8 January, 2002

Apriamo la rassegna stampa di oggi con un lugno articolo apparso sul Manifesto a proposito della valutazione rispetto agli student. Vi ricordiamo, quasi en passant, che il problema della valutazione dei docenti NON è stato accantonato, solo differito e proprio in questi giorni sta prendendo l'avvio una ricerca sul campo da parte del Ministero su come valutare quantitativamente il lavoro degli insegnanti, che avrà ricadute gravi sull'organizzazione del lavoro nostro. A breve più succose notizie.


I ragazzi non sono tabelline
E' possibile valutare, e inchiodare a quelle valutazioni, i ragazzi da 3 a 18 anni? La riforma del governo Berlusconi questo vorrebbe fare, e ridurre gli insegnanti a esattori di un test infinito. Ma resta nelle mani dei docenti la possibilità di sperimentare forme libere e creative di conoscenza
GUIDO ARMELLINI


" Quelli che insegnano pedagogia all'università i ragazzi non hanno bisogno di guardarli in faccia. Li sanno a mente, come noi si sa le tabelline": così scrivevano i ragazzi di Barbiana. Sono passati più di trent'anni ma la definizione è sempre attuale. Così, nel passaggio dall'era Berlinguer all'era Moratti sono cambiati i nomi dei pedagogisti di fiducia dei ministri, ma la caratteristica segnalata dagli scolari di don Milani è rimasta invariata. Tra i progetti di riforma sfornati dai governi di centro-sinistra e di centro-destra ci sono, infatti, elementi di continuità (i cedimenti sulla laicità dell'educazione, i finanziamenti alle scuole private, la netta separazione tra istruzione e formazione professionale), e di discontinuità (il taglio apertamente classista del progetto Moratti); ma il denominatore comune più tenace è l'assoluta noncuranza per il carattere mutevole, imprevedibile, avventuroso delle relazioni che le e gli insegnanti instaurano ogni giorno nelle classi con le ragazze ed i ragazzi in carne ed ossa.
La scuola viene vista come un "sistema" da far funzionare col massimo di efficacia e di efficienza, un oliato meccanismo di trasmissione di conoscenze/competenze/capacità e di controllo della loro acquisizione, e non come una moltitudine di comunità viventi, ciascuna con la sua storia, le sue abitudini, i suoi conflitti, dove si incontrano esseri umani diversi per età, sesso, carattere, visioni del mondo, provenienze geografiche e culturali.
Nulla in contrario, naturalmente, sull'idea che una buona scuola debba essere ben organizzata. Ma un modello organizzativo e didattico che non tiene conto del carattere corporeo, sessuato, soggettivo dell'insegnamento e dell'apprendimento ha molte probabilità di produrre effetti controproducenti.
Un campo in cui la noncuranza per l'esperienza reale di insegnanti e studenti è particolarmente evidente è costituito dai progetti valutativi sfornati dai pedagogisti ministeriali. Eccone un esempio, tratto dal progetto elaborato dalla commissione presieduta da Giuseppe Bertagna per la ministra Moratti. Nel nefasto computo di "crediti" e "debiti" già introdotto dalla riforma precedente viene ora inserita una disinvolta equiparazione di giudizi tecnici e giudizi morali attraverso l'istituzione del "debito formativo" relativo al "comportamento", considerato di "pari peso" rispetto a quelli di profitto, "in nome del principio dell'inseparabilità tra logica ed etica". Bastano due debiti, di cui uno può riguardare, appunto, il comportamento, perché al termine di ogni biennio (dalla seconda elementare in su!) un bambino o una bambina ripetano l'anno.
A parte il fatto che non si vede come l'introduzione della ripetenza fin dai primi anni delle elementari possa favorire quella scuola "lunga, non concitata, senza la nevrosi dei risultati intermedi", di cui favoleggia il documento, bisogna domandarsi quale significato possa assumere questo provvedimento nelle menti di chi valuta e di chi è valutato. La ripetizione di un anno scolastico può, in certi casi, essere utile, se vissuta dallo studente come una possibilità di recuperare esperienze e conoscenze non pienamente metabolizzate. Ma acquista un significato diverso, e decisamente controproducente, se la valutazione morale si sovrappone a quella cognitiva, e la ripetenza si configura come una punizione: non sai la matematica, e in più sei un bambino cattivo; quindi meriti di essere bocciato!
Lo sfondamento dei confini tra diversi tipi di valutazione - che, come ogni buon insegnante sa, richiederebbero forme diverse e non standardizzate di giudizio e di approccio relazionale - è aggravato dalla presunzione che lo strumento del test sia in grado di misurare le più svariate caratteristiche cognitive, affettive, etiche, di un essere umano.
In un'appendice al documento, Giuseppe Bertagna si compiace del fatto che una scuola media da lui visitata disponga dei dati relativi alle prove di ingresso di ciascun alunno, riguardanti non solo "le abilità di base (numeriche, di studio, di ragionamento e di lettura)", ma anche "le dimensioni etiche, motorie, relazionali, creative, decisionali e della personalità".
Chi frequenta ogni giorno con rispetto e passione le persone giovani sa che la pretesa di poter misurare una simile gamma di attitudini e propensioni tramite una "prova di ingresso", che poi resterà agli atti come documento-base sul quale fondare l'azione didattica, è, oltre che insensata, prevaricatrice, per gli inevitabili effetti di banalizzazione e stereotipizzazione. Si aggiunga che ogni alunno, "dai 3 ai 18 anni", dovrà essere "accompagnato" da un "apposito portfolio delle competenze", che comprenderà, oltre alla scheda di valutazione, relativa ai crediti formativi, una "scheda di orientamento" contenente "prove scolastiche significative", "osservazioni dei docenti sui metodi di apprendimento del ragazzo", "commenti su lavori personali ed elaborati significativi", "indicazioni che emergono da un questionario attitudinale compilato da ciascun (sic!) studente", "qualità e attitudini del ragazzo, individuate negli incontri insegnanti-genitori, anche grazie all'aiuto di appositi questionari", "indicazioni che emergono da un progetto personale di vita, elaborato dallo studente e consegnato al docente".
Insomma la traduzione pratica del progetto Bertagna nella concreta vita scolastica comporterebbe, per gli insegnanti, una mole di lavoro burocratico e sanzionatorio senza precedenti nella storia della nostra scuola, che andrebbe inevitabilmente a scapito della relazione con gli studenti; e per gli studenti il peso di una valutazione onnivora e addirittura persecutoria, dominata dagli esiti nefasti dell'"effetto Pigmalione".
Indipendentemente dalle eventuali buone intenzioni, una scuola affetta da delirio di onnipotenza, animata dalla presunzione di poter misurare e certificare "tutto" di una creatura umana, finisce per usare la valutazione come un'arma puntata contro la privacy, la responsabilizzazione e l'autostima delle ragazze e dei ragazzi che la frequentano.
Nel movimento dell'"autoriforma gentile" abbiamo molto riflettuto sulla valutazione, in continuità con una tradizione di pedagogia non accademica, legata alla pratica quotidiana dell'insegnamento, che nelle scuole italiane è ancora viva e attiva, malgrado le direttive tecnicistiche e riduzionistiche provenienti dai vertici buro-pedagogici. Una valutazione che riconosce i suoi limiti e rispetta il mistero di ogni essere umano; che non valorizza solo ciò che ci fa uguali ma anche ciò che ci rende diverse e diversi; che non si basa esclusivamente su domande la cui risposta è nota in anticipo ma apre terreni di ricerca comuni a insegnanti e studenti; che non si sforza semplicemente di adattare le ragazze e i ragazzi a un sapere precostituito ma esplora i nuovi significati che le discipline assumono nell'incontro con le inedite domande di senso delle giovani generazioni. E così via.
Una simile idea della valutazione potrebbe stare dentro un progetto di riforma? Se per riforma si intende un insieme di direttive che pretendono di far funzionare la scuola come una macchina governata e controllata in forme gerarchiche, sulla base del trinomio mercato/tecnica/organizzazione, la risposta è no.
Bisognerebbe invece partire dalla scuola buona che già si fa, darle respiro, aiutarla a crescere, curare la qualità delle relazioni tra le persone che la frequentano, aprire spazi liberi di riflessione e di confronto, promuovere esperienze che si allarghino per contagio. Non l'ha fatto il governo di centro-sinistra, ed è impensabile che lo faccia il governo di centro-destra.
Ma, come ogni luogo d'incontro tra esseri umani, la scuola è un'occasione di scoperte impreviste, di avventure e disavventure culturali, di passioni e di conflitti, che nessuna normazione - burocratica o "manageriale" che sia - può neutralizzare del tutto. Attraverso i suoi percorsi può passare il peggio o il meglio della società: la trasmissione supina dei modelli di vita e di pensiero dominanti o la sperimentazione di forme libere e creative di conoscenza e di convivenza.
Credo che una parte risolutiva di questa scommessa resti nelle mani delle e degli insegnanti che, contrariamente ai pedagogisti accademici, "guardano in faccia" ogni giorno i ragazzi e le ragazze, col desiderio di lasciarsi insegnare qualcosa dalla loro inesauribile alterità

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Un articolo sul Giornale di Brescia mostra come alcuni problemi sono ancora ben vivi. Si è in attesa della circolare sugli esami di stato e si spinge la Moratti a fare in fretta e si prevedono opposizioni in parlamento. In più c'è la riforma degli organi collegiali, con l'inserimento di tre esterni alla scuola (sic!).


Dopo 16 giorni di vacanze natalizie, oggi si rimette in moto il treno della scuola. Con a bordo gli alunni di materne, elementari, medie e superiori, statali e non statali. Nel Bresciano sono oltre 155 mila. Per rendere più dolce la ripresa, ricordiamo quali sono le principali novità attese per il 2002. ISCRIZIONI - Per aver maggior tempo a disposizione per affrontare le complesse operazioni del nuovo anno scolastico, il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti ha deciso di anticipare dal 25 al 20 gennaio il termine ultimo per le iscrizioni alla scuola materna e alle classi prime di elementari, medie e superiori. In realtà per quest’anno, poichè il 20 è domenica, il termine per le iscrizioni scade lunedì 21 gennaio. Gli alunni bresciani interessati a tale adempimento sono circa 40 mila. Normalmente, per materne, elementari e medie ci si iscrive alla scuola più vicina. Più complessa la scelta per le superiori, perchè si deve prima ben valutare gli indirizzi e le sperimentazioni in atto nella varie scuole, non tutte situate nel proprio bacino di residenza. MATURITÀ - Un articolo della Legge Finanziaria per il 2002 ha in parte rivoluzionato la Maturità, che prenderà il via mercoledì 19 giugno con la prima prova scritta, quella di italiano e che, nel Bresciano, vedrà impegnati poco più di 7 mila candidati. Le Commissioni esaminatrici saranno composte solo da membri interni: gli insegnanti delle materie d’esame (6 nel tradizionale, 8 nelle sperimentazioni) della classe del candidato per le scuole statali e paritarie. Esterno, per ogni sede d’esame (quindi per l’intera scuola) solo il presidente, nominato dal dirigente scolastico regionale. Per le scuole legalmente riconosciute e pareggiate, le commissioni saranno formate per metà dai membri interni e per il resto dai docenti delle scuole statali o paritarie alle quali le scuole sono state abbinate. Dopo la Finanziaria, il ministro dovrà emanare il decreto che recepisca le nuove disposizioni, indicando anche quale sarà la materia della seconda prova scritta, diversa per i vari indirizzi di studio. RIFORMA - Dopo gli «Stati generali dell’istruzione», tenutisi all’Eur a Roma il 19 e il 20 dicembre per dibattere la riforma dei cicli scolastici proposta dal «Gruppo ristretto di lavoro» presieduto dal pedagogista bresciano Giuseppe Bertagna, il ministro Moratti dovrà accelerare i tempi per presentare il relativo progetto di legge in Parlamento, se vuole che prenda il via, sia pure sia pure con gradualità, con l’anno scolastico 2002-2003. Nel corso degli Stati generali, della proposta originaria della Commissione-Bertagna sono stati accettati i seguenti principi: l’attuale ciclo di base resta di 8 anni, 5 di elementari e 3 di medie, strutturato in 4 bienni, di cui uno intermedio di cerniera per assicurare la continuità didattica; nelle superiori interconnessione tra istruzione (licei) e formazione (professionale); obbligo scolastico di 12 anni. Sono rimasti controversi: la riduzione della durata delle superiori da 5 a 4 anni; lo sconto di un anno nella qualifica professionale per chi ha frequentato 3 anni di materna. L’iter parlamentare sarà tutt’altro che facile perchè le opposizioni hanno già preannunciato battaglia. ORGANI COLLEGIALI - Presto all’esame del Parlamento anche il disegno di legge di riforma degli Organi collegiali a livello locale. Un Consiglio di amministrazione (Cda), con la presenza fino a 3 membri esterni, sostituirà gli attuali Consigli di circolo (elementari e materne) e di istituto (medie e superiori). Sono previsti anche: il Collegio docenti; un Organo di valutazione collegiale degli alunni; un Nucleo di valutazione d’istituto. INSEGNANTI DI RELIGIONE - In Italia sono circa 20 mila, a Brescia 450. Finora sono nominati con incarico annuale, normalmente rinnovabile, dai dirigenti scolastici su proposta del Vescovo o da un suo delegato. Un disegno di legge della Moratti, se verrà per tempo approvato dal Parlamento, prevede che dall’anno scolastico 2002-2003, circa il 70 per cento dei docenti di religione, attraverso un concorso per titoli ed esami riservato a chi ha almeno 4 anni di servizio, vengano immessa nei ruoli dello Stato.
Giovanni Spinoni
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In un breve articoletto sul Resto del Carlino.it viene citata la ripresa del movimento degli studenti


Riprende
la protesta
dei ragazzi

Non rinunciano. Oggi riaprono le scuole dopo le vacanze natalizie ma gli studenti delle superiori continuano a far sentire la loro voce. La protesta contro la proposta di riforma della scuola firmata dal ministro Moratti va avanti.
Questa mattina infatti sulle facciate di Laura Bassi, Minghetti, Copernico, Righi, Galvani, Fermi, Aldini Valeriani, Sirani, Belluzzi, Itis majorana, Sabin, Istituto d'Arte, Liceo Artistico e Leonardo da Vinci di Casalecchio compaiono striscioni polemici. Prendendo spunto dalla protesta di alcuni presidenti delle Consulte degli studenti medi, durante gli Stati generali della scuola gli studenti del movimento Nati dalla Resistenza appemderanno dei grandi «codici a barre» (come si trovano sui prodotti in vendita nei supermarket) con scritto «La scuola non è in vendita».
All'interno e davanti alle scuole, invece, i Nati dalla Resistenza distribuiranno volantini.
f. g.

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Chiudiamo la rassegna con due "pezzi" estratti da "tuttoscuola news, una news letter che arriva direttamente in mailbox a chi ne fa richiesta. Tuttoscuola si è subito schierata a favore della "Moratti". Il primo pezzo riguarda il fatto che le critiche alla riforma sarebbero originate da una contrapposizione ideologica (sic!):


3. Riforme: i danni delle contrapposizioni ideologiche
Dopo la fase dell'ascolto, dopo i consensi e le critiche, il ministro
Moratti si prepara quindi alla fase piu' delicata sul piano politico:
la definizione degli strumenti normativi, dei modi e dei tempi per
avviare la riforma.
L'impegno e' preciso: far partire, gradualmente, il cambiamento gia'
dal prossimo settembre. Ma i fronti che dovranno essere aperti in
parallelo saranno diversi (vedi “TuttoscuolaNEWS” n. 29). Non sara'
certamente un compito facile, ne' breve, come nel corso degli Stati
generali ha rilevato il prof. Luciano Corradini in uno dei piu'
applauditi interventi della due giorni romana.
“Una massima rabbinica dice che chi fa una legge deve avere il
consenso di almeno il 50% di chi la deve applicare” ­ ha affermato il
presidente dell'UCIIM nell'intervento (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_31-1.doc ) ­ e a riformare la
scuola, ci hanno provato in molti, da Gonella a Gui, dalla Falcucci a
Berlinguer, ma “tutti coloro che hanno tentato di ridisegnare l'intero
sistema scolastico hanno fallito”.
Per costruire la nuova scuola occorre infatti il consenso e la
condivisione di tanti (“non si tratta di chiedere troppo poco, ne'
troppo, ma di lavorare il piu' possibile con gli insegnanti, e con i
dirigenti, reali, e non solo immaginati”). Il clima che ha
accompagnato gli stati generali ha fatto invece trapelare segni di
schieramenti opposti, di veti e di pregiudiziali quasi ideologiche, da
un fronte e dall'altro: proprio il contrario di quel che serve.
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Il secondo pezzo riguarda da vicino anche lo scipero dei dirigenti scolastici dell'11 e lo mettiamo in collegamento con una notizia apparsa con il nostro sito nazionale. Ecco il pezzo:


5. Dai provveditorati ai CSA
Nascono i CSA (Centri Servizi Amministrativi) al posto dei
Provveditorati agli studi e vengono congelati i CIS (Centri Servizi
per le Istituzioni scolastiche).
Le “vecchie” strutture provinciali dell'Amministrazione scolastica
diventano dal 2002 strutture periferiche degli Uffici scolastici
regionali nati l'anno scorso e si preparano a svolgere, per conto e su
delega di quegli Uffici, molte delle attivita' di gestione
precedentemente svolte con diretta responsabilita'.
I CSA, in mancanza dei provveditori, transitati quasi tutti agli
Uffici scolastici regionali, potranno essere affidati a dirigenti di
seconda fascia. Lo prevede una recente disposizione ministeriale
(prot. 4351 del 21.12.2001) che nei prossimi giorni sara' sottoposta
all'esame della Conferenza unificata Stato-Regioni e autonomie locali.
La stessa disposizione, a conferma di quanto gia' fatto intendere dal
ministro Moratti nei mesi scorsi, prevede che i CIS non verranno
attivati fino alla definizione del nuovo regolamento per l'assetto del
MIUR.
Ricordiamo che i “congelati” CIS sono stati previsti a suo tempo per
assistere lo sviluppo delle scuole autonome e dovrebbero essere
costituiti da docenti e dirigenti scolastici con compiti di assistenza
e consulenza. Intanto le istituzioni scolastiche diventate autonome
dal settembre 2000 continueranno autarchicamente a sopravvivere,
cercando fuori dall'amministrazione scolastica gli aiuti di cui hanno
quotidianamente bisogno per la gestione e l'organizzazione della nuova
scuola (e non e' un caso che i servizi di consulenza privata stiano
diventando il nuovo business del settore).
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Ecco quanto è apparso come comunicato sul nostro sito nazionale:


La risposta del Ministero dell’Istruzione alle nostre critiche sul Decreto, firmato il 21 dicembre scorso, con il quale si modifica la riforma dell’amministrazione sul territorio definita nell’aprile 2001, fa confusione.
Innanzitutto bisogna precisare che i sindacati scuola non hanno dato il loro consenso al rinvio dell’attuazione dei Centri di Servizio (CIS) di supporto all’autonomia delle scuole.
Peraltro, a testimoniare dello scarso rilievo attribuito alle relazioni sindacali, l’incontro si è tenuto il giorno stesso in cui veniva firmato il Decreto!
Inoltre, durante l’incontro con i sindacati scuola era stato acquisito l’impegno da parte del Ministero a convocare le Confederazioni, con le quali sugli stessi argomenti era stata firmata un’intesa, e questo non è stato fatto.
Quindi il Ministero si è limitato ad una tardiva informazione, non ha consultato i sindacati, non ha coinvolto le Confederazioni, ha ricevuto giudizi negativi e non ne ha tenuto conto.
Infine, per quanto riguarda la valutazione sulla portata del Decreto, resta confermato per noi che la sospensione della costituzione di Centri di supporto all’autonomia delle scuole, che avrebbero dovuto entrare in funzione il 2 gennaio 2002, e la scelta che alti dirigenti pubblici vadano a dirigere tutti i Centri Amministrativi altro non è che un’operazione destinata a limitare il processo di autonomia delle scuole e foriera del rilancio di una cultura centralistica.
Roma, 7 gennaio 2002
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Ed ecco il comunciato a cui fa riferimento il precedente...


Comunicato stampa del Ministero a proposito del blocco della propria riforma
CENTRI SERVIZI AMMINISTRATIVI PIÙ SNELLI AL POSTO DEGLI EX PROVVEDITORATI
(Roma, 4 gennaio 2002) In merito ad alcune notizie di agenzia e di stampa sul presunto ripristino dei Provveditorati agli studi, derivante da una errata lettura del dispositivo ministeriale del 21 dicembre 2001 (e successiva nota del 27 dicembre) il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca comunica:
· Nulla è variato nella struttura e nelle competenze dei Centri Servizi Amministrativi (Csa) che sono subentrati ai Provveditorati con funzioni diverse e più limitate. I Provveditorati agli studi sono soppressi dal 1° gennaio 2002, come del resto sottolineato nella premessa del provvedimento. La possibilità di affidare la responsabilità di un Csa Provinciale ad un dirigente amministrativo è rimessa alla competenza del Direttore generale regionale, tenuto conto delle situazioni relative ai diversi contesti territoriali.
· La sospensione dei Centri servizi per le istituzioni scolastiche (Cis), peraltro attivati soltanto in qualche realtà territoriale, non accresce in alcun modo le competenze dei Csa, non significa ripristino dei Provveditorati, né tantomeno limita l'autonomia scolastica. La sospensione si è resa necessaria in quanto è in via di attuazione la complessiva ristrutturazione del Ministero, con l'unificazione degli ex Dicasteri della Pubblica Istruzione e dell'Università, Ricerca Scientifica e Tecnologica.
· Sul provvedimento sono stati preventivamente consultati i rappresentanti delle Organizzazioni sindacali della Scuola e della Funzione pubblica. In particolare questi ultimi hanno espresso valutazione sostanzialmente positiva.
Roma, 7 gennaio 2002
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