FARE LA VOLONTÀ DEL PADRE

Alla fine del capitolo 7, Gesù conclude il sermone del Monte con alcune raccomandazioni finali, come ad esempio quella di guardarsi dai falsi profeti; egli insiste soprattutto sulla necessità di mettere in pratica le sue parole. Colui che non si limita soltanto ad ascoltare, ma mette in pratica le sue parole è paragonato ad una casa costruita sulla roccia che nessuna tempesta potrà mai distruggere.

Non sarà però questo l’oggetto della meditazione di questa mattina, ma piuttosto alcune importanti e famose parole che Gesù rivolge ad un certo punto ai suoi uditori dicendo al v. 21: « Non chiunque mi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli».

In questo versetto Gesù sta affermando che non sarà sufficiente riconoscerlo come Signore per entrare nel regno dei cieli, ma sarà importante fare la volontà del Padre. In un’altra occasione e precisamente nell’incontro con Nicodemo egli afferma che l’entrata nel regno dei cieli dovrà essere necessariamente preceduta dalla nuova nascita. In Giovanni al cap. 3 leggiamo infatti al v. 3 che « chi non è nato di nuovo non può entrare nel regno dei cieli» e al v. 5 aggiunge « chi non è nato di acqua e si spirito non può entrare nel regno dei cieli ».

Dall’accostamento di questi due passi si può comprendere quale importanza Gesù attribuisca ad una fede che deve superare il semplice consenso intellettuale per diventare soprattutto una fede ubbidiente. Ciò che viene richiesto al credente è quello di riconoscere in Gesù il proprio Signore al quale sottomettersi ed al quale uniformare tutta la nostra vita. E’ pertanto evidente che tale riconoscimento non sarà sufficiente se non è seguito anche dall’ubbidienza.

Questo appare in maniera chiara ed evidente dai versetti che abbiamo finora letto. Quello che però colpisce nelle parole di Gesù è quanto egli aggiunge subito dopo al versetto 22: « Molti diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato nel tuo nome e nel tuo nome scacciato demoni e fatto nel tuo nome molte opere potenti?».

Qui Gesù sta parlando di una fascia di credenti che non si possono considerare tali solo di nome, che non sono pigri nella fede; anzi egli sta parlando di credenti ben qualificati, molto attivi nella loro fede che profetizzano, di credenti cioè che predicano il messaggio redentore di Cristo, che nel suo nome scacciano demoni e addirittura nel suo nome compiono anche opere potenti. Eppure Gesù stranamente si rivolge loro apostrofandoli come « operatori di iniquità» che egli non conosce e con i quali non vuole avere nulla da fare.

Evidentemente Gesù rimprovera loro di essere zelanti nelle opere, ma di aver trascurato la cosa più importante che è appunto quella di fare la volontà del Padre.

Le parole di Gesù sembrano diventare improvvisamente attuali ai nostri giorni in cui assistiamo al proliferare di numerosi gruppi e gruppuscoli che sempre più identificano la loro religiosità con fatti ed eventi miracolosi che essi sostengono essere opera dello Spirito Santo. Se andiamo un po’ a fondo ci accorgiamo che queste persone conoscono poco la Parola di Dio e trascurano o sottovalutano nella loro spiritualità proprio quell’aspetto che Gesù così caldamante raccomandava nel Sermone sul Monte e cioè quello di fare la volontà del Padre.

Se dal punto di vista sociologico diamo uno sguardo al comportamento umano, ci accorgiamo che quando si verificano particolari condizioni di insicurezza, quando vengono a mancare certi valori spirituali, quando viene trascurato e ignorato il messaggio liberatore di Cristo, la gente si sente attratta verso la magia, verso l’evento straordinario e miracoloso. Sente il bisogno di aggrapparsi a qualcosa di sicuro che viene offerto ingannevolmente da fatti straordinari, da eventi portentosi ed a queste opere prodigiose si affida per esprimere la propria spiritualità. Ecco allora le masse accorrere al moltiplicarsi delle Madonne che piangono lacrime di sangue o che appaiono nelle più disparate località del nostro pianeta con l’intento di dare alcuni messaggi all’umanità.

Anche ai tempi di Cristo la gente sentiva la necessità di queste opere prodigiose per poter credere. Ma Gesù che conosceva profondamente l’animo umano ha cercato in più di qualche occasione di scoraggiare questa tendenza, come ad esempio quando alcuni scribi e farisei gli chiesero di compiere qualche segno miracoloso per confermare le sue parole ed egli rispose loro con le parole che troviamo in Mt 12, 39-42.

L’unico segno, l’unico miracolo che deve oggi attirare la nostra attenzione e suscitare la nostra fede ed il nostro impegno a fare la volontà del Padre è il Cristo morto sulla croce ed il Cristo gloriosamente risorto sul quale fondiamo la speranza delle nostra futura resurrezione. Ogni altra manifestazione prodigiosa alla quale assistiamo anche oggi serve soltanto a distogliere la nostra attenzione da tutto ciò che è veramente importante per noi e cioè fare la volontà del Padre,

Anche Paolo, consapevole che certe manifestazioni prodigiose attirano le folle, ma distolgono l’uomo dalla verità e da Dio, parlando della venuta dell’ Anticristo, dell’empio e dell’azione efficace di satana così si esprime in 2 Tes 2, 9-12.

Ma perché ancora oggi l’umanità, nonostante l’innegabile progresso civile e scientifico, si sente così irresistibilmente attratta verso la magia, verso il miracoloso, verso il portentoso e sente la necessità di rivestire la propria religiosità di queste opere prodigiose? Non sarebbe più semplice affidarsi a Dio e alla sua Parola e fare la sua volontà?

La verità è che alla base di questo comportamento dell’uomo c’è un’ incredulità di fondo che attanaglia le coscienze degli uomini ai quali risulta molto più comodo e facile affidarsi alla concretezza di segni ed opere potenti piuttosto che credere semplicemente alla Parola di Dio.

La storia è vecchia quanto è vecchia l’umanità e fin dai tempi di Adamo e Eva l’uomo ha preteso di tracciare il suo cammino in questa vita in maniera autonoma ed indipendente da Dio. Così egli, fidandosi di sé stesso e delle proprie capacità non riesce più ad avere fiducia in Dio e chiede sempre più insistentemente dei segni e dei prodigi per rianimare una fede che va languendo. Ma Gesù ci ammonisce ricordandoci che sono molto più beati coloro che crederanno senza vedere.

Anche noi purtroppo spesso ci sentiamo affascinati da questo comportamento generale e corriamo il pericolo di ridurre la nostra religiosità ad un attivismo sul quale appoggiamo tutte le nostre aspettative e dal quale vorremmo vedere dei risultati concreti.

Spesso ci sentiamo frustrati di fronte a certe manifestazioni di spiritualità e siamo portati a colpevolizzare la nostra inadeguatezza in quanto non ci sentiamo all’altezza della situazione ed incapaci di manifestare la nostra spiritualità secondo certi canoni che sono di moda ai nostri giorni. Ma Dio non ci chiede di agitarci inutilmente, ma piuttosto di vivere la nostra spiritualità in maniera semplice e gioiosa con sobrietà. Egli ci chiede semplicemente di aver fiducia in lui, di affidare completamente a lui la nostra vita. Così come Dio è stato potente da resuscitare Gesù dai morti, saprà resuscitare i nostri corpi mortali e renderli gloriosi come ha reso glorioso il proprio figlio.

L’unico nostro compito oggi è quello di aver fiducia in Dio e di fare la sua volontà