la
Controvoce
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FRONTE PATRIOTTICO COMUNITA' |
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Alexander Dugin IL PARADIGMA DELLA FINE Il vero Marxismo La
dottrina di Marx è stata talmente popolare nel XX secolo, che è
realmente arduo parlarne – specie in Russia, dove il Marxismo è stato
proclamato per molti decenni ideologia ufficiale. La questione si
presenta allo stesso modo, morboso e saturo di allusioni e connotazioni,
anche per gli intellettuali occidentali, per i quali dispute e dibattiti
su Marx furono il tema centrale del discorso filosofico e “culturologico”.
Nessuno ha tanto influenzato la storia moderna quanto Marx – è
difficile menzionare un pensatore a lui comparabile per fama, popolarità
e livello di circolazione editoriale. Ma
l’eccessivo sfruttamento del Marxismo ha condotto, ad un certo
momento, al risultato contrario – le sue idee, le sue dottrine
apparvero a tal punto universali che da qual punto in avanti si smise di
comprenderle, si tramutò il Marxismo in un “dogma”, in un gadget,
in un oscuro cliché, da usare
ed interpretare in modo assolutamente arbitrario. I Marxisti Ortodossi
bloccarono la riflessione in quella sfera, canonizzarono i punti di
vista di Marx persino in quelle sfere dove essi erano stati palesemente
contraddetti dal corso stesso della Storia (economica come politica).
Eretici e revisionisti ampliarono eccessivamente il contesto del
Marxismo, includendovi idee e teorie che, rigorosamente parlando, non
hanno relazione con esso. In breve tempo arrivammo alla paradossale
situazione per cui il pensatore più popolare e famoso era divenuto
inintelligibile alla maggior parte delle persone. Alla fin fine, il nodo
gordiano del Marxismo fu troncato tout
court con il dichiarare filosofia ed economia politica Marxista una
“delusione, e con il conseguente, universale abbandono
dell’ideologia. L’eccesso
di lodi e dogmatismo si trasformò analogamente in eccesso di
sovvertimento e relativizzazione. Con la stessa rapidità, quell’imponente
edificio del Marxismo, cui tutti avevano guardato, fu improvvisamente
liquidato in ogni sua parte. E i più zelanti liquidatori furono le
forze responsabili della creazione del culto alienante e dogmatico di
Marx. In ogni caso, al giorno d’oggi le idee di Marx non hanno
praticamente sostenitori, ma non per questo esse sono meno profonde e
sorprendentemente esatte nel chiarire determinate questioni. Sta
realizzandosi una situazione in cui il Marxismo, avendo a poco a poco
perduto la totalità dei suoi seguaci, può essere applicato da forze
totalmente differenti, che si erano tenute a distanza dal Marxismo al
tempo in cui dominava la mischia intellettuale e politica attorno al
nome e alle idee di Marx. Questa
distanza, questo disimpegno da questo o quello schieramento Marxista
nella precedente fase della storia intellettuale, consentono di
riscoprire Marx, di leggere il suo messaggio in maniera prima
impossibile. E’ assolutamente ovvio, che la gran parte delle opinioni
culturali e storiche di Marx è irrimediabilmente obsoleta, e che vari
aspetti della sua dottrina dovrebbero essere respinti in quanto
inadeguati. Tuttavia, è più importante considerare con imparzialità
quegli aspetti della sua dottrina che, viceversa, hanno serbato intatta
la loro attualità, e che possono esserci di aiuto nel comprendere gli
aspetti principali del paradigma storico nella sua chiave economica,
sociale e politica. E in questo nessuno può essere paragonato a Marx.
E’ precisamente lui ad aver formulato il paradigma riduzionista più
capace della storia, in grado di spiegarne il processo essenziale e gli
orientamenti con sorprendente affidabilità, evidenza e persuasività.
Pertanto, non è fuori luogo ricordare i princìpi Marxisti di
comprensione della formula storica. L’approccio marxiano alla storia
è dialettico, presupponendo lo sviluppo dinamico delle correlazioni fra
i principali soggetti del divenire storico. Insieme a questo, il
fondamentale dualismo di quei soggetti è visibile attraverso la sua
teoria, ne predetermina le dialettiche, costituisce il suo contenuto e
la base etica del suo svolgersi. Questi
due soggetti furono definiti da Marx come Lavoro e Capitale. Marx
considerò il Lavoro come l’impulso creativo costruttivo, come
l’asse centrale della vita e del movimento, come un principio
positivo, solare. Impiegando espressioni darwiniane immaginifiche, il
Marxismo afferma che “il Lavoro creò l’Uomo dalla scimmia”. Il
punto è che l’elemento creativo è quello stesso vettore di esistenza
che trasforma il processo dallo stato orizzontale, interno, a quello
verticale, volizionale. Il
Lavoro, secondo Marx, è un principio positivo, luminoso. Estraneo
all’etica della Bibbia, dove il lavoro rappresenta il risultato della
Caduta e di una sorta di dannazione di Adamo per aver violato i
comandamenti divini (una simile attitudine nei confronti del Lavoro è
caratteristica anche di altre tradizioni religiose), Marx senza dubbio
proclamò il carattere sacro, integralmente positivo del Lavoro, la sua
natura primaria, il suo carattere di valore in sé, autosufficiente. Ma
nel suo stato primordiale il Lavoro, in quanto impulso primario allo
sviluppo e punto di partenza della Storia (al pari dell’Idea Assoluta
di Hegel) non realizza ancora se stesso, non riesce a conseguire la
completezza della sua inerente natura luminosa. Per
raggiungere ciò, è necessario il lungo e complesso processo di
movimento attraverso i labirinti della dialettica storica. Solo dopo
prove tremende e terribili fatiche, il Lavoro sarà in grado di
pervenire al suo stato trionfante, vittorioso nel corso di una serie di
autonegazioni dialettiche, divenendo completamente cosciente, felice e
libero. Secondo Marx, la storia intera è racchiusa nell’intervallo fa
il “comunismo delle caverne” – lo stato primordiale, nel quale il
Lavoro era libero, ma irrealizzato e non universale – e il comunismo
puro e semplice, quando esso fa ritorno al suo carattere luminoso,
autosufficiente, avendo percorso il labirinto dell’alienazione ma
essendo infine giunto alla sua estensione totale, universale e
pienamente realizzata. L’uomo divenne uomo dopo essersi calato
nell’elemento del Lavoro. Ma diviene uomo completo solo dopo che sia
capace di realizzare il valore assoluto di quell’elemento, liberandolo
da tutte le impurità del principio negativo – ossia nell’epoca del
comunismo. Qual
è dunque, secondo il Marxismo, il polo negativo? Che cosa si oppone
alla natura luminosa del Lavoro? Marx
lo chiama “sfruttamento”, e istintivamente svela la forma suprema e
perfetta di tale sfruttamento nel Capitale. Capitale è per il Marxismo
il nome del male del mondo, del principio oscuro, del polo negativo
della storia. Fra il “comunismo delle caverne” dell’uomo al suo
primo apparire, e il comunismo finale, sta il lungo periodo dello
“sfruttamento”, dell’alienazione del Lavoro dalla sua propria
essenza, delle prove e privazioni del sole attraverso i labirinti
dell’oscurità. E’ questa, in senso proprio, la sostanza della
storia. Il
Capitale non compare improvvisamente, esso si palesa gradualmente via
via che gli strumenti ed i meccanismi dello sfruttamento dell'elemento
luminoso del Lavoro da parte della forze oscure degli usurpatori si
perfezionano. Lo sviluppo del Lavoro contribuisce allo sviluppo dei
modelli di sfruttamento. La
complicata dialettica delle forze produttive e della costante dinamica
dei rapporti di produzione conduce entrambi i poli della storia
economica lungo la spirale dello sviluppo. Gli scopi opposti, gli scopi
ed i vettori di attività dei lavoratori e degli sfruttatori promuovono
oggettivamente lo sviluppo di un unico processo, politico ed economico.
I rapporti di produzione sono il modello dell'interazione fra quella
struttura di base sottomessa ed il principio dello sfruttatore.
L'elemento del Lavoro è l'elemento dell'abbondanza. Il Lavoro produce
sempre qualcosa di più rispetto a quanto sia necessario per soddisfare
le necessità vitali dei lavoratori stessi. In questo fatto sta
l'essenza del suo principio positivo, creativo, luminoso, solare. Il
lavoro produce un plus. Questo
plus, questo surplus viene
sottratto dal polo oscuro, il parassita della storia. Lungo l'intero
corso della storia economica, i rapporti di produzione sono ridotti
all'espropriazione di qualche sostanza dagli agenti del plus da parte
degli agenti del minus. Ma sin dai primi stadi della storia umana è
possibile svelare alcuni caratteri specifici delle due entità,
caratteri che verranno a scontrarsi con tutta la loro potenza solo alla
fine della storia stessa. Il
lavoratore primordiale è il germe del proletariato industriale. L'élite
tribale è il germe del Capitale. Con il trascorrere dei millenni della
storia umana, i due soggetti del dramma mondiale pervengono al loro
stato di massima purezza, di piena realizzazione, nel quale si
riassumono tutti gli stati precedenti. Dal sistema della proprietà
schiavista, poi attraverso i rapporti feudali, si viene formando il
capitalismo, lo stadio più importante, ed in molti aspetti
escatologico, della dottrina Marxista. Qui tutta la complessità del
quadro sociale è ridotta ad un dualismo di chiarezza assoluta - il
proletariato, in quanto classe, è l'incarnazione del risultato dello
sviluppo economico e storico dell'elemento Lavoro, e la borghesia
concentra in sé il polo assoluto, più perfetto, completo e cosciente
del puro sfruttamento. Il polo luminoso conclude la sua tragica
traversata lungo i labirinti dell'alienazione, il polo oscuro si
avvicina alla sua completa vittoria. Il Proletariato e il Capitale. Il
Puro Lavoro, ossia il proletariato che non ha proprietà ("tranne
le proprie catene") - il Puro Capitale, trasformatosi da ciò che
è posseduto a ciò che possiede, nell'elemento della Pura Alienazione,
dello Sfruttamento Assoluto. Marx riduce tutti i restanti problemi -
storici, filosofici, culturali, sociali, scientifici e tecnici - a
questo schema politico ed economico, considerandoli come derivati e
secondari rispetto al paradigma fondamentale. Inoltre,
Marx afferma che la seconda rivoluzione industriale, con la quale il
capitalismo perviene al suo apice, è il punto di svolta della storia
mondiale. Da quel momento in avanti, ambedue i soggetti storici - Lavoro
e Capitale - vengono ad essere non più i semplici burattini della
logica storica obiettiva, ma i suoi soggetti coscienti ed autonomi,
capaci non soltanto di piegarsi alla necessità, ma anche di guidare i
più importanti processi storici, di provocare, progettare, affermare il
proprio volere autonomo. Non si tratta di un individuo o di un gruppo,
ma di un soggetto di classe. Il proletariato, divenuto classe, assume la
personalità storica del Lavoro, l'erede del plus in tutti i suoi stadi
di sviluppo. Il Capitale incarna il mondo del minus, della sottrazione,
dell'alienazione, ma soltanto nel suo stato assoluto, libero,
volizionale, personale. Di conseguenza è capace di progettare la
storia, di guidarla. A questo stadio, Lavoro e Capitale accedono al
livello di idea o ideologia, esistono da qui in avanti non solo nella
sostanza oggettiva della realtà, ma anche nello spazio ideologico del
pensiero. L'ingresso
di queste due personalità nella sfera del pensiero rivela pienamente il
dualismo essenziale anche di questa sfera - esiste il pensiero del
Lavoro ed il pensiero del Capitale, esiste l'ideologia del plus e quella
del minus. Entrambe queste ideologie ricevono il massimo possibile di
indipendenza e libertà, e l'intera sfera della coscienza si trasforma
da sfera della riflessione a sfera della creatività e della
progettualità. L'ideologia del Lavoro (la filosofia proletaria)
conserva anche qui il suo carattere creativo: essa crea il progetto.
L'ideologia del Capitale (filosofia borghese) resta essenzialmente
negativa - essa usurpa e ri-produce il vuoto, concettualizza
l'immobilismo, congela la vita, postula il momento presente e nega il
fine. La
formula suprema e perfetta del Capitale è, secondo Marx, l'economia
politica liberale inglese - specie il "libero scambio" ed il
"mercato universale" di Adam Smith e dei suoi seguaci. Ma al
di là di questa forma più evidente, esiste la varietà delle più
sottili, complicate, complesse costruzioni ideologiche che celano il
letale, parassitico respiro del Capitale. La filosofia borghese diviene
da qui in avanti la più efficace arma dello sfruttamento, la sua forma
superiore. Ma,
a controbilanciarla, viene formandosi il corpo dottrinario della classe
lavoratrice stessa, i contorni principali dell'ideologia comunista si
fanno sempre più chiari. Marx considerò la sua stessa opera
precisamente in questo contesto. Presentiva che le sue idee avrebbero
formato la "filosofia proletaria", che sarebbero divenute il
più importante strumento del Lavoro nel corso della sua escatologica
battaglia finale contro l’avversario primordiale. Marx
proclamò una sorta di "Vangelo del Lavoro". Affermò che il
Lavoro, giunto al punto di svolta della sua storia politica ed
economica, divenuto il Puro Lavoro, avrebbe dovuto temporaneamente
realizzare se stesso e la sua storia, iniziare a svolgere la funzione di
uno solo dei due poli teleologici della storia, svelare il meccanismo
dell'inganno e dell'alienazione alla base di ogni sfruttamento,
smascherare la funzione negativa, vampiresca, di minus, del Capitale
(con la spiegazione della produzione di plusvalore e della logica
dell'espropriazione) e condurre a termine Dopo
la breve fase caratterizzata da una formazione transitoria (socialismo),
sarebbe sorto il "Paradiso in Terra", il Lavoro si sarebbe
completamente liberato del principio oscuro. Ecco delineata l'essenza
del modello politico ed economico Marxista. Un modello - occorre
ammetterlo - talmente persuasivo e solido, che non sorprende che le idee
di Marx abbiano attratto una così grande massa di persone del ventesimo
secolo, divenendo una sorta di religione, nel cui nome sacrifici senza
precedenti sono stati compiuti. In
che modo lo scenario di Marx si è realizzato nella pratica? Cosa vi era
in esso di inesatto, che cosa è stato smentito? Come va considerato il
contenuto della storia politica ed economica del nostro secolo, se
vogliamo restare nell'ambito della filosofia Marxista della storia,
quale l'abbiamo tratteggiata in precedenza? Alla
soglia del terzo millennio, possiamo affermarlo, il Capitale ha
sconfitto il Lavoro, si è dimostrato capace di sottrarsi alla
Rivoluzione imminente, dissolvere la compiuta manifestazione storica del
Lavoro quale soggetto rivoluzionario, sventare il pericolo del
concentrarsi della filosofia proletaria in una concezione del mondo
unitariamente e compiutamente strutturata. E tuttavia il Lavoro,
ispirandosi a Marx, ha tentato di ingaggiare "l'ultima e decisiva
battaglia" con il suo primordiale nemico. Il Lavoro è stato
sconfitto, ma il fatto della grande battaglia non può essere negato.
Questa battaglia costituisce niente meno che il contenuto principale
della storia politica e sociale del ventesimo secolo. Tutto è avvenuto
secondo la previsione di Marx, eccetto l'esito diverso, e sfavorevole.
Il male del mondo ha vinto. Il minus si è rivelato più forte e più
scaltro del plus. Il Capitale, assunta la forma di soggetto, ha
dimostrato la sua superiorità rispetto al Lavoro, anch'esso fattosi
soggetto. Come
si sono svolte le cose nella vita reale? La
prima non corrispondenza rispetto all’ortodossia marxista si è
verificata al momento della rivoluzione socialista del Grande Ottobre.
Questo evento è divenuto il punto chiave della storia post-Marxista. Da
un lato, la sollevazione dei marxisti-bolscevichi ha dimostrato che le
idee di Marx sono vere e confermate dalla pratica concreta. Il partito
dei lavoratori, proletario, comunista, è stato capace di realizzare Marx
supponeva che il compiuto costituirsi del proletariato in classe e la
sua formazione quale partito rivoluzionario sarebbero avvenuti nel Paese
più sviluppato dell'Occidente industriale, vale a dire precisamente là
dove il meccanismo borghese aveva raggiunto il suo più perfetto stadio
di sviluppo, e il proletariato industriale rappresentava la dominante
sociale di tutte le forze produttive. Marx pensava che la rivoluzione
proletaria avrebbe immediatamente provocato una reazione a catena in
altri stati e società. Marx era certo del fatto che in altri luoghi,
spaziali e temporali, non si sarebbero potute avere rivoluzioni
socialiste, in quanto entrambi i soggetti storici - Lavoro e Capitale -
non avevano ancora raggiunto quello stadio nel quale è possibile la
piena e adeguata transizione del materiale nell'ideale, del soggettivo
nel cosciente, della fase estrema di quello sviluppo fondamentale nella
forma adeguata di sovrastruttura. L'esperienza russa dimostrò che la
rivoluzione socialista era possibile ed ebbe successo in un Paese a
capitalismo arretrato, molto prima del conseguimento su vasta scala
della seconda fase della rivoluzione industriale, in un Paese con una
quota di proletariato industriale insignificante; e dopo la vittoria dei
Bolscevichi, il processo rivoluzionario non si estese affatto
all'Europa, ma rimase entro i confini dell'ex Impero Russo. Il Lavoro si
era costituito in partito politico ed aveva sconfitto il Capitale in
condizioni totalmente diverse da quelle previste da Marx. In
altri termini, l'evento storico della Rivoluzione in Russia ha corretto
la teoria del suo padre spirituale. Il senso di questa correzione
storica viene colto al meglio nella ricerca sul fenomeno del
nazional-bolscevismo, analizzato in dettaglio da Mikhail Agursky. La
rivoluzione proletaria in Russia ha dimostrato che la vittoria del
Lavoro sul Capitale è possibile e reale solo a condizione che, al
compimento di questa azione politica ed economica, dell’aggiungersi di
altri elementi, prendano parte elementi di dimensioni differenti -
nazional-messianismo (profondamente sviluppato fra gli Ebrei russi e
dell'Europa orientale), tendenze chiliastiche, mistiche, settarie (sia
del popolo comune, sia degli intellettuali), lo stile cospirativo,
Blanquista, tipico di un Ordine, del partito rivoluzionario (Leninismo,
più tardi Stalinismo). Fra parentesi, un analogo insieme di fattori,
sebbene meno radicale, assicurò la vittoria di altre forze
anticapitalistiche, che furono capaci di realizzare rivoluzioni
semi-socialiste - il Fascismo italiano e il Nazionalsocialismo tedesco. In
altre parole, il Marxismo ha mostrato di essere storicamente praticabile
solo nella sua versione eterodossa, nazional-bolscevica, alquanto
differente dalla concezione rigorosa dello stesso Marx. Esso si è
inverato solo in combinazione con altri fattori - più specificamente,
quando la dottrina politico-economica di Marx si è combinata con
tendenze culturali e religiose molto dissimili rispetto al discorso
culturale e storico dell’autore del “Capitale”. In
contrasto con la vittoriosa realizzazione storica del Marxismo
nell'operato dei nazional-bolscevichi, nello stesso Occidente borghese
la transizione al socialismo non ha avuto luogo nel momento culminante
dello sviluppo capitalistico, ossia alla soglia della terza rivoluzione
industriale (e ciò si è avuto negli anni '60 e '70 del ventesimo
secolo). Mentre la versione eterodossa del Marxismo si è rivelata
praticabile, la versione ortodossa è stata rigettata dalla storia. Il
capitalismo, nella sua forma più sviluppata, è stato in grado di
superare la fase di sviluppo per sé più pericolosa, di domare la
minaccia della ribellione proletaria e di procedere verso un livello di
esistenza persino più perfezionato - mentre l'altro soggetto
antagonista, il proletariato, in quanto classe e in quanto partito
escatologico rivoluzionario del Lavoro, è stato abolito, disperso,
volatilizzato nel complesso sistema senza alternative della Società
dello Spettacolo (Guy Débord). In altri termini, la società
post-industriale, fattasi realtà, ha dimostrato definitivamente che le
profezie di Marx - intese nel loro senso letterale - non si sono
avverate. Questa, per inciso, è la ragione della profonda crisi del
Marxismo europeo contemporaneo. Ma
oggi conosciamo anche della triste fine dello Stato socialista,
autoliquidatosi per effetto di processi esclusivamente interni, che
hanno portato il sistema del nazional-bolscevismo alla soglia fatale
della perestrojka borghese. E 40 anni prima sono crollati anche gli
altri sistemi non capitalisti d'Europa - l'Italia fascista e Questa
vittoria del Capitale sul Lavoro mostra inoltre l’alto grado di
consapevolezza di quel polo storico, che ha saputo, costantemente e
coerentemente nel tempo, mantenersi aderente al suo obiettivo primario e
che è pronto a trarre insegnamenti dai modelli concettuali e dalla
prassi del nemico - studiandone ed ammettendone nella pratica modelli e
paradigmi, rivelati dal genio rivoluzionario, a fine di prevenzione. Dopo
Marx, il campo del Lavoro a livello politico ed economico globale si è
diviso in tre fronti minori, disarmonici ed in conflitto reciproco -
socialismo Sovietico (nazional-bolscevismo), socialdemocrazia
occidentale e (con alcune riserve) fascismo. Il campo del Capitale è
rimasto essenzialmente indiviso ed ha sapientemente sfruttato le
contraddizioni fra le ideologie del Lavoro. Così,
invece di un partito rivoluzionario proletario comunista unito, in un
momento cruciale della storia dell'Occidente borghese, si sono venute a
formare: in primo luogo, organizzazioni bolsceviche pro-Sovietiche
improntate al radicalismo, sotto il controllo del Komintern (ma
geopoliticamente legate a Mosca, capitale della Terza Internazionale, e
disposte ad eseguirne il volere); in secondo luogo, i partiti
socialdemocratici autoctoni, in lotta con le forze pro-Moscovite per
l'egemonia nei circoli proletari; in terzo luogo, i movimenti
nazional-socialisti, che hanno applicato l'esperienza
nazional-bolscevica di Mosca (ma in una variante molto meno rigorosa) al
loro proprio contesto nazionale. La
strategia del Capitale è consistita nell'opporre in tutti i modi
l’una all’altra le tre tendenze in cui si sono espresse
ideologicamente le forze del Lavoro, nell'evitare ad ogni costo il loro
consolidamento in un unico organismo storico socio-politico unitario. A
tal fine, Socialdemocrazia e Bolscevismo furono opposti al fascismo, il
fascismo stesso alla Socialdemocrazia e al Bolscevismo. Le fasi di
maggior successo di questa strategia furono il "fronte
popolare" in Francia all'epoca di Léon Blum e il rapporto di
alleanza dell'URSS con l'Inghilterra e gli USA nel corso della guerra
contro le potenze dell'Asse. D'altra
parte, i socialdemocratici occidentali - in quanto non seguaci
dell'ortodossia Marxista nazional-bolscevica - furono attivamente
attirati nel collaborazionismo politico con il sistema borghese tramite
la rappresentanza parlamentare, vennero corrotti dalla cooperazione con
il Sistema e vennero simultaneamente contrapposti agli "agenti di
Mosca" dei partiti bolscevichi Leninisti (le politiche di Karl
Kautsky sono il più significativo esempio in tal senso). E
infine, nel quadro dello Stato Sovietico stesso il nazional-bolscevismo
non subì una formazione dottrinale coerente e completa tale da tradursi
in ideologia compiuta e non contraddittoria; un'ideologia con i puntini
sulle "i", nella quale si stabilissero criteri rigorosi
rispetto all'eredità di Marx (quanto andasse accettato, quanto invece
respinto). In luogo di tale correzione, gli ideologi Sovietici
continuarono ad insistere nell'identificazione del Leninismo quale
semplice Marxismo ortodosso adeguato, negando ogni evidenza e perdendo
irrevocabilmente ogni potenzialità di riflessione conoscitiva coerente.
In
luogo del chiaro, univoco quadro dell'opposizione fra Lavoro e Capitale
nella forma del sistema socialista Sovietico, da un lato, e dei Paesi
dell'Occidente capitalista, dall'altro, emerse un mosaico frammentario,
nel quale il fattore estremamente negativo fu il fatto stesso
dell’esistenza di regimi fascisti compromissori (sul piano politico ed
economico) e di una social-democrazia conciliante e collaborazionista.
La componente intermedia, fascista e socialdemocratica, ostruì
permanentemente la via al processo di formazione di un partito comunista
proletario internazionale unito, che avrebbe dovuto tenere in conto
l'intera esperienza ideologica e spirituale della Rivoluzione Russa. Questo
fu il fattore esterno. Il fattore interno è consistito nella rinuncia
del sistema Sovietico stesso a trarre le più importanti conclusioni
ideologiche (incluse le necessarie correzioni alle opinioni culturali e
filosofiche di Marx) dal proprio stesso successo, il che a sua volta
avrebbe agevolato il dialogo costruttivo con il fascismo - specie nella
sue versione estrema di sinistra. Infine, la stessa Socialdemocrazia
occidentale, anziché scegliere il patto "frontista"
antifascista al fianco delle forze e dei regimi borghesi radicali,
avrebbe potuto optare per una mutua intesa con i socialisti ad
orientamento nazionale all'interno del blocco anti-borghese. Per
loro essenza anticapitalisti, bolscevismo sovietico, socialdemocrazia
europa e persino fascismo avrebbero dovuto convergere su una piattaforma
ideologica unitaria, in un punto intermedio fra l’evidente
sopravvalutazione di Marx da parte dei seguaci ortodossi e la sua palese
sottovalutazione da parte del fascismo. Tale ipotetica ideologia – un
certo nazional-marxismo assolutizzato ed universale, una volta presi in
considerazione fattori nazionali, religiosi, spirituali insieme con il
giustissimo e geniale paradigma storico di Marx - è il
nazional-bolscevismo nella sua realizzazione storica ideale, ed avrebbe
potuto essere quella efficace base socioeconomica, in cui il principio
del Lavoro si sarebbe incarnato nella sua forma più perfetta. Ma
questo, purtroppo, appare evidente solo a posteriori, quando è
possibile sintetizzare ed analizzare quella grande catastrofe storica.
Il Capitale in quanto soggetto si è rivelato non solo più forte, ma
anche più intelligente del Lavoro in quanto soggetto. Esso non ha
consentito la piena realizzazione storica dello "spirito-fantasma-ombra
del comunismo", condannandolo a restare fantasma in perpetuo. E'
tragico rendersene conto. Ma, dal punto di vista epistemologico, dal
punto di vista della generazione di paradigmi storici significativi,
tali da permetterci di chiarire in quale momento storico ci troviamo, è
difficile sottostimare tale conclusione.
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