L’ARMATURA DI DIO
(Efesini 6, 10-18)
Qualcuno in
passato riteneva e ritiene ancora oggi che il battesimo sia l’atto conclusivo
della nostra conversione a Dio, ma questa è una pia illusione che
dobbiamo togliere dalla nostra mente se vogliamo veramente seguire gli
insegnamenti della Parola di Dio.
Con il battesimo
abbiamo soltanto iniziato un lungo percorso che si presenta in salita e
pieno di difficoltà da superare giorno dopo giorno. Si tratta della
nostra rigenerazione spirituale che ci consente di raggiungere la maturità
e l’equilibrio richiesti da Dio. Mediante la fede e la conversione noi siamo
stati chiamati fuori dalle tenebre del mondo per vivere nella piena luce
del Signore. Come dice appunto l’apostolo Pietro nella sua prima lettera
al cap. 2 v. 9:
«Ma voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa,
un popolo acquistato per Dio, affinché proclamiate le meraviglie
di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce».
Dio stesso
ci inonda di grazia, ci ricopre d’amore, ci guida con saggezza assoluta
per mezzo della sua santa Parola che ci trasforma mediante un profondo rinnovamento
della nostra mente.
Sempre l’apostolo
Pietro paragona questo nostro sviluppo spirituale a quello del piccolo bambino
appena nato che desidera succhiare dal seno materno quell’alimento che
gli consentirà di crescere e di diventare una persona adulta e matura.
In 1 Pt 2, 2 leggiamo infatti: «Come bambini
appena nati, desiderate ardentemente il puro latte della parola, affinché
per suo mezzo cresciate»
Alla fine di questa frase in molti manoscritti del testo greco
originale troviamo una parola di cui alcuni traduttori non ha tenuto conto,
ma che io ritengo della massima importanza per poter comprendere la natura
di questa nostra crecita spirituale: «
ei¦j swthri¢an » (= verso
la salvezza). Non si tratta quindi di una crescita fine a se stessa, ma
di una crescita indispensabile per la nostra stessa salvezza. Si può
quindi indubbiamente concludere che non ci potrà essere alcuna salvezza
per coloro che non crescono spiritualmente.
Crescere è dunque l’obiettivo
primario del cristiano. Bisogna crescere per passare dallo stato di fanciullezza
a quello della maturità e non essere più sballottati come
onde del mare dai dubbi che spesso ci assalgono in maniera prepotente. Bisogna
crescere per non trovarci inermi ed incapaci di reagire di fronte ai venti
di false dottrine. Bisogna crescere soprattutto per essere capaci di affrontare
e vincere con sacrificio e con lealtà l’aspro combattimento contro
il male in tutte le sue forme.
Molto spesso l’apostolo Paolo
nei suoi scritti ricorre all’immagine del combattimento fisico o della competizione
sportiva per sottolineare l’importanza e l’impegno che il cristiano deve
usare nel campo spirituale. Con queste parole egli infatti esorta il giovane
Timoteo: «Combatti il buon combattimento della
fede, afferra la vita eterna . . . » (1 Tim 6, 12). Anche
scrivendo ai Corinzi egli usa lo stesso paragone della lotta e della competizione
sportiva per sottolineare l’impegno della vita cristiana, come possiamo
leggere in 1 Cor 9, 24-27. Possiamo affermare con certezza che Paolo
ha messo in pratica nelle sua vita queste esortazioni. Indimenticabile è
infatti in tutta la sua intensità il pensiero con il quale l’apostolo,
ormai prossimo alla fine, riassume la sua esistenza al servizio del Signore:
2 Tim 4, 7-8.
Nel testo di Efesini 6, 10-18
l’apostolo Paolo, riprendendo delle immagini già familiari al profeta
Isaia (Is 11, 5; 59, 17) e ispirandosi forse al pretoriano romano che faceva
la guardia a lui mentre era prigioniero, esorta i cristiani a rivestirsi
della completa armatura di Dio, ossia a far proprie il complesso delle
varie parti di questa armatura e delle armi da usare affinché il
combattimento alla fine possa risultare vittorioso. Non dimentichiamoci
che, scrivendo ai Colossesi, egli aveva detto che il sacrificio di Cristo
poteva farci comparire dinanzi a Dio santi, irreprensibili e senza colpa
soltanto se perseveriamo nella fede, «essendo
fondati e fermi, senza essere smossi dalla speranza dell’evangelo»
(Cl 1, 23). Questa fermezza noi la possiamo acquistare per mezzo dell’ armatura
e delle armi che Dio stesso mette a nostra disposizione.
Il nemico contro cui dobbiamo
difenderci e usare le armi di Dio non può essere sottovalutato
in quanto si tratta del diavolo stesso, di Satana, l’avversario e l’ideatore
di ogni macchinazione perversa. Per ingannarci e sedurci egli è capace
di trasformarsi persino in «angelo di Luce» (2 Cor 11, 14), di citare persino le Sacre Scritture torcendole
con abilità a proprio vantaggio come ha fatto con Gesù stesso
durante le tentazioni (Mt 4, 6). Egli, come principe delle potenze dell’aria,
ha la capacità di spingerci verso la disubbidienza ed il peccato
(Ef 2, 2). Carica di cupa tensione è l’immagine in cui Pietro lo
dipinge come un leone ruggente che si aggira impaziente in cerca di prede
da sbranare per soddisfare la sua spasmodica bramosia (1 Pt 5, 8).
Il nostro combattimento quindi
– come afferma Paolo – non è rivolto contro «carne e sangue», ossia non è contro l’uomo, contro
gli elementi materiali, né ha nulla a che vedere con la violenza fisica,
ma si indirizza contro le potenze spirituali della malvagità che
si trovano nei luoghi celesti. I termini “principati”, “potestà” “dominatori
di tenebre” e “spiriti malvagi” sono più o meno sinonimi e indicano
la natura spirituale del nemico contro cui dobbiamo combattere.
Nella storia del cristianesimo,
spesso gli uomini, non tenendo conto di questa realtà, si sono macchiati
di delitti atroci contro i propri fratelli ed hanno giustificato queste
azioni delittuose definendole “guerre sante
” o “ santa inquisizione”. Ma tutti questi
conflitti non avevano nulla a che fare con il conflitto spirituale di cui
ci sta parlando Paolo.
Questo conflitto spirituale non
è neppure identificabile con magie varie, stregonerie, incantesimi,
esorcismi, sortilegi, spiriti incarnati, fantasmi e cose simili che sono
già condannate dal Signore per l’infondatezza assoluta dei loro
presupposti. Satana è molto più astuto e le sue manifestazioni
molto più pericolose delle superstizioni vuote e facilmente contestabili.
La sede del combattimento è
piuttosto la nostra coscienza, il nostro animo, la nostra volontà.
È qui che si agitano le forze invisibili del male
che cercano di prendere pian piano possesso di noi in modo da ferirci
in maniera mortale. In Giacomo 1, 14-15 leggiamo: «Ciascuno invece è tentato quando è trascinato e adescato
dalla propria concupiscenza. Poi, quando la concupiscenza ha concepito,
partorisce il peccato e il peccato, quando è consumato, produce la
morte».
È quindi estremamente
importante farci trovare pronti per non soccombere, ma vincere questa
decisiva battaglia. Come prima cosa occorre essere consapevoli dei nostri
limiti e delle nostre debolezze. Confidando solo nelle nostre capacità
di resistenza, finiremmo per essere miseramente sconfitti e non avremmo
alcuna possibilità di farcela. Per questo motivo Paolo ci esorta
a trovare la nostra forza e la nostra speranza nelle virtù e nella
potenza del Signore, invitandoci a rivestire la completa armatura di Dio
per essere capaci di sconfiggere il giorno cattivo della tentazione.
L’apostolo Paolo ci dà un’assicurazione divina ben precisa
che troviamo in 1° Cor 10, 13: « Nessuna
tentazione vi ha finora colti se non umana; or Dio è fedele e non
permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione
vi darà anche la via d’uscita, affinché la possiate sostenere
».
Questa promessa è davvero
rassicurante. Essa tuttavia ha bisogno di due elementi fondamentali per
poter trovare piena attuazione:
Il Primo e più importante
elemento è quello realizzato da Dio con Cristo facendolo risorgere
dalla morte (Ef 1, 20), Per mezzo di questo evento il Signore ha iniziato
a demolire la potenza di Satana “legandolo” e limitandone quindi drasticamente
i poteri e l’abilità di sedurre i deboli nella fede.
L’altro elemento è quello che può
realizzare l’uomo rimanendo strettamente legato al Signore come un tralcio
alla vite per ricevere da Lui la linfa vitale (Gv 15, 1-5). Soltanto realizzando
questa unione in maniera perfetta ed indissolubile l’uomo potrà
affrontare e superare qualsiasi tentazione. Essere con Lui, essere in Lui
significa percorrere la via dell’ubbidienza e combattere strenuamente per
la fede che ci è stata tramandata una volta per sempre (Gd 3).
In conclusione possiamo affermare
che Paolo ci invita a rivestirci della completa armatura di Dio perché
questo è il solo modo per evitare l’inganno e la seduzione del peccato.
Le stesse raccomandazioni ci vengono rivolte con altre parole anche dall’apostolo
Pietro in 2 Pt 1, 5-11 che potremo leggere e meditare nelle nostre case.
Questa lotta che dobbiamo sostenere
è una lotta interiore contro le tentazioni subdole e sottili di Satana
che fa leva sui piccoli orgogli, sulle piccole debolezze sui momenti di
incertezza e di scoraggiamento che ci assalgono, per sferrare il suo attacco
finale e cercare di farci soccombere. Ma noi abbiamo la rassicurante promessa
da parte di Dio che tali attacchi non potranno mai essere vincenti se affrontati
con le Sue armi, poiché equipaggiati in maniera adeguata saremo in
grado di affrontare con successo anche il combattimento più duro
ed intenso.
Le armi del Signore sono armi
di luce (Rm 13, 12) capaci di donare al cristiano la certezza assoluta della
vittoria finale. Infatti lo stesso apostolo Paolo in Rm 8, 37-39, così
scrive: «Ma in tutte queste cose noi siamo
più che vincitori in virtù di colui che ci ha amati. Infatti
io sono persuaso che né morte né vita né angeli né
principati né potenze né cose presenti né cose future,
né altezze, né profondità, né alcuna altra creatura
potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù,
nostro Signore».