Mentre qualche timida perplessità appare nella stampa (oltre evidentemente alla contestazione ferma e precisa riportata dal Manifesto e da Liberazione), dopo l'acclamazione del Corriere, della Stampa e del Giorno di ieri, appaiono voci "fuori dal coro", come questa dell'ispettore Questo articolo è stato pubblicato nel sito di edscuola a cura di Dario Cillo...
LA SCUOLA DI ERODE NELLA REPUBBLICA DI TOPOLINIA
Raffaele Iosa, ispettore tecnico Emilia Romagna
La montagna ha partorito il topolino. Dopo gli Stati Generali, i documenti
di pedagogia hard, un mese di tormenti nella maggioranza, ecco la riformissima:
una Legge
.delega (!) che in due (2) anni prorogabili a tre e mezzo (3
½) darebbe (con decreti!), il Nuovo Assetto della Scuola Italiana del
Secolo XXI.
Modernissimo modello di riferimento: la riforma Gentile del 1923 anticipata
di quattro mesi in prima elementare, il freno a mano sulle riforme attuate
dagli anni 70, il nebbione del duale per ricchi e per poveri.
Arrivano anche un po di programmi regionali, con il rischio delle piccole
haimat dei popoli separati.
Arrivano alcune piccole bugie sparse nei telegiornali come meraviglie che
non cerano prima: linglese alle elementari (oggi si fa solo sanscrito),
linformatica per tutti (abbandoniamo gli attuali pennini e calamai),
stages nelle aziende (basta con Plutarco), e poi la gemma "a scuola per
almeno 12 anni": la super-bugia! Con Berlinguer si andava tutti a scuola
per 12 anni, ricchi e poveri il più insieme a lungo possibile; con
Moratti al ceto medio si danno i soliti 13 (alla faccia dellEuropa a
18 anni), ai poveracci 9 più 3 di poca e stanca scuola serale appiccicata
ad un apprendistato precario.
Ma ad una prima lettura superficiale questa riformina sembrerà a molti
dorotea, perché per l80% dei ragazzi niente cambia in superficie
(nei disegnini dei giornali), per il resto si offre lovvio e il vecchio
che torna.
Un mix tra ritorno al passato, stanca fotografia del presente, pubblicità
del fumo in scatola.
Benvenuti nella scuola della Repubblica di Topolinia
Questo è una legge delega strana: in parte liquida e generica, in parte
nevroticamente dettagliata, effetto del taglia e cuci politico. E poi è
solo una legge delega: sarà votata in bianco dal Parlamento e poi avrà
anni di sgambetti e alleanze, mediazioni sotterranee, imboscate. Tre anni
e mezzo: un secolo in politica!
Sento già il trionfo del decretismo, sul quale la burocrazia è
maestra con le circolari "interpretative".
La durezza dura di Bertagna sarà solubilizzata nel brodino legislativo,
molto resterà, qualcosa sparirà, qualcosa non avverrà,
un biscottino verrà dato anche alla sinistra, qualcosa di più
ai preti. Dorotei di destra.
Forse verrà una fase che farà evaporare una legge delega liquida
in una serie di decreti gassosi. Troppi guai.
Ma, daltra parte: non se ne poteva più. E che diamine, un po
di sano realismo, e poche utopie. "Buon senso" ha detto il Presidente
del Consiglio, "anche le nostre mogli hanno collaborato". Rimettiamo
a posto quello che la natura (femmina) comanda e mettiamo nel cassetto il
trentennale troppismo degli utopisti.
Gli insegnanti si fanno i conti per la pensione, e qualcuno di più
resterà: tanto, che cambia?
Si dice che la delega è dovuta a difficoltà politiche ed economiche.
Quelle politiche non le capisco, vista lampia maggioranza di destra
e levanescenza dellopposizione. Quelle economiche le capisco eccome.
Perché mi pare lì il vero cuore della questione, il resto chiacchiere
da pedagogisti. Infatti: se cè in arrivo un nuovo profilo di
tassazione che taglia un buon pezzo di stato sociale, di che stiamo parlando?
Tagliare si deve, non aggiungere. La natura di questa fase è economica,
di redistribuzione della ricchezza verso i ceti alti, di trionfo dellItalia
fai-da-te rispetto a quella di più socialdemocratiche solidarietà.
Si veda il carteggio Tremonti-Moratti di novembre pubblicato da Repubblica:
ma che Riforma, tagli duri di posti e di qualità!
Non cè trippa per gatti. Non cè trippa e non ci
sono gatti. Ci sono volpi.
Ora che cè poco da dire, è proprio nel poco la novità
di questa fase. Un poco-poco però non neutro, ma segnato dallo stop
allautonomia (sempre più ingabbiata dal centralismo), i finanziamenti
tagliati (vedi la legge 440), il risucchio del decentramento, il pianto dei
contratti (euro a pioggia fine per tutti), linnovazione frenata, i fondi
delledilizia scolastica scomparsi, il ritorno al nostalgico bocciare,
il voto in condotta.
Torna lItalietta con un mix di fai da te liberista e familista, con
esami di stato fatti in casa.
Cosa si nasconde dietro a questo (stra)ordinario stop? Penso si debba essere
sinceri e freddi nellanalisi.
Ciò che accade è speculare ai cedimenti e alle progressive concessioni
alle corporazioni dei "signori del però" dellepoca
del tramonto demauriano del riformismo dellUlivo. Tutto torna: al solito
nulla italico.
Siamo al trionfo dei "signori del meglio non fare" di cui ho già
parlato, ben diffusi in tutti i luoghi politici.
Volevate che una maggioranza politica centrata sui sondaggi si spendesse per
radicalizzare le riforme?
Sullanticipo dei cinque anni e un po, Datamedia ha detto sì
ed ecco la Grande Riforma. Nessuna riflessione pedagogica, nessun sogno, nessuna
attesa. Solo una cosuccia statisticamente ben accetta per darla in pasto ai
mass media, almeno hanno una "innovazione" di cui parlare. Benvenuti
nella Repubblica di Topolinia.
Dalleguaglianza delle opportunità per tutti allindividualismo
fai-da-te
Tuttavia, non è affatto vero che non cambia nulla. Leffetto-valium
della legge delega potrebbe abbassare la passione pedagogica e la critica,
soprattutto il non cambiare nulla aggraverà la crisi del sistema scolastico.
Ma forse è questo che si vuole: la descolarizzazione del sistema pubblico
per listruzione fai-da-te.
Cambia nulla rispetto a Gentile, ma si vuole cambiare lanima attuale
della scuola. Il fatto è che a partire dagli anni 70 si era insinuato
nella scuola un esprit diffuso, più parlato che compiuto, che guardava
alluguaglianza delle opportunità educative come "dover essere"
di tutto il sistema scolastico. La buona Falcucci è un emblema con
la sua opera per lintegrazione dei disabili. E non era certo una comunista!
Le opportunità educative sono ancora il valore-base di unItalia
maggioritaria. Veniamo da 30 anni di espansione delle opportunità democratiche.
Ma questo sfondo buono si è spesso sbriciolato tra visione impiegatizia
del lavoro scolastico e linnovativismo anarcoide senza una vera iniezione
di politica generale (riforme e soldi). Ci ha provato lo sforzo riformista
e strutturale dellUlivo, che si è avvitato a metà per
poco coraggio trasformativo. Ma qualcosa di buono nella scuola è successo
negli ultimi anni!
Questo andare positivo, pur con tutti i suoi acciacchi, sta per essere bloccato.
In fondo la legge delega ha un solo articolo vero, quello che dice: "La
legge 30 è abrogata". Il resto è il nulla, il vecchio che
torna.
Le incertezze della cultura democratica hanno dato spazio ai darwiniani per
ridimensionare, relativizzare, banalizzare il welfare, fino a tentarne la
fine, stimolando gli idola tribus dellhomo homini lupus, non frater.
Ma funzionerà? Io credo di no. Basti pensare agli effetti dei tagli
descritti dagli otto punti della lettera Moratti a Tremonti del novembre scorso.
Sono dolori, che produrranno nuovi e più aspri conflitti.
Ci sarà, cè già, uno scontro tra culture pedagogiche
opposte (più che tra disegnini organizzativi), ormai aperto e forte.
Il futuro non sarà indolore e anestetizzato.
Qualche approfondimento (amaro)
Il curricolo impazzito
Con la versione Legge delega, la scuola farà il proprio curricolo assemblando
ben quattro "quote temporali": quella nazionale (stesse discipline
dalle alpi a capo passero); quella regionale (pedagogia del radicchio, della
bagna cauda, curricolo del cerasuolo, della cozza pelosa, piani di studio
dellabbacchio,
); quella affidata alla scuola (la scuola autonoma
è in Costituzione, ha diritto ad una sua quota); poi cè
la parte facoltativa (le 300 ore di Bertagna) che non essendo uguale per tutti
sarà meramente aggiuntiva.
Immaginatevi la gente normale, dalla maestra di Agrigento al preside di Voghera,
a dover ri-comporre questa maionese impazzita. Le prime tre quote starebbero
dentro alle 825 ore (se i decreti confermano Bertagna). Dunque, avremo uno
sgomitamento tra disciplinaristi e cattedristi, tra nazionalisti e regionalisti.
Si odono brontolii delle discipline a rischio estinzione. Naturalmente, la
guerra santa sarà tra le prime due quote: quanto allItalia e
quanto al radicchio? Pagherebbe danno la quota della scuola autonoma, schiacciata.
Vedo belle guerre sulle discipline artistiche ed espressive. Vi sarà
la spinta a ridurle sperando che se le prenda la scuola o nella sua quota
o nelle ore facoltative, tanto gli artisti sono strambi e i bambini "seri"
possono fare pensieri poco "spirituali" (art. 1, Legge delega) se
guardano le donnone nude di Rubens!
Penso, che, paradossalmente, il buon senso di alcune scuole potrebbe utilizzare
le 300 ore (ovviamente per chi le vorrà fare) con buone e serene pratiche
di lettura, scrittura, aritmetica, pittura, ginnastica. Ma saranno di ripetizione,
accidenti, perché non ci saranno tutti i bambini!
Con un problemino finale non da poco. Ho sentito nella conferenza stampa di
presentazione il Presidente del Consiglio testualmente dire: "metteremo
nuove discipline: conoscenza del territorio, nuove alimentazioni, amore per
la natura, tecniche di pronto soccorso". Sono affabulato da questa creatività.
Ricordo ancora Veltroni che nel 1996, inaugurando la mostra di Venezia, da
buon cinefile propose il cinema materia obbligatoria dalle elementari. E
un antico vezzo italiano, come la formazione della nazionale di calcio, dire
cosa si deve insegnare. DAlema proporrà lorigami, Vittorio
Sgarbi il verso degli usignoli, Edoardo Raspelli la chiusura del cappelletto,
Cicciolina il rifacimento del letto, Gabriella Carlucci la bigiotteria.
Se a qualcuno, a questo punto, viene la vertigine come non capirlo? Delirio
curricolare allo stato puro.
Un mio amico onorevole (Margherita) mi ha chiesto se mi sono divertito a scrivere
i due altri articoli della saga di Erode. A proposito: lui proporrà
la materia "fiori di campo", ovviamente.
Gli ho risposto che piango, piango disperatamente, per questa mia amatissima
scuola ridotta ad un duty free.
I curricoli etnici
Pochi hanno finora parlato di una questione quanto meno delicata. Le regioni
avrebbero la potestà di una parte dei curricoli. Il rischio non è
certo nella necessità di connettere curricolo nazionale e realtà
locale (importantissima e a cui può già rispondere la scuola
autonoma), ma nellinnegabile impulso separatista che dietro si nasconde.
E questo che interessa a quei pensieri "etnici" che non sono
solo figli della nostalgia delle tradizioni (bagna cauda, vedi sopra) né
di un miglior aggancio alle realtà socioeconomiche di ogni zona (che
potrebbe essere utile nel ciclo secondario), ma a quel greve strato di razzismo
e di separazione che si nasconde nei miti delle piccole patrie. Sangue e terra
come mito della divisione, lidentità come "noi" migliori
degli "altri", il provincialismo parvenu che può portarci
a Sarajevo.
Ore facoltative di che?
Sulle ore facoltative, poi, facciamo meglio i conti: non è vero che
il piano di studio Bertagna aumenta le ore di scuola. Si confonde lobbligo
della scuola a dare le 300 ore e la facoltà degli alunni di prendersele.
Ma essendo "facoltative" (e quindi per tutti) non comprenderanno
i curricoli delle prime tre quote, ma solamente i cascami "integrativi".
Le 300 ore sono "lampliamento dellofferta formativa"
del Regolamento autonomia con la differenza (una delle poche cose di "sinistra")
che è pagata dallo Stato. Ma Tremonti lo sa?
Inoltre le 1125 ore complessive non bastano per il tempo pieno delle elementari,
servono almeno altre 225 ore allanno, cioè quelle ore che qualcuno
dovrà pagare per avere 40 ore alla settimana, chieste anche dai lumbard
della polenta taragna, perché loro vanno a laùrar e non lasciano
i figli alle baby sitter marocchine!
Il miracolo della religione cattolica facoltativa
Il gioco linguistico tra obbligatorio e facoltativo rischia unoriginale
querelle sulla questione dellora di religione cattolica. Fino a ieri,
per un mistero tipicamente cattolico, queste ore sono state facoltative ma
obbligatorie.
E oggi? Con un monte ore annuo di 825 obbligatorie, 66 ore alle elementari
sono molte.
Se non le fanno tutti, sono appunto "facoltative": quindi fuori
dalle 825? Se le 300 ore sono facoltative nelliscrizione, ma poi di
fatto obbligatorie nella frequenza, il modello si adatta a pennello alla sentenza
della Suprema Corte di qualche anno fa: le 66 ore vanno in un pomeriggio facoltativo/obbligatorio!
Se poi si mettono di venerdì pomeriggio, si potrebbe risparmiare anche
sulla mensa: è il giorno del digiuno
..
I bambini ballerini
Sulliscrizione dei bambini in relazione al coito ho già scritto.
Qui vorrei rilevare una grande sorpresa presente nel testo delegato: in prima
elementare si iscrivono "obbligatoriamente" i bambini che fanno
sei anni entro il 31 agosto e "facoltativamente" quelli dal 1 settembre
al 30 aprile. Non se ne è accorto nessuno. Altro che privatizzazione
delliscrizione: qui siamo alla pluriclasse permanente! Concretamente
potrebbero iscriversi in una classe bambini nati in un arco di ben 20 mesi!
Quindi stanno insieme in prima elementare un alunno che adesso va alla materna
con uno che va in seconda elementare. Ma capiterà anche linverso:
bambinoni di 6 anni e mezzo ancora alla materna. Un nuovo mini market per
le suorine. Fantasioso!
Bambini ballerini, che vengono forse sì forse no. La scuola dellinfanzia
di conseguenza schizofrenica.
Lobbligo disobbligato, la formazione professionale, e i miei poveri
disabili
Sulla dualità ho già scritto nei precedenti articoli. Mi voglio
solo soffermare sul fatto che linsistenza anticipatoria con cui la dualità
è perseguita marca fortemente letica di questo disegno. E
la separazione precoce, la selezione sociale, la divisione tra ricchi/poveri
e tra buoni/cattivi il cuore (antico) del progetto, con riverberi selettivi
negli anni precedenti alla scelta duale. Così si spiega la scomparsa
dell "obbligo".
ll sistema non è duale: è resi-duale, prima i licei allo stato,
poi le morchie e i bulloni alle regioni.
Almeno fosse stato pensato dai 16 anni! Almeno si fosse detto che anche al
classico si imparava ad aggiustare le biciclette! Quando diventerò
presidente del consiglio sarà questa la materia che vorrò per
tutti. Abito a Ravenna e la salute della bici in questa città è
fondamentale (curricolo comunale: lo dirò allANCI!).
Temo per i miei amati disabili. Con la riduzione delle ore comuni per tutti,
le iscrizioni ballerine (aumenterà il loro ingresso ritardato), fino
al sistema duale, il messaggio subliminale è chiaro. Si abbasserà
limpegno sui potenziali individuali per fermarsi sui "bisogni speciali"
(vedi la citazione di Don Milani in Bertagna). Vorrà dire dare ai disabili
di meno perché "sono" meno (meno capaci, meno competitivi),
perfino con un messaggio caritatevole: mica vi abbandoniamo, solo che non
vi illudiamo, preferiamo darvi un bel lavoro come attaccare francobolli (i
Down hanno una lingua perfetta allo scopo) piuttosto che mescolarvi con azzimati
liceali. Già oggi i disabili sono all80% sospinti in modo mellifluo
verso listruzione professionale.
Questo provocherà un effetto grave: staranno di meno con gli altri,
facendo male a tutti, anche ai signorini che vivendo meno con ciechi, storti,
e muti impareranno meno a dare e a ricevere diversità e solidarietà.
Daranno ancora lobolo fuori delle chiese (i signorini non sono cattivi),
ma andare a cena con loro che noia: ci pensino le suore o le cooperative sociali.
Forse qualche parola cè da cui ripartire tutti
Siamo ancora in una fase in cui i cittadini devono essere ben informati e
nella quale tutti hanno il diritto e dovere di esprimere le proprie opinioni.
Per ora non è ancora una legge: è una discussione politica e
culturale che il ministro stesso ha chiesto si faccia in modo aperto. E
per questo che ho ritenuto mio dovere esprimere osservazioni, per un confronto
senza veli. Qualcuno mi ha detto che forse "non è bene" che
un ispettore dica cose poco gentili. Ma finchè si tratta di dibattito
ho il dovere e il diritto di parlare.
Quando avremo leggi definite è ovvio che cercherò di applicarle
al meglio. E quindi cercherò almeno di fare bene quanto è scritto
allart. 2 comma a) della Legge delega: " è promosso lapprendimento
in tutto larco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità
di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità
e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche,
coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate allinserimento
nella vita sociale e nel mondo del lavoro anche con riguardo alle dimensioni
locali, nazionale ed europea". Credo che questo comma fosse in parte
già nella legge 30.
Spero che almeno questo sarà bipartisan, anche per lor signori delle
cosiddette libertà, così almeno si salva una comune morale kantiana.
Forse con questo si ridurrebbe il chiasso ideologico prodotto da una destra
ebbra di vittoria e cinica, e da una sinistra afasica. I bambini e le bambine
questo aspettano da noi adulti: che sia loro garantita la pari opportunità
di farcela tutti nella vita, di farsene una propria in piena libertà
critica, forse anche -se gli riesce- di essere ogni tanto felici in questa
valle di lacrime.
A questo proposito, alcuni amici mi hanno detto che è interessante
la parte destruens, ma le proposte?
Ci vuol poco a fare un elenco propositivo: sviluppare e consolidare lautonomia
e la flessibilità delle scuole in rapporto al territorio, finanziare
la scuola come investimento del futuro, cicli lunghi e lenti per dare a tutti
basi solide e comuni. Ripartire dalla legge 30, cambiare per migliorarla,
partendo dal comma che ho citato.
E ancora: impariamo da George W. Bush, che ha fatto una riforma bipartisan
(complimenti) con un incipit deweyiniano "Non importano i cicli, né
le discipline che si insegnano, importa come si impara". Ma sì,
una grande rivoluzione didattica serve al paese, che punti alle menti e ai
cuori dei nostri ragazzi, al loro sviluppo libero e creativo, senza preoccuparci
della nevrosi da disciplinismo, né del delirio valutativo.
Ho sempre amato una scuola ermeneutica (che cerca il senso della vita) sobria,
seria e lenta, piuttosto che una scuola da spot che accumula e accumula contenuti
senza una cornice di senso.
E io confermo Barbiana
Con mia grande sorpresa, le fantasie di una passeggiata a Barbiana hanno contagiato
migliaia di persone. Qualcuno, pur aderendo, ha arricciato il naso su Don
Milani: meglio che se lo soffiasse pensando ai pedagogisti dopo di lui. Lincontro
a cui pensavo non è un convegno su Don Milani ieri-oggi-domani. No:
è lidea di partire da un luogo topico dei valori essenziali della
scuola degli ultimi 40 anni. Don Milani ha radicalizzato due valori cruciali
per i sistemi formativi moderni: luguaglianza e la socialità
dellapprendere.
I modi possono essere milioni, ma quei valori sono attualissimi e da Barbiana
sono fioriti in molti di noi.
Ormai ci sarà una marcia a Barbiana. Anche lamico Enrico Panini
lha rilanciata al congresso Cgil scuola, ma qui anticipo che sta provenendo
dal basso, cioè dai sindaci e insegnanti del Mugello, assieme agli
ex alunni di Don Milani, un appello per un incontro che sia di tutti coloro
che intendono battersi per più scuola davvero per tutti e per ciascuno,
contro le derive di nuova selezione sociale, di beghinaggio pedagogico, di
divisione etnica. Una bella manifestazione proposta da gente di quelle splendida
terra del Mugello che ha visto levento Barbiana, che superi le nostre
passate timidezze e i troppi cedimenti.
Nei prossimi giorni in numerosi siti Internet verrà lanciato lappello
per una manifestazione sobria e forte, unitaria sui valori che davvero contano,
perché le riforme della scuola ripartano correggendo e migliorando,
con un no chiaro verso chi invece le vuole smontare, ripartendo da Barbiana.
Sarà ai primi di maggio, o il 4 o l11, così pare meglio
anche per fatti organizzativi. Io sarò ovviamente con loro, con il
mio sassolino da mettere nella tomba.
Con questa terza puntata termino la saga di Erode. Sui cicli dellepoca
Moratti non ho più niente da dire. Adesso cè Barbiana,
e limpegno di ogni giorno per migliorare la scuola di tutti e di ciascuno.
Forse, potremmo intanto iniziare a resistere (ah, la resistenza!) ampliando
tutti gli spazi di autonomia che ci permettono, con le norme vigenti e nonostante
i tagli di risorse, di sviluppare azioni di qualità nelle scuole.
Gli enti locali possono, devono, essere grandi alleati di queste azioni.
Costruiamo, ad esempio, sul territorio i centri servizi cancellati dalla Moratti,
facciamoli di nuovi consorziando reti di scuole e reti di comuni, facendo
accordi, protocolli, convenzioni. Mai dire mai.
Ravenna, 3 febbraio 2002