IL SERPENTE NEL DESERTO

1° testo: Numeri 21, 4-9

«Poi i figli di Israele partirono dal monte Hor, dirigendosi verso il Mar Rosso, per fare il giro del paese di Edom; e il popolo si scoraggiò a motivo del viaggio.

Il popolo quindi parlò contro Dio e contro Mosè, dicendo: "Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Poiché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo miserabile cibo".

Allora l'Eterno mandò fra il popolo dei serpenti ardenti i quali mordevano la gente, e molti Israeliti morirono. Così il popolo venne da Mosè e disse: "Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro l'Eterno e contro di te; prega l'Eterno che allontani da noi questi serpenti". E Mosè pregò per il popolo.

L'Eterno quindi disse a Mosè: "Fa un serpente ardente e mettilo sopra un'asta; e avverrà che chiunque sarà morso e lo guarderà, vivrà". Mosè fece allora un serpende di bronzo e lo mise sopra un'asta; e avveniva che, quando un serpente mordeva qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, viveva»

2° testo Giovanni 3, 14

«E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato»

Se non ci fosse stato questo riferimento, il fatto del serpente nel deserto non avrebbe mai potuto assumere significati diversi da un semplice incidente di percorso. Nessuno avrebbe mai potuto collegare quell’avvenimento con la morte di Gesù di Nazareth né desumere da esso presagi e significati che non fossero quelli immediatamente recepibili, conseguenti ad un atto di ribellione.

Qual era la situazione del popolo ebraico in quel tempo? Dapprima Maria, sorella di Mosè, poi Aronne, loro fratello, erano morti. Si andava così assottigliando il gruppo dirigente che aveva condotto il popolo ebraico fuori dall’Egitto in un lungo esodo verso la Terra Promessa.

Davanti al popolo si prospettava però un lungo e duro periodo di difficoltà. La Terra Promessa, che non era mai stata tanto vicina, si allontanava perché dieci dei dodici esploratori inviati da Mosè erano piuttosto scettici sul successo di un eventuale attacco.

Dio aveva stabilito che il suo popolo vagasse per quarant’anni nel deserto prima che potesse mettere piede nella Terra Promessa. Israele si avviava quindi a vivere nel deserto una lunga avventura di dolori e di sofferenze.

Non mancarono naturalmente le continue lamentele da parte del popolo a causa del pane e dell’acqua che scarseggiavano. A Mosè stesso, a causa di una sua esitazione a Meriba, venne precluso l’ingresso nella Terra Promessa.

I mugugni e le contestazioni del popolo erano ormai giunte ad un livello tale che Dio stesso si vide costretto a punire il popolo per la sua scarsa fiducia nella provvidenza divina, mandando dei serpenti velenosi a mordere la gente.

Sembrava un flagello inarrestabile, ma il popolo era consapevole che esso era la conseguenza della sua ribellione. Allora chiese a Mosè di intercedere presso l’Eterno perché tale flagello fosse arrestato. Dio, sensibile come sempre al richiamo del ravvedimento del suo popolo, ordinò a Mosè di costruire un serpente di rame e di innalzarlo bene in alto su un antenna, in modo che potesse essere chiaramente visibile a tutti. Chiunque fosse stato morso dai serpenti velenosi avrebbe ottenuto la guarigione guardando verso il serpente di rame.

Quello che colpisce in questo episodio è il fatto che in fin dei conti Dio non chiedeva molto agli Israeliti, non chiedeva preghiere né particolari devozioni, ma soltanto di sollevare lo sguardo in alto verso il serpente, il minimo indispensabile.

Eppure ci saranno stati senz’altro coloro che si saranno rifiutati di guardare il serpente perché non credevano di poter ottenere con questo la loro guarigione. In questo episodio però non va certamente presa in considerazione l’eccentricità di coloro che si rifiutarono di guardare il serpente, ma va sottolineata piuttosto l’atteggiamento di remissività di coloro che lo fecero.

Possiamo senz’altro essere certi che i colpiti dal flagello dei serpenti trovarono requie e guarigione guardando il serpente, perché tutta la storia della salvezza ci dice che Dio è fedele e mantiene le sue promesse.

Certamente se ci mettiamo a ragionare dicendo che è impossibile che guardando ad un emblema si possa ottenere la guarigione, allora ci dimentichiamo che ogni cosa è possibile a chi crede (Mc 9, 23) e non risolviamo i nostri problemi spirituali.

Il serpente innalzato fu da Gesù presentato come un momento significativo della salvezza. Se il nostro sguardo è puntato a Cristo, con l’intenzione di farlo agire in noi e per noi, allora la salvezza, non solo è possibile, ma è anche sicura.

La salvezza in Cristo si attua quando i morsi del peccato hanno fatto sentire la loro mortale incisione promovendo in noi un ravvedimento che ci porta alla sottomissione al volere di Dio, a quella fiducia in Lui che ci distoglie dalle nostre vie umane per farci imboccare l’unica via che egli ci mostra.

Se vogliamo ottenere la guarigione ai morsi del peccato, non possiamo seguire le nostre idee, i nostri pensieri, i nostri ragionamenti o altre indicazioni umane. Esse ci condurrebbero inevitabilmente alla morte. Soltanto la nostra piena ed incondizionata fiducia in Dio potrà salvarci dalla condanna.