In un articolo inchiesta su La Gazzetta di Parma i dirigenti scolastici della zona esprimono dubbi sulla "riforma" Moratti:
Un'istruzione di carattere liceale (liceo artistico, classico, economico,
linguistico, musicale, scientifico, tecnologico e delle scienze umane) e una
formazione professionale. Sono questi i due canali disegnati dalla riforma
Moratti per la scuola superiore: cinque anni per il primo e almeno quattro
per il secondo, con la possibilità - assicura il Ministero - di passare
da uno all'altro.
Il liceo avrà come «sbocco» naturale l'Università
e sarà chiuso dall'esame di Stato, nel quale alle prove predisposte
dalle commissioni (formate da membri «interni») se ne affiancheranno
altre provenienti dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema d'istruzione;
nella formazione professionale (che non impedirà l'accesso all'Università:
al termine della quarta si dovrà frequentare un apposito corso di un
anno e sostenere l'esame di Stato) dopo l'ottenimento della qualifica si potrà
invece optare per una prosecuzione nella «Formazione tecnica superiore».
Come già fatto per elementari e medie, anche sulle superiori abbiamo
chiesto un commento ai dirigenti delle scuole cittadine. «Per un liceo
scientifico non è che cambi molto: ora si tratta di vedere i contenuti
della riforma», spiega il vicepreside del Marconi Sergio Olivati, che
nel progetto presentato vede «un'occasione per riorganizzare il sistema
della formazione professionale». «I nuovi licei mi sembrano promuovere
la cultura e il senso critico _ continua _ e a proposito degli stage [a partire
dai 15 anni, ndr] non penso che il fatto che si prenda già contatto
con il mondo del lavoro sia da rilevare in maniera negativa. La riforma in
generale? Non è che ''riformi'' molto, ma credo che per le scuole possa
aprirsi qualche possibilità per cercare di migliorare la qualità
del servizio. Come ho detto, si tratterà di vedere i contenuti».
La preside del liceo classico Romagnosi Gabriella Manelli critica in primo
luogo il nuovo esame: «Se è fatto in questo modo tanto vale che
sia abolito. Un esame così, del tutto autoreferenziale, non può
che scalfire la qualità della scuola». Convinta che la divisione
dei due percorsi delle superiori «sia troppo netta, e la scelta troppo
precoce», a proposito del ruolo assegnato alla condotta (che «farà
media») la preside dice: «Trovo che un atteggiamento propositivo
sia lo strumento più valido per un'efficace formazione della persona;
non credo invece molto negli strumenti repressivi. Noi in questi anni abbiamo
teso a ridimensionare il valore del voto in condotta: l'abbiamo inteso come
un ''segnale'', ma abbiamo puntato soprattutto sugli aspetti propositivi e
positivi della formazione». Sul complesso del progetto il pollice è
verso, sia sui "modi" («queste cose si discutono in Parlamento,
non si sceglie la legge delega») sia sulla sostanza: «È
una riforma che riporta indietro la scuola», afferma la dirigente, che
boccia anche l'ingresso anticipato alle elementari.
Critico anche il preside dell'Ulivi Giorgio Baruffini: «Il mio giudizio?
La montagna ha partorito il topolino: ed è un brutto topo, perché
riporta le cose allo stato della Riforma Gentile senza avere lo spessore intellettuale
di Gentile dietro le spalle. Per le superiori trovo che una distinzione così
netta tra formazione professionale e licei rischi di creare due canali con
una scelta molto precoce, contrastando quindi con le indicazioni a evitare
le canalizzazioni precoci che vengono un po' da tutte le parti; non vedo inoltre
il senso di alcuni dei licei annunciati. L'esame, poi, è qualcosa di
mostruoso: e pensare che in ogni scuola ci sia un unico presidente esterno
contrasta con la legge, che non è stata modificata».
Il dirigente dell'Itis Nicola Nucci si sente in una sorta di limbo d'incertezza:
nell'attesa di vedere come la riforma si realizzerà nei fatti, «il
timore è la sottovalutazione della funzione degli istituti tecnici.
C'è preoccupazione: in questi anni abbiamo combattuto per mantenere
un certo tipo di istruzione tecnica, che definisse un certo percorso e una
professionalità, e ora c'è il rischio che venga sminuita _ dice
_. Quanto al resto: trovo positiva l'attenzione al sistema duale, ma non penso
che sia giusto dividere la gente in due realtà a partire dai 14 anni;
io credo che fino a 16 anni la scuola debba essere scuola, e uguale per tutti».
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Su Il Tirreno un articolo che esprime preoccupazione per i tagli della
finanziaria, l'allarme viene dalla giunta provinciale di Pisa:
Scuola, momenti duri in arrivo
con i tagli della Finanziaria
Cattedre e servizi a rischio: ieri riunione urgente in Provincia. Storchi
e Pellegrini «Meno contributi, ma uguale impegno»
PISA. Tempi duri per la scuola. Il decreto attuativo della Finanziaria, con
il taglio di 8mila cattedre a partire da settembre (per complessive 35mila
al 2003-2004), colpirà anche la realtà pisana. Gli assessori
alla pubblica istruzione di Provincia e Comuni si sono riuniti ieri nella
sala del consiglio provinciale. E l'allarme, con annesso carico di preoccupazioni,
è scattato immediatamente.
I tagli previsti dalla manovra penalizzeranno sia servizi legati alla qualità
della didattica (come l'insegnamento delle lingue straniere alle scuole elementari),
che servizi di carattere più strettamente sociale: in particolare il
tempo pieno e prolungato alle elementari e alle materne. Mentre negli istituti
superiori i provvedimenti interesseranno soprattutto la formazione delle classi,
che rischieranno così di avere un eccessivo numero di alunni.
Al termine della riunione in Provincia, che è stata piuttosto lunga
e con molti interventi, il punto (comprese le iniziative che sono in programma
sin dai prossimi giorni) è stato fatto dall'assessore provinciale alla
pubblica istruzione Aurelio Pellegrini e dall'assessore del Comune di Pisa
Bianca Storchi.
«Riguardo ai contributi destinati alle scuole - dicono Pellegrini e
Storchi - gli enti locali, di fronte alla situazione che si è venuta
a creare, non possono che congelare l'esistente e si riservano di valutare
daccapo come e dove orientare le risorse che saranno rese disponibili. Si
tratta adesso soprattutto di attutire questi colpi - prosegue Pellegrini -
prendendo tutti atto che potremo spingerci solo fino ad un certo punto. Di
sicuro, e questo è il nostro impegno, non abbandoneremo le scuole al
loro destino. Costruiremo insieme percorsi che abbiano un senso, anche se
giocoforza avranno un carattere ridotto rispetto al passato ed a quanto avevamo
previsto per il futuro».
Finanziaria e riforma-Moratti avranno conseguenze anche sui servizi gestiti
direttamente dai Comuni. «La preoccupazione maggiore - interviene l'assessore
Storchi - è per le materne e le elementari, alle quali dal prossimo
anno scolastico potranno iscriversi, oltre ai "regolari", anche
i nati nel 2000 e nel 1997, con un aumento rispettivamente di 431 e 412 bambini
sull'intero territorio provinciale (108 e 95 solo a Pisa). Ci chiediamo perciò:
come garantire a questo piccolo esercito gli spazi, il servizio trasporti
e il personale necessari se questa Finanziaria ci toglie risorse tanto importanti?».
Altro nodo è quello della refezione, visto che, appunto, non potranno
essere garantiti i tempi pieni e prolungati. «Anche qui infatti - dice
l'assessore Storchi - c'è un grande punto interrogativo».
Né si può dimenticare la questione dei portatori di handicap,
dal momento che i tagli della manovra intervengono in una situazione già
di difficoltà, che finora era stata in qualche modo risolta solo grazie
all'impiego di fondi aggiuntivi da parte delle amministrazioni locali.
Per tutto questo un appello viene rivolto dagli assessori alla pubblica istruzione
direttamente ai propri sindaci perchè, anche in regime di austerity,
non vengano danneggiati i ragazzi e la scuola.
E le altre iniziative? Anzitutto ogni Comune incontrerà i dirigenti
scolastici per analizzare la situazione del proprio territorio. «Inoltre
- concludono Pellegrini e Storchi - appena il decreto sarà uscito,
ci ritroveremo nuovamente: l'intenzione è di formare gruppi di lavoro
misti, scuole-enti locali, per affrontare le problematiche legate ad ogni
singolo argomento così da cercare insieme le possibili soluzioni».
Dunque, visti i provvedimenti economici che si stanno prefigurando, la scuola
pisana si appresta a ridisegnare completamente il proprio assetto. Le prossime
settimane, i prossimi mesi saranno sicuramente di grande (e non semplice)
lavoro.
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Un articolo su La Stampa esprime invece la preoccupazione di molti dirigenti
scolastici degli istituti profesionali che dovrebbero essere regionalizzati.
Si teme una fuga degli insegnanti che non hanno risposte chiare su che cosa
ciò significhi. In più i tagli dell'organico funzionale mettono
in crisi una macchina che funzionava ottimamente:
GLI ISTITUTI PROFESSIONALI ALLARMATI PER IL PASSAGGIO ALLE REGIONI «Non
fate fuggire quei docenti» I presidi: vogliamo certezze sul nostro futuro
DOCENTI in fuga dagli istituti professionali prossimi al passaggio alle Regioni.
L´allarme l´ha lanciato ieri, su La Stampa, l´assessore
al Sistema Educativo e Formativo della Provincia. E dai dirigenti scolastici
dei professionali emerge una profonda preoccupazione per le sorti di questo
tipo di istruzione (oggi 3 anni più 2, per arrivare alla qualifica
e al diploma, in futuro, secondo la riforma, 4 più uno propedeutico
per accedere all´Università) che il ministro Moratti pensa di
affidare alle Regioni. Il bilancio della tentata fuga, comunque, si potrà
fare solo dopo la scadenza, il 14 febbraio. Per il 13, intanto, alle 14, i
presidi di due tra i maggiori istituti professionali della città, i
professori Nicola Sacco del «Giolitti» e Marco Masuelli del «Giulio»,
hanno invitato i 60 colleghi del Piemonte ad un incontro al «Giolitti»,
in via Alassio. L´assemblea dei dirigenti (che coordinano un universo
di circa 6000 docenti e 60 mila studenti) dovrebbe portare alla stesura di
un documento da inviare al ministero dell´Istruzione. «Gli istituti
professionali hanno accumulato nel tempo una quantità di esperienze
preziose che sarebbe un errore madornale cancellare. Le proposte avanzate
tengono poco conto della realtà delle nostre scuole», osserva
il professor Sacco. Rispetto ai trasferimenti: «Noi abbiamo docenti
eccezionali, motivati, che conoscono la metodologia. Se se ne andassero, sarebbe
un´enorme perdita di risorse di qualità delle quali i nostri
ragazzi hanno tanto bisogno». Ancora: «Ci confrontiamo sulla situazione.
Avremmo però bisogno di ragionare con il Ministero. Con la Regione
siamo in ottimi rapporti, ma al momento non può dirci nulla. Noi, comunque,
abbiamo ancora la speranza di un ripensamento». Il professor Sacco,
che riferisce anche le forti preoccupazioni rispetto ai tagli all´organico
funzionale, quello che da anni permette alle scuole di fare progetti mirati,
insiste: «Gli operatori aziendali che escono a luglio dalla mia scuola,
a settembre hanno già trovato lavoro. Allora, facciamo attenzione a
non disperdere energie e professionalità messe insieme in tanto tempo
e con fatica». Il preside del «Boselli», Giorgio Maccagno:
«Non è che i docenti non vogliano essere regionalizzati, ma vorrebbero
sapere. Invece, nessuno sa, quindi tanti tentano il trasferimento: incertezza
e precarietà non fanno bene alla scuola e alla didattica. Tra l´altro,
non sono nemmeno state consultate le Regioni». Marco Masuelli del «Giulio»:
«Ci sono situazioni miste, istituti in parte tecnici e in parte professionali.
Cosa succederà? In generale, la regionalizzazione, sembrerebbe un progetto
difficile da realizzare. Poi, ci sono Regioni che, come il Piemonte, hanno
scelto di affidare la formazione professionale alle agenzie. Come risistemare
il tutto? Il presidente Ghigo ha assunto una posizione molto prudente...».
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Infine un articolo dell'Unità on line, che ci interessa perché
riferisce le posizioni di Cofferati rispetto al social forum e alle sue iniziative.
Non solo quindi sulla scuola, ma anche in generale
RIMINI. Un movimento «magmatico» che ha preso corpo a Seattle,
è cresciuto a Genova e Porto Alegre, e ora aspetta risposte positive.
Con questo movimento, ha scandito Sergio Cofferati dalla tribuna del congresso,
«noi vogliamo e dobbiamo confrontarci». Una apertura inedita rispetto
alle freddezze, o quanto meno allo scarso entusiasmo di qualche mese fa. Che
si lega, nella relazione del segretario della Cgil, all'analisi delle dinamiche
macroeconomiche, dei processi di globalizzazione del solo mercato, delle diseguaglianze
fra paesi e nei paesi, degli squilibri che impongono una riflessione alta
della politica, fuori dalla tenaglia dei «fondamentalismi ideologici»,
incentrata sull'affermazione dei diritti universali e su «un nuovo e
diverso modello di sviluppo». Su questo terreno il congresso della Cgil
ha avviato un nuovo filone di dialogo con il Social Forum. In tanti interventi
una ricchezza di spunti che saldano i temi nazionali all'Europa sociale e
dei diritti, ai limiti delle organizzazioni sovranazionali, al brodo di coltura
delle crisi in atto su scala planetaria.
Così Sergio Cofferati ha incontrato Vittorio Agnoletto. Un colloquio
di mezz'ora. Agnoletto gli ha consegnato il documento prodotto a Porto Alegre.
Quattro cartelle sui temi della resistenza al neoliberismo, al militarismo,
alla guerra, per la pace e la giustizia sociale. Non su tutti punti l'analisi
collima. Permangono differenziazioni. Ma il dialogo è avviato. Con
il Social Forum del resto c'è già un rapporto consolidato da
parte della Fiom e della sinistra della Cgil che hanno scelto di collocarsi
dentro il movimento. Ma non è questa la scelta di Cofferati. È
cambiato il suo atteggiamento nei confronti del movimento rispetto a luglio
ma la strada da percorrere, secondo lui è «il confronto dialettico
nel rispetto e nel riconosci mento reciproco di funzioni distinte, nella ricerca
comune di risposte positive».
Agnoletto ha apprezzato le aperture. Ha anche spiegato in quale ambito è
maturata questa ricucitura di rapporti:«C'è una consonanza di
posizioni soprattutto sulla guerra, la disponibilità a collaborare
su una serie di contenuti: diritto al lavoro, dir itti sul lavoro, globalizzazione
dei diritti. Ora dovremo dare sostanza a queste aperture». Anche se
il leader del Social Forum ha definito «ingeneroso» il rinnovato
richiamo di Cofferati sull'uso della violenza. (C'è una sola e determinata
condizione che la nostra storia e la nostra cultura ci impongono, quella del
rifiuto della violenza, teorizzata, praticata o anche solo tollerata). Un
riferimento poco gradito: «Mi pare che abbiamo dimostrato di non essere
violenti - risponde Agnoletto - Ci saremmo aspettati una presa di posizione
rispetto alla violenza dello Stato e delle forze dell'ordine, soprattutto
all'indomani della decisione al Senato di non aprire una commissione di inchiesta
sui fatti del G8». Comunque sia, esistono delle discriminanti di fondo
sulle quali impostare una collaborazione. Se ci sarà lo sciopero generale
il movimento sarà al fianco del sindacato. Ognuno, sia chiaro, deve
fare il suo mestiere. Ma il Social Forum è pronto a scendere in piazza
su una piattaforma che contempla la difesa dell'articolo 18 («se si
cede su questo, l'area del lavoro nero diventa irrecuperabile»), la
difesa dei diritti degli immigrati (contro la legge Bossi-Fini) , il rifiuto
della privatizzazione della scuola e della legge Moratti.
Le condizioni per farlo, questo sciopero, «ci sono tutte», secondo
Agnoletto. Che ora aspetta una risposta più precisa da parte di Cofferati
sul documento uscito da Porto Alegre e prospetta confronti più ravvicinati
sui temi italiani e sulle partite che si giocano a livello europeo. Il comune
sentire sulla guerra, la netta contrarietà all'intervento militare
in Afghanistan , la denuncia del rischio di un tragico allargamento del conflitto
gli fanno dire: «Se malauguratamente dovesse allargarsi il confli tto
mi auguro di trovarmi al fianco la Cgi».
Ma i confini sono segnati. L'ha ripetuto Cofferati: c'è un interesse
al dialogo, ferma restando la distinzione dei ruoli. È già una
svolta, ma siamo agli inizi. A Porto Alegre la Fiom guidata da Claudio Sabattini
ha pesato (Agnoletto al congresso ha incontrato anche lui). Insomma, la strada
per una convergenza operativa fra movimento e Cgil resta lunga.
Il 2-3 marzo, probabilmente a Bologna, ci sarà l'assemblea nazionale
del Social Forum per il patto costitutivo di lavoro che sarà firmato
da 130 associazioni. Sulla base di quel patto, una delegazione del movimento
si recherà a Bruxelles, sei giorni dopo , per incontrare i responsabili
dei movimenti europei e per gettare le fondamenta del comitato che dovrà
organizzare il Forum sociale europeo. Che si terrà in Italia a novembre.
Intanto, c'è una iniziativa discussa a Porto Alegre e destinata a suscitare
interesse: il lancio di una campagna, gestita da un comitato italiano, contro
le sponsorizzazioni «non etiche» nel mondo del calcio. In sostanza:
nei Mondiali di calcio non si devono accettare sponsorizzazioni da parte di
quelle aziende che non rispettano i diritti umani. Anche questo è un
capitolo del libro sulla globalizzazione dei diritti.