Da:
C. Mutti, Imperium. Epifanie dell'idea di impero, Effepi, Genova 2005
L'ultimo
ricordo che ho di Jean Thiriart è una lettera che mi scrisse alcuni
mesi prima di morire: mi chiedeva di indicargli una località isolata
sugli Appennini, dove potersi accampare un paio di settimane per fare
qualche escursione sui monti. Quasi settantenne, era ancora pieno di
vitalità: non si lanciava più col paracadute, però navigava con la
barca a vela sul Mare del Nord.
Negli
anni Sessanta, in qualità di giovanissimo militante della Giovane
Europa, l'organizzazione da lui diretta, ebbi modo di vederlo diverse
volte. Lo conobbi a Parma, nel 1964, accanto a un monumento che colpì
in maniera particolare la sua sensibilità di "eurafricano":
quello di Vittorio Bottego, l'esploratore del corso del Giuba. Poi lo
incontrai in occasione di alcune riunioni della Giovane Europa e in un
campeggio sulle Alpi. Nel 1967, alla vigilia dell'aggressione sionista
contro l'Egitto e la Siria, fui presente a un'affollata conferenza che
egli tenne in una sala di Bologna, dove spiegò perché l'Europa
doveva schierarsi a fianco del mondo arabo e contro l'entità
sionista. Nel 1968, a Ferrara, partecipai a un convegno di dirigenti
della Giovane Europa, nel corso del quale Thiriart sviluppò a tutto
campo la linea antimperialista: "Qui in Europa, la sola leva
antiamericana è e resterà un nazionalismo europeo 'di sinistra'
(…) Quello che voglio dire è che all'Europa sarà necessario un
nazionalismo di carattere popolare (…) Un nazionalcomunismo europeo
avrebbe sollevato un'ondata enorme di entusiasmo. (…) Guevara ha
detto che sono necessari molti Vietnam; e aveva ragione. Bisogna
trasformare la Palestina in un nuovo Vietnam". Fu l'ultimo suo
discorso che ebbi modo di ascoltare.
Jean-François
Thiriart era nato a Bruxelles il 22 marzo 1922 da una famiglia di
cultura liberale originaria di Liegi. In gioventù militò attivamente
nella Jeune Garde Socialiste Unifiée e nell'Union Socialiste
Anti-Fasciste. Per un certo periodo collaborò col professor Kessamier,
presidente della società filosofica Fichte Bund, una filiazione del
movimento nazionalbolscevico amburghese; poi, assieme ad altri
elementi dell'estrema sinistra favorevoli ad un'alleanza del Belgio
col Reich nazionalsocialista, aderì all'associazione degli Amis du
Grand Reich Allemand. Per questa scelta, nel 1943 fu condannato a
morte dai collaboratori belgi degli Angloamericani: la radio inglese
inserì il suo nome nella lista di proscrizione che venne comunicata
ai résistants con le istruzioni per l'uso. Dopo la
"Liberazione", nei suoi confronti fu applicato un articolo
del Codice Penale belga opportunamente rielaborato a Londra nel 1942
dalle marionette belghe degli Atlantici. Trascorse alcuni anni in
carcere e, quando uscì, il giudice lo privò del diritto di scrivere.
Nel
1960, all'epoca della decolonizzazione del Congo, Thiriart partecipa
alla fondazione del Comité d'Action et de Défense des Belges d'Afrique,
che di lì a poco diventa il Mouvement d'Action Civique. In veste di
rappresentante di questo organismo, il 4 marzo 1962 Thiriart incontra
a Venezia gli esponenti di altri gruppi politici europei; ne esce una
dichiarazione comune, in cui i presenti si impegnano a dar vita a
"un Partito Nazionale Europeo, centrato sull'idea dell'unità
europea, che non accetti la satellizzazione dell'Europa occidentale da
parte degli USA e non rinunci alla riunificazione dei territori
dell'Est, dalla Polonia alla Bulgaria passando per l'Ungheria".
Ma il progetto del Partito europeo abortisce ben presto, a causa delle
tendenze piccolo-nazionaliste dei firmatari italiani e tedeschi del
Manifesto di Venezia.
La
lezione che Thiriart trae da questo fallimento è che il Partito
europeo non può nascere da un'alleanza di gruppi e movimenti
piccolo-nazionali, ma deve essere fin da principio un'organizzazione
unitaria su scala europea. Nasce così, nel gennaio 1963, la Giovane
Europa (Jeune Europe), un movimento fortemente strutturato che ben
presto si impianta in Belgio, Olanda, Francia, Svizzera, Austria,
Germania, Italia, Spagna, Portogallo, Inghilterra. Il programma della
Giovane Europa si trova esposto nel Manifesto alla Nazione Europea,
che esordisce così: "Tra il blocco sovietico e il blocco degli
USA, il nostro compito è di edificare una grande Patria: l'Europa
unita, potente, comunitaria (…) da Brest sino a Bucarest". La
scelta è a favore di un'Europa decisamente unitaria: "Europa
federale o Europa delle Patrie sono delle concezioni che nascondono la
mancanza di sincerità e la senilità di coloro che le difendono (…)
Noi condanniamo i piccoli nazionalismi che mantengono le divisioni tra
i cittadini della NAZIONE EUROPEA". L'Europa deve optare per una
neutralità forte e armata e disporre di una forza atomica propria;
deve "ritirarsi dal circo dell'ONU" e sostenere l'America
Latina, che "lotta per la sua unità e per la sua
indipendenza". Il Manifesto abbozza un'alternativa ai sistemi
sociali vigenti nelle due Europe, proclamando la "superiorità
del lavoratore sul capitalista" e la "superiorità dell'uomo
sul formicaio": "Noi vogliamo una comunità dinamica con la
partecipazione nel lavoro di tutti gli uomini che la compongono".
Alla democrazia parlamentare e alla partitocrazia viene contrapposto
una rappresentanza organica: "un Senato politico, il Senato della
Nazione Europea basato sulle province europee e composto delle più
alte personalità nel campo della scienza, del lavoro, delle arti e
delle lettere; una Camera sindacale che rappresenti gli interessi di
tutti i produttori dell'Europa liberata dalla tirannia finanziaria e
politica straniera". Il Manifesto conclude così: "Noi
rifiutiamo l'Europa teorica. Noi rifiutiamo l'Europa legale. Noi
condanniamo l'Europa di Strasburgo per crimine di tradimento. (…) O
vi sarà una NAZIONE o non vi sarà indipendenza. A questa Europa
legale che rifiutiamo, noi opponiamo l'Europa legittima, l'Europa dei
popoli, la nostra Europa. NOI SIAMO LA NAZIONE EUROPEA".
Accanto
a una scuola per la formazione politica dei militanti (che dal 1966 al
1968 pubblica mensilmente "L'Europe Communautaire"), la
Giovane Europa cerca di dar vita a un Sindacato Comunitario Europeo e,
nel 1967, a un'associazione universitaria, Università Europea, che
sarà attiva particolarmente in Italia. Dal 1963 al 1966 viene
pubblicato un organo di stampa in lingua francese, "Jeune Europe"
(con frequenza prima settimanale, poi quindicinale); tra i giornali in
altre lingue va citato l'italiano "Europa Combattente", che
nel medesimo periodo riesce a raggiungere una frequenza mensile. Dal
1966 al 1968 esce "La Nation Européenne", mentre in Italia
"La Nazione Europea" continuerà ad uscire, a cura
dell'autore di queste righe, anche nel 1969 (un ultimo numero sarà
pubblicato a Napoli nel 1970 da Pino Balzano).
"La
Nation Européenne", mensile di grande formato che in certi
numeri raggiunge la cinquantina di pagine, oltre ai redattori
militanti annovera collaboratori di un certo rilievo culturale e
politico: il politologo Christian Perroux, il saggista algerino Malek
Bennabi, il deputato delle Alpi Marittime Francis Palmero,
l'ambasciatore siriano Selim el-Yafi, l'ambasciatore iracheno Nather
el-Omari, , i dirigenti del FLN algerino Chérif Belkacem, Si Larbi e
Djamil Mendimred, il presidente dell'OLP Ahmed Choukeiri, il capo
della missione vietcong ad Algeri Tran Hoai Nam, il capo delle Pantere
Nere Stokeley Carmichael, , il fondatore dei Centri d'Azione Agraria
principe Sforza Ruspali, i letterati Pierre Gripari e Anne-Marie
Cabrini. Tra i corrispondenti permanenti, il professor Souad
el-Charkawi (al Cairo) e Gilles Munier (ad Algeri).
Sul
numero di febbraio del 1969 appare una lunga intervista rilasciata a
Jean Thiriart dal generale Peròn, il quale dichiara di leggere
regolarmente "La Nation Européenne" e di condividerne
totalmente le idee. Dal suo esilio madrileno, l'ex presidente
argentino riconosce in Castro e in Guevara i continuatori della lotta
per l'indipendenza latinoamericana intrapresa a suo tempo dal
movimento giustizialista: "Castro - dice Peròn - è un promotore
della liberazione. Egli si è dovuto appoggiare ad un imperialismo
perché la vicinanza dell'altro imperialismo minacciava di
schiacciarlo. Ma l'obiettivo dei Cubani è la liberazione dei popoli
dell'America Latina. Essi non hanno altra intenzione se non quella di
costituire una testa di ponte per la liberazione dei paesi
continentali. Che Guevara è un simbolo di questa liberazione. Egli è
stato grande perché ha servito una grande causa, finché ha finito
per incarnarla. È l'uomo di un ideale".
Per
quanto riguarda la liberazione dell'Europa, Thiriart pensa a
costituire delle Brigate Rivoluzionarie Europee che intraprendano la
lotta armata contro l'occupante statunitense. Già nel 1966 egli ha
avuto un colloquio col ministro degli Esteri cinese Chu En-lai, a
Bucarest, e gli ha chiesto di appoggiare la costituzione di un
apparato politico-militare europeo che combatta contro il nemico
comune (1). Nel 1967 l'attenzione di Thiriart si dirige sull'Algeria:
"Si può, si deve prendere in considerazione un'azione parallela
e auspicare la formazione militare, in Algeria, fin da ora, di una
sorta di Reichswehr rivoluzionaria europea. Gli attuali governi di
Belgio, Paesi Bassi, Inghilterra, Germania, Italia sono in diversa
misura i satelliti, i valletti di Washington; perciò noi
nazionaleuropei, noi rivoluzionari europei, dobbiamo andare a formare
in Africa i quadri di una futura forza politico-militare che, dopo
aver servito nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente, un giorno potrà
battersi in Europa per farla finita coi Kollabos di Washington.
Delenda est Carthago" (2). Nell'autunno del 1967 Gérard Bordes,
direttore de "La Nation Européenne", si reca in Algeria,
dove entra in contatto con la Segreteria Esecutiva del FLN e col
Consiglio della Rivoluzione. Nell'aprile del 1968 Bordes ritorna ad
Algeri con un Mémorandum à l'intention du gouvernement de la République
Algérienne firmato da lui stesso e da Thiriart, nel quale sono
contenute le proposte seguenti: "Contributo europeo alla
formazione di specialisti in vista della lotta contro Israele;
preparazione tecnica della futura azione diretta contro gli Americani
in Europa; creazione di un servizio d'informazioni antiamericano e
antisionista in vista di un'utilizzazione simultanea nei paesi arabi e
in Europa".
Siccome
i contatti con l'Algeria non hanno nessun seguito, Thiriart si rivolge
ai paesi arabi del Vicino Oriente. D'altronde, il 3 giugno 1968 un
militante di Jeune Europe, Roger Coudroy, è caduto con le armi in
pugno sotto il fuoco sionista, mentre con un gruppo di al-Fatah
cercava di penetrare nella Palestina occupata.
Nell'autunno
del 1968 Thiriart viene invitato dai governi di Bagdad e del Cairo,
nonché dal Partito Ba'ath, a recarsi nel Vicino Oriente. In Egitto
assiste ai lavori d'apertura del congresso dell'Unione Socialista
Araba, il partito egiziano di governo; viene ricevuto da alcuni
ministri e ha modo di incontrare lo stesso Presidente Nasser. In Iraq
incontra diverse personalità politiche, tra cui alcuni dirigenti
dell'OLP, e rilascia interviste a organi di stampa e radiotelevisivi.
Ma lo scopo principale del viaggio di Thiriart consiste
nell'instaurare una collaborazione che dia luogo alla creazione delle
Brigate Europee, le quali dovrebbero partecipare alla lotta per la
liberazione della Palestina e diventare così il nucleo di un'Armata
di Liberazione Europea. Davanti al rifiuto del governo iracheno,
determinato da pressioni sovietiche, questo scopo fallisce.
Scoraggiato da questo fallimento e ormai privo di mezzi economici
sufficienti a sostenere una lotta politica di un certo livello,
Thiriart decide di ritirarsi dalla politica militante.
Dal
1969 al 1981, Thiriart si dedica esclusivamente all'attività
professionale e sindacale nel settore dell'optometria, nel quale
ricopre importanti funzioni: è presidente della Société d'Optométrie
d'Europe, dell'Union Nationale des Optométristes et Opticiens de
Belgique, del Centre d'Études des Sciences Optiques Appliquées ed è
consigliere di varie commissioni della CEE. Ciononostante, nel 1975
rilascia una lunga intervista a Michel Schneider per "Les Cahiers
du Centre de Documentation Politique Universitaire" di
Aix-en-Provence ed assiste Yannick Sauveur nella compilazione di una
tesi universitaria intitolata Jean Thiriart et le
national-communautarisme européen (Università di Parigi, 1978).
Quella di Sauveur è la seconda ricerca universitaria dedicata
all'attività politica di Thiriart, poiché sei anni prima era stata
presentata all'Università Libera di Bruxelles una tesi di Jean Beelen
su Le Mouvement d'Action Civique.
Nel
1981, un attentato di teppisti sionisti contro il suo ufficio di
Bruxelles induce Thiriart a riprendere l'attività politica.
Riallaccia i contatti con un ex redattore della "Nation Européenne",
lo storico spagnolo Bernardo Gil Mugarza (3), il quale, nel corso di
una lunga intervista (centootto domande), gli dà modo di aggiornare e
di approfondire il suo pensiero politico. Prende forma in tal modo un
libro che Thiriart conta di pubblicare in spagnolo e in tedesco, ma
che è rimasto finora inedito.
All'inizio
degli anni Ottanta, Thiriart lavora a un libro che non ha mai visto la
luce: L'Empire euro-soviétique de Vladivostok à Dublin. Il piano
dell'opera prevede quindici capitoli, ciascuno dei quali si articola
in numerosi paragrafi. Come appare evidente dal titolo di quest'opera,
la posizione di Thiriart nei confronti dell'Unione Sovietica è
notevolmente cambiata. Abbandonata la vecchia parola d'ordine "Né
Mosca né Washington", Thiriart assume ora una posizione che
potrebbe essere riassunta così: "Con Mosca contro
Washington". Già tredici anni prima, d'altronde, in un articolo
intitolato Prague, l'URSS et l'Europe ("La Nation Européenne",
n. 29, novembre 1968), denunciando gli intrighi sionisti nella
cosiddetta "primavera di Praga", Thiriart aveva espresso una
certa soddisfazione per l'intervento sovietico e aveva cominciato a
delineare una "strategia dell'attenzione" nei confronti
dell'URSS. "Un'Europa occidentale NON AMERICANA - aveva scritto -
permetterebbe all'Unione Sovietica di svolgere un ruolo quasi
antagonista degli USA. Un'Europa occidentale alleata, o un'Europa
occidentale AGGREGATA all'URSS sarebbe la fine dell'imperialismo
americano (…) Se i Russi vogliono staccare gli Europei dall'America
- e a lungo termine essi devono necessariamente lavorare per questo
scopo - bisogna che ci offrano, in cambio della SCHIAVITU' DORATA
americana, la possibilità di costruire un'entità politica europea.
Se la temono, il modo migliore di scongiurarla consiste nell'integrarvisi".
A
Mosca, Thiriart ci va nell'agosto 1992 assieme a Michel Schneider,
direttore della rivista "Nationalisme et République". A
fare gli onori di casa è Aleksandr Dugin, il quale nel marzo dello
stesso anno ha accolto Alain de Benoist e Robert Steuckers e in giugno
ha intervistato alla TV di Mosca l'autore di queste righe, dopo averlo
presentato agli esponenti dell'opposizione "rosso-bruna".
L'attività di Thiriart a Mosca, dove si trovano anche Carlo
Terracciano e Marco Battarra, delegati del Fronte Europeo di
Liberazione, è intensissima. Tiene conferenze stampa; rilascia
interviste; partecipa a una tavola rotonda con Prokhanov, Ligacev,
Dugin e Sultanov nella redazione del giornale "Den'", che
pubblicherà sul n. 34 (62) un testo di Thiriart intitolato L'Europa
fino a Vladivostok; ha un incontro con Gennadij Zjuganov; si
intrattiene con altri esponenti dell'opposizione
"rosso-bruna", tra cui Nikolaj Pavlov e Sergej Baburin;
discute con il filosofo e dirigente del Partito della Rinascita
Islamica Gejdar Dzemal; partecipa a una manifestazione di studenti
arabi per le vie di Mosca.
Il
23 novembre, tre mesi dopo il suo rientro in Belgio, Thiriart è
stroncato da una crisi cardiaca.
Apparso
nel 1964 in lingua francese, nel giro di due anni Un Empire de 400
millions d'hommes: l'Europe vide la luce in altre sei lingue europee.
La traduzione italiana venne eseguita da Massimo Costanzo, (all'epoca
redattore di "Europa Combattente", organo italofono della
Giovane Europa), il quale presentò l'opera con queste parole:
"Il libro di Jean Thiriart è destinato a suscitare, per la sua
profondità e per la sua chiarezza, un forte interesse. Ma da dove
deriva questa chiarezza? Da un fatto molto semplice: l'autore ha usato
un linguaggio essenzialmente politico, lontano dai fumi dell'ideologia
e dalle costruzioni astratte o pseudometafisiche. Dopo una lettura
attenta, nel libro si possono anche trovare impostazioni ideologiche,
ma queste traspaiono dalle tesi politiche e non il contrario, come
fino ad oggi è avvenuto nel campo nazionaleuropeo". Nonostante
le riserve che alcune "impostazioni ideologiche" dell'Autore
(eurocentrismo, razionalismo, giacobinismo ecc.) potranno suscitare,
il lettore di questa seconda edizione italiana probabilmente concorderà
con quanto scriveva Massimo Costanzo quarant'anni or sono; anzi, si
renderà conto che questo libro, senza dubbio il più famoso dei testi
redatti da Thiriart (4), è un libro preveggente ed attuale, per
quanto inevitabilmente risenta della situazione storica in cui venne
concepito. Preveggente, perché anticipa il crollo del sistema
sovietico, e questo una decina d'anni prima
dell'"eurocomunismo"; attuale, perché la descrizione
dell'egemonia statunitense in Europa è ancor oggi un dato reale;
anzi, l'analisi thiriartiana dell'imperialismo si avvale della lettura
di un autore come James Burnham, che già negli anni Sessanta
candidava gli USA al dominio mondiale assoluto.
Nella
mia biblioteca conservo un esemplare della prima edizione di questo
libro ("édité à Bruxelles, par Jean Thiriart, en Mai
1964"). La dedica che l'Autore vi scrisse di suo pugno contiene
un'esortazione di cui vorrei si appropriassero i lettori delle nuove
generazioni, questa: "Votre jeunesse est belle. Elle a devant
elle un Empire à bâtir". Diversamente da Luttwak e da Toni
Negri, Thiriart sapeva bene che l'Impero è l'esatto contrario
dell'imperialismo e che gli Stati Uniti non sono Roma, bensì
Cartagine.
Claudio
Mutti (edizioni all'insegna del veltro)
(1)
Nel 1985 Thiriart rievocò l'episodio nei termini seguenti. "Nella
sua fase iniziale, il mio incontro con Chou En-lai non fu che uno
scambio di aneddoti e ricordi. Chou En-lai si interessò ai miei studi
sulla scrittura cinese ed io al suo soggiorno in Francia che per lui
rappresentava un gradevole ricordo giovanile. La conversazione si
orientò poi sul tema degli eserciti popolari - tema caro tanto a lui
quanto a me. Le cose si guastarono quando progressivamente si arrivò
al concreto. Dovetti subire allora un vero e proprio corso di catechismo
marxista-leninista. Chou stese poi l'inventario dei vari errori psicologici
commessi dall'Unione Sovietica. E la lezione si spostò sulle nozioni
di 'alleanza gerarchica' e 'alleanza egualitaria'. Per distendere
l'ambiente, affrontai il tema dei disordini che avevo organizzato
a Vienna nel 1961, durante l'incontro Krusciov-Kennedy. Ma il tentativo
di fargli accettare il concetto della lotta globale quadricontinentale
di tutte le forze anti-americane nel mondo, quali che siano i loro
orientamenti ideologici, fallì. Attirai a tal scopo la sua attenzione
sul fatto che era anche l'opinione del generale Peròn, un amico di
lunga data. Si inalberò un po' quando gli feci notare che in Argentina
Peròn - sul piano psicologico - era una forza incommensurabilmente
più forte che il comunismo. Io sono un uomo pragmatico. Gli domandai
dunque dei mezzi - del denaro per sviluppare la nostra stampa ed un
santuario per la nostra organizzazione - per la preparazione e la
strutturazione di un apparato politico-militare rivoluzionario europeo.
Mi rinviò ai suoi servizi. Il solo risultato fu, alla fine dell'incontro,
un eccellente pranzo, consumato in un clima molto disteso. Ricomparvero
allora gli ufficiali rumeni, che non avevano assistito agli incontri
politici. In seguito, non riuscii ad ottenere nulla dai servizi cinesi,
la cui incomprensione dell'Europa era totale sia sul piano psicologico
che su quello politico" (Da Jeune Europe alle Brigate Rosse.
Antiamericanismo e logica dell'impegno rivoluzionario, Società Editrice
Barbarossa, Milano 1992, pp. 24-25).
(2)
J. Thiriart, USA: un empire de mercantis, "La Nation Européenne",
21, ottobre 1967, p. 7.
(3)
Autore di España en llamas 1936, Acervo, Barcelona 1968.
(4)
Oltre a questo libro, Thiriart pubblicò anche La Grande Nation. 65
thèses sur l'Europe, Bruxelles 1965 (ed. it. La Grande Nazione. 65
tesi sull'Europa, Milano s. d.; 2° ed. italiana Società Editrice Barbarossa,
Milano 1993; ed. tedesca Das Vierte Reich: Europa, Bruxelles 1966).
Nel 1967 Thiriart progettò un libro intitolato Libération et unification
de l'Europe. L'incarico di redigere gli ottocento paragrafi di questa
opera venne assegnato a un collettivo composto di redattori della
"Nation Européenne".