|
|
|
Comunemente si pensa che il matrimonio sia un'istituzione cristiana. Qui in Italia, infatti. quando un uomo ed una donna decidono di legalizzare la loro unione coniugale, generalmente si recano dal parroco della parrocchia dove vive la donna ed il religioso pensa ad organizzare ogni cosa e tutti i documenti necessari da trasmettere poi al comune del paese o della città in cui vive la futura sposa. Il parroco, infatti, oltre ad essere il pastore delle anime che vivono all'ombra del suo campanile, è anche un ufficiale di stato civile, quindi autorizzato dall'autorità locale in base al concordato fra Chiesa e Stato, a celebrare matrimoni purché adempia determinate formalità, come, ad esempio, pronunciare determinate parole agli sposi ed agli amici o parenti ivi intervenuti, quindi registrare gli atti in appositi registri e trasmettere il tutto all'autorità locale. Tale matrimonio assume da quel momento tutti i crismi della legalità, sia per l'autorità regliosa che per quella civile.
Secondo la Bibbia, invece, il matrimonio non è un'istituzione tipicamente cristiana, anche se Cristo e gli apostoli sono spesso intervenuti su questo argomento. L'unione fra l'uomo e la donna risale ai primordi dell'umanità ed è stata stabilita direttamente dalla volontà di Dio fin dall'origine dell'esistenza dell'UOMO, uomo naturalmente inteso nel senso di genere umano.
I testi che ci interessano sono i seguenti:
Genesi 1, 26-28:
«Poi DIO disse: “Facciamo l’uomo
a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci
del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutta la terra,
e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”
.
Così DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò
a immagine di DIO; li creò maschio e femmina.
E DIO li benedisse¸e DIO disse loro: “Siate fruttiferi
e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela ecc.
»
Quello che ci interessa in questo testo e la simultaneità
della creazione dell’uomo e della donna, la loro unione viene ribadita
in un piccolo particolare che si può notare leggendo questi
versetti: il passaggio dal singolare al plurale é dovuto al fatto
che "l'uomo" (ADAM in ebraico) é inteso in senso generale come
"umanità" nell'ambito della quale Dio creò i maschi e
le femmine. Entrambi quindi sono stati creati ad immagine e somiglianza
di Dio. La benedizione e l’invito di crescere e moltiplicarsi e di
dominare sulla terra, soggiogandola, è rivolto ad entrambi.
Il seconto testo che ci interessa in modo particolare e che definisce
ancora più chiaramente l’unione matrimoniale fra i due sessi
è quello che troviamo nel secondo racconto della creazione in
Genesi 2, 18-24:
«Poi l’Eterno DIO disse: “Non
è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto conveniente
a lui”.
E l’Eterno DIO formò dalla terra tutti gli animali dei
campi e tutti gli uccelli dei cieli e li condusse dall’uomo per vedere
come li avrebbe chiamati; e in qualunque modo l’uomo avesse chiamato
ogni essere vivente, quello doveva essere il suo nome. E l’uomo diede
dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale
dei campi¸ma per l’uomo non si trovò alcun aiuto conveniente
per lui. Allora l’Eterno fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si
addormentò; e prese una delle sue costole, e rinchiuse la carne
al suo posto. Poi l’Eterno DIO con la costola che aveva tolto all’uomo
ne formò una donna e la condusse all’uomo. E l’uomo disse: “Questa
finalmente è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Lei sarà
chiamata donna, perché è stata tratta dall’uomo”.
Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie, e saranno una sola carne
»
Questo secondo testo può apparentemente apparire in contraddizione
con il primo, ma tale contraddizione in effetti non esiste se consideriamo
che entrambi i brani vanno interpretati secondo un metodo speciale
che viene definito storico ideale. Secondo tale metodo infatti gli autori
sacri si servono, non solo di antropomorfismi, ma di tutta una serie
di elementi scenici che si usavano comunemente nell’ambiente e nel tempo
in cui vivevano o che potevano addirittura essere da loro concepiti
per insegnare alcune verità fondamentali sulla natura e sull’origine
dell'uomo. Questa maniera concreta di presentare i fatti, simile a
quella delle parabola (anche se qui non si può parlare di parabola
vera e propria), non è l'oggetto dell'insegnamento, ma è
soltanto il mezzo di cui l'autore si è servito per dare tale insegnamento
. Così ad esempio, nel caso del primo uomo, l'oggetto dell'insegnamento
è la sua dipendenza da Dio come una creatura che dipende dal suo
Creatore. Egli è composto non solo di un corpo materiale come
gli animali, ma anche di un elemento proveniente direttamente da Dio
che lo rende superiore agli animali: «
Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza»
(Ge 1, 26; cfr Ge 2, 7).
Il mezzo di cui si è servito l'autore per insegnare questa
verità è l'immagine di un vasaio onnipotente che non solo
modella l'argilla con grande facilità, ma sa pure rendere viva
la sua opera. Questa naturalmente è tutta un'immagine, un espressione
fittizia, un espediente, un antropomorfismo; quindi non possiamo pensare
alla «polvere della terra
» di Ge 2, 7, come se questa fosse veramente un elemento reale.
Altrettanto non possiamo pensare che la formazione della donna
sia avvenuta come ci viene descritta nel testo, che abbiamo appena
letto. La donna è il complemento ed il completamento dell'uomo
e l'unione coniugale, secondo un preciso disegno divino, è
monogamica ed indissolubile. Il mezzo per esprimere concretamente
tale insegnamento è l'immagine della costola sottratta
all'uomo con la quale Dio forma la donna.
E’ pertanto evidente che l’insegnamento principale in questo
testo è dato dal versetto 24 in cui si ribadisce che l’unione
coniugale è addirittura un legame più forte di quello
esistente fra genitori e figli: «
L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua
moglie e i due saranno una sola carne
».
Per Gesù stesso il matrimonio ha il suo fondamento e la
sua norma nell'ordine divino della creazione, come appare evidente
dal brano di Matteo 19, 1-9. Ai Farisei che lo interrogavano per tentarlo,
Gesù non si sofferma a parlare dei versetti precedenti dei testi
che abbiamo letto all’inizio, ma va direttamente al nocciolo della questione:
«Non avete letto che chi li creò
dal principio, li creò maschio e femmina?» (v.
4) e cita direttamente Ge 2, 24 «Perciò
l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la
propria moglie, e i due diverranno una sola carne»
( v.5). Poi, per rinforzare il concetto, aggiunge al v. 6: «
E così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque
che Dio ha unito l’uomo non lo separi».
Questa premessa al matrimonio serve ad inquadrare nella giusta
luce i brani di Efesini 5, 21-33 e 1° Pietro 3, 1-7.
Nel primo (Ef 5, 21-33) l’unione coniugale viene paragonata addirittura
al rapporto che esiste fra Gesù e la sua chiesa per la quale
si è sacrificato fino al punto di dare la sua stessa vita. «
Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e
ha dato se stesso per lei, per santificarla, avendola purificata con
il lavacro dell’acqua per mezzo della parola, per fare comparire la chiesa
davanti a sé gloriosa, senza macchia o ruga o alcunché
di simile, ma perché sia santa e irreprensibile. Così
(cioè allo stesso modo) anche
i mariti debbono amare le loro mogli, come i loro propri corpi. Nessuno
infatti ebbe mai in odio la sua carne; anzi la nutre e la cura teneramente,
come anche il Signore fa con la chiesa, poiché noi siamo membra
del suo corpo, della sua carne e delle sua ossa» (Ef
5, 25-30) e prosegue al v. 31 citando anche lui il passo di Genesi 2,
24. Pur parlando principalmente della Chiesa, egli conclude il brano
al v. 33, dicendo: «Ma ciascuno di
voi ami la propria moglie come se stesso; e similmente la moglie rispetti
il marito»
Nel secondo brano quello relativo a 1 Pietro 3, 1-7, pur essendoci
all’inizio un chiaro invito alle mogli di essere soggette ai mariti,
c’è pur sempre la conclusione al v. 7 che riscatta la parte
precedente: «Similmente voi,
mariti, vivete con le vostre mogli con la comprensione dovuta alla donna,
come al vaso più debole, e onoratele perché sono coeredi
con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere
non siano impedite»
Notiamo anzitutto che questi brani si trovano inseriti in un
contesto più generale che comprende tutto l'ambito familiare
e non solo i rapporti fra marito e moglie. Al versetto 33 con il quale
si conclude il brano di Efesini, segue infatti il cap. 6 vv 1-9 nei
quali si parla dei doveri dei figli verso i genitori e viceversa, dei
servi verso i padroni e viceversa. Il brano di 1° Pietro inizia
con l'avverbio «
Similmente» che sottolinea la continuità
del discorso di Pietro necessariamente connesso con il capitolo precedente,
nel quale il tema fondamentale é quello di non scandalizzare
il gentili. I cristiani, in quanto popolo santo e sacerdozio regale,
debbono chiudere la bocca dei gentili; perciò vengono esortati
ad essere sottomessi alle autorità civili, gli schiavi ai loro
padroni, le mogli ai loro mariti, anche e specialmente se gentili, in
quanto la loro condotta, in un ambiente sociale in cui la donna non
aveva voce in capitolo, poteva indurre alla conversione del marito non
credente più della predicazione orale.
L'abbassarsi nella Scrittura non é mai indice di degradazione,
ma piuttosto di elevazione. Il concetto di autorità nel cristianesimo
viene completamente rovesciato, come abbiamo modo di leggere in
Matteo 20, 25-28. Quindi alla luce di
questo ridimensionamento dell'autorità in un'ottica di servizio,
il fatto che il marito sia il capo della moglie, come Cristo lo é
della Chiesa, non può rappresentare per la donna motivo di discriminazione,
né di inferiorità.
In Cristo la moglie non é più un oggetto di proprietà,
un essere inferiore avente solo doveri, senza diritti; essa stessa
é ora erede della salvezza alla stessa stregua dell'uomo. Come
dice Paolo in Galati 3, 28: «
Non c'é né maschio né femmina perché siete
tutti uno in Cristo Gesù e se siete in Cristo, siete dunque progenie
di Abramo, eredi secondo la promessa». Si viene
così a vanificare il concetto di proprietà, svanisce il
rapporto padrone-schiavo, per rinascere l'unione dei due in un solo
essere, com'era in principio quando Dio diede all'uomo un aiuto pari
a sé, ad immagine e somiglianza di Dio stesso.
Per vivere in comunione con Dio é importante essere in
pieno accordo con i fratelli in fede, come dice Gesù stesso in
Matteo 18, 19
. Se é necessario che sulla terra «
due», non necessariamente
appartenenti alla stessa famiglia, si accordino, tanto più
é necessario che tale accordo regni nella stessa famiglia per
poter essere esauditi nelle preghiere che devono essere elevate a Dio
nell'ambito familiare.
|
|
|
|
|