4 March, 2002

 

Un punto del ricco sommario di questa settimana della newsletter di Tuttoscuola è la questione degli organi collegiali. Il disegno di legge è stato più volte ritoccato per le proteste delle varie componenti della scuola, ricordiamo che inizialmente c'era la presenza di tre esterni al mondo della scuola, ma le critiche non sono ancora finite ad un organo riformato che tende ad andare nella direzione dell'espropriazione della funzione docente di ogni possibilità di intervento:

1. Organi collegiali, la legge cambiera' ancora
Il disegno di legge sul governo delle istituzioni scolastiche
approvato in sede referente dalla Commissione Cultura della Camera il
21 febbraio (cfr. “TuttoscuolaNEWS” n. 39) appare destinato a subire
ulteriori modifiche, gia' in occasione della sua prossima discussione
in aula. Tra i parlamentari (e non solo) ha suscitato molte
perplessita' il fatto che nel nuovo Consiglio della scuola i genitori
sarebbero piu' numerosi degli insegnanti (cinque a tre nella scuola di
base, tre a tre, piu' due studenti, nel ciclo superiore). Tra le forze
di governo AN e CCD sarebbero infatti orientati a ristabilire la
parita', il che consentirebbe alle rappresentanze interne (insegnanti,
dirigente scolastico e direttore amministrativo) di avere un maggior
peso all'interno del Consiglio. Ci sono dubbi anche sulla figura del
genitore “Garante dell'utenza”, che insieme ad un docente e a un
“soggetto esterno” (non si dice “un esperto”) costituirebbe il “nucleo
di valutazione” del funzionamento dell'istituto e lo presiederebbe per
legge. Il timore e' che tale organo possa entrare in conflitto con
altri (il Collegio, lo stesso Consiglio di scuola), determinando
tensioni soprattutto con gli insegnanti.
Il ruolo del Garante rischia inoltre di sovrapporsi almeno in parte a
quello del dirigente scolastico, che svolge a sua volta funzioni di
garante istituzionale della qualita' del servizio. Ma Forza Italia,
che ha gia' dovuto rinunciare alla sua richiesta di un Consiglio di
Amministrazione con i tre esperti esterni, sembra riluttante ad
ulteriori mediazioni, che ridurrebbero l'impatto innovativo della
riforma.
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Sempre sulla stessa newsletter due punti che riguardano la controriforma Moratti e le contraddizioni suscitate con le regioni e i comuni:

2. Riforma Moratti/1: il passaggio stretto delle Regioni
I tempi per l'avvio parziale della riforma Moratti sin dal prossimo
anno scolastico si fanno sempre piu' stretti.
Il parere della Conferenza unificata Stato, Regioni e Citta',
necessario prima della presentazione in Parlamento del ddl
governativo, e' slittato di una settimana. L'allungamento dei tempi e'
stato chiesto dalle Regioni che starebbero per raggiungere un accordo
per la presentazione di un documento unitario sul provvedimento di
riforma. Secondo Adriana Buffardi, coordinatrice degli assessori
all'istruzione in seno alla Conferenza, “la discussione aperta tra i
presidenti regionali ha mostrato una larga convergenza di posizioni
rispetto ad alcune criticita' del provvedimento Moratti”. Un primo
testo in 12 punti, consegnato il 28 febbraio dai rappresentanti
regionali al ministro, chiede innanzitutto il rispetto del nuovo
titolo V della Costituzione, che secondo le Regioni implica ad esempio
che esse siano ascoltate prima del varo dei provvedimenti del Governo.
Il testo entra poi nel merito delle questioni, avanzando interrogativi
e richiedendo correzioni.
In settimana dovrebbe svolgersi un incontro con il ministro Moratti
dal quale emergera' la disponibilita' o meno del Governo
all'accoglimento delle modifiche richieste da tutte le Regioni. In
caso di disco verde il testo definitivo del disegno di legge Moratti
potrebbe essere approvato gia' nel Consiglio dei ministri di giovedi'
7 marzo o al piu' tardi in quello della settimana successiva.

3. Riforma Moratti/2: le critiche di Comuni e Comunita' montane
Altre nubi all'orizzonte sul disegno di legge delega per la riforma
dei cicli. In attesa del parere della Conferenza unificata tra Stato,
Regioni e Citta', l'Anci e l'Uncem, associazioni dei Comuni e delle
Comunita' montane, prendono una posizione critica (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_40-1.doc ) verso la proposta
Moratti.
Perche'? Considerano inaccettabile il ricorso alla legge-delega, che
li escluderebbe da decisioni che ormai, per effetto della recente
riforma costituzionale, sono di competenza anche di Regioni ed Enti
locali. Anci e Uncem sottolineano anche come “il cambio di ministri
che azzera, in alcuni casi, riforme faticosamente messe a punto, se da
un lato legittima una visione diversa di una nuova classe dirigente,
dall'altro esaspera lo sforzo dei Comuni che devono adattare sul
territorio scelte che cambiano troppo rapidamente”.
Entrano poi nel merito di alcuni specifici aspetti della riforma
Moratti, per i quali avanzano richieste di modifica. Uno dei punti
piu' dolenti e' rappresentato dal sostegno finanziario: “se i Comuni
dovranno concorrere a favorire queste iniziative, dovra' essere sempre
chiarita la fonte degli interventi finanziari”. Solo sull'incremento
dei servizi che i Comuni dovrebbero predisporre per l'anticipo
dell'ingresso alla scuola dell'infanzia Anci e Uncem stimano un costo
aggiuntivo da coprire di 1.300 miliardi.
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E sempre ancora sulla stessa newsletter la querelle sulla possibilità di indire o meno l'assemblea da parte di singoli componenti la RSU:

4. RSU e diritto di assemblea: ancora consensi e proteste
I singoli componenti della RSU d'istituto hanno diritto di convocare
l'assemblea del personale scolastico oppure questo diritto e' rimesso
alla RSU nel suo insieme?
Dopo le sentenze del giudice del lavoro di Civitavecchia e di
Pinerolo, il ministero dell'Istruzione ha preso posizione contraria
(v. “TuttoscuolaNEWS” n. 39 del 25 febbraio), dando mandato
all'avvocatura di Stato di procedere contro le sentenze: il MIUR
ritiene che il diritto di convocare assemblee non spetti a singole
persone bensi' all'organismo sindacale (che si esprime a maggioranza).
Anche i sindacati della scuola firmatari del contratto nazionale sono
d'accordo con il ministero: lo dimostrano varie prese di posizione
locali contro l'applicazione estensiva delle due sentenze in diverse
istituzioni scolastiche, con minaccia di adire le vie legali nei
confronti dei dirigenti scolastici che autorizzino assemblee convocate
da singoli componenti della RSU.
Ma, come era facile prevedere, vi e' stata una reazione contro la
presa di posizione ministeriale. I comitati di base (CUB) hanno
parlato esplicitamente di “attacco ai sindacati di base come primo
frutto avvelenato della ritrovata intesa tra sindacati “concertativi”
e Governo”.
I componenti delle RSU sono invitati a rivendicare il loro singolo
ruolo di rappresentante e di procedere anche separatamente ad indire
assemblee. I dirigenti scolastici ­ cui spetta la responsabilita'
dell'autorizzazione delle assemblee e che vengono a trovarsi proprio
tra l'incudine e il martello delle azioni legali di fronti sindacali
contrapposti ­ sono invitati dai CUB a “conformare il proprio
comportamento al rispetto delle norme che tutelano tali liberta'”.
Anche l'Aran, l'Agenzia per la Rappresentanza negoziale delle
Pubbliche Amministrazioni, con la nota prot. 1702 del 15 febbraio 2002
dice la sua sugli ambiti di competenza della RSU di istituto,
confermando la tesi ministeriale secondo cui essa e' organo unitario
che assume le proprie decisioni a maggioranza (escludendo quindi
qualsiasi ipotesi di azioni individuali, quali potrebbero essere
quelle menzionate dal MIUR di indire singolarmente assemblee del
personale scolastico).

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Dal Mattino di Padova le iniziative della cgil locale per la mobilitazione generale...

La Cgil mette sul piatto un mese di lotta
Tutte le iniziative padovane da domani fino alla manifestazione del 23

f.pad.

Non ci sarà solo lo sciopero nazionale di otto ore per tutte le categorie, previsto per il 5 aprile. In provincia di Padova la Cgil ha programmato altre otto ore di sciopero, che si terranno in modo articolato, in genere a pacchetti di due ore per ogni azienda, a partire da domani, nelle fabbriche e negli uffici, sino alla manifestazione nazionale, che si terrà a Roma il 23 marzo. Ecco il calendario preciso delle lotte, che, in alcuni casi, avranno anche degli effetti spettacolari.
Partiamo da domani: attivo con oltre trecento delegati, dalle 9,15, al Teatro Don Bosco, alla Paltana. Relazioni di Betty Leone, Diego Gallo e Stefano Cecconi.
8 marzo: ore 11, nella sede della Cgil, proiezione del film «Oltre il Burka»; a Montagnana, alle 15, manifestazione in onore della partigiana Tina ed alle 20,30, a Piazzola sul Brenta, spettacolo «Le Donne della Filanda».
9 marzo: convegno al Bò sull'articolo 18 con i docenti universitari Leita, Curi e Zilio. Parlerà anche Perna.
12 marzo: comizi e sit in in tutti i paesi della provincia.
Dal 7 al 21 in tutta la provincia ed in particolare nelle zone industriali ed artigianali girerà il Camper dei Diritti. Dal 18 al 22 la protesta diventerà anche divertente e spettacolare: due gruppi musicali gireranno per i paesi della provincia ed eseguiranno brani popolari su tematiche sociali ed musica rock.
Infine quasi tutti i giorni saranno effettuati volantinaggi nei mercati rionali e di paese, davanti le scuole, l'università, gli ospedali, i centri commerciali. La Cgil, dall'11 al 16, incontrerà le associazioni del volontariato, il Padua Social Forum, gli studenti ed il Consiglio delle Comunità Straniere.
Per quasi tutto il mese saranno mobilitati tutti i quadri e gli attivisti del sindacato di Sergio Cofferati. E, visto che le lotte costano, la Cgil ha anche lanciato una campagna di sottoscrizione volontaria, con il versamento minimo di 1 euro. Ieri la campagna di mobilitazione della Cgil è stata presentata, nella sede provinciale di via Longhin, da Stefano Cecconi e Salvatore Totò Mazza, segretario del settore scuola.
«Non a caso- ha detto il segretario provinciale- abbiamo intitolato tale campagna di mobilitazione "Senza Diritti non c'è Libertà". I nostri argomenti di lotta sono cinque: l'articolo 18 non si tocca; la decontribuzione proposta dal Ministro Tremonti rischia di provocare un buco profondo nelle casse dell'Inps; la riforma fiscale farà pagare più tasse ai poveri e meno ai ricchi; la riforma Moratti è un regalo alle scuole private ed infine la nuova legge sull'immigrazione Bossi-Fini considera lo straniero una merce e non una persona».
Mazza ha detto che la Riforma Moratti fa tornare la scuola agli anni bui del passato.

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Un articolo intervista su La Nuova Venezia fa emergere l'idea dell'intervistato, il direttore generale Martinelli, che più tagli significa più qualità per la scuola...

Tra docenti e Ata in media c'è un addetto ogni sei studenti. La riduzione degli organici è cominciata, da settembre devono sparire 630 cattedre
«La scuola di qualità si fa con i tagli»
Per il direttore regionale gli istituti del Veneto hanno troppi dipendenti
«D'ora in avanti i presidi che hanno sbagliato i numeri saranno valutati per gli errori commessi»

di Monica Zicchiero

VENEZIA. «Tanto per cominciare: la Direzione Regionale non premia chi taglia». Con la cadenza toscana che gli conferisce un tono spiccio, il direttore scolastico regionale Enzo Martinelli comincia a parlare prima ancora che gli si faccia una domanda. Classe 1937, una fama di tagliatore di teste che lo precede ovunque e che l'interessato non smentisce, il direttore regionale in questi giorni porta a compimento la missione affidatagli dal ministro della Pubblica Istruzione Letizia Moratti: eliminare 630 cattedre e altrettanti insegnanti in Veneto, 142 in provincia di Venezia, 154 in quella di Padova e 148 a Treviso. Martinelli ha detto ai capi d'istituto di provvedere accorpando le classi poco numerose, congelando il tempo pieno e la lingua straniera in prima elementare, tagliando tutti i progetti (compresi quelli per insegnare l'italiano agli alunni stranieri), i nuovi centri per l'educazione degli adulti e le cattedre fatte con le ore residue. «Tagliare, tagliare, tagliare», è il diktat che da settimane ripete ai presidi.
Non si premia chi taglia, ma lei dice ai capi d'istituto che chi si esime avrà una valutazione negativa.
«Spiego la questione partendo dai numeri: la scorsa estate furono programmati gli organici delle scuole sulla base di una previsione di 521.562 studenti in tutto il Veneto. La frequenza effettiva a settembre è risultata essere di 517.214 alunni. Ne mancavano all'appello, quindi, 4.348 e siccome ogni classe costa 150 milioni significa che sono andati sprecati 30 miliardi. Un'azienda privata andrebbe fallita. Ecco, valutare in base agli organici significa che d'ora in avanti chi sbaglia verrà valutato per gli errori fatti».
Ma dove sono finiti quei quattromila ragazzi?
«Magari un preside mette tre alunni in più sperando che arrivino a settembre perché altrimenti perde il titolare e quindi, dice, mi tagliano la classe e perdo la continuità didattica. Tre qua, due là...»
Il taglio di 630 cattedre nel Veneto fa arrabbiare i sindacati che la accusano di aver varato criteri troppo severi che penalizzano la qualità della scuola.
«Ci sono previsioni nella Finanziaria che vanno rispettate. Non è che difendo il ministro, ma questa Finanziaria è la prosecuzione dei tagli dei governi di centro sinistra che furono ben maggiori».
Proprio perché si è già tagliato in passato, sostengono insegnanti e capi d'istituto, non è detto che si debba continuare all'infinito.
«Ma no, è che tutto dipende della scarsa affidabilità del governo. Dicevo che i tagli previsti dal centro sinistra erano ben maggiori: 23 mila insegnanti per il '98 e per il '99, pari al 3% dei docenti, 7.500 nel 2000 e altrettanti nel 2001, pari all' 1%. Questo aveva deciso il Parlamento, ma il Governo non ha tagliato un bel niente perché quel che si tagliava nell'organico di diritto, si recuperava poi a settembre nell'organico di fatto».
Vale a dire con i supplenti. Anche questo è un risparmio perché i precari sono pagati solo per i mesi in cui lavorano.
«No, in questo modo non si recupera niente. Il problema è che stavolta i tagli si fanno. Il discorso è, e si fa, serio. Del resto è nella logica della Comunità Europea la riduzione del numero degli addetti, e questo indipendentemente dal fatto che i governi siano di destra o di sinistra. Anche il testo della riforma De Mauro prevedeva una riduzione del tempo scuola a massimo 30 ore a settimana, e sappiamo che adesso in alcuni professionali si arriva a 40 ore».
Allora se la scuola non è di qualità è perché ci sono troppi insegnanti, materie, ore di lezione, insomma perché studiamo troppo?
«Lo Stato in futuro tenderà ad attenuare la presenza a scuola, a limitarla alla struttura essenziale del curriculum e lasciare alle autorità locali l'implementazione delle altre attività».
Agli enti locali. Ma si parla anche di far pagare alle famiglie servizi che oggi sono gratuiti.
«Facciamo l'esempio del tempo pieno alle elementari: mezza Italia non ce l'ha, e mi riferiscono al Sud. Significa forse che al Sud non capiscono niente? In realtà il tempo pieno assolve ad una funzione più assistenziale che educativa, per le donne che lavorano. Non è un caso che il tempo pieno in Lombardia arrivi al 60% e in Veneto sia al 24%. Lo Stato in questa situazione garantisce la scuola a tutti e poi delega alle autorità locali gli altri servizi».
Con i tagli di oggi sarà difficile poi far fronte all'ondata del baby-boom cominciato nel 1999.
«Andranno alle materne tra qualche anno, poi ci penseremo. Facciamo i conti sull'utenza che c'è. Di questi tagli si parla come se fossero la catastrofe della qualità, ma in realtà si parla di 630 isegnanti su 60 mila, uno ogni cento. Non diminuisce la qualità, si tratta di organizzare meglio le altre 99 unità».
I presidi sono quindi chiamati a diminuire il numero delle classi. Ma pongono un problema perché la normativa di riferimento non è cambiata. Dicono, cioè, che negli anni scorsi loro hanno rispettato la legge e continuando a rispettarla non vedono come possano essere costretti ad eliminare le classi.
«E' un problema corretto, quello che pongono: se ho fatto bene, perché mi fai osservazioni? Ma io non so chi ha fatto bene e chi no, e devo guardare il risultato generale che è quello di 26 mila e rotti classi che in media hanno meno di venti alunni. Il problema è la distribuzione: nelle isole e in certi paesetti ci sono classi formate da sette, otto alunni. Se si riuscisse a eliminare quest'inconveniente, la riduzione avverrebbe senza danni per la qualità».
I criteri che lei ha dettato valgono per tutti, per chi ha classi di 25 alunni e per chi ha tanti plessi con pochi bambini. I sindacati dicono che si applicassero alla lettera i tagli al tempo pieno, alla lingua straniera, ai progetti e gli altri dipositivi che lei ha dettato, i 51.387 docenti dati dal ministero rischiano di essere pure troppi. Dicono che lei nel dettare quei criteri è stato più realista del re.
«Qualche criterio bisognava pur adottare. Sono andato a fare assemblee con tutti i presidi e ho chiesto loro, visto che conoscono le realtà, di fare proposte per migliorare il servizio».
Bisogna eliminare i docenti assegnati ai progetti di inserimento per gli alunni stranieri?
«I presidi di Treviso sono molto preoccupati, hanno il 17,2% di alunni immigrati. Il problema vero è se la scuola debba svolgere altre funzioni oltre a quelle didattiche: si deve fare assistenza, prevenzione delle tossicopendenze, farsi carico dell'handicap e del disagio sociale? E' la politica che dà gli indirizzi: in America i progetti di lingua per gli alunni stranieri e disabili sono meglio finanziati negli stati governati dai democratici».
E' solo un problema di assistenza? Se in una classe una sola maestra, come tornerà ad essere, deve seguire Alì che non parla l'italiano, tenere d'occhio Marta che rischia una crisi epilettica e Giovanni che è un caso sociale, qual'è il livello di qualità educativa?
«L'Italia è l'unico paese che ha progetti per l'inserimento degli handicappati a scuola, ma non abbiamo un sistema per valutare cosa imparano gli alunni disabili. Probabilmente poco, ma a livello di coesione sociale questi progetti funzionano. Si tratta di fissare gli obiettivi».
Il taglio di cattedre è un obiettivo. Lei ha invitato i presidi veneti a tagliare perché tanto qui non c'è disoccupazione. Il problema della scuola è un problema di occupazione?
«No, di qualità. Tra bidelli, personale Ata, insegnanti, addetti alle pulizie e alle mense nel Veneto c'è un adulto ogni sei ragazzi».
Se ci mettiamo dentro anche chi ha costruito gli edifici scolastici, il rapporto forse scende ancora.
«Ma no, no. Il punto è che abbiamo tanti dipendenti, troppi e perciò li paghiamo male. Il problema del Vento non è fare occupazione, ma fare scuole di qualità che supportino lo sviluppo economico della regione».
A proposito di sprechi, la sede della direzione, Palazzo van Axel, è maestosa.
«Sì, bellissima davvero. Ma spropositata per un ufficio che ha solo 12 dipendenti. E ci costa 240 milioni l'anno di affitto. Ho in progetto di spostarla a Riva di Biasio, sede dell'ex Provveditorato di Venezia, che a sua volta dovrebbe andare in terraferma se la Provincia ci trova una sede».

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E naturalmente gli insegnanti veneti procedono verso lo sciopero generale (notate che incerta è la attendibilità dei numeri forniti e che i dirgenti scolastici glissano su questo argomento, ma allora su che cosa si decide di tagliare?):

CONTRO I TAGLI
NELLE SCUOLE
Insegnanti veneti
verso lo sciopero generale
A vuoto l'incontro tra i sindacati e il direttore regionale


VENEZIA. Fumata nera, anzi nerissima dall'incontro che si è tenuto, nella sede dell'ex Provveditorato agli Studi lagunare, a Rialto, tra il direttore regionale delle scuole, Enzo Martinelli ed i sindacati veneti di categoria, rappresentati da Silvano Furegon e Simone Meggiolaro della Cisl, Pierino Furlan della Cgil, Cammarata e Checcacci della Uil e Leopoldino Lago, dello Snals. A questo punto si marcia compatti verso lo sciopero in tutte le le scuole del Veneto. Durante la riunione, i sindacati avevano chiesto profonde modifiche al taglio delle cattedre.
I tagli progettati dal ministro Letizia Moratti nelle scuole venete riguardano 772 posti in meno nella scuola elementare, media e superiore. Ma i massimi dirigenti delle scuole della regione, rappresentati anche dagli ex provveditori agli studi di Venezia, Treviso e Padova, rispettivamente Trovato, Spampinato e Palumbo, hanno sostenuto che i programmi della Moratti non si toccano. I rappresentanti sindacali avevano fatto anche presente che nel Veneto, solo nelle prime classi della scuola elementare, nel prossimo anno scolastico ci saranno duemila allievi in più, in gran parte figli delle migliaia d'immigrati che si sono inseriti tra di noi.
Bocciata anche la proposta dei sindacati di rinviare le decisioni sui tagli a un secondo incontro, che si sarebbe dovuto tenere la prossima settimana, confidando che nel frattempo i dirigenti fornissero i dati precisi. I dirigenti regionali hanno detto che la discussione non poteva essere rinviata perchè entro il 9 marzo deve essere già tutto pronto per formare la graduatoria dei trasferimenti. Risultato pratico dell'incontro: martedì pomeriggio i sindacati si riuniranno, nella sede della Cisl regionale, in via Piave a Mestre, per varare una serie di scioperi da tenersi entro la fine di marzo.
«Ancora una volta - dice Simone Meggiolaro, della Cisl - i dirigenti regionali hanno ripetuto le stesse cose che va dicendo la Moratti. Non hanno capito tra l'altro che, come dimostrano i dati nazionali confrontati regione per regione, che il Veneto è stato discriminato. Cioè non si sono resi conto che i tagli alle cattedre, in percetuale, sono risultati molto più pesanti che nelle altre regioni». Durissimo anche il commento della Cgil. «I tagli alle cattedre - dice Totò Mazza, segretario di Padova - sono la conseguenza nefasta della bruttissima riforma del ministro Moratti».

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E per finire la prese di posizione dell'Istituo Primo Levi di Modena:

VIGNOLA
'Giù le mani dalla scuola'
L'istituto 'Levi' prende le distanze dalla Moratti

m.ped.

VIGNOLA. "Giù le mani dalla scuola pubblica". Al coro di proteste contro la recente riforma scolastica varata dal Governo, si è unito in questi giorni anche l'istituto scolastico Primo Levi, che ha fatto sapere in una nota di "condividere lo spirito" del documento elaborato nei giorni scorsi dall'assemblea dei lavoratori delle scuole dell'infanzia, elementari, medie e superiori di Vignola.
Questo documento dice tra l'altro: «Le recenti proposte di modifica della scuola... sono state divulgate dai mass media in modo parziale e superficiale. Lo sapete che la "riforma epocale varata con ampio consenso" (definizione del Governo) è stata decisa in due mesi, in tutta fretta, in maniera pressapochista e senza consultazioni significative? Che gli Stati Generali, convocati dal Ministro Moratti, non sono assolutamente rappresentativi del mondo della scuola? Che il "documento Bertagna" (leggere per credere) è fumoso, ripetitivo, scritto male, indigesto, zeppo di contraddizioni, di adempimenti burocratici ed ovvietà già scritte e riciclate da decine di pedagoghi?...Lo sapete che la ripartizione in due sistemi, liceale e professionale, ci riporta indietro di 50 anni, perché obbliga i ragazzi di 12 - 13 anni ad operare una scelta definitiva riguardante il loro futuro? Che la maggioranza degli attuali studenti frequenta istituti tecnici o professionali, che però saranno considerati scuole di serie B rispetto al sistema dei licei?
...Lo sapete che alcune disposizioni fondamentali, come ad esempio il ripristino del 7 in condotta e le verifiche biennali alle medie e alle superiori, non sono state inserite nei documenti ufficiali...ma comunicate durante le conferenze stampa?
...Vi interessa sapere che alle elemtari tornerà il maestro unico?...Che dal prossimo anno scolastico verrà applicato l'art. 22 della finanziaria, che prevede una riduzione del 15% della spesa del personale scolastico? Che nei prossimi tre anni verranno soppressi più di 50.000 posti di lavoro dei docenti?...Che secondo la proposta Adornato il consiglio d'istituto verrà trasformato in consiglio d'amministrazione, riducendo così le possibilità di partecipazione per studenti e genitori?...
Noi lavoratori della scuola pensiamo che sia in atto un preoccupante progetto di denigrazione e progressiva dequalificazione della scuola pubblica».

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