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Alexander Dugin

IL PARADIGMA DELLA FINE

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Il paradigma geopolitico della storia

 

La riduzione geopolitica è assai meno nota del modello economico; la sua chiarezza e capacità persuasiva sono nondimeno comparabili con il paradigma Lavoro-Capitale. Anche in geopolitica troviamo la coppia teleologica di nozioni rappresentative del soggetto della storia, ma stavolta colte non nel loro aspetto economico, bensì nell'aspetto della geografia politica. La questione verte sui due soggetti geopolitici - il Mare (Talassocrazia) e la Terra (Tellurocrazia). L'altra coppia è il loro sinonimo, Occidente-Oriente, dove Occidente e Oriente siano considerati non in quanto semplici nozioni geografiche, ma in quanto blocchi di civiltà. L’Occidente, secondo la dottrina geopolitica, equivale al Mare, l’Oriente alla Terra.

Al momento attuale, siamo interessati alla sintesi della storia, convertita nei termini geopolitici, al punto di vista escatologico, così chiaramente visibile al livello economico. Là il problema era formulato nel modo seguente: il Lavoro ha dato battaglia al Capitale, ed ha perduto. Viviamo nel periodo di questa sconfitta, periodo che la scuola economica liberale considera come quello finale - da cui la tematica della "Fine della Storia" di Fukuyama, o del precedente "Formazione del denaro" di Jacques Attali. E' possibile rilevare qualche analogia con una situazione simile in geopolitica? E' sorprendente, ma tale analogia non soltanto esiste, ma è anche a tal punto evidente e ovvia, da permetterci di avvicinarci a conclusioni di grande interesse.

La dialettica geopolitica consiste nella lotta dinamica di Mare e Terra. Il Mare, la civiltà del Mare, sono l'incarnazione della mobilità permanente, del "fluire", dell'assenza di un centro stabile. I soli confini reali del Mare sono le masse continentali ai suoi estremi, ossia qualcosa di opposto al Mare stesso. La Terra , la civiltà della Terra, al contrario, è l'incarnazione della costanza, della stabilità, del "conservativismo". I confini della terra possono essere rigorosamente definiti, in termini naturali, in vari luoghi della Terra stessa. E soltanto la civiltà della Terra offre salde fondamenta a stabili sistemi di valori sacri, giuridici ed etici.

La Terra (l'Oriente) è gerarchia. Il Mare (Occidente) è caos. La Terra (Oriente) è ordine. Il Mare (Occidente) è dissoluzione. La Terra (Oriente) è il principio maschile, Il Mare (Occidente) quello femminile. La Terra (l'Oriente) è Tradizione. Il Mare (Occidente) è contemporaneità. E così via. Questi due soggetti della storia geopolitica tendono alla più completa e distinta manifestazione, a partire dal complesso sistema multipolare delle contraddizioni (spesso parziali e riconciliabili), fino allo schema globale dei blocchi.

Mare e Terra sono pervenuti a scala planetaria solo nel XX secolo, ed in particolare nella sua seconda metà, quando i contorni del modello bipolare si sono finalmente delineati. Il Mare ha trovato la sua espressione finale negli USA e nella NATO, la Terra si è incarnata nel conglomerato dei Paesi socialisti - l'Organizzazione del Patto di Varsavia. La divisione tecnologica del pianeta in due campi - ciascuno dei quali era la forma più pura della rispettiva civiltà geopolitica - ha avuto luogo. La civiltà del Mare si è mossa nel corso della storia in direzione degli USA e dell'Atlantismo - anche se questo movimento è stato tutt'altro che rettilineo. La civiltà della Terra si è incarnata nella sua forma più compiuta nell'URSS. L'Atlantico e l'Eurasia sono divenute entità strategicamente integrate, e le tendenze geopolitiche latenti, brillantemente riconosciute da Mackinder sulla base della logica storica dei grandi spazi continentali, hanno raggiunto la massima scala e la superiore evidenza della "Guerra Fredda".

Ma al punto culminante della storia geopolitica del XX secolo, una svolta è intervenuta - una svolta che per qualche tempo ha intorbidato la chiara logica della scienza geopolitica. L'emergenza nell'Europa degli anni '20-30 di un blocco strategico separato - i Paesi dell’Asse - fu il principale ostacolo a frenare l’ascesa della civiltà della Terra al rango di soggetto geopolitico organico ponendo così le basi della futura sconfitta.

Respingendo l’evidenza e le raccomandazioni dalle scuole scientifiche, i Paesi dell’Asse tentarono di rivendicare la propria indipendenza geopolitica ed autarchia. Il fascismo europeo fu, dal punto di vista geopolitico, l'ostacolo alla naturale espansione eurasiatica dei Sovietici in direzione occidentale, ma anche il rifiuto al semplice allineamento alla strategia Atlantica.

Questa ambiguità incrinò seriamente la cristallizzazione del quadro mondiale bipolare e fu causa di conflitti a livello intercontinentale, per effetto dei quali la Terra Eurasiatica vide frenata la propria tendenza a costituirsi come soggetto e crearsi una propria strategia geopolitica coerente.

Il fascismo europeo soggiacque all'irresponsabile (e fallimentare, in senso geopolitico) illusione di una comunanza di interessi fra Mare e Terra di fronte ad un terzo soggetto - il quale, dal punto di vista della dottrina geopolitica, era del tutto fittizio, non disponendo delle “dimensioni” geopolitiche, geografiche, storiche e culturali necessarie. L’Europa (fascista o meno) ha solo due opportunità geopolitiche - essere l’avamposto occidentale dell’Oriente (come fu, ad esempio, il caso dell'Impero Romano Ortodosso prima dello scisma nella Cristianità), ovvero essere la zona costiera strategica sotto il controllo del Mare, in opposizione alle masse continentali dell’Eurasia. La strategia dell'Asse non fu né l'una né l'altra. La futura sconfitta della Germania divenne evidente già nel momento in cui iniziò la guerra su due fronti. Un'impresa così perversa rappresentò non soltanto un suicidio per la Germania (e, su scala più vasta, per l'Europa), ma anche l'origine delle fondamenta geopolitiche incompiute dell'intero continente eurasiatico; il che infine condusse alla distruzione e al collasso di tutta la civiltà della Terra.

Quest'ultima indicazione si basa sulla brillante analisi della crisi dell'URSS e del Patto di Varsavia che dobbiamo a Jean Thiriart, un’analisi risalente a 20 anni prima del crollo del blocco sovietico. Thiriart dimostrò che, geopoliticamente, lo spazio strategico controllato dal campo socialista era incompiuto e non avrebbe sostenuto a lungo lo scontro con l’Occidente. Nel suo pensiero, il motivo principale era la divisione dell’Europa, che avvantaggiava le potenze Atlantiche a scapito dell’URSS. Thiriart riteneva che, per risolvere questo difficile problema, ereditato dalle politiche suicide di Hitler, sarebbe stata necessario o conquistare dell’Europa Occidentale annettendola al campo socialista, oppure, al contrario, puntare alla ritirata delle basi strategiche e truppe dell'URSS in Europa con il parallelo scioglimento della NATO e la rimozione di tutte le basi strategiche americane. Questa creazione di uno spazio neutrale in Europa avrebbe consentito a Mosca di concentrarsi sulla direttrice meridionale e condurre la battaglia decisiva con gli USA in Afghanistan, nel Medio ed Estremo Oriente.

Ma la civiltà del Mare aveva studiato con la massima attenzione le teorie geopolitiche di Mackinder e Mahan: non soltanto aveva verificato la sua strategia con loro, ma aveva compreso perfettamente la gravità della minaccia della progressiva integrazione del continente eurasiatico sotto la protezione sovietica, e prese le contromisure necessarie ad impedirla. Ed ancora una volta, come nel caso della lotta fra Lavoro e Capitale, non si trattò solamente dell'azione delle forze storiche oggettive, ma si assistette al diretto ed attivo intervento del fattore soggettivo - gli agenti dell’Occidente fecero del loro meglio per non consentire la realizzazione del “Blocco Continentale”, quel patto Berlino-Mosca-Tokyo il cui progetto era stato a suo tempo avanzato dall'eminente geopolitico tedesco Karl Haushofer. In parallelo con lo sviluppo delle ricerche geopolitiche, il Mare si assicurò un apparato intellettuale e concettuale logico ed efficace, con il quale agire sul corso della storia non solo inerzialmente, ma consapevolmente.

La fine del blocco Sovietico, il crollo e la disintegrazione dell'URSS significa, in termini geopolitici, la vittoria del Mare sulla Terra, della Talassocrazia sulla Tellurocrazia, dell’Occidente sull’Oriente. E nuovamente, come nel caso della coppia Lavoro-Capitale, assistiamo nella storia del XX secolo alla distinzione teleologica di due soggetti geopolitici importantissimi, in precedenza non manifesti, Mare e Terra, assistiamo al loro duello planetario e alla vittoria finale del Mare, dell'Occidente.

Se poniamo a raffronto il caso della riduzione economica con il modello di spiegazione storica geopolitica, la nostra attenzione viene subito arrestata da un'evidente parallelismo, riscontrabile in tutte le fasi di entrambi gli aspetti storici. Sembra che una medesima traiettoria sia ripetuta a livelli differenti, paralleli, non direttamente associati l'uno all'altro. Si offre quindi, spontaneamente, la seguente analogia:

Destino del Lavoro = Destino della Terra, dell’Oriente.

Destino del Capitale = Destino del Mare, dell’Occidente.

Il Lavoro è fisso, il Capitale è liquido. Il Lavoro-Oriente è creazione di valori, sorgere ("l'Oriente", Vostok, significa letteralmente "sorgere" in russo antico), il Capitale-Occidente è sfruttamento, alienazione, la Caduta delle cose ("Occidente", Zapad, significa letteralmente "cadere" in russo).

La civiltà del Mare è la civiltà del liberalismo. La civiltà della Terra è la civiltà del socialismo.

Eurasia, Terra, Oriente, Socialismo, è la sequenza dei sinonimi. Atlantismo, Mare, Occidente, Capitale, Liberalismo, Mercato - anche questa è una sequenza di sinonimi. La comparazione di politica economica e geopolitica ci mostra un quadro concettuale di inconsueta armonia.

"Fine della Storia", in termini geopolitici, significa "fine della Terra", "fine dell'Oriente". Non ricorda forse il simbolismo Evangelico del Diluvio?

 

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