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C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,

anzi d’antico: io vivo altrove , e sento

che sono intorno nate le viole.

 

Sono nate nella selva del convento

dei cappuccini, tra le morte foglie

che al ceppo delle querce agita il vento.

 

Si respira una dolce aria che scioglie

le dure zolle, e visita le chiese

di campagna, ch’erbose hanno le soglie.

 

Un’aria d’altro luogo e d’altro mese

e d’altra vita; un’aria celestina

che regga molte bianche ali sospese….

 

sì, gli aquiloni! E’ questa una mattina

che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera

tra le siepi di rovo e d’albaspina.

 

Le siepi erano brulle, irte; ma c’era

d’autunno ancora qualche mazzo rosso

di bacche, e qualche fior di primavera

 

bianco; e sui rami nudi il pettirosso

salatava, e la lucertoa il capino

mostrava tra le foglie aspre del fosso.

 

Or siam fermi: abbiamo in faccia Urbino

ventoso: ognuno manda da una balza

la sua cometa per il ciel turchino.

 

Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,

risale prende il vento; ecco pian piano

tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.

 

S’inalza; e ruba il filo dalla mano,

come un fiore che fugga sullo stelo

esile, e vada a rifiorir lontano.

 

S’inalza, e i piedi trepidi e l’anelo

petto del bimbo r l’avida pupilla

e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.

 

Più su, più su: già come un punto brilla,

lassù, lassù….Ma ecco una ventata

di sbieco, ecco uno strillo alto…..- chi strilla? –

 

Sono le voci della camerata

mia: le conosco tutte all’improvviso,

una dolce, una acuta, una velata…….