SOC. OPERAIA MUTUO SOCC.

Il periodo storico che ha visto la costituzione della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Vito d'Asio è quello a cavallo tra fine '800 e primi '900, caratterizzato da alcune fondamentali manifestazioni nel settore dell'associazionismo e della cooperazione. Al loro fine principale, che era quello dell'aiuto materiale per i soci che si trovavano in momentanee difficoltà economiche, si affiancò la ricerca di un miglioramento culturale degli iscritti ed in generale della collettività.

   

   

Il Conte Giacomo Ceconi di Monte Cecon (1933-1910) fu il primo presidente onorario della Società Operaia di Vito d'Asio.

Giobatta Marcuzzi, detto Titin di Scolu (1860-1917), sindaco di Vito d'Asio ad inizio '900, fu presidente fondatore.

Giobatta Marcuzzi, detto Tita di Scolu (1856-1937), fu presidente della Società Operaia dopo il primo conflitto mondiale.

Il geometra Angelo (detto Gino) Sostero (1879-1934), fu presidente del sodalizio negli anni '30.

Leonardo Marcuzzi detto Leo (1898-1976), fu presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso dal 1934.

Il geometra Gino Zancani (1902-1985), fu presidente per circa quarant'anni, fino al 1978.

L'ingegner Pierino Cedolin è stato presidente della Società Operaia dal 1978 al 1982.

Il cav. Francesco Peresson presidente dal 1982 oltre che nel periodo della stesura del volume dell'ingegner Pasqualis, da cui sono tratte queste fotografie.

Fino al periodo fascista, allorché venne abolito, ai soci veniva consegnato un distintivo a spilla, costituito da uno scudetto blu e oro con la denominazione sociale, il simbolo delle due mani che si stringono e un’aquila coronata, significante la friulanità nel ricordo dello stemma del beato Bertrando di Saint Geniès, patriarca di Aquileia dal 1334 al 1350 assassinato presso San Giorgio della Richinvelda. Sullo scudetto era anche impresso il motto "Sine labore nihil" cioè "Nulla (si ottiene) senza fatica". In occasione delle feste sociali, gli iscritti usavano portare anche una coccarda tricolore.

 

Riportiamo alcuni appunti cronistorici tratti dal volume "Vito d'Asio e la Società Operaia di Mutuo Soccorso" realizzato dall'ing. Tito Pasqualis in occasione dell'ottantesimo anniversario della fondazione del sodalizio (1907-1987).

La Società iniziò l'attività il 1° gennaio 1907, però la bandiera, simbolo del sodalizio, fu inaugurata due anni dopo, il 7 febbraio 1909. Il primo presidente fu Giobatta Marcuzzi, detto Titin di Scolu, uomo di grande personalità e capacità, doti che gli erano state riconosciute anche come sindaco di Vito d'Asio, carica da lui ricoperta quasi ininterrottamente dal 1902 al 1912; la sua figura fu a lungo ricordata nella ricorrenza di particolari anniversari. In questa fase iniziale la Società ebbe l’appoggio di un uomo nobile anche di animo quale fu il conte Ceconi, suo presidente onorario. Nel 1894 aveva fondato la Società Operaia di Pielungo assieme ad alcuni compaesani, ed essendo pure lui di estrazione operaia, ben conosceva le necessità della sua gente, soprattutto di chi per lavoro doveva lasciare la casa e la famiglia. Purtroppo Giacomo Ceconi venne a mancare nel 1910 e pertanto il suo aiuto fu limitato nel tempo. I soci fondatori dovettero quindi contare essenzialmente sulle proprie forze, senza l’appoggio di qualche influente personaggio della vita politica ed economica dell’epoca. Non furono promosse particolari iniziative, scuole o biblioteche, ma tuttavia al sodalizio fu sempre assicurata una gestione corretta e seria con un impegno notevole, che tuttora viene ricordato. Il numero dei soci crebbe e superò in breve il centinaio, confermando il carattere molto popolare dell’associazione che giunse a coinvolgere un po’ tutti, sicché essa divenne l’unica qualificata rappresentante della popolazione, caratterizzandosi allora e anche in futuro quale elemento di unione e punto di riferimento non solo per i soci, ma per l’intera comunità. Ai primi anni di relativa tranquillità fecero seguito altri assai difficili. Infatti la guerra mondiale iniziatasi nel 1914, anche nel periodo antecedente alla partecipazione dell’Italia (24 maggio 1915), aveva portato degli squilibri sociali ed economici nelle nostre zone che, per motivi di lavoro, erano sempre state legate alle Nazioni confinanti. Uno dei fenomeni più preoccupanti fu quello dei lavoratori emigrati che, rientrando in patria, si trovavano disoccupati e con pochi mezzi di sussistenza. A questa situazione gli Enti pubblici tentarono di porre rimedio con interventi di interesse collettivo. Il Comune di Vito d’Asio fu promotore di alcune iniziative per ovviare alla disoccupazione crescente e anche la Società Operaia, che aveva alcuni amministratori lontani dal paese per motivi bellici, venne particolarmente interessata dai molteplici problemi degli iscritti e dalle necessità emergenti. Il 30 settembre 1917 alla popolazione vennero razionati i viveri con un’ordinanza della Amministrazione comunale, nella quale, tra l’altro, si leggono le assegnazioni giornaliere di pane (grammi 100) per ogni abitante (gli abitanti sono 3570); alla "classe operaia, agricola, personale di basso servizio e impiegati" veniva dato un supplemento di 50 grammi. Questa ordinanza ebbe breve vigore poiché fu ben presto superata dagli eventi; infatti alla fine dell’ottobre 1917 avvenne lo sfondamento delle linee italiane sul fronte orientale a Caporetto. L’occupazione militare straniera della Vai d’Arzino iniziò il 4 novembre 1917 con l’arrivo delle truppe austro-tedesche che raggiunsero Anduins e Vito d’Asio provenendo da Forgaria. Il Comando tedesco si preoccupò subito di "normalizzare" il più possibile la vita civile, ma furono abolite tutte le organizzazioni italiane a carattere sociale o ricreativo. Solo qualche tempo dopo la fine della guerra la Società riprese l’attività, della quale però non si hanno notizie sicure. Non è stato possibile individuare i nomi degli amministratori di quel periodo; è accertato tuttavia che per alcuni anni furono presidenti Giobatta Marcuzzi (Tita di Scolu) (1856-1937), omonimo del presidente fondatore che era prematuramente scomparso nel 1917, ed il geometra Angelo (Gino) Sostero (1879-1934) stimato professionista locale. Entrambi furono persone impegnate anche in altri settori della vita pubblica, come amministratori di istituzioni paesane e del Comune di Vito d’Asio. Il Marcuzzi fu anche a capo della Amministrazione comunale dal 1924 al 3 ottobre 1926 quando gli subentrò, secondo le nuove disposizione di legge, il podestà Giobatta Gerometta. Nel 1922, come è noto, in Italia aveva preso il potere il partito fascista con le conseguenti restrizioni per la libertà di associazione e di pensiero. Non si hanno tuttavia notizie che a Vito d’Asio siano sorte particolari difficoltà nella gestione della Società alla quale fu lasciata una certa possibilità di esprimersi anche in campo sociale e pubblico in seno alla comunità locale. La sede sociale venne parzialmente occupata dalla locale sezione dell’Opera Nazionale Dopolavoro (O.N.D.) con la quale la Società mantenne buoni rapporti. D’altro canto è da dire che molti degli iscritti all’Q.N.D., in pratica tutti gli uomini del paese, come allora era d’obbligo, facevano pure parte dell’Operaia, per cui non vi furono motivi di conflittualità tra le due organizzazioni La principale manifestazione pubblica di questi anni, alla quale aderì anche la Società Operaia con il suo attivo contributo, è stata quella dell’inaugurazione del Monumento ai Caduti in guerra che avvenne il 26 febbraio 1928 con solennità e grande concorso di popolo. Le ultime elezioni politiche con la partecipazione di una pluralità di partiti si tennero in Italia nel 1924; si votò anche nel 1930, ma questa volta su lista unica controllata dal Governo. Per la giornata elettorale la Società Operaia fu sollecitata a mobilitare i propri iscritti, che, con bandiera e orchestrina, si recarono a votare al seggio predisposto presso la sede municipale ad Anduins: i più giovani a piedi ed i più anziani trasportati con l’automezzo della ditta Ceconi Davide (Nuti). Nonostante i mutamenti politici in campo nazionale, non cambiarono gli organi amministrativi societari, per cui furono tenute regolarmente le elezioni per il rinnovo delle cariche. Ciò viene confermato anche dalla stampa dell’epoca, soprattutto da quella cattolica, in cui si trovano alcune notizie. Così (vedi "L’Avvenire d’Italia", 9.2.1934) si viene a conoscenza dell’assemblea della Società Operaia per il rinnovo del Consiglio direttivo: Leonardo Marcuzzi, presidente; Luigi Ciconi, vicepresidente; Luigi Cedolin, cassiere; Davide Ceconi, segretario; consiglieri: Domenico Blarasin, Giobatta Peresson, Giacomo Pasqualis, Pietro Dean, Leonardo Foghin, Egidio Peresson, Ermenegildo Menegon, Vincenzo Gerometta, Luciano Zancani, Edoardo Marcuzzi, Umberto Zannier, Egidio Blarasin; revisori dei conti: Gino Sostero e Leonardo Marcuzzi fu Daniele. Si ritrova la Società Operaia come protagonista in altre manifestazioni patriottiche di quel periodo. Con particolare solennità (vedi "Il Popolo" di Pordenone) fu ricordato il magg. dott. Domenico Ciconi, caduto nel 1887 nella campagna d’Eritrea, e vennero consegnati attestati ai reduci della più recente guerra d’Etiopia (1935-1936). La Società in questi anni manifestò inoltre la propria presenza collaborando a varie iniziative paesane tra le quali, per il suo significato simbolico, si vuole ricordare il contributo offerto nel 1937 in occasione dei lavori di elettrificazione del grande artistico lampadario della chiesa, donato nel 1895 da un gruppo di dieci operai di Vito occupati nei lavori di costruzione della ferrovia transiberiana. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale (10 giugno 1940) furono chiamati alle armi molti giovani, che vennero impegnati su tutti i fronti, dall’Africa alla Russia. Nel periodo bellico la Società Operaia è stata presente, assieme al locale Comitato della Croce Rossa Italiana, con alcune iniziative a favore dei combattenti. Durante la Resistenza (fine 1943-aprile 1945) il territorio montano del Friuli fu interessato dalle operazioni delle formazioni partigiane Garibaldi e Osoppo. Nel corso dell’indagine, connessa con la stesura del presente elaborato, non si sono rintracciate documentazioni sui rapporti della Società Operaia con le emergenti forze democratiche, rapporti che rimasero evidentemente nella clandestinità. E’ certa comunque la presenza di tre suoi rappresentanti in seno al locale Comitato di Liberazione Nazionale: Bella Bruno per i contadini, Peresson Daniele fu Pietro per gli operai e Ceconi Quinto per i giovani. Ed è pure certo che quando il C.L.N. venne sciolto, la Società subentrò ad esso nella gestione delle residue disponibilità finanziarie, anche di quelle connesse alla rendita di un fondo proveniente dalla vendita di un cavallo abbandonato dalle truppe cosacche in ripiegamento. (Il cosiddetto "fondo cavallo" figura tuttora tra le voci del bilancio annuale). Molte opere pubbliche di quell’epoca sono state volute e seguite nell’esecuzione dalla Società, che nel frattempo continuava, a svolgere i suoi compiti di istituto nel settore del mutuo soccorso, seppure in forma più contenuta. Con i sindaci Pietro Concina, Giobatta Ciconi e soprattutto con il cav. Giovanni Marin, amministratore di Vito d’Asio per oltre un trentennio, si programmarono lavori pubblici per il capoluogo e per le borgate vicine nei settori della viabilità, dell’elettrificazione rurale e dell’approvvigionamento di acqua potabile con la costruzione di un nuovo acquedotto che venne inaugurato nel 1953. Se non fosse già chiaro é da ribadire che il contributo della Società riguardava solo marginalmente gli aspetti finanziari; esso infatti era soprattutto rivolto ad una azione di stimolo e di ricerca delle migliori soluzioni tecniche esecutive delle opere programmate. In questo senso l’impegno proseguì negli anni successivi, anche in collaborazione con la neo-costituita Associazione Pro Loco, con la quale venne pure condiviso l’uso della sede. Nel 1963 la Società diede vita alla Fondazione "Conte Giacomo Ceconi", segnando l’inizio di una proficua collaborazione con il mondo della scuola. Dalla metà degli anni Cinquanta però, nel Comune di Vito d’Asio si era manifestato un preoccupante calo della popolazione, fenomeno che in breve assunse aspetti di un vero e proprio esodo, che si protrarrà per tutto il decennio successivo. Non era più l’emigrante povero, talvolta sprovveduto della fine del secolo scorso, che partiva verso terre straniere, per ritornare a casa alla fine della stagione o dopo qualche anno. Ora erano intere famiglie di operai specializzati, di tecnici, di professionisti, che lasciavano il paese e cambiavano residenza in forma definitiva, pur mantenendo frequenti contatti con parenti e amici rimasti sul luogo, in un ambiente che andava sempre di più senilizzandosi. Le cause che hanno spinto le popolazioni montane ad abbandonare i propri paesi (perchè, come è noto, non si tratta di un fenomeno limitato alla Vai d’Arzino) sono state molteplici ed alcune di esse non sono ancora rimosse: la mancanza di posti di lavoro e di adeguate strutture scolastiche, le difficoltà nelle comunicazioni, specie nel periodo invernale, la scarsità di collegamenti diretti con la pianura, l’assenza di strutture sociali e per il tempo libero; a ciò si aggiunga la progressiva crisi dell’agri coltura e della zootecnia, con negative conseguenze nei settori collegati come quello lattiero-caseario, del quale solo recentemente si è cercato un rilancio mediante la valorizzazione dei prodotti locali. Le mete dei nuovi emigranti erano ancora i Paesi esteri, anche delle Americhe o dell’Oceania, ma le partenze avvenivano per lo più verso le città industrializzate del Nord Italia e, in Friuli, soprattutto verso l’area pordenonese, importante polo di attrazione per la presenza delle Industrie Zanussi e degli altri grossi complessi dei settori metalmeccanico e tessile. Questo stato di cose non poteva non avere ripercussioni anche nell’attività della Società Operaia, espressione di una piccola comunità in crisi. D’altro canto è da rilevare che proprio in questo periodo, con la istituzione della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia (1964) e della Provincia di Pordenone (1968), le strutture pubbliche venivano ad assumere un ruolo sempre più determinante anche in settori come l’istruzione, l’assistenza sociale e la cultura, nei quali spesso Associazioni ed Enti privati avevano trovato notevoli spazi operativi. In questi anni tuttavia la Società Operaia ha proseguito nella sua attività, soprattutto in quella connessa al settore scolastico, né le è venuto meno il sostegno dei numerosi iscritti, come pure non è mai mancato l’appuntamento della Festa degli Artisti, alla quale gran parte del popolo partecipava e che richiamava al paese d’origine per questa occasione anche chi non vi risiedeva ormai da tempo. Il terremoto del 1976 trovò il paese in una difficile situazione economica e sociale. È solo il caso di accennare a quel triste periodo poiché esso è vicino negli anni e ben impresso nella mente di chi lo ha vissuto. Le conseguenze, come è noto, furono catastrofiche: si ebbero morti e feriti in molte borgate della Vai d’Arzino e anche nel capoluogo, ove gli edifici pubblici e privati furono abbattuti per la quasi totalità, con la perdita di un insostituibile patrimonio d’arte e di architettura spontanea che caratterizzavano l’ambiente; anche strade, linee elettriche, acquedotto e fognatura furono gravemente dissestati. L’inverno del 1976 è stato certamente uno tra i più tragici vissuti dalla comunità di Vito con una parte della popolazione nelle baracche e l’altra dispersa in un esodo per molti senza ritorno. La ricostruzione è stata perciò un momento di grande impegno collettivo per tutte le Amministrazioni pubbliche e per i cittadini, che si sono organizzati in una Cooperativa di servizi, importante punto di riferimento per la gestione del nuovo assetto urbanistico di Vito d’Asio. Il terremoto non ha tuttavia travolto anche la Società Operaia che, pur avendo ridotto la propria attività per necessità di cose, riprese le manifestazioni pubbliche con un’iniziativa che ricordava gli operosi primi annidi vita. Venne infatti costituito un Comitato per la raccolta di fondi e l’esecuzione dei lavori di ricostruzione del Monumento ai Caduti (anno 1978), costruzione simbolica cara a tutta la popolazione, realizzata, come si è visto, cinquant’anni prima con il contributo della Società. A capo del Comitato era lo stesso presidente del sodalizio, ing. Pierino Cedolin (di Cjamplan) succeduto al geometra Gino Zancani. Questi nel 1978 aveva lasciato la carica definitivamente per motivi di età e di salute, ma come presidente onorario continuerà ad interessarsi dell’attività sociale fino alla morte sopravvenuta nel gennaio del 1985.

   

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