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CONTINENTE
RUSSIA
1. Paese interiore
2. Svezia Russa
3. I campi dell'Anticristo
4. Hvareno - felicità dello Zar
5. Il Mistero del Polo
6. I Russi e gli Iperborei
7. Archetipi nella rivoluzione
8. Conclusione
Paese interiore
«I continenti hanno un significato simbolico che è
legato tanto a stereotipi culturali che a esperienze vissute: l'Europa
non ha lo stesso significato per un Europeo che vi vive, per un
Americano che la visita, per un Africano che se ne emancipa, per un
Australiano, ecc. Tuttavia gli stereotipi continentali non sono rimasti
puri e semplici prodotti culturali, scaturiti da una conoscenza più o
meno vera, da un'emotività più o meno viva, da una conoscenza più o
meno netta: essi sono penetrati fino nell'inconscio con un'enorme carica
di affettività e ne riemergono tramite i sogni o le reazioni spontanee,
spesso apparentati a un razzismo che resterebbe altrimenti ignoto.
Allora il continente non rappresenta più, in realtà, una delle cinque
parti dei globo, ma un mondo di rappresentazioni, di passioni e di
desideri; per esempio, il dottor Verne ha ben mostrato, analizzando il
sogno di una sua paziente, che l'Asia non era per lei il ricordo, il
fine o il desiderio di un viaggio intercontinentale, ma che quel
continente “rappresentava il ritorno al sacro, il mondo dell'assoluto,
il mistero del trapasso, la via dell'unicità portatrice del messaggio
del vero e del reale”. L'Asia diventava un continente interiore, come
l'Africa, l'Oceania, l'Europa, la cui interpretazione simbolica varia da
soggetto a soggetto. Questa dimensione interiore può collegarsi a
qualunque luogo, città, paese, ecc., l'importante è sapere ciò che
significano per ciascuno le immagini, le sensazioni, i sentimenti, i
pregiudizi di cui è portatore e che costituiscono tutta la verità
soggettiva del simbolo. La geografia integra nella sua totalità la
geosociologia, la geocultura e anche la geopolitica».
Qui termina la spiegazione dei termine «continente»
estrapolata dal Dizionario dei Simboli scritto da Jean Chevalier
e Alain Gheerhrant. (1)
Ci permettiamo di riprodurre questa estesa citazione nella sua integrità,
poiché il suo contenuto coincide in maniera impressionante con il tema
dei presente lavoro, determinando dall'inizio il piano sul quale si
svilupperà il nostro studio.
Nell'affiorare dei sentimenti nazionalisti, nel razzismo e nei fermenti
patriottici di diversi popoli, risaltano fenomeni che potrebbero
sembrare irrazionali e che non possono spiegarsi con semplici
ragionamenti logici o con analisi dei motivi, più o meno egoistici, che
potrebbero essere causa di questi fenomeni. Il risvegliarsi della
memoria razziale, nazionale o continentale avviene molte volte senza
nessun apparente stimolo esterno. Capita semplicemente che gli archetipi
dell'inconscio più profondo improvvisamente scavalcano le barriere e,
producendo una reazione a catena, risvegliano tutto il complesso della
visione del mondo collettiva che pareva dimenticata da tempo. Come
esempi più chiari di ciò che abbiamo detto potremmo menzionare la
sopravvivenza dei nazionalismi celto-irlandese, giudaico, coreano,
africano o giapponese che continuano ad esistere e si rinforzano
nonostante tutti i condizionamenti sociali e storici che obiettivamente
dovrebbero farli sparire. L'immagine della «terra promessa» è
talmente radicata nel più profondo dell'anima nazionale di certi
popoli, che nessuna influenza esterna può cambiarla.
Lo stesso succede fondamentalmente con il «mistero
dei patriottismo russo», il cui carattere quasi mistico fu descritto,
in base agli esempi della lirica patriottica russa, dal brillante
scrittore e pubblicista russo Y. V. Mamleev. Russia mistica, «India
Bianca» di Kliuev, «Santa Rus» che Sergej Esenin anteponeva allo
stesso Paradiso e che Tiutchev vedeva come un principio religioso NEL
QUALE BISOGNA CREDERE (si immagini che assurdo suonerebbe «Santo
Portogallo», o «Fede nella Cambogia»), costituiscono senza dubbio la
profonda realtà della psicologia nazionale, il «Continente Interiore»
che sintetizza in sé la visione dei mondo di una nazione gigantesca. Il
ricordo di questo «Continente Russia» può rimanere occulto o sopito
nel fondo della coscienza durante centinaia di anni, però prima o poi
riprende a vivere e si trasforma in un uragano, un turbine, un grido,
quando giunge il momento dei Risveglio.
Ma per essere effettiva e concreta, la realtà
psichica della «Russia Interiore» deve possedere una determinata
struttura archetipica, in relazione con processi storici e territori
geografici concreti, essendo, inoltre, un paradigma formatore e
strutturatore dei cosmo spazio-temporale circostante e non il suo
semplice riflesso.
2. Svezia Russa
Qual è questa struttura archetipica della «Russia
interiore»? Su cosa è basato e verso cosa si orienta il concetto di «Santa
Russia»? Quali sono le radici della concezione imperiale dei popolo
portatore di Dio?
A livello storico la specifica sacralità della
Russia (2)
si deduceva direttamente dalla fedeltà all'Ortodossia, al
Cristocentrismo russo. Però è curioso segnalare che non accadde niente
di simile nell'Impero Bizantino o nei paesi cattolici, la cui fedeltà
alla tradizione cristiana non era minore. A nostra opinione, la visione
dei popolo russo come portatore della Ortodossia influì senza dubbio
sulla formazione del concetto di Santa Russia, ma senza predeterminarlo.
In questo caso concreto, come in molti altri, la tradizione cristiana si
sovrappose ad un'altra tradizione molto più antica, che non solo era
all'origine del vecchio calendario liturgico russo (di ciò oggi non
esiste il minimo dubbio), ma che costituiva altresì la base della
totalità sacrale della visione del mondo nazionale, dalla geografia
sacra fino all'etica e alla formazione delle strutture politiche. E fu
questa antica tradizione che, agendo sopra il livello più profondo
dell'inconscio, determinò la logica fondamentale della storia sacra
della Russia.
I resti di questa antica tradizione possono essere
rintracciati negli archetipi linguistici che risalgono ai tempi
primordiali dell'unità indoeuropea e che si rinvengono con una costanza
incredibile nei toponimi, nei miti, nelle leggende e in generale in
tutti i casi tipici della formazione di parole con contenuto simbolico.
Inoltre, tutto il sistema dei simbolismo prettamente religioso ha uno
stretto rapporto con questa antica tradizione; diversamente, la
cristianizzazione della Russia non sarebbe avvenuta in modo così facile
ed armonico. La dottrina cristiana integrale corrispondeva nel suo
paradigma rituale e simbolico con la logica di altri culti più antichi,
che non furono distrutti, bensì trasfigurati dal cristianesimo,
formando una sintesi unitaria. Il ciclo russo delle vite dei santi (Zhitii)
e la specificità dell'Ortodossia russa ci offrono una moltitudine di
esempi di ciò. Menzioniamo solo l'esempio canonico della festa estiva
del profeta Elia (Ilia), che adottò i tratti dell'antico dio
ario della tormenta, del Cielo e della Luce, Il (dalla stessa
radice viene l'antica parola russa solntse, «sole», che nella
lingua indoeuropea originaria significava «luce benefica»).
Analizziamo ora alcuni aspetti di combinazioni
archetipiche determinanti per la forma di pensiero russa. Iniziamo dalla
stessa espressione «Santa Russia». In primo luogo bisogna segnalare un
fatto curioso: molto prima dell'arrivo degli Slavi in queste terre, la
regione delle steppe del Sud dal Mar Nero fino agli Urali era chiamata
dagli antichi popolatori arii «Casa degli Dei» o «Grande Svezia» o
«Fredda Svezia»; denominazione che più tardi si trasferì, con le
tribù germaniche, in Scandinavia, trasformata in «Casa degli Uomini»
o «Piccola Svezia». E’ nella Grande Svezia che scorrevano i fiumi
conosciuti dagli arii: Don (Tanaxvil o Vanaxvil, «alveo
dei fiume dove vivono i Vani») e Dnieper (Danapru, gr. Boristhénes).
La stessa parola «Svezia» (Sveden, Suetia) significava
«chiaro, bianco, pieno di luce». Più esattamente la radice
indoeuropea svet («luce») sotto il profilo logico e forse
etimologico ha a che vedere con il russo svjatoi («santo»).
D'altra parte la tradizione indù ancora conserva shveta-dvipa o
«continente bianco», situato al nord dell'India. Normalmente shvetadvipa
indicava l'isola simbolica di Varáha, situata al Polo Nord, patria
mitica degli antenati degli Indù. Per analogia sarebbe plausibile
attribuire questo nome al luogo di soggiorno degli arii prima della loro
migrazione vero il subcontinente indiano. Ciò che si riferisce agli avi
degli Indù, portatori della tradizione vedica nella sua forma iniziale,
nel periodo in cui essi vissero nei territori del sud dell'attuale
Russia, è confermato dai recenti ritrovamenti archeologici (V.N.
Danilenko, Y.A. Shilov). Così il paese «chiaro, bianco, santo»
veniva associato anticamente alle terre russe e questa idea era
profondamente radicata sia nella coscienzi degli arii, i cui contatti
sacrali continuarono a conservarsi ancora dopo la rottura dell'unità
tradizionale e linguistica, sia degli autoctoni paleoasiatici, che più
di una volta dimostrarono una rara capacità di conservare per millenni
sistemi mitologici ereditati dai più dinamici ed attivi popoli
indoeuropei.
Il secondo elemento dell'espressione «Santa Russia»
è il nome geografico RUS. La derivazione etimologica più convincente
è la radice indoeuropea ROS (cfr. ted. rot, lat. volg. russus,
franc. rouge, ingl. red, sscr. rohita) con il
significato di «rosso», «dai capelli rossi», «rossiccio». Quindi
non è assolutamente determinante se la Russia ricevette il nome da una
tribù slava o scandinava. Ciò che conta è che a livello inconscio il
colore rosso è strettamente vincolato alla Russia: fu uno dei colori
preferiti dai suoi principi; a parte che in russo ant. KRASNI («rosso»)
ha anche il significato di «bello», «distinto». E’ interessante
notare che un'altra antica parola russa designante il color rosso,
CIORMNI, etimologicamente si avvicina alla parola CIORNI, «nero».
Anche nell'antica lingua indù la radice KRSNAS possedeva il doppio
significato di nero e bello. Non si può scartare la
possibilità che questa relazione etimologica si manifestasse in qualche
modo nelle associazioni di significato e nelle strutture semantiche non
manifeste dei pensiero verbale, mettendo in rapporto quasi
inconsciamente il contenuto di KRASNI («rosso») con quello di CIORNI («nero»).
Relazionando queste due linee direzionali, vedremo
che il concetto di SANTA RUSSIA può essere tradotto con una diade di
colori simbolici: Bianco-Rosso o anche Chiaro-Oscuro. Non è casuale che
la combinazione Bianco-Rosso fosse la più utilizzata nell'araldica
russa, così come nei costumi nazionali, negli affreschi, negli
ornamenti ecc. Inoltre, se osserviamo lo sviluppo di queste direttrici
simboliche e le loro connotazioni tradizionali, probabilmente potremo
decifrare in modo più chiaro la visione «popolare» di molti fatti
storici: dalla guerra russo-svedese fino alla guerra civile.
3. I campi dell'Anticristo
D'altro canto, esiste e si mantiene durante la storia
una spiegazione leggendaria circa una determinata missione escatologica
della Russia o, meglio, di quei territori sui quali si insedia lo Stato
russo. Questo aspetto escatologico, apocalittico, sta in relazione
logica con lo specifico ruolo attribuito a queste terre dagli
uomini nel profondo della loro antica coscienza sacralizzata. Tale
aspetto si spiega se teniamo presente che il «sacro», visto spesso
nella prospettiva inversa, si converte non tanto in qualcosa di «profano»,
«mondano», quanto in «diabolico», «antisacro», «demoniaco». Sono
abbastanza esplicite, in proposito, alcune antiche testimonianze: in
primo luogo, dice la leggenda che durante la sua campagna nell'Asia
centrale Alessandro Magno ordinò di costruire la Muraglia Sacra o le
Porte Sacre contro le «demoniache tribù dei Nord» che non riuscì a
dominare. La mitica muraglia si trovava di fronte alle «Porte del
Caspio»; ciò significa che le «demoniache tribù» scorrazzavano per
le terre del Sud della Russia o, meglio, che venivano associate ad esse.
Più tardi dette tribù furono identificate con le bibliche e
apocalittiche genti di Gog e Magog che, secondo le profezie, alla fine
dei tempi dovranno conquistare la terra e distruggere il patrimonio
sacro e spirituale dell'Umanità (v. Apocalisse di S. Giovanni,
20,7). Millecinquecento anni più tardi, la stessa regione limitrofa al
Mar Caspio, le cosiddette terre di Ircania, era vista dai teologi
cattolici europei come un territorio malvagio popolato dalle dieci tribù
degeneri e demonizzate di Israele, disperse dopo la cattività di
Babilonia. Ruggero Bacone avvertiva che, quando queste tribù avessero
iniziato la marcia verso Occidente, sarebbe stato per ricevere
l'Anticristo (v. Opus Maius di Bacone). Stranamente, a questa
predizione corrisponde un'altra profezia, questa volta biblica, riguardo
la Fine dei Tempi, quando sopra il mondo si leveranno i principi ribelli
a Dio ROSH, MOSOC, TUBAL (v. Ezechiele, 38, 2 e Isaia, 63, 1). Questi
tre nomi, che non possiedono una chiara etimologia nella lingua ebraica,
ricordano in maniera impressionante rispettivamente RUS (le radici Rus
e Ros sono praticamente identiche) e MOSC (poiché la parola Mosoc
rappresenta una vocalizzazione masoretica abbastanza soggettiva delle
tre consonanti dei testo biblico originale: M-S-K). In quanto a TUBAL,
per gli antichi ebrei indicava la Scizia, la Russia meridionale.
Inoltre nella Bibbia si accenna costantemente alla
distruzione di EDOM (Isaia, 63), paese che rappresenta il paradigma di
una perversa e dernoniaca trasfigurazione di terre che a suo tempo
furono considerate sacre. Si può dire che il principe GOG del paese
MAGOG, i principi ROSH, MOSOC e TUBAL, al pari dei principi di EDOM,
rappresentano tarde denorninazioni simboliche bibliche dello STATO
ESCATOLOGICO. Sorprende scoprire che la parola ebraica EDOM significa «rosso»,
e quindi il «paese rosso».
Tutti questi dati permettono di indicare una
determinata opposizione di significati impliciti nel concetto di «Santa
Russia». Questa opposizione improvvisamente si rese visibile all'inizio
del XX secolo, manifestandosi nella tradizione poetica, pubblicistica e
politica: si tratta dell'opposizione di «Santa Russia» e «Maledetta
Russia», che si cristallizzò poi nel confronto fra la «Santa Russia
Bianca» e la «Rossa Russia Sovietica, Non è casuale che in una
canzone rivoluzionaria la guerra civile ricevesse l'appello di «santa».
«Santa», cioè il cui contenuto non si esaurisce
nel dominio meramente politico o economico; «santa», perché procede
dai profondi e millenari archetipi dell'inconscio, contrapponendo due
idee di contenuto sacrale: «Bianco» e «Rosso», idee situate nel
cuore stesso dell'organismo nazionale e, ancor più, geopolitico.
4. Hvareno - felicità dello Zar
Una delle componenti fondamentali della «Russia
Interiore», per lo meno durante l'ultimo millennio della sua storia
era rappresentata dalla sacra missione del Monarca Russo, vero
accumulatore di tutte le aspirazioni spirituali della nazione. La «Santa
Russia» ebbe sempre il suo centro sacro, sia geografico (con Kiev prima
capitale, poi con Mosca) sia vivo e personificato polo di santità
nazionale, nello Zar, l'Unto da Dio. E’ interessante notare come
alcuni popoli di origine turca conservarono sino al secolo XVIII una
venerazione particolare verso i monarchi russi. I Buriati, per esempio,
vedevano nella zarina Caterina una Incarnazione di Bianca Tara, una
delle più grandi bodhisattva dei lamaismo. Questo significato
universale del potere monarchico nel quadro dell'Impero dimostra una
volta di più che la Russia non fu mai vista dai suoi popoli come una
realtà semplicemente etnica; si trattava invece di una realtà dei più
alto livello, di una manifestazione reale della Tradizione geosacrale,
dove ogni popolo occupava il proprio posto, di modo che lo Zar russo era
anche lo Zar di tutte le etnie dell'Impero.
Come è noto, la tradizione monarchica russa iniziò
quando un gruppo di tribù slave e ugro-finniche chiamò sul trono RURIK,
della stirpe dei Varieghi. In epoche posteriori la discendenza dal primo
principe Rurik diventò la base spirituale e genealogica che
giustificava moralmente il sacro potere e l'autorità dello Zar. Detta
tradizione era così costante, chiara e aprioristica, così radicata
nella coscienza dei Russi, che non poteva non discendere direttamente
dalle forme più antiche, le quali, nonostante si fossero spostate nella
sfera dell'inconscio, non avevano perso nulla della propria forza ed
efficacia.
Secondo la nostra opinione, l'invito a Rurik il
Variego fu visto dal popolo come il Gran Mistero, in questa azione
trovando espressione la logica delle origini sovrannaturali dei potere
zarista, fondamentale per tutte le antiche dinastie tradizionali.
Proviamo a svelare il sottofondo sacro di questo
mistero, grazie al quale nello spazio della «Russia Interiore» venne
stabilito il centro dinastico sacrale.
Studiamo in primo luogo lo Zoroastrismo, nel quale fu
dettagliatamente trattato il lato mistico del potere regale e che influì
decisivamente sullo schema mentale dei popoli che anticamente popolavano
le terre russe. Gli zoroastriani affermavano che il Monarca ha un
diritto speciale per governare, concessogli da poteri e forze superiori.
Detto diritto si manifestava nella facoltà di possedere una forza
luminosa: HVARENO o FARN. Hvareno è l'energia della luce
condensata, il cui possesso equipara gli uomini agli Dei. Il falco Vargan
o l'ariete tradizionalmente erano considerati come simboli di Hvareno.
D'altra parte Hvareno si identificava con l'elemento Fuoco,
l'unico che per sua natura tende ad elevarsi verso l'alto, al cielo.
Ogni monarca persiano possedeva il proprio fuoco personale, che
simbolizzava il possesso di Hvareno (v. Zoroastriitsi di
M. Boys, Mosca, Ed. Nauka, 1988).
Se torniamo a Rurik il Variego, chiamato a governare
la Russia, vedremo che etimologicamente il suo nome rappresenta il
complesso delle suddette idee zoroastriane (anticamente tale cosmologia
era patrimonio di tutti gli ari). In scandinavo Rurik significa
«falco», cioè il simbolo per eccellenza del Hvareno. Rurik,
inoltre, è simile all'antico slavo Rarog, «fuoco» o «spirito
di falco»; Rarog possedeva anche il significato di «falco».
Quando fu battezzata la RUS, lo Zar della dinastia di Rurik diventò
l'Unto da Dio, depositario della forza di Cristo, e fu chiamato «Agnello»,
ma anche «Ariete». Così il concetto di Monarca Cristiano
continuava spiritualmente e confermava sacralmente l'antica tradizione
monarchica, che nella chiamata di Rurik vedeva la concessione della
Benedizione Celeste, del Hvareno. In questo caso e in altri simili, il
Cristianesimo non annullò, bensi riaffermò e sublimò le idee
precristiane.
Ora parliamo dei Varieghi. Senza entrare nel merito
riguardo alla loro origine etnica, fatto che per noi non ha molta
importanza, cercheremo di decifrare il significato simbolico di questo
nome. Dato che lo Zoroastrismo ci ha fornito alcune chiavi
interpretative importanti, ritorniamo ad occuparci di esso. Variag
o varingr per la pronuncia si avvicina al nome del Dio
zoroastriano Varhran (Veretragna).Varhran è uno dei sette dèi
dei mazdeismo: il dio della Vittoria. Proprio questo dio era considerato
come principale portatore di Hvareno; a lui viene accostata la
figura del falco Vargan (si confronti vargan con varingr,
cioè «variego») suo eterno compagno e sua rappresentazione.
Quindi i Varieghi, a prescindere dalla loro esistenza
storica, possono rappresentare una idea simbolica esprimente la totalità
del Hvareno, la felicità dello Zar; una manifestazione del Hvareno,
Rurik-falco, discese come manna sulle tribù che attendevano la
benedizione celeste. Non termina qui la catena dei significati
mitico-etimologici. Variag può essere comparato con la radice
sanscrita svar, «cielo», «luce solare», molto simile alla
radice persiana hvar, dalla quale Hvareno. E’ possibile
che anche la parola russa sever (nord) sia imparentata con svar,
dato che gli antichi popoli arii identificavano il Nord con l’«orientamento
divino celeste» (anche se più tardi questa immagine mutò segno). La
relazione dei Varieghi con il Nord corrisponde pertanto con la logica
misterica generale che determinò la chiamata dei Primo Zar a governare.
Potremmo andare oltre. Varhran è
l'equivalente persiano del sanscrito Vritra-han, «assassino
di Vritra» - epiteto del dio INDRA, il re dei Cielo, la cui sede per la
cosmografia indù si situa appunto nel cielo, Svar.
Quanto alla denominazione indù, è probabile che si
tratti del nome teoforo del popolo, «il popolo di Indra», cioè popolo
portatore di Dio. I Varieghi, da parte loro, come tribù indoeuropea,
potrebbero essere il popolo teoforo di Vargan o Varhran-Veretragna (Indra
o Assassino di Vritra). Non si può scartare l'ipotesi che fossero echi
lontani di simili equivalenze mitologiche a sopravvivere nel profondo
dell'inconscio nazionale e a creare l'immagine della Russia, come «India
Bianca» fra i poeti di orientamento mistico popolare, quali Kliuev o
Esenin. Naturalmente la logica segreta di tale interpretazione può
essere giusta per il tramite di altre simbologie quasi dimenticate.
L'emblema monarchico russo - l'aquila bicefala -
all'inizio era il simbolo dei Falco-Rurik, portatore della forza magica
di Hvareno. Altro particolare che richiama la nostra attenzione:
Mosca, capitale dello stato russo e luogo di residenza dello Zar, aveva
nell'emblema San Giorgio vittorioso sul Drago (insegna del principe Yuri
Dolgoruki fondatore di Mosca). Varhran - portatore di Hvareno -
è in primo luogo il dio della Vittoria (anche San Giorgio è il
vincitore vittorioso). Inoltre, come già segnalato, Varhran-Varetragna
significa «Assassino del Serpente o Drago», «Assassino di Vritra» e
San Giorgio abitualmente si rappresenta mentre uccide il Drago.
D'altra parte è caratteristica nella mitologia
persiana la presenza di una moltitudine di motivi riferentisi alla lotta
di un eroe solare (Kersasp, Traeton) contro il Serpente o Drago. Questa
lotta molte volte è la conseguenza della rivalità dei contendenti per
il possesso del Hvareno. Così la combinazione di questi due
simboli nell'emblema della capitale, sede dello Zar, con l'Aquila,
simbolo di tutta la Russia, ci offre il paradigma della più antica
struttura dei mistero monarchico.
Altro simbolo tradizionale dei potere zarista è il
Globo, una sfera coronata dalla Croce, simbolo di Terra nei testi
astrologici più antichi. Il Globo dello Zar russo si identifica
naturalmente con la Terra russa. Di nuovo ci imbattiamo in quella «Russia
Interiore» della quale abbiamo già parlato. Ha grande importanza il
fatto che nello spazio sacro nazionale è proprio lo Zar, l'Unto da Dio,
inviato dal Cielo, possessore dei Fuoco Sacro sovrannaturale, a
custodire e sostenere con la mano un enorme spazio terrestre (da cui «Autarca»,
Samoderzets, colui che sostiene da solo): come quei misteriosi
sette saggi che secondo la tradizione cristiana sostengono tutto il peso
dei mondo.
Tutta la storia russa è impregnata dalla profonda
comprensione dei sacro ruolo svolto dalla figura dello Zar. Tale
comprensione spiega la venerazione quasi religiosa degli Ortodossi verso
il Monarca, molto differente dalle relazioni che univano i sudditi
cattolici ai loro Re. In Russia non esisteva la separazione tipica
dell'Occidente cattolico fra la vita puramente spirituale soggetta alle
gerarchie ecclesiastiche e la vita secolare soggetta al potere regale.
Nel concetto di Santa Russia, di Russia Zarista, coesistevano tutte le
varianti della vita sacralizzata. La Chiesa, come anima della Russia,
non si sovrapponeva allo Zar, bensì riconosceva la sua autorità
sovrannaturale e legittima, benedicendola; altrimenti, lo Stato stesso
sarebbe stato condannato a perire.
Queste concezioni si manifestavano a volte con tanta
forza, che ancora nel secolo passato la gente semplice era solita
pregare davanti al ritratto dello Zar, considerandolo, d'accordo con la
saggezza archetipica più antica, un rappresentante dell'Altro Mondo,
non come individuo umano concreto, bensì come un simbolo sacro che
acquisisce la sua efficacia grazie al rito ortodosso di consacrazione
del regno e alla sua discendenza da un albero genealogico sacro.
Così il «continente interiore» russo possedeva il
suo proprio «centro interiore», il Monarca Sacro. La loro unione (ierogamia
simbolica) costituiva il nucleo del destino specificamente russo, la
dimensione più profonda della storia russa. In questa prospettiva, il
regicidio era sempre accompagnato da fatti «demoniaci», fatti che non
si limitavano a sminuire la santità nazionale-monarchica, a ridurre
tutto ad un piano di realtà profana, ma addirittura convertivano il
sacro in antisacro, in diabolico; simbolicamente, ciò può essere
spiegato come la conquista del Hvareno, la forza mistica, da
parte dei Drago, vinto solo temporaneamente, non definitivamente. Il
colore tradizionale di questo Drago nello Zoroastrismo e nell'Induismo
è il rosso o rossonero: ciò ricorda ancora una volta la componente «rossa»
della Santa Russia, il suo aspetto negativo, infero,
5. Il Mistero del Polo
Ora vorremmo menzionare un lavoro dei moderno
ricercatore francese Gaston Georgel dedicato ai cicli storici e alla
logica dello sviluppo delle civiltà antiche, argomento che si collega
al tema dei nostro studio. Il libro dei quale parliamo si intitola Ritmi
della storia (3).
In questo saggio c'è una piccola parte nella quale si studiano le
modalità costanti dello spostamento delle sedi di civiltà antiche
attraverso il continente eurasiatico. Senza dilungarci in dettagli,
segnaliamo solo alcuni fatti sui quali ha indagato l'autore, fatti che
hanno relazione diretta con la «Russia Interiore». Studiando
l’ubicazione geografica delle sedi delle civiltà antiche, Georgel si
rese conto di un dettaglio sorprendente. A partire da Elam (circa 4000
a.C.) fino ai tempi moderni, si osserva il trasferimento di determinate
sedi culturali dall'Est all'Ovest. Con una linea Georgel cercò di unire
in una mappa l'antico centro di Elam, vicino alla città di Kelat, con
la sumera Ur, Atene e Parigi: il risultato superò tutte le aspettative.
La curva che univa queste città era divisa da esse in settori quasi
uguali di 30° ciascuno. Però, secondo l'autore, il punto
corrispondente all'equinozio di primavera si sposta di 30°
sull'eclittica in un periodo di tempo equivalente a 2160 anni, cioè il
lasso di tempo che separa le suddette culture: Elam 4000 a.C., Ur 2000
a.C., poco meno di 2000 anni dopo Atene e per ultima la moderna «capitale
d'Europa», Parigi.
Inoltre, continuando la curva altri 30° verso
Est, si arriva a Lhassa, capitale dei Tibet; un'altra curva della stessa
curvatura, però appartenente a una circonferenza di maggior raggio,
unisce Gerusalemme a Roma. Ma dove si situa il centro di questa
circonferenza? Ci imbattiamo ancora una volta in un fatto strano: questo
centro si trova nella intersezione dei 60° long. Est con il Circolo
Polare Artico, cioè nel territorio della Russia a nord dei monti Urali
(Mosca è situata vicino al raggio che unisce Atene con il centro di
questa seconda circonferenza). E’ qui che Georgel termina praticamente
le sue spiegazioni.
Potremmo andare oltre indicando altre coincidenze ancora più singolari.
E’ noto il fatto che la linea del Circolo Polare Artico rappresenta la
proiezione di una circonferenza sulla sfera celeste per la quale si
sposta il Polo Nord terrestre attorno all'eclittica, in conseguenza del
fenomeno detto precessione degli equinozi. Però, se la sfera celeste è
immobile, il globo terrestre è inclinato rispetto al piano
dell'eclittica, equivalente al piano della rotazione orbitale della
Terra, formando un angolo di 23° e mezzo. Precisamente questo scarto
angolare è situato sulla linea del Circolo Polare Artico. Ma se
cercassimo di far coincidere il centro dei Polo Nord terrestre con Alfa
dell'Orsa Maggiore, la Stella Polare attuale, il centro dell'eclittica e
pertanto il vero Polo Celeste, il più fisso di tutti (poiché attorno
ad esso l'asse della terra descrive una circonferenza lungo un immenso
arco di tempo: 25.960 anni), esso si proietterebbe sopra la linea dei
Circolo Polare Artico. Ma come possiamo determinare la posizione esatta
di questo punto?
Qui ci saranno di aiuto i primi globi terrestri che
apparvero nel Rinascimento. In essi figura la proiezione dell'eclittica
con la stessa inclinazione di 23° e mezzo sopra l'equatore e
conseguentemente sui tropici dei Cancro e del Capricorno. L'importante
in questo caso è stabilire su quale meridiano si proietta il segno dei
Capricorno, ciò permetterà di stabilire l'ordine di proiezione delle
costellazioni sul globo terreste e trovare sul Circolo Polare Artico il
punto corrispondente al centro dell'eclittica. In questo caso tutte le
mappe e globi antichi coincidono. Tenendo in considerazione le
conoscenze geografiche dei basso Medioevo e del Rinascimento, sappiamo
che il segno dei Capricorno - il punto più meridionale dell'eclittica -
si proietta sopra il meridiano che passa per gli Urali (Monti Rifei,
come li chiamavano i Greci), frontiera simbolica fra Europa ed Asia. Però
si tratta dello stesso meridiano 60° long. Est in cui s'imbatté
Georgel studiando la geografia delle civiltà antiche! Pertanto il polo
dell'eclittica, il Vero Polo della Terra nella sua proiezione sul globo
terreste coincide con il polo della circonferenza sulla quale si attua
lo spostamento della civiltà nel corso dei millenni.
Se oggi siamo in grado di giungere a queste
conclusioni utilizzando solamente le più elementari conoscenze di
astronomia e geografia, perché non dovremmo supporre che gli antichi,
avendo le stesse conoscenze (ciò è dimostrato dalle moderne ricerche
sulle civiltà cinese, sumera, celtica ed altre) ed essendo liberi da
pregiudizi tecnocratici e agnostici, si rendessero perfettamente conto
di queste corrispondenze fra Terra e Cielo, basando su di esse la
propria geografia sacra e la logica della loro Storia Sacra? Ma la cosa
più probabile è che la pienezza di questa conoscenza andò
rifugiandosi nella sfera dei racconti, delle leggende e delle epopee
epiche, manifestandosi apertamente solo in momenti cruciali per l'umanità.
6. I Russi e gli Iperborei
Forse la scoperta dell'ipotetico polo di civiltà da
parte di Georgel non solo ci aiuta a spiegare molti fenomeni enigmatici
dei passato dell'umanità, ma ci fornisce anche la chiave per
comprendere il «patriottismo russo», che in nessun caso può ridursi
ad un semplice nazionalismo etnico. Il «patriottismo russo» nella sua
dimensione più profonda è universale, «più che umano» come diceva
Dostoevskij, perché è strettamente legato al «continente interiore»,
al continente centrale situato presso il punto immobile della «Ruota
del Destino», la ruota delle peregrinazioni dell'anima umana. Forse è
provvidenziale che la città più vicina a questo punto del centro
nordico si chiami INTA, nome che ricorda il dio peruviano dei Sole INTI
e il dio ario INDRA. Il fatto è ancora più importante se, considerando
le già menzionate corrispondenze di proiezioni stellari sulla Terra,
constatiamo che il nostro centro, similmente ai centro dell'eclittica,
coincide con la costellazione del Drago, il nemico eterno, di Indra e
degli Dei Solari della Vittoria. Curiosamente nell'induismo la sede di
Indra si situa talvolta al Nord, altre volte all'Est (più esattamente
al Nord-Est), mentre il nome del suo elefante AIRAVATA coincide con il
nome jainista dei paese più settentrionale della Terra. Ma questo
stesso paese, come già detto, riceveva anche il nome di VARAHI, «Terra
del Cinghiale», che corrisponde esattamente alla radice greca BOR,
connessa con il NORD e il paese di Iperborea (nell'estremo Nord), patria
di quell'Apollo solare che è anche l’uccisore del Drago. E non è
casuale che, secondo le fonti greche, gli lperborei inviavano a Delfi le
offerte simboliche di grano attraverso la Scizia e altre terre russe più
settentrionali. Curiosamente la parola Varàhi ricorda anche i
Varieghi e cioè il popolo leggendario che dette ai Russi un monarca.
consacrato.
Nelle leggende su lperborea risalta il carattere
vegetale, nella fattispecie per quanto riguarda le offerte, nei riti, di
spighe di grano. Secondo le tradizioni più arcaiche, l’agricoltura
era l'occupazione più antica dell’uomo, prima dell'allevamento. In ciò
si rifletteva l'idea metafisica comune agli antichi, che considerarono i
principi della quiete e della calma (la vita sedentaria degli
agricoltori) superiori al dinamismo ed al mutamento (la vita nomade e
l'allevamento). La principale attività dei Russi fu proprio
l'agricoltura. Esiste un fatto interessante in rapporto con questo
fenomeno. Uno dei nomi antichi degli Slavi fu Vene o Vendi,
denominazione di una delle tribù che poi diventò il nome generico
degli Slavi. Ancora oggi gli Estoni ed i Finni chiamavano Vene i
Russi. Qui colpisce l’attenzione l'esistente parallelismo con i Vani
scandinavi, dèi preposti alla tutela dell'agricoltura (a differenza
degli Asi, cui spettava la tutela della caccia e dell’allevamento) che
rappresentavano lo spirito della pace sacrale e, secondo le saghe,
vivevano lungo il basso corso dei Dnjepr e del Don (vedi S. Sturlusson, Il
cerchio terrestre). Conviene ricordare anche che uno dei nomi
preferiti dai russi è Ivan.
Nonostante Ivan sia una forma slavizzata
dell'ebraico Giovanni, è lecito credere che tale nome poté
sopravvivere adottando una forma cristianizzata, se consideriamo,
soprattutto, che c'è una relazione provvidenziale fra S.Giovanni
Battista ed i Vani delle saghe germaniche: particolarmente nel mito
della testa dei gigante Mimir che i Vani tagliarono ed inviarono agli
Asi. Lo stesso tema della decapitazione costituisce il nucleo della
storia di S.Giovanni. Inoltre, il re degli Asi, Odino, fa parlare la
testa di Mimir che vaticina l'inizio dei Giudizio Finale (Ragnarökr),
così come le leggende cristiane contengono il miracoloso episodio della
testa parlante dei Battista. A ciò si deve aggiungere il parallelismo
esistente fra la predizione di Mimir circa il Ragnarökr e la
profezia escatologica della venuta dei Paracleto da parte di Giovanni.
Tutto ciò si spiega, secondo il nostro punto di
vista, con l'esistenza di un antichissimo complesso mitologico comune,
patrimonio dei popoli indoeuropei fin da tempi remoti. Le manifestazioni
storiche di questo complesso ebbero sempre relazione con certe leggi
cicliche e con determinati territori. I «continenti interiori» con le
loro proprie mitologie potevano spostarsi sul pianeta insieme alle tribù
che di essi erano portatrici o potevano stabilirsi in determinati luoghi
della terra. Potevano anche passare da un popolo all'altro. Infine,
potevano integrarsi in differenti strutture religiose, formando la base
dell'unità archetipica di diverse tradizioni. In tutto questo
complesso, per noi non è tanto importante seguire lo sviluppo e la
continuità di un'etnia dalle epoche remote fino all'età attuale, o
studiare le radici e le manifestazioni obiettive di questo fenomeno.
Importante, per noi, è scoprire la logica di una tradizione archetipica
concreta, il suo contenuto spirituale e simbolico. Le etnie che in un
momento o nell'altro diventavano portatrici di questa tradizione,
impregnandosi di essa, si trasformavano in etnie teofore (portatrici di
Dio) o portatrici di Idee, nel corpo materiale di una essenza celeste,
nell'incarnazione di una idea viva.
Per quanto passeggere fossero le cause temporali visibili della
venerazione speciale per queste terre, indipendentemente dai popoli che
le abitavano, la «Russia Interiore» si identificò sempre, in ultima
istanza, con il «paradiso terrestre», con il territorio della mitica
Età dell'Oro, tanto più se consideriamo che il simbolismo di
Iperborea, Varâha, l'agricoltura dei Vani-Ivani ecc. era in relazione
nelle più diverse tradizioni proprio con l'antica patria primordiale,
dove vivevano gli avi venerati, liberi e immortali.
Sarebbe abbastanza assurdo parlare delle filiazioni
etniche degli abitanti del Paradiso. Perciò tutte le spiegazioni degli
archetipi inconsci dei «patriottismo mistico» dei Russi non potrebbero
mai essere viste come manifestazioni di un nazionalismo ordinario. Gli
stessi Russi automaticamente chiamavano «russi» tutti coloro che
solidarizzavano con loro in questa profonda intuizione circa il
carattere sacro delle terre da loro abitate è la differenza
fondamentale che separa i Russi da altri popoli, particolarmente dagli
altri popoli slavi, che possiedono una visione molto più pragmatica e
razionale circa i limiti della realtà nazionale. Nonostante si possa
osservare che qualcosa di simile accadde sempre nel caso dei popoli
coscienti della propria vocazione imperiale, molto più preoccupati
dell'unità territoriale che non di quella razziale, in Russia questa
caratteristica peculiare si manifestò sempre con una forza speciale,
arrivando talvolta ai limiti dei grottesco.
7. Archetipi nella rivoluzione
E’ molto probabile che gli archetipi della «Russia-Paradiso
Terrestre» e l'identificazione (abbastanza elementare ma confortata dai
contatti linguistici con gli Indoeuropei) della Russia con il colore rosso,
abbiano influito in gran misura sull'idea che il popolo si formò
riguardo alla rivoluzione bolscevica e ai fatti successivi, che
acquisirono nella coscienza popolare un carattere quasi mistico, simile
alla reazione degli indios americani, che scambiarono i saccheggiatori
spagnoli per Dei Bianchi ricomparsi. Questo attivarsi di associazioni di
contenuti, che erano rimasti sopiti nell'inconscio, fu rafforzata ancora
di più dagli aspetti escatologici dell'ideologia comunista degli inizi,
che prometteva l'avvento dei regno dell'abbondanza e che inoltre,
attraverso la dottrina della dittatura dei proletariato, proclamò di
avere compiuto la promessa evangelica - «gli ultimi saranno i primi».
La nostra ipotesi si fa più credibile se ricordiamo il seguente esempio
tratto dalla storia russa: (4)
il reggimento di soldati che appoggiò i Decabristi basandosi
esclusivamente su una associazione di parole, credeva in tutta sincerità
che la «Costituzione» per la quale essi andarono a morire nella piazza
del Senato fosse la Sposa dei Granduca Costantino (cfr. G.Vernadski, Storia
della Russia). Se una coincidenza tanto casuale può spingere degli
uomini a dare la propria vita, figuriamoci le idee-mito e i simboli
assorbiti nel corso di millenni dal nucleo stesso dell’anima popolare!
Per confermarlo basta analizzare senza pregiudizi
migliaia di esempi della storia sovietica degli anni '20-'30. Colui che
forse trattò con maggior vigore il tema in questione è lo scrittore
russo A. Platonov, le cui opere sono estremamente profonde e realiste.
Certamente è proprio con questo fondo escatologico che si intendono
meglio alcuni eccessi dell'«internazionalismo» rivoluzionario, il
quale, lungi dal significare semplice indifferenza per il proprio
passato, si converte nell'affermazione mistica ed escatologica dello
stato della «eguaglianza assoluta», realizzabile solo nelle condizioni
del vero Paradiso. Questo tipo di «internazionalismo», o almeno la
visione che ne avevano i suoi assertori russi, in determinati aspetti si
fondeva qualitativamente con il «patriottismo mistico», mosso
anch'esso dal desiderio di ritornare agli «archetipi paradisiaci».
Paradossalmente la moderna e «progressista» dottrina socialista
produsse una risonanza enorme negli strati più arcaici dell'inconscio
popolare, fondendosi in una nuova ideologia senza paragoni, dove i «contrari
coincidevano», mentre il razionalismo e l'economicismo «scientifico»
europei si diluivano nel primitivo e magico sciamanesimo sociale. In
questo processo si riflesse anche la possibilità già menzionata di
rivoltare «dalla testa ai piedi» la struttura spirituale tradizionale,
che converte il Sacro in Antisacro.
La rivoluzione russa possedeva un'altra
caratteristica archetipica importante: il regicidio. Nel quadro
della coscienza nazionale tradizionale, questo fatto poteva possedere
solo un significato: la perdita da parte dei «continente interiore»
del suo centro benefico, dei suo appoggio morale e del suo asse sacrale.
L'assassinio di Nicola II e di tutta la famiglia imperiale trasformò
simbolicamente tutti gli abitanti della Russia in «figli della vedova»:
rimaneva la Madre Patria, ma a partire da questo momento essi saranno
privati dei principio solare e virile rappresentato dallo Zar Padre,
l'Unto da Dio. Non fu per nessuna casualità che il regicidio ebbe luogo
negli Urali a Ekaterinenburg, quasi sullo stesso 60° meridiano che
svolge un ruolo tanto importante non solo nella geografia sacra di
Russia, ma di tutta l'Eurasia. Altro particolare interessante: uno degli
assassini principali che eseguirono questa impresa sanguinosa, J.
Jurovski, nacque nella città di Kainsk, che tanto chiaramente
ricorda il nome di Caino, il primo assassino della storia dell'umanità.
Nonostante la prima reazione di fronte all'assassinio dell'Autarca fosse
un'indifferenza sonnacchiosa, è chiaro che questo fatto doveva lasciare
tracce profonde nella vita interiore della nazione, tenendo conto del
ruolo da lui svolto e svolto in generale dall'archetipo dello Zar Russo
nelle profondità dell'inconscio nazionale. Così, a poco a poco, il
peso di questa perdita cominciò a farsi tanto evidente, che la volontà
popolare, sottomessa, disorientata ma poderosa, spinse alla superficie
un Antizar – Stalin – il quale in maniera criminale si
appropriò della benedizione popolare che in realtà non era diretta a
lui. Il regicidio riattivò inoltre il mito della testa di Giovanni
Battista, avente relazione con le radici del nome è della forma di
sentire dei popolo russo. Ad un determinato livello, l'anima popolare
percepì senza dubbio questa relazione, sicché i motivi apocalittici
relativi al simbolismo della testa di S.Giovanni, la testa di Mimir ecc.
si incrementarono sempre più. Senza il proprio asse, la «Ruota dei
Destino» non poteva più girare secondo il ritmo stabilito. La «Russia
Interiore» era sommersa nelle tenebre parallelamente alla
elettrificazione della «Russia Esteriore», sotto l'azione simbolica
dei Diavolo, Lucifero, che in latino significa «Portatore della Luce».
E, a partire da un determinato periodo, l'aspetto più oscuro dell'anima
russa si manifestò sul piano storico, confermando in certo modo i
timori millenari di differenti popoli rispetto alle terre in cui è
situata la Russia, stavolta la Russia-Edom, la Russia Rossa.
8. Conclusione
Ci resta solo da riassumere le conclusioni derivate
da questo breve studio, dedicato esclusivamente ad un approccio generale
al concetto di «Continente Interiore - Russia Mistica».
1. L'AUTOCOSCIENZA DEI POPOLI E DELLE NAZIONI
TRADIZIONALMENTE INSEDIATI SUL TERRITORIO DELLA RUSSIA È IN INTIMA
RELAZIONE CON LA GEOGRAFIA SACRA SPECIFICA DI QUESTO TERRITORIO.
2. QUESTA SPECIFICITA' SI ESPRIME NEL LINGUAGGIO
SIMBOLICO DEL PIU' ANTICO MITO ARIO, INDOEUROPEO (PIAN PIANO SCIVOLATO
NELLA SFERA DELL'INCONSCIO).
3. NEL COMPLESSO DELLA GEOGRAFIA SACRA LE TERRE DI
RUSSIA OCCUPANO UN LUOGO CENTRALE IN VIRTU’ DELLA ANTICHISSIMA LOGICA
DELLE CORRISPONDENZE ASTRONOMICHE ED ASTROLOGICHE.
4. LA COMPRENSIONE DELL'UNICITA' DELLA RUSSIA DAL
PUNTO DI VISTA DELLA GEOGRAFIA SACRA CHIARISCE IN GRAN MISURA L'ENIGMA
DEI. «PATRIOTTISMO RUSSO».
5. IL «PATRIOTTISMO RUSSO» RIFLETTE UN DESTINO
DI DIMENSIONI COSMICHE E NON PUO’ ESSERE PARAGONATO AL SEMPLICE
NAZIONALISMO DI ALTRI POPOLI. IN ULTIMA ISTANZA, IL PATRIOTTISMO
RUSSO NON E’ UN «NAZIONALISMO».
6. LE STRUTTURE PIU’ ANTICHE DELLA VISIONE
POPOLARE DEL MONDO SI CONSERVANO FINO AD OGGI A LIVELLO DI ARCHETIPI
PSICHICI, PREDETERMINANDO IN GRAN MISURA I FATTI STORICI.
7. LA DIMENSIONE SACRO-GEOGRAFICA DELLA RUSSIA
POSSIEDE DUE ASPETTI OPPOSTI, UGUALI QUANTO ALLA LORO FORZA, MA
CONTRAPPOSTI FRA DI LORO. QUESTA DUALITA' DI SACRO E DI ANTISACRO, DI
BIANCO E DI ROSSO COSTITUISCE IL PARADIGMA DEL DESTINO RUSSO.
Crediamo fermamente che lo studio dei nostro «Continente
dell'Anima» non sia solo cosa da storici o scienziati. Colui che vive
in Russia e sa vedere ciò, vive e vede un Mistero, ereditato dalle
generazioni dei nostri antenati più remoti: quelli che lottarono sotto
gli stendardi di Alessandro Magno, cavalcarono per la steppa con la
cavalleria tartara, adorarono il Figlio di Dio a Bisanzio, accesero il
Fuoco Sacro sugli altari di Ahura-Mazda, ascoltarono gli insegnamenti
dei druidi sotto le querce d’Europa, osservarono rapiti in estasi
spirituale la danza eterna di Shiva-Nataraja, costruirono gli Ziggurat
dell'Assiria, distrussero Cartagine, navigarono per i mari su navi
aventi la prua a forma di collo di cigno, sempre custodendo il ricordo
del CUORE DEL MONDO, del «CUORE D'ORO DELLA RUSSIA» (N.Gumilëv),
della RUSSIA MISTICA.
Ci stiamo avvicinando al momento cruciale per la
sfera spirituale. Le forze mondiali sono in massima tensione e il
destino attuale della nostra Patria in gran misura determinerà i
destini di tutto il pianeta. E per questo è tanto importante
addentrarsi nelle profondità della Santa Russa, arrivare fino
alle sue radici preistoriche, per poter comprendere la sua strana e
triste via crucis e per ottenere nuove forze che aiutino a
resuscitare questo Paese Sacro, questo Continente Russia. insieme col
suo centro segreto coperto di gelo eterno e coi suo Martire coronato,
assassinato due volte, prima dalla nostra crudeltà e poi dal nostro
oblio.
Traduzione di Danilo Valdorio
NOTE
1) Ed. it.: BUR 1986 (N.d.T.).
2) Da qui in avanti l'autore utilizza l'antica denominazione Rus, che
abbiamo preferito tradurre con il termine «Russia» (N.d.T.).
3) G. Georgel, Les Rhythmes dans l'Histoire, Milan 1981. (N.d.T.).
4) L'Autore fa riferimento alla fallita ribellione dei Decabristi del
1825 (N.d.T.)
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