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G. Leopardi

 

Passata è la tempesta:

Odo augelli far festa, e la gallina,

Tornata in su la via,

Che ripete il suo verso. Ecco il sereno

Che rompe là da ponente, alla montagna;

Sgombrasi la campagna,

E chiaro nella valle il fiume appare.

Ogni cor si rallegra, in ogni lato

Risorge il romorio

Torna il lavoro usato.

L’ artigiano a mirar l’ umido cielo,

Con l’ opra in man, cantando,

Fassi in su l’uscio; a prova

Vien fuor la femminetta a còr dell’ acqua

Della novella piova;

E l’ erbaiuol rinnova

Di sentiero in sentiero

Il grido giornliero.

Ecco il sol che ritorna, ecco sorride

Per li poggi e le ville. Apre i balconi,

Apri terrazzi e logge la famiglia:

E, dalla via corrente, odi lontano

Tintinnio di sonagli; il carro stride

Del passeggier che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.

Sì dolce, sì gradita

Quand’ è, com’ or,la vita?

Quando con tanto amore

L’ uomo a’ suoi studi intende?

O torna all’opre? o cosa nova imprende?

Quando de’ mali suoi men si ricorda?

Piacer figlio d’ affanno;

Gioia vana, ch’è frutto

Del passato timore, onde si scosse

E paventò la morte

Chi la vita abborria;

Onde in lungo tormento,

Fredde, tacite, smorte,

Sudàr le genti e palpitàr, vedendo

Mossi alle nostre offese

Folgori, nembi e vento

O natura cortese,

Son questi i doni tuoi,

Questi i diletti sono

Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena

È diletto fra noi.

Pene tu spargi a larga mano; il duolo

Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto

Che per mostro e miracolo talvolta

Nasce d’ affanno, è gran guadagno. Umana

Prole cara agli eterni! assai felice

Se respirar ti lice

D’ alcun dolor: beata

Se te d’ogni dolor morte risana.