Smantellata la legge 185/90
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L'approvazione, nel 1990 da parte del Parlamento italiano, della legge 185 fu un grande momento di solidarietà internazionale. Con la stessa, si stabilì di bloccare le esportazioni di armi verso le nazioni che violavano i diritti umani o che avevano guerre in corso e che vi fosse un controllo del Parlamento italiano sulla destinazione finale delle armi vendute, al fine di evitare triangolazioni che avrebbero consentito a paesi esclusi dalla 185 di ricevere comunque armi dall'Italia. La legge fu fortemente voluta dalle associazioni che si battevano contro tutti i traffici di morte e i torbidi fini che essi nascondevano, come la vendita di navi italiane a Saddam Hussein e Gheddafi o l'armamento dei Talebani con i micidiali lancia missile Stinger da parte di alcune amministrazioni americane. La legge, non piacque ai mercanti di armi che chiedevano più libertà di commercio, anteponendo le ragioni del profitto a quelle etiche, giudicate troppo restrittive. Nel corso degli anni, non furono pochi i tentativi per rendere nullo o meno rigido l'impianto legislativo della 185. E, in effetti, attraverso norme applicative sempre più lassiste, il potere di controllo della legge fu "ammorbidito" per far piacere ai mercanti di armi. Nel corso dell'ultimo Governo D'Alema fu addirittura tentata una profonda modifica alla 185 che avrebbe reso più facili le esportazioni di armi verso nazioni che ne avrebbero potuto fare un pessimo uso. Forti pressioni esercitate da Amnesty International e altre associazioni umanitarie, bloccarono il tentativo. Un nuovo attacco alla legge 185 fu lanciato da un noto esponente dell'attuale maggioranza di Governo, l'on. Cesare Previti, il quale presentò un disegno di legge che avrebbe modificato sostanzialmente l'impianto della legge, annullando il controllo parlamentare su esportazione e commercio delle armi che si estendeva fino all'utente finale. Dal 22 al 30 gennaio 2002, in soli otto giorni, le Commissioni Esteri e Difesa approvarono il disegno di legge. Prima dell'estate 2002 il disegno di legge 1547 fu approvato dalla Camera. In occasione del dibattito in aula, un vasto fronte di associazioni diede vita ad una campagna di pressione che riuscì a spostare il voto di alcuni deputati, al fine di contrastare e contenere lo smantellamento della 185. Un parziale risultato fu ottenuto: nella prima versione, quella licenziata dalle Commissioni Esteri e Difesa, il disegno di legge prevedeva la cancellazione di qualsiasi misura di controllo mentre, il testo approvato alla Camera, si limitò a ridurlo sensibilmente. Tuttavia, l'impianto del disegno di legge rimase ancora un vero concentrato di concessioni a fabbricanti e mercanti di armi. Ad esempio, non sarebbe stato più possibile conoscere i dati sul valore delle esportazioni di armi effettuate; oppure conoscere il certificato di uso finale dell'arma ossia sapere quale sarebbe stata la reale destinazione dell'arma venduta; non sarebbero state più acquisite le informazioni sulle transazioni bancarie relative all'esportazione che poi è il metodo più semplice per capire dove vanno a finire le armi (seguire i soldi). Fra il 25 e il 27 marzo 2003, con la guerra in Iraq in pieno svolgimento, il Senato ha approvato il testo già licenziato dalla Camera. In questo passaggio parlamentare, le organizzazioni della società civile hanno ottenuto una ulteriore piccola ma significativa vittoria: la soppressione dell'art. 11 del disegno di legge 1547 che avrebbe sottratto alla trasparenza bancaria le armi vendute con licenza globale di progetto. A parte questa modifica, il provvedimento approvato al Senato è identico al testo licenziato, a suo tempo, dai deputati. Il provvedimento ora torna alla Camera per il voto finale che però si prefigura come un passaggio puramente formale. Dopo un anno e tre mesi di iter parlamentare, lo smantellamento della legge 185 può considerarsi portato a termine, per la gioia di chiunque tragga profitto dalla produzione o dal traffico di armamenti. (aprile 2003)