dei senatori dell'opposizione, soprattutto di quelli diessini - non ci sono riusciti. Per i diritti sindacali invece si. Il senato ha approvato quindi una norma che sospende per tre anni tutti i diritti sindacali a quei lavoratori che vengono fatti uscire dal «nero». Per Cgil, Cisl, Uil si tratta di un fatto di una gravita estrema che non aiuterà certo la tanto decantata ri-presa del dialogo. Su questo blitz abbiamo intervi-stato Giuseppe Casadio della segreteria nazionale della Cgil.
Che cosa e successo al senate e di quale tassello si tratta nella battaglia sull'articolo 18 e i diritti? Per capirlo, bisogna fare un passo indietro. II provvedimento del governo sull'emersione del lavoro nero era gia contenuto nel pacchetto dei 100 giorni. Ini-zialmente la scadenza era stata fissata a novembre, poi e stata spostata a febbraio del 2002, poi proroga-ta fino a giugno e ora si parla addirittura del novem-bre 2002. E' owio che il governo sta in grande difficoltà anche su questo tema perché sappiamo che in tutta 1'Italia solo 159 aziende hanno fatto richiesta di accedere ai benefici di legge per la «sanatoria». Ora -per la precisione il 23 aprile - anche il decreto sullo scudo fiscale e in scadenza. Quindi il governo cerca di accelerare su tutti e due i fronti. Al senato hanno provato a far passare anche la modifica dell'articolo 18, ma non ci sono riusciti. Hanno invece fatto vota-re la norma che sospende per tre anni i diritti sindacali.
In che cosa consiste esattamente questa norma e quanta pesa sui diritti dei lavoratori?
II provvedimento prevede che se un'azienda fa uscire dal «nero» un certo numero di lavoratori, questi non vengono conteggiati per 1'applicazione dello Statuto dei lavoratori. In termini di diritto questi lavoratori praticamente non esistono, non fanno numero per superare la soglia dell'applicazione di molte norme, non solo quelle relative ai diritti sindacali. Noi stia-mo studiando gli effetti di questo blitz anche dal punto di vista strettamente giuridico. Perché e pos-sibile che questo provvedimento modificherà molte
altre leggi. Solo per fare qualche esempio: la legge sui lavoratori disabili o le norme sulle tutele legali. Ma la cosa piu incredibile riguarda anche le modalità di applicazione di questa nuova norma.
Che cosa intendi?
II riferimento per 1'azienda che vuole uscire dal som-merso sarà il sindaco. II progetto per regolarizzare 1'azienda e quindi ottenere tutti i benefici del caso dovrà essere sottoposto al sindaco della città dove e ubicata 1'azienda stessa. A quel punto il sindaco potrà disporre 1'avvio della regolarizzazione in deroga a tutte le altre norme. Se il piano viene accettato e anche possibile che vengano violate le norme ambien-tali, quelle sulla sicurezza e quantaltro visto che la stessa norma prevede la deroga dalla legislazione vi-gente. Si potrebbe verificare il paradosso di una azienda che per uscire dal nero, nega i diritti fonda-mentali ai suoi dipendenti e opera magari in am-bienti igienicamente insani o che producono danni ambientali. Un bel risultato.
Uscire dal sommerso sarebbe comunque, in gene-rale, un fatto positive. Ma qual e, secondo te, il vero li-mite delle proposte governative sul lavoro nero?
Il vero limite di fondo delle proposte legislative del governo sta nel loro presunto carattere di automaticità. Si pensa di innescare un meccanismo automa-tico e non si risolve il problema di fondo: il lavorato-re puo chiedere in qualsiasi momento conto dei suoi diritti passati. Invece di pensare agli automatismi si doveva procedere al contrario. Essendo questo un fenomeno economico e sociale molto complesso, non si può affrontare fuori da un contesto, da una contrattazione con i sindacati, da forme di controllo e di repressione, oltre che di incentivi. Se non si fa questo la battaglia contro il lavoro nero si risolverà in un tragico flop.
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E il secondo articolo, sempre su Il Manifesto, riguarda ciò che abbiamo scritto ieri sulla mancanza di soldi per la riforma e la sparizione in parlamento della legge delega sulla scuola. C'è da piangere o da ridere contenti? Berlusconi aveva promesso che avrebbe tirato fuori i soldi, ma potrebbe essere un modo di rinviare senza perdere troppo la faccia...

Scuola, niente soldi per la riforma
Tremonti l'aveva detto: non ci sono soldi sufficienti per far partire la riforma della scuola. Era il 14 marzo, giorno in cui il consiglio dei ministri aveva approvato - in seconda lettura - il disegno di legge delega sulla riforma. Niente paura aveva assicurato, in quell'occasione, Silvio Berlusconi: il governo si impegna a garantire le risorse necessarie per rilanciare il sistema educativo. Uomo di poche parole ma di molte cifre, il presidente del consiglio si era sbilanciato sino a prevedere la consistenza dell'investimento: tra i 15 e i 19 mila miliardi di lire.
Al momento non solo mancherebbero i soldi ma sembrerebbe persino sparito lo stesso testo del provvedimento. A quest'ora, dovrebbe essere già approdato in commissione Senato per l'avvio dell'iter parlamentare ma se ne sono perse le tracce.
Così - ieri - cominciano a trapelare le prime indiscrezioni. Il disegno di legge potrebbe tornare in consiglio dei ministri perché i conti non tornano: in particolare il piano pluriennale di investimenti sul personale previsto dall'articolo 1 del Ddl non avrebbe alcuna copertura economica. Alla contrattazione separata per docenti e personale Ata proposta da Moratti si era, tra l'altro, opposto lo stesso ministro Frattini. E parere negativo sarebbe stato espresso - solo due giorni fa - dall'intero consiglio dei ministri.
Minimizza il dicastero di viale Trastevere: «Semplici problemi tecnici - si limita a precisare - il disegno di legge era in visione alla presidenza della Repubblica ma Ciampi era fuori Roma e non ha potuto prenderne visione».
Un po' poco per rassicurare quanti da sempre si dichiarano convinti della fragile ossatura finanziaria del progetto-Moratti. «Ci si affida - dichiara il segretario della Cgil scuola, Enrico Panini - all'avventura di cercare risorse di Finanziaria in Finanziaria e intanto si penalizza pesantemente il servizio scolastico pubblico con una drastica riduzione degli organici».
Panini non si mostra stupito dalle indiscrezioni né tantomeno - sostiene - può far testo la precisazione del ministro dell'Istruzione apparsa sul Corsera di martedì: «E' una excusatio non petita - dice - e comunque conferma che per ora non ci sono soldi».
O meglio, ci sarebbero: 155 mila miliardi in previsione di bilancio per leggi in corso di approvazione. Esclusa la scuola. Non quella privata certo - denuncia Panini - per la quale è invece previsto un costante aumento di risorse.
Anche Massimo Di Menna, segretario della Uil-scuola, parla di «incertezza assoluta» ma ne limita la portata alle risorse disponibili per il prossimo anno. E, cauto, aggiunge: «Nulla può farci dire che ci sia una difficoltà di copertura» Nulla tranne che la chiusa delle sue stesse dichiarazioni: «C'è troppa indeterminatezza. Si sta partendo col piede sbagliato»,

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E' uscito stamattina il nuovo numero di fuori registro, vi ricordiamo che fuori registro è una news letter molto interessante che si può ricevere gratuitamente nella propria mailbox, basta iscriversi andando alla url http://www.didaweb.net/fuoriregistro/newsletter.php
Ecco il sommario:
Sommario Con i nostri migliori auguri...
di Fuoriregistro
Due o tre cose dal Circo Massimo
di Antonio Limonciello
World Wide Korogocho
di Daniele Bacchi
Quali indicatori di qualità per l'integrazione?
di Salvatore Nocera
In difesa della scuola italiana
di Cnadsi
Navigando oltre confine...
di Emanuela Cerutti
Il movimento della bicicletta…
di Paolo Manzelli

Riportiamo qui per esteso l'articolo di Limonciello a proposito della manifestazione di Roma:

Due o tre cose dal Circo Massimo
[]
Antonio Limonciello - 25-03-2002
Il silenzio richiesto per Marco Biagi e' calato sul Circo, prende forza il vento nelle bandiere e tra le foglie dei lecci, li' sotto la casa di Augusto milioni di persone finalmente unite.
In cielo 4 elicotteri, ricordo e minaccia, vigilano.
Il nostro nemico e' il terrorismo, che, se pure ci lascia la vita, ci toglie la parola.
Lo sappiamo dal nostro atto di nascita, lo sappiamo perche' sempre e' stato usato contro di noi, lo sappiamo perche' esso e' la negazione dei sogni che
tengono il nostro corpo miserevole.
Sappiamo che i terroristi sono contro di noi, perche' si affermano col potere concentrato nell'atto di
pochi uomini - proprio come quelli che dicono di combattere - mentre la nostra salvezza sta solo nella distribuzione e nella partecipazione di tutti, nel riconoscimento della persona come soggetto di diritti
inalienabili.
Sappiamo perche' conosciamo la storia, e la storia ci dice che tocca a noi, persone pacifiche e senza poteri, unirci e batterli, perche' mai apparati repressivi e giudiziari riusciranno a farlo. Tocca a noi, come gia'
negli anni 1978-82, perche' essi si intendono piu' di fascismo che di democrazia. Tocca a noi perche' sempre dalla storia sappiamo che gli apparati dello stato sono piu' pronti ad usare i terroristi che non a
combatterli.
Tocca a noi, perche' solo noi possiamo battere il terrorismo senza cadere in una spirale la guerra, tocca a noi perche' sappiamo che saremmo noi per primi le vittime di tutte le guerre.
Questa e' la prima cosciente affermazione che correva lungo i 6 cortei di Roma.

Il corpo di un povero cadrebbe subito in pezzi se non ci fosse la forza dei suoi sogni a tenerlo unito. Cosi' ha concluso il suo intervento un emozionato Cofferati.
Ecco, questo fa paura alla destra, e anche a una parte della sinistra, la forza del sogno, non quello di avere una merce, tante merci che si rincorrono una dopo l'altra, ma un sogno piu' grande di tutti, generare, con
atto d'amore generoso, l'affermazione dell'umanita' sognata.
Non si tratta di ottocentesche ideologie, ma del sogno sociale che parti' dalla Palestina 2000 anni fa per giungere fino a noi, quello dell'uomo che si riscatta dalla sua condizione e che lo vuole fare non con la violenza della sopraffazione -che cosa sarebbe la "concorrenza del mercato" degli uomini, o
libero mercato del lavoro?- ma attraverso atti d'amore generoso.
Nel Circo Massimo questo c'era, e da anni non ce lo raccontavamo, forse ci vergognavamo un po', come usano fare gli adulti per le loro emozioni: forse
lo avevamo sostituito per le tante delusioni
subite, forse lo avevamo persino tradito per correre, soli, con le auto delle pubblicita'.
E forse perche' alla fine ci siamo riconosciuti come bambini alla scuola dei polli Amadori a ripetere inconsapevoli la lezioncina dell'allevatore, o forse e' perche' i tanti rivoli di giustificazioni, che pure meritano rispetto, non hanno piu' funzionato che ci siamo ritrovati in quella piazza immensa che e' stata la Roma del 23 marzo 2002.
Il Circo Massimo non e' bastato, il discorso di Cofferati lo hanno potuto sentire solo dal Colosseo alla Piramide passando per il Circo Massimo, chi era piu' lontano non solo non e' mai giunto in piazza ma
neanche ha potuto ascoltare perche' i maxi schermi.e le amplificazioni non andavano piu' in la'. Ed era sabato, e non c'era stato lo sciopero che permette a tutti i lavoratori di partecipare.
Un popolo di sinistra?
Certamente, ma non solo e non riconducibile ai partiti di sinistra, era molto di piu' e molto al di la'.
Nella manifestazione dell'Ulivo del 2 marzo 2002 non c'era un'idea di societa', qui al Circo Massimo c'era, non c'era un sogno a tenere insieme "i pezzi dell'uomo
povero", qui c'era, non c'era unità, qui c'era.
E' tutta qui la differenza tra il centro sinistra politico e il movimento che si e' espresso sotto il sole di Roma.
Il Circo Massimo non e' stato un semplice no! E' stata l'affermazione viva di una societa' sepolta dai media.
"La nostra identita' e' solidarieta'" e tutti si sono alzati in piedi a confermare che quello era il punto.
Non c'e' stata tracotanza, lontana la cialtroneria dei minuetti politici televisivi, neanche un attimo di retorica, Cofferati non sa cosa sia, neppure l'esibizionismo classico di certe manifestazioni di massa.
Non erano dei reduci nostalgici quelli che sfilavano, neppure una societa' che si sente minoritaria, no, c'e' stata fermezza, risolutezza, convinzione profonda
di chi si sente di rappresentare il sentire di tutti gli uomini giusti.
Si e' capito che questo popolo qui non si smuovera' di un millimetro, che ha i piedi piantati nella terra del Circo Massimo, che mettera' radici, e che anche se sconfitto ricordera' e trasmettera' ai figli.
Non bastera' mentire sulle cifre, queste persone tornando a casa moltiplicheranno forme e contenuti di altri movimenti.
Non rispettarli, non tenere conto di ciò e' miopia e corto respiro.
Si e' capito, da Genova 2001, che una nuova semina e' in atto, e forse ora viene primavera, primavera in movimento, volti antichi e volti infantili, volti di donne e uomini nascosti nei retrobottega della sconvenienza
televisiva, quelli che insaccano fegatini di pollo o impastano il pane, quelli che puliscono i vecchi e i malati o lavorano in fonderia, quelli che puliscono le strade e quelli che preparano le merendine che altri senza brufoli mangiano nella pubblicita'.
Queste sconvenienze hanno percorso le strade di Roma, brutti insaccati sono emersi a rivendicare diritti, non difendono vecchi diritti ne pretendono di nuovi,
non difendono se stessi ma il futuro di chi verra', ecco l'atto di generosita' che sembrava non esistere piu'.
Quel popolo non era li' per il posto di lavoro per se, come la propaganda dei megafoni governativi va dicendo, quel popolo era li' per il sogno che i padri possano lasciare un mondo migliore ai loro figli.
Ecco cosa e' stato Roma 23 marzo 2001.

E quando si e' li a milioni capisci che possiamo riprendere parola, che se la televisione e la stampa ce l'hanno negata noi possiamo prenderla nei
luoghi di lavoro, nelle piazze fisiche e nelle piazze virtuali, ovunque ci siano donne e uomini liberi e generosi, ovunque i mezzi lo consentono.
E' questa la forza delle democrazia vera, quella delle persone che si incontrano e sono pari, in luoghi di uomini pari.
Non piu' spettatori, questa e' la nostra vita.
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Un articolo su Il Messaggero Veneto dice che i fondi per la riforma ci sono, ma se uno va a leggere l'articolo attentamente non trova ... nulla. Leggere, leggere...

«Ci sono i fondi per la riforma Moratti»
Il ministero dell’istruzione rassicura su contratti, Finanziaria e legge delega sulla scuola
ROMA – La riforma Moratti è in pericolo? Rischia di essere rifatta per mancanza di copertura finanziaria? L’allarme lanciato da ambienti vicini al mondo della scuola ha avuto una secca smentita dal ministero della pubblica istruzione. E se si è cominciato a mettere in discussione tutto il complesso meccanismo del finanziamento della scuola, anche in relazione alla riforma in atto, le voci di una presunta “coperta corta” sembrano eccessive. Vediamo perchè.
Sul rinnovo del contratto della scuola scaduto il 31 dicembre 2001 si sta accendendo il dibattito su due fronti: in sede parlamentare e nel confronto coi sindacati confederali, già pronti ad aprire la trattativa sulla piattaforma. Un fuoco di sbarramento proveniente sia dalle organizzazioni sindacali sia da alcune aree di minoranza e maggioranza blocca di fatto l’ipotesi del ministro di separare il contratto dei docenti dal pubblico impiego, così come peraltro è già stato fatto per i dirigenti scolastici, che hanno siglato proprio il mese scorso il primo contratto afferente all’area della dirigenza statale. La legge finanziaria approvata in Parlamento ha razionalizzato le risorse destinate all’istruzione per il prossimo triennio. La fetta più consistente di «ossigeno in euro», infatti, se l’è presa il rinnovo dei contratti di tutto il pubblico impiego (complessivamente 1.240,48 milioni di euro). L’accordo siglato il 5 febbraio dai sindacati col governo sull’effettiva copertura finanziaria per i rinnovi contrattuali di tutto il personale del pubblico impiego, compresa quindi la scuola, ha fatto rientrare lo sciopero già proclamato.
Per i docenti, secondo il calcolo dei sindacati, l’aumento medio sarà di 109 euro circa e a questa cifra vanno aggiunte le risorse stanziate per la scuola dalla Finanziaria che ha stabilito cifre e funzioni. È stato incrementato il fondo per la valorizzazione del personale docente, diventato di 206 milioni e 582 mila euro per il 2002, circa di 310 milioni di euro per il 2003, e 726,65 milioni di euro per il 2004, destinati anche alla formazione dei docenti. Dal 2003 le risorse saranno vincolate anche al risparmio sull’organizzazione scolastica e sugli organici. Il numero degli insegnanti, infatti, è rapportato al numero degli alunni e delle specificità della scuola (compresi gli alunni con handicap), e i dirigenti scolastici saranno incentivati a operare per la graduale scomparsa delle cattedre formate su spezzoni di orario, conferendo fino a 24 ore di straordinario settimanale.
Così come sarà arricchito il fondo di istituto di quelle scuole dove gli stessi insegnanti in organico saranno disponibili a sostituire i colleghi per brevi assenze, evitando così la nomina di supplenti. Risparmi anche per l’esame di Stato, la cui commissione sarà composta da tutti docenti della scuola e solo il presidente sarà esterno. La legge delega della riforma scolastica approvata dal governo il 14 marzo, e quindi successiva alla Finanziaria, ha previsto un investimento di circa 9 milioni di euro e le risorse in maggior parte già canalizzate nelle voci di bilancio, dovranno anche essere reperite gradualmente nei prossimi esercizi finanziari. La riforma della scuola, nei contenuti, fa i conti anche con diversi assetti organizzativi e con una visione nuova dei processi educativi e formativi che tende a coniugare partecipazione, innovazione e responsabilità.
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Sempre su il Messaggero Veneto un po' di fermento a Pordenone...

La riforma Moratti torna sotto accusa
Un martedì da leoni per la scuola: sciopero generale il 16 aprile proclamato dalla triplice confederale della scuola (probabile l’adesione di Cobas e Unicobas, mentre è in fermento anche l’Unione degli studenti) contro la riforma “delegata”. Disservizi annunciati nelle scuole dopo la “pax pasquale” e manifestazione a carattere territoriale in tutti i capoluoghi regionali: pullman e treni partiranno da Pordenone alla volta di Trieste. «Torniamo in piazza in modo unitario per far sentire al ministro dell’Istruzione Moratti un coro di no al pacchetto di riforme promossse — affermano i leader sindacali confederali della scuola provinciale —. La questione scolastica deve essere risolta attraverso un confronto democratico allargato alle parti sociali e alla base, non a colpi di delega. Il disegno di legge del ministro Moratti punta a demolire e impoverire la scuola pubblica e difenderemo fino all’ultimo il valore dell’istruzione pubblica di Stato».
Cgil scuola, intanto, prosegue la raccolta firme contro la delega in materia di riforma scolastica: nel Pordenonese la petizione ha finora maturato oltre un migliaio di adesioni, utili a sensibilizzare i vertici dello Stato e del Parlamento. «Se non otterremo la sospensione della delega sulla riforma della scuola — promettono i sindacalisti — il nostro obiettivo sarà un referendum popolare. Riusciremo a sconfiggere il progetto scolastico di indebolimento della scuola statale: è più di una promessa».
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Buona Pasqua a tutti quelli che sono arrivati a leggere fin qui in fondo...

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