ADAMO DOVE SEI?

Nel capitolo 3 del libro della Genesi al v. 9 troviamo un'interessante domanda che Dio rivolge ad Adamo: «Allora l’Eterno DIO chiamò l’uomo e gli disse: Dove sei?».

Questa domanda potrebbe apparire strana se consideriamo il fatto che Dio è onnisciente ed onnipresente. Il Salmo 139, 1-18 ha parole bellissime per descrivere questa onnipresenza ed onniscienza di Dio e penso che valga la pena di leggerlo attentamente. Nella lettera agli Ebrei 4, 12-13 troviamo una sintesi delle stesse cose che il Salmo 139 ci espone in forma poetica.

Da queste letture possiamo concludere che Dio sa ogni cosa su ognuno di noi e certamente non poteva ignorare dove si trovava Adamo in quel momento. Nonostante questo Dio si rivolge ad Adamo con queste parole: « Adamo, dove sei?»

Certamente dobbiamo pensare che questa domanda va al di là del suo significato apparente; è una domanda particolarmente significativa che nasconde tra le righe qualcosa di più profondo su cui vale la pena di riflettere attentamente.

I primi capitoli del libro della Genesi ci parlano della Creazione, cioè di come Dio per mezzo della sua Parola abbia creato dal nulla tutto l’universo. Il primo capitolo ci parla in generale di questa creazione che si conclude con la creazione dell’uomo.

Dopo aver creato la terra con la sua vegetazione ed i suoi animali secondo le varie specie, Dio si dedica alla creazione del suo capolavoro, la specie umana, alla quale riserva una cura particolare ponendola al centro del creato, facendola dominare su tutta la creazione e creandola a Sua immagine e somiglianza.

Dio dopo aver creato la terra con la vita vegetale e animale, guarda con soddisfazione questa sua opera e dice che era buona, ma dopo aver creato l’essere umano, egli ammirando questa sua ulteriore opera non dice che era soltanto buona, come il resto della creazione, ma dice che era molto buona.

Il superlativo che viene qui usato nel primo capitolo del libro della Genesi, con riferimento alla creazione dell’uomo, vuole senz’altro mettere in evidenza il posto particolare che l’essere umano, la specie umana, occupava nella mente e nel cuore del Creatore. Tutto il resto della creazione, gli astri del cielo, la terra, l’acqua, l’aria, la vegetazione, gli animali ed ogni altra cosa sembrava essere stata creata da Dio in funzione dell’uomo, per accogliere l’essere umano che Dio aveva creato nelle sue componenti maschile e femminile.

Nel creare l’uomo Dio investe in quest’opera una parte di se stesso, mette dentro questa sua opera sé stesso, il suo spirito, il soffio vitale riservato solo all’essere umano (Ge 2, 7). Pur essendo l’uomo e la donna formati con gli stessi elementi di tutto il resto del creato, essi tuttavia possiedono delle prerogative che li distinguono da tutte le altre creature. Si dice infatti in Ge 1, 26 e in 5,1 che essi sono stati creati ad « immagine e somiglianza di Dio» in quanto, a differenza di tutte le altre creature, Dio li ha dotati di una personalità consapevole che si esprime per mezzo di una volontà e di una libertà di scelta.

La sfida dell’amore di Dio nel creare l’uomo e la donna è stata proprio quella di creare un essere che non fosse semplicemente sottomesso a lui perché non poteva fare diversamente, ma questo amore di Dio si è manifestato in tutta la sua grandezza nel creare un essere che fosse completamente libero di amarlo o di rifiutarlo, perché è evidente che non vi può essere vero amore se non vi è vera libertà.

Dio ha posto l’essere umano al vertice della sua creazione, lo ha messo nelle condizioni di poter realizzare pienamente la sua personalità in una situazione armoniosa di perfetto equilibrio e quindi di perfetta felicità. Ma, come ben sappiamo, l’uomo ha scelto la via del rifiuto e dell’indipendenza da Dio. Il fatto di essere stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, lo ha inorgoglito e gli ha fatto pensare di poter essere uguale a Dio. Questo orgoglio ha accecato la sua mente e non gli ha permesso di considerare di essere pur sempre una creatura dipendente dal suo Creatore.

Secondo l’ordine della creazione le relazioni che ogni essere umano può avere dal punto di vista esistenziale sono sostanzialmente tre:
– la relazione con il proprio Creatore;
– la relazione con se stesso;
– la relazione con il proprio simile.

Quando tutte queste tre relazioni funzionano e sono intatte allora l’essere umano si trova in una situazione armoniosa di perfetto equilibrio e di perfetta felicità, ma quando anche una sola di queste relazioni viene interrotta tutte le altre relazioni decadono e si corrompono.

L’uomo interrompendo la relazione con il suo Creatore, ha rotto questo equilibrio perfetto, e la rottura di questo equilibrio ha comportato la rottura anche di tutte le altre sue relazioni: quella con se stesso ed anche quella con il proprio simile. Così, da uno stato di perfetta felicità, Adamo ed Eva sono precipitati in uno stato di profonda infelicità e prostrazione. Il libro della Genesi ci spiega tutto questo con la vergogna dell’uomo che tenta di nascondersi agli occhi Dio a causa della sua nudità, che tenta di scaricare la sua responsabilità su Dio e sul proprio partner (Gn 3, 12). Ma le conseguenze della rottura di questa relazione con Dio, si manifestano in maniera ancora più drammatica nel destino di morte e di dolore che da quel momento in poi segnerà l’esistenza di tutta l'umanità sulla terra.

Naturalmente se noi consideriamo l’azione di Dio limitatamente alla prospettiva della creazione, si presentano diversi interrogativi a cui è difficile dare una risposta soddisfacente. Perché Dio ha creato l’uomo ben sapendo nella sua onniscienza che egli l’avrebbe rifiutato? Che senso ha l’aver creato l’uomo se Dio sapeva che poi sarebbe andata a finire in questo modo?

L’azione di Dio nei confronti dell’uomo, però, non si esaurisce esclusivamente nell’atto creativo, essa va vista in un quadro più ampio che si sviluppa in tre momenti successivi: la creazione, la riconciliazione ed infine la completa redenzione finale che si colloca al di fuori della storia umana e rappresenta l’atto conclusivo di tutto l’agire di Dio.

In questa visione complessiva dell’opera di Dio nei confronti dell’uomo, non solo ciascun momento è conseguenziale all’altro, ma ciascun momento presuppone anche quello precedente. Così non sarebbe possibile alcuna riconciliazione del mondo con Dio se questo Dio non fosse all’origine di ogni cosa, come Creatore di tutto l’universo; d’altra parte non sarebbe possibile alcuna redenzione finale se il mondo non fosse già stato riconciliato con Dio per mezzo di Cristo.

Nella Parola di Dio troviamo parecchi accenni a questo disegno complessivo di Dio per l’uomo. Possiamo leggere ad esempio Efesini 1, 3-14. Qualche accenno a questa progressione del disegno divino lo troviamo anche in 1 Co 15 dove ai versetti 45-50 Paolo ci parla di un corpo terrestre che viene prima del corpo celeste.

Sarebbe veramente interessante poter sviluppare in maniera più dettagliata ed approfondita ciascuno di questi tre momenti dell’azione di Dio per vedere come essi sono strettamente collegati l’uno all’altro e come, pur essendo distinti fra loro, fanno comunque parte dell’unica opera di Dio, ma non possiamo certamente farlo qui.

Per ora ci basta comprendere che in questa visione unitaria dell’agire di Dio, la storia dell’uomo si presenta fin dall’inizio come una storia di amore e di salvezza nella quale Dio cerca continuamente l’uomo, lo interpella, si pone al suo stesso livello e quasi lo supplica di accogliere il suo progetto, un progetto speciale che, secondo il beneplacito di Dio, renderà perpetua l’alleanza fra la creatura ed il suo Creatore.

In questa prospettiva complessiva, ma al tempo stesso unitaria dell’opera di Dio, l’esistenza dell’uomo in questa terra, pur nella sofferenza e nel dolore, acquista un nuovo senso profondo. Dietro l’angolo non c’è più il buio di un’ esistenza che si perde nel nulla, ma l’amore di un Dio che ci cerca e ci chiama ad un destino immortale.

Ecco allora che soltanto in questa prospettiva possiamo comprendere la domanda di Dio: « Adamo dove sei?». Si tratta di una domanda che già fin dall’ inizio Dio rivolge all’uomo, ma si tratta anche di una domanda che Dio ha continuamente rivolto all’uomo nel corso di tutta la storia umana. Dio cerca continuamente l’uomo, lo interpella, lo invita ad aderire al suo progetto. Questa domanda fu rivolta da Dio anticamente a personaggi famosi come Noè, come Abramo, come Mosè, come Davide ed a tanti altri ancora, che segnarono le tappe della storia della salvezza sia in senso positivo che negativo. Questo continuo cercare, questo continuo chiamare e interpellare è una costante del modo di agire di Dio nei confronti dell’essere umano e ci dà l’idea dell’amore che Egli ha, ha avuto e continua ad avere per tutta l’umanità. Gesù stesso ci ricorda che «Dio ha tanto amato questo mondo (cioè questa umanità), che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna » (Gv 3, 16). Tuttavia, pur potendolo fare, Egli non vuole costringere nessuno ad accogliere il suo progetto perché desidera che ognuno lo faccia spontaneamente per fede e malgrado ogni apparente evidenza contraria. Come è stato libero il rifiuto da parte di Adamo, altrettanta libera deve essere la risposta dell’uomo al Dio che lo interpella e lo supplica di accogliere la sua proposta d’amore.

La domanda che Dio ha sempre rivolto a tutto il genere umano nel corso della storia della salvezza, è la stessa domanda che ancora oggi Egli continua a rivolgere ad ognuno di noi. «Adamo dove sei? » «Uomo, dove sei? ». La sua domanda non è generica ed anonima, ma Egli si rivolge individualmente a ciascuno di noi, chiamandoci per nome:  « Franco, dove sei?»  « Marco, dove sei?»  « Anna, dove sei?». Due sono le risposte possibili che noi oggi possiamo dare a Dio: o quella di Adamo che si nasconde e tenta di giustificare la sua colpa o quella che diedero a suo tempo i grandi protagonisti della fede che troviamo descritti in Ebrei 11 ai vv, 7 e seguenti.

Costoro furono pronti a confessare a Dio la propria disponibilità con una semplice parola: «Eccomi ». Così rispose Mosè a Dio che lo chiamò mentre stava pascolando il gregge del suocero (Es 3, 4). Così rispose Samuele quando ancora in giovine età fu chiamato da Dio per la sua missione di profeta e di giudice del popolo ebraico (1 Sm 4-10). Così rispose Isaia quando Dio lo chiamò e gli chiese: « Chi manderò e chi andrà per noi? » «Eccomi, manda me » fu la risposta pronta del profeta in quell’occasione (Is 6, 8).

Si tratta della risposta di persone, che destano in noi ammirazione e rispetto, soprattutto per il ruolo importante che essi hanno avuto nella realizzazione del progetto di Dio. Siamo in presenza di eroi della fede che per la loro grandezza siamo portati ad ammirare, ma che ci risulta a volte difficile imitare. Ci giustifichiamo semplicemente dicendo che non tutti possono essere un Mosè, un Samuele o un Isaia.

Voglio concludere pertanto questa breve riflessione portando l’esempio di un’umile ragazza di campagna che viveva in una piccola e sperduta borgata della Galilea. Come avrete certamente capito alludo a Maria, la madre di Gesù. Il suo nome naturalmente evoca subito in noi tutto quel castello di favole che è stato costruito attorno a questo personaggio e che ci impedisce di vederlo nella sua giusta luce. Ma Luca lo riporta nel suo vangelo e ci ricorda che, alla chiamata di Dio, essa rispose: « Ecco la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola » (Lc 1, 38).

La risposta semplice di questa umile ragazza di campagna vissuta circa duemila anni fa in una sconosciuta borgata della Galilea, è un esempio limpido di genuina fede e di sincera disponibilità alla chiamata di Dio.

Come quell’umile ragazza di Nazareth, anche noi oggi dobbiamo rispondere a Dio che ci chiama e ci interpella accoratamente: «Eccomi Signore, sono qua a tua completa disposizione. Sia fatto di me secondo la tua Parola».