Caribbean blue

di Laus

(n.d.Laus: non so se qualcuno conosca Enya. Il titolo di questa fanfic è preso direttamente da una delle sue canzoni più affascinanti., capace di portarti veramente nelle acque cristalline dei Caraibi. Però l'isola sulla quale si svolge la vicenda è del tutto inventata.)

 

Prologo
Parte II
Parte III
Parte IV
Parte V
Parte VI
Parte VII
Parte VIII
Parte IX
Epilogo
 

 

Prologo

 

Immaginate il mare di un azzurro cristallino, la sabbia bianca e finissima. E il sole che batte forte. Immaginate un’isola che abbia tutto questo, una piccola isola situata nel mar dei Carabi, poco lontana dalle coste di Haiti, Porto Rico e della Giamaica. La sua superficie è all’incirca uguale a quella dell’isola giamaicana, leggermente più piccola e dalla forma più rotonda. Date a quest’isola il nome di Antos.

Immaginate inoltre che quest’isola, che fa stato a sé, sia stata a lungo governata da un dittatore, Milan Baros. Il suo regime è caduto appena 9 anni prima che questo nostro racconto abbia inizio, in seguito a un colpo si stato messo in atto da alcuni ufficiali dell’esercito. Dopo 7 anni di governo militare, vengono indette libere elezioni, vinte dal candidato Juan Palas. Antos, sotto la guida di Palas, era tornata ad essere la fiorente meta turistica che era stata prima della dittatura di Baros. Dopo la caduta del dittatore, infatti, erano ritornati gli albergatori e le agenzie di turismo. Si erano riaperti impianti, hotels e villaggi turistici in ogni parte dell’isola.

Ma ad Antos non è solo un paradiso per turisti. L’isola è piena di piantagioni dalle quale si ricavano le sostanze per produrre stupefacenti, quali cocaina, eroina, marijuana, cannabis e che più ne ha più ne metta. Era un eredità di Baros, difficile da sradicare perché i turisti venivano ad Antos anche per la droga, il che si rivelava un affare d’oro per la criminalità organizzata del posto, che oltre che venderla ai turisti la spediva anche all’estero.

Ed è per questa ragione, cioè la droga, che i Fantasmi Neri avevano messo gli occhi su quest’isola e sembravano intenzionati ad aiutare Baros a riconquistare il potere, per poi controllare l’isola (e la droga) attraverso di lui.

009, 002, 003 e 008 erano stati inviati sull’isola dal professor Gilmore. Sotto le false spoglie di studenti universitari in vacanza ai Carabi, dovevano indagare e cercare di fermare sul nascere, se fosse stato necessario, l’azione dei Fantasmi Neri.

I quattro cyborgs presero in affitto un bungalow a due passi dal mare, presso un noto albergo di Agua, la capitale. Il resto del gruppo se ne sarebbe restato al largo dell’isola, pronto a intervenire con il Dolphin in caso di necessità.

 

Parte I

 

<<Françoise… Françoise, svegliati...>>

La voce di Joe che la chiamava la fece svegliare: <<Accidenti, stavo dormendo così bene. Perché mi hai svegliato?>>

La ragazza, che era sdraiata a pancia in giù su un telo da mare si girò e si mise a sedere.

<<Ti ho svegliata perché sarebbe meglio che ti mettessi un po’ di crema prima di diventare un gambero.>>

<<Cosa? Sono molto arrossata?>>, chiese lei dandosi un’occhiata a una spalla.

<<Non molto, ma il sole comincia a fare effetto. E poi sei molto chiara di pelle. Dovresti starci un po’ attenta.>>

<<Sì, lo so. E’ che mi sono addormentata. Si sta così bene qui…>>

Françoise prese una bottiglia di plastica da una borsa che aveva accanto a sé e cominciò a spalmarselo sulla pelle.

<<Anche tu hai la pelle piuttosto chiara.>>, disse Françoise continuando a spalmare <<Non hai paura di scottarti?>>

<<Me la sono già data…>>

<<Me la daresti sulla schiena?>>

<<Cosa?!>>

Françoise lo guardò un po’ perplessa. Joe aveva reagito come se gli avesse chiesto la luna: <<Ti ho solo chiesto di darmi un po’ di crema solare sulla schiena. Non sono come 007. Non ce l’ho le braccia allungabili.>>

Joe sorrise: <<Ma sei una ballerina, Dovresti avere una certa elasticità, no.>>

<<Non fino a quel punto. Dai, muoviti…>>

Joe prese riluttante la bottiglia e se ne versò un po’ sulla mano, mentre lei gli dava la schiena, scostando i capelli dalla base del collo. Joe cominciò a stendere la crema.

<<Dove sono Jet e Punma?>>, chiese Françoise a un tratto.

Joe continuò il suo compito: <<Sono andati in città, a fare qualche ricerca.>>

<<Perché non sei andato con loro?>>

<<Ti dispiace che sia rimasto con te?... Fatto.>>

Joe smise di spalmarle la crema sulla schiena e le ridette il contenitore, mentre lei si rimetteva composta.

<<No, non mi dispiace. Non intendevo dire questo… solo che eri tu quello che diceva che non eravamo qui per fare una vacanza.>>

Joe si sedette sul suo telo, accanto a quello di lei: <<Infatti la penso così. Solo che finché il Fantasma Nero o Baros non si fanno vivi o non sappiamo niente di dove siano e dei loro piani… tanto vale godersela.>>

<<Così hai mandato 002 e 008 a lavorare e tu te ne resti qui a goderti la pacchia.>>

Joe la guardò divertito: <<Sembra quasi che tu non mi voglia avere intorno. Hai per caso adocchiato qualche ragazzo e hai paura che ti rovini la piazza?>>

La reazione di Françoise non fu esattamente quella che si aspettava. Lei rimase perplessa, quasi accigliata. Come se le avesse detto qualcosa di non molto carino.

<<Guarda che scherzavo.>>

Françoise ritornò a guardare davanti a sé: <<E se fosse così?>>

<<Non dirai sul serio?>>

Françoise restò in silenzio senza rispondere.

<<Françoise…>>

Lei si voltò verso di lui: <<Ti dispiacerebbe?>>

<<Non sarebbe il caso… in fondo siamo pur sempre in missione.>>

Françoise sorrise e si stese sul telo, chiudendo gli occhi: <<Lo so, lo so… e poi non andrei certo a cercarmi una storia qui.>>

Joe la guardò chiedendosi se l’avesse voluto provocare con quel discorso. Da quando erano tornati da quella missione a Firenze non era più la stessa cosa con lei. Il segno dello schiaffo se n’era andato, ma era rimasto dentro. E poi, per un attimo, lei era sembrata un po’ attratta da un altro. E questo pensiero gli rimaneva decisamente insopportabile. Anche se lei aveva detto che nemmeno per attimo aveva pensato di cedere alle avancés di Sean. Ma era vero?

<<Ehi, noi a lavorare e voi a prendere il sole. Bella cosa!>>

La voce di Jet lo distolse dai suoi pensieri. Si voltò: Jet e Punma li stavano raggiungendo. Dovevano essere passati dal bungalow per cambiarsi e venire in spiaggia. Stesero i loro teli a terra e si sedettero.

<<Scoperto qualcosa?>>, chiese Joe non appena si furono seduti.

<<Nulla di nulla. Solo che Palas darà una specie di ricevimento stasera. Credo che sia il compleanno di sua moglie.>>, rispose Jet.

<<Potrebbe essere l’occasione ideale per un attentato…>>, disse Françoise che si era alzata a sedere.

<<Già… ma bisognerebbe entrare per saperlo. E senza invito non si entra. Sono stati invitati amici, diplomatici. Tutta gente buona.>>

<<Dovremmo inventarci qualcosa…>>

Punma stava giocherellando con la sabbia: <<Potremmo chiedere a 007 di prendere le sembianze di uno degli invitati.>>

Joe sembrò soppesare la proposta: <<Buona idea… ma sarebbe meglio se riuscissimo ad essere in più di uno. E poi sarebbe bene che ci sia anche 003 a quella festa. E’ l’unica in grado di accorgersi di eventuali pericoli o cose del genere.>>

<<Beh, allora accompagnate 007. Inventatevi che siete amici di questo diplomatico venuti a fargli una sorpresa e che vi ha portati con sé perché non poteva lasciarvi soli.>>, disse Jet.

<<Non credo che sia molto bon ton.>>, disse Françoise.

Jet la guardò perplesso: <<Intendi dire che sarebbe maleducato? Ho sempre odiato le buone maniere…>>

<<Non c’era bisogno di sottolinearlo.>>, disse Punma ridendo <<Effettivamente 007 da solo non è proprio il massimo. Potremmo fare un falso invito e entrare a quella festa clandestinamente. Non credo che ci sia il buttafuori all’entrata. 003 e uno di voi basteranno. Io non sono molto credibile come accompagnatore.>>

<<Io non sono fatto per queste feste noiose. Vai tu Joe.>> (“Anche perché non mi perdoneresti mai di fare da accompagnatore a Françoise”) 

<<Sì, e cosa ci inventiamo?>>

<<Uhm…>>, disse Pumna riflettendo <<Per esempio sei il figlio di un industriale molto ricco interessato a investire nell’isola. Palas è molto attento a questo genere di cose. Portano posti di lavoro e diminuire il tasso di disoccupazione è uno dei suoi problemi principali. Non ci negherà un invito se telefoneremo raccontando questa storia e dicendo che tuo padre ti manda per conoscere l’ambiente.>>

<<Bel piano 008…>>, disse Françoise <<Ma io chi sarei?>>

<<La sua ragazza?>>, disse lui.

Françoise e Joe si guardarono piuttosto imbarazzati.

<<Ragazzi è solo per una sera…>> disse Jet <<E poi non credo che dispiaccia troppo a nessuno dei due.>>

<<Jet!>>, esclamò Joe voltandosi di scatto verso di lui.

<<Va bene.>>, disse Françoise.

Joe si voltò verso di lei: <<Va bene?!>>

<<In fondo è per la missione, no?>>

<<Ma…>>

<<Allora è deciso.>>, disse Punma, sorridendo.

 

Parte II

 

Joe si guardò allo specchio. Era vestito con un abito di colore blu, una camicia bianca e la cravatta che gli aveva regalato Françoise a Firenze. Sì, poteva andare.

<<008, hai pensato a tutto tu?>>

<<Sì, ho telefonato. Tutto a posto…>>

<<E, giusto per curiosità, come mi chiamerei e che cosa produrrebbe esattamente mio padre.>>

<<Ho pensato che fosse meglio dire che eri figlio di un importante proprietario di una catena di alberghi. Il tuo nome è Joe Ryan. Tuo padre è un importante albergatore con impianti in tutto il mondo, ed è interessato ad aprire anche in quest’isola.>>

<<E io come mi chiamerei?>>

Sia Joe che Punma si voltarono verso Françoise, che era entrata nella stanza. Aveva un vestito da sera molto elegante, di colore chiaro. I capelli accuratamente raccolti. E il collier che Joe le aveva regalato a Firenze. Anche Jet, che se ne stava seduto fuori sulla veranda, si affacciò e fece un sonoro fischio in segno di apprezzamento.

<<Tu puoi mantenere il tuo vero nome. Michael Ryan esiste davvero ed è veramente un albergatore. Solo che non ha figli. Ma non lo sa nessuno.>>, continuò Punma sorridendo e allargando le braccia.

<<E tu ti lamentavi pure che dovevi farle da cavaliere?>>, disse Jet, che era entrato nella stanza, rivolgendosi a Joe <<Se sei sempre della stessa idea lo faccio io al posto tuo.>>

Joe gli mandò uno sguardo che lo incenerì. Jet ricevette il messaggio e pensò che fosse meglio ritornare fuori.

<<Beh,>> disse Joe guardando l’orologio <<Allora forse è meglio andare. E’ già tardi. Sei pronta?>>

<<Quando vuoi.>>, disse Françoise sorridendogli.

<<Bene, andiamo.>>

I due uscirono dalla stanza, sotto gli sguardi di Punma e Jet, che si era affacciato alla porta.

<<Certo che stava proprio bene.>>, disse Jet rientrando dentro.

<<Sì, confermo…>>, disse Punma.

<<Lo invidio un po’…>>

Punma sorrise in modo sprezzante: <<Chi, Joe?! In fondo non stanno mica insieme. Puoi sempre provarci, no?>>

<<Vuoi che Joe mi uccida? Non hai visto come mi ha guardato appena ho lanciato lì una provocazione da nulla?>>

<<Sì che l’ho visto. Prenderemmo due piccioni con una fava. Tu fuori causa per un po’ di tempo e Joe che finalmente esce allo scoperto.>>, disse Punma ridendo di gusto.

<<Punma!>>

<<Scherzavo… e comunque non credo che Françoise si accorgerebbe nemmeno di un tuo eventuale corteggiamento.>>

<<Già, non credo nemmeno io.>>, disse Jet sorridendo.

 

Parte III 

 

<<Allora ti è piaciuto veramente quel collier.>>, disse Joe, mentre guidava una lussuosa auto presa a noleggio sulla via del palazzo presidenziale.

Françoise sorrise sfiorandosi istintivamente il collier che lui le aveva regalato quando avevano fatto quella missione a Firenze: <<Certo… avevi qualche dubbio? E a quanto pare quella cravatta è piaciuta anche a te?>>

<<Avevi qualche dubbio?>>

Passò qualche secondo di silenzio. Françoise stava guardando fuori dal finestrino. La macchina si fermò a un semaforo rosso.

<<Comunque… stai veramente molto bene.>>, disse Joe volgendosi verso di lei.

<<Oh, bene. Temevo che non te ne fossi accorto.>>

<<Vorresti dire che ti sei agghindata così per me?>>

<<Sei il figlio di un importante albergatore. Non potevo farti fare una brutta figura, no? Ti dispiace?>>

Joe sorrise: <<No, affatto. Anzi…>>

Il semaforo tornò verde.

Arrivarono al palazzo presidenziale alle 9.15 di sera. Un addetto si occupò di parcheggiare la loro automobile. Entrarono nel salone, da ballo, dove si teneva la festa. C’erano molti invitati. Riconobbero parecchi diplomatici e persone piuttosto importanti, per i più svariati motivi.

<<Vedi nulla di strano?>>, chiese 009 sottovoce.

003 si guardò intorno attentamente: <<No, quantomeno non ci sono bombe in questa stanza, e non sento nemmeno rumori strani. Però non posso avere una visione totale della situazione, così, di primo impatto. Devo guardarmi in giro per un po’>>

<<Certo, andiamo a presentarci al presidente Palas.>>, disse indicando il presidente che stava in un punto della sala, parlando con alcuni invitati.

Le offrì il braccio e si diressero verso il presidente.

<<Signor presidente.>>, disse Joe non appena l’ebbero raggiunto <<Mi permetta di presentarmi: sono Joe Ryan, il figlio di Michael Ryan. Credo che le abbiano parlato di me.>>

<<Oh, certo.>>, disse Palas sorridendo <<Spero veramente che suo padre decida di investire in quest’isola. C’è molto bisogno di lavoro. E la signorina, immagino sia la sua fidanzata.>>

Joe stava per rispondere, ma Françoise lo precedette: <<Mi chiamo Françoise, molto onorata.>>

<<Il piacere è tutto mio. Questa,>> disse indicando una signora al suo fianco, <<è mia moglie Julia.>>

<<Molto piacere.>>, disse Joe <<E buon compleanno.>>

<<Oh, non doveva ricordarmelo.>>, disse la signora Palas sorridendo <<Spero che vi divertiate.>>

<<Grazie.>>

<<Anch’io spero che la festa sia di vostro gradimento.>>, disse Palas <<Adesso vogliate scusarmi.>>

Joe annuì e sorrise, mentre Palas si allontanava da loro, insieme alla moglie.

<<Non ci resta che tenere gli occhi aperti.>>, disse 009 guardandosi in giro.

<<Non mi sembra che ci siano cyborgs qui dentro, a parte noi.>>

<<Qualcuno con delle armi?>>

003 scosse la testa.

<<Beh, meglio così… però…>>, disse 009.

<<Però cosa?>>

<<Palas e sua moglie non avevano una figlia? Non la vedo in giro.>>

003 si guardò intorno: <<Ora che mi ci fai pensare, è vero. E’ molto strano che non sia presente al compleanno della madre.>>

<<La signorina Gloria è malata.>>, disse una voce dietro di loro.

I due cyborgs si voltarono. A parlare era stato un uomo piuttosto avvenente. Portava un’alta uniforme militare, piena di lustrini. Doveva essere un ufficiale.

<<Oh, scusatemi,>>, disse <<ma sono stato attratto dalla bellezza di questa incantevole ragazza e non ho potuto fare a meno di ascoltarvi. Permettiate di presentarmi. Il mio nome è Carlos Barajas. Sono un ufficiale dell’esercito.>>

L’uomo prese la mano di Françoise e la baciò sul dorso.

<<Ehem…>>, Joe cercò di attirare l’attenzione tossendo <<molto piacere di conoscerla signor Barajas. Il mio nome è Joe Ryan è lei è Françoise, la mia… fidanzata.>>

<<Molto piacere, signor Barajas.>>, disse Françoise.

<<Oh, il piacere è tutto mio. Scusatemi, non volevo essere impertinente. Avevo una mezza idea che steste insieme… ma finché non l’ho saputo con certezza… beh, la speranza è l’ultima a morire.>> disse l’ufficiale. Poi si rivolse a Françoise <<Spero di poter comunque ballare con lei almeno una volta, in questa serata.>>

“Che razza di don Giovanni da strapazzo.”, pensò Joe serrando inconsciamente il pugno.

<<Credo che dovrò declinare l’invito. Mi pare abbia capito che non sono sola.>>, disse Françoise.

<<Beh, era solo un ballo…>>, disse l’ufficiale <<comunque, capisco benissimo. La gelosia è una brutta cosa. Vi saluto.>>

Detto questo si congedò, lasciando Joe con gli occhi sgranati: <<Ma come diavolo si permette?>>

<<Perché, ci ha indovinato?>>, chiese Françoise ridendo.

Joe la guardò perplesso: <<Non dirmi che avresti accettato l’invito di quell’anguilla umana.>>

<<Sì, effettivamente è un po’ viscido. Ma quantomeno mi ha invitato a ballare.>>, disse Françoise guardando la pista da ballo.

Joe scosse la testa: <<Sai benissimo che sono una frana.>>

<<E che problema c’è? Hai accanto una ballerina dell’Opera di Parigi. Ti guido io.>>

Joe la guardò interdetto.

<<Guarda, che lo vado a richiamare.>>, disse lei in un tono un po’ spazientito <<E poi potrei controllare meglio la situazione. Lì è proprio il centro della sala.>>

<<Va bene.>>, disse Joe.

Si ritrovò in mezzo alla stanza a muoversi al tempo della musica.

<<Non te la cavi affatto male.>>, disse Françoise dopo un po’.

<<Beh, ho una buona insegnante.>>, disse lui sorridendo <<Però non dimenticarti il motivo per cui siamo qui.>>

Il viso di lei si rannuvolò leggermente: <<Sì, certo.>>

Dopo qualche minuto la musica si fermò.

<<Non è stato difficile, visto?>> disse lei, abbassando le mani, ma senza lasciare quelle del partner <<Ballare non è così complicato. Basta seguire la musica.>>

<<Beh, tu la fai facile. E’ il tuo lavoro.>>, disse Joe guardandosi intorno. Notò che Barajas li stava osservando da un angolo della sala, con le braccia conserte.

L’uomo che era al pianoforte prese la parola: <<Adesso un lento, dedicato agli innamorati.>>

Dopodiché la musica ricominciò e il pianista cominciò a cantare.

<<Uhm…>>, disse Joe <<Conosco questa canzone. Ti va un altro ballo.>>

Françoise lo guardò perplessa: <<Sei sicuro?>>

<<Perché no?>>, disse lui cingendole la vita <<In fondo dobbiamo far finta di stare insieme. Anzi…>>

Joe si morse il labbro inferiore, come per rimangiarsi quello che stava per dire.

<<Anzi… cosa?>>, chiese Françoise aggrottando la fronte.

Joe ci pensò un po’, poi scosse la testa: <<Niente… non ci pensare. Stavo per dire una sciocchezza.>>

<<A volte mi piacerebbe avere i poteri di Ivan, per capire cosa ti passa per la testa.>>

<<Per fortuna non ce li hai…>>, disse lui sorridendo.

Françoise stava per dire qualcosa, ma poi si limitò a sorridergli, appoggiandogli gli avambracci sul petto. Avevano cominciato a muoversi a passo di musica senza neanche accorgersene.

<<Però, dimmi la verità,>>, disse lei guardandolo dritto negli occhi e sorridendo <<tu vuoi solo che quell’energumeno mi tolga gli occhi di dosso. Non è così?>>

<<Beh, in fondo lo faccio per te…>>, rispose lui.

<<Certo...>>, disse lei appoggiandogli la testa su una spalla.

Non era esattamente quello che si era aspettato. Fu per dire qualcosa, ma invece le parole gli rimasero in gola.

Passarono qualche momento così, fino a che 003 non si staccò da lui e si fermò, restando ferma con la testa diritta.

<<Che cosa c’è?>>, chiese lui perplesso.

<<Due persone… stanno litigando al piano di sopra. Una di loro è sicuramente Palas… L’altro… è un uomo.>>, disse lei.

<<Andiamo.>>, disse 009.

Uscirono dalla sala e si ritrovarono in un lungo corridoio. Le scale erano poco più avanti, sulla destra. Salirono fino a metà, poi 003 si fermò e 009 le rimase dietro, guardando che nessuno li notasse.

<<Questo è uno sporco ricatto. Non potete chiedermi una cosa del genere.>>, stava dicendo Palas.

<<Sì che possiamo. Hai tre giorni di tempo, Palas. Abbandona il potere e lasciaci fare il nostro colpo di Stato, e tua figlia sarà libera. Altrimenti sai quali saranno le conseguenze.>>

<<Ma non posso lasciare nuovamente Antos nella mani di quel pazzo carnefice!>>

<<Vorresti forse dire che Antos è più importante di tua figlia?... Ah, e non dimenticarti che avvertire qualunque tipo di autorità sarebbe inutile. Gran parte degli ufficiali dell’esercito e delle Forze dell’Ordine sono dalla nostra parte. E i tuoi telefoni sono tutti sotto controllo. Ti teniamo d’occhio 24 ore su 24.>>

Adesso 003 l’aveva riconosciuta. Era la voce di Barajas. Non aveva dubbi. Sentì una porta sbattere e dei passi avvicinarsi dalla loro parte.

<<Sta venendo qui.>>, disse lei.

009 non se lo fece ripetere due volte. La prese a sé e attivò l’acceleratore. In un nanosecondo si ritrovarono fuori dalla visuale di Barajas che stava scendendo le scale in quel momento.

Quando non fu più in vista, 003 gli raccontò quello che aveva sentito.

<<Non lo dovremo perdere d’occhio.>>, concluse 009 <<Seguiamolo.>>

Barajas tornò nella sala. Salutò qualche invitato, quindi si diresse verso l’uscita e chiese all’addetto che gli portasse la sua auto. I cyborgs lo seguirono cercando di non farsi notare.

Quando la macchina fu arrivata e Barajas se ne fu andato, i cyborgs aspettarono qualche istante, quindi anche loro andarono a chiedere all’addetto di portare loro la macchina, e si buttarono all’inseguimento.

<<Riesci a capire dove è andato?>>, chiese 009.

003 si concentrò un istante. Barajas aveva una macchina con un motore che faceva un suono abbastanza particolare. Con un po’ di fortuna e concentrazione poteva riuscire a rintracciarla.

<<Uscito dal cancello gira a destra.>>, gli disse.

009 spinse sull’acceleratore, sgommando. Arrivato al cancello girò a destra, così come gli aveva detto 003.

<<E adesso?>>, chiese nuovamente 009.

<<Credo che sia andato a diritto per questa strada. Non sta andando molto forte.>>

<<Credi?>>

<<Guarda che non è facile! Ci sono un sacco di automobili qui in giro… Lo vedo è fermo a un semaforo… a circa 1 km da qui.>>

009 spinse ancora di più sull’acceleratore, sperando che non ci fossero pattuglie della polizia in giro.

<<Scusa…>>, disse all’improvviso senza staccare gli occhi dalla strada.

003 lo guardò interdetta, poi sorrise e scosse la testa: <<Di nulla… Siamo tutti un po’ nervosi.>>

Raggiunsero la macchina di Barajas, finalmente. Si tennero a un paio di automobili di distanza, cercando di non farsi vedere troppo negli specchietti. Adesso che erano così vicini per 003 sarebbe stato uno scherzo seguirne gli spostamenti.

A un certo punto Barajas svoltò a sinistra. 009 tirò diritto.

<<Che cosa fai?>>, chiese 003.

<<Non voglio che si insospettisca… C’è un’altra strada che gira a sinistra?>>

003 si concentrò nuovamente: <<Sì, la prossima.>>

009 svoltò: <<Riesci a vedere dove è andato?>>

<<Sta venendo verso di noi, sulla trasversale a questa.>>

<<Bene.>>

009 si fermò a uno stop e puntualmente l’auto di Barajas passò loro davanti. 009 stava per ripartire, ma 003 gli mise una mano su quella che stava innestando la prima, fermandolo.

<<Cosa c’è?>>, chiese lui.

<<Sta rallentando. Forse è arrivato.>>

009 si fece appena un po’ più avanti. Effettivamente Barajas si era fermato e una luce lampeggiante gialla stava segnalando che un cancello si stava aprendo, sul lato sinistro della strada. Dopo pochi secondi Barajas ripartì e si infilò nel cancello aperto. Solo dopo che il cancello si fu richiuso, 009 spense i fari e ripartì, lentamente, fermando la macchina di fronte alla casa di Barajas.

<<Certo che non se la deve cavare male l’anguilla.>>, commentò 009 vedendo la casa. Era piuttosto grande, una villa a due piani, con gli esterni intonacati di bianco, grandi finestre e un lungo balcone che girava intorno alla casa. La recinzione intorno alla casa era piuttosto ampia. Da dentro spuntavano grossi alberi, di specie tipiche del luogo.

<<Se ti interessa saperlo dietro c’è anche una piscina. Ed è anche piuttosto grande. Ci potrebbero fare una gara olimpica dentro.>>, disse 003.

<<Riesci a vedere dov’è lui adesso?>>

<<Non vedi la luce accesa?>>, disse lei indicando in alto.

009 si voltò nuovamente verso la casa. Una grande finestra al piano di sopra si era effettivamente illuminata. La tenda si aprì e Barajas apparve. Si era già tolto la divisa, ed era rimasto solo con la camicia, di cui si era sbottonato le maniche. Aprì la finestra e guardò in basso. 009 si accucciò istintivamente nella macchina. Poi Barajas scomparve per un attimo. Tornò alla finestra pochi secondi dopo. Aveva un walkie-talkie in mano.

<<Riesci a sentire quello che sta dicendo?>>, chiese 009 a 003.

003 si avvicinò a lui, per avere la visuale di Barajas, e si concentrò. Barajas cominciò a parlare:

<<Ciao, sono io. Come va?>>

<<Tutto bene. Hai parlato con lui?>>

Il suono era molto disturbato. Oltre alla voce dell’interlocutore di Barajas c’era un altro rumore molto forte in sottofondo. Ma c’erano anche parecchi classici disturbi radio. Tra l’altro Barajas aveva acceso lo stereo, tenendo la musica alta. 003 si concentrò ancora di più, cercando di ascoltare solo quello che effettivamente le interessava.

<<Sì, ma per ora non molla.>>, rispose Palas <<Ma si convincerà… questo Paese non può valere così tanto per lui. Lei ha mangiato?>>

<<No, si rifiuta di farlo. Se continua così la consegneremo morta comunque.>>

Acqua… l’interlocutore di Barajas era vicino a un qualcosa che provocava un forte rumore di scroscio d’acqua. Forse le rapide di un torrente… molto più probabilmente una cascata di grosse dimensioni.

<<Stupido! Ti ho detto di moderare i toni quando parliamo alla radio!>>

<<Ok ok. Ti ha seguito nessuno?>>

Sentì un altro rumore, che man mano si avvicinava all’altro interlocutore. Sembrava un veicolo a motore, forse un motoscafo.

<<No... me ne sarei accorto. Non credo che avrà mai il coraggio di fare una cosa del genere. Cos’è questo rumore?>>

<<Ho mandato qualcuno a pattugliare. E’ appena tornato. E’ meglio chiudere qui.>>

<<Va bene. Ci sentiamo domani. Per qualche tempo non mi faccio vedere da quelle parti.>>

<<Come vuoi.>>

La comunicazione si chiuse. Barajas posò l’apparecchio e si riportò dentro.

003 riferì della conversazione a 009.

<<Lo so che è molto difficile, ma non hai captato nulla che possa servirci a capire dove la tengono nascosta?>>

003 ci pensò un attimo: <<Uhm… il suono era molto confuso. Riuscivo a malapena a sentire la voce dell’altro. Comunque … mi sembra che in sottofondo si sentisse una specie di gorgoglio…>>

<<Tipo acqua?>>

<<Sicuramente. Un torrente con corrente molto forte o… più probabilmente una cascata. E poi, verso la fine è arrivato qualcuno da quelle parti, dove si trovava l’altro interlocutore. Deve aver usato un motoscafo.>>

<<Chissà se ci sono cascate qui ad Antos?>>, rifletté 009.

<<Non ci resta che tornare in albergo e controllare.>>, disse 003.

 

Parte IV 

 

<<Una cascata?>>, chiese 008 lisciandosi il mento dopo che 009 ebbe finito il suo resoconto.

009 fece roteare l’acqua dentro il suo bicchiere: <<Secondo 003 potrebbe essere qualcosa del genere. Comunque acqua che scorre.>>

<<Non è detto che la nascondano lì. Può darsi che quello sia un punto in cui semplicemente c’è un buon segnale.>>, disse 002 appoggiato lateralmente alla porta.

<<Comunque, se ho sentito bene, è un punto di partenza. Non credo che si possano spostare molto per comunicare. E poi in quel momento è arrivato qualcun altro. L’aveva mandato a prendere viveri, aveva detto. Non credo che faccia ritorno lì per caso.>>, disse 003 entrando nella stanza dalla sua camera. Si era cambiata e adesso aveva un vestito leggero, tipicamente estivo.

008 aveva tirato fuori una 24 ore. Armeggiò con qualche bottone. Su un piccolo schermo apparve la mappa di Antos: <<Questa è Agua, dove siamo noi.>>, disse indicando un punto sulla cartina.

Digitò qualcosa su una tastiera. Sullo schermo spuntarono 9 X: <<Queste dovrebbero essere le cascate e le acque correnti presenti nell’isola.>>

<<Vista la confusione della comunicazione, doveva essere una cascata o una rapida di una certa portata se sono riuscita a sentirne il rumore.>>, disse 003.

<<Uhm…>> disse 008, guardando la mappa con i punti segnati <<Vediamo se riesco a restringere il campo.>>

008 digitò qualcos’altro sulla tastiera e le X sullo schermo diventarono 4: <<Interessante… Queste due vicine,>> disse indicando due X piuttosto prossime sulla mappa <<sono una, una cascata piuttosto grande. Scende da un dislivello di un centinaio di metri. L’altra X indica una serie di rapide. Mi sembrano i luoghi più adatti. Sono isolati, in mezzo alla giungla. Le altre due mi sembrano troppo lontane da qui per poter essere il luogo che cerchiamo. Tradotti in scala saranno 200-250 km. E tra l’altro sono troppo vicine ad altre città dell’isola. Non sono il luogo adatto per nascondere una persona e per nascondersi.>>

009 stava ascoltando attentamente: <<Uhm… queste cose le hai imparate lottando per l’indipendenza del tuo paese?>>

<<Beh, se ho ragione ci sono tornate utili.>>

<<Perfetto. L’ideale sarebbe andare di notte.>>, disse 002.

<<Sì, hai ragione.>>, disse 009 guardando l’orologio <<Sono le 3. Quanto ci vuole ad arrivare lì?>>

008 guardò la mappa: <<Uhm… si trovano a una cinquantina di km da qui. Però non è molto facile raggiungerlo in macchina. E anche a piedi è un’impresa. L’ideale sarebbe poter volare e atterrare direttamente sul posto.>>

<<Ma come ci arrivano allora i sequestratori? Non è molto prudente usare degli elicotteri o degli aerei. Sono troppo visibili.>>, chiese 009.

<<Usano dei motoscafi, no? Lo ha detto 003… ma allora devono anche avere un luogo dove poterli nascondere.>>, disse 008 tornando a guardare la mappa <<Voglio vedere una cosa.>>

Armeggiò ancora una volta con la tastiera. Al posto della mappa comparve un testo: <<Bingo!>>

<<Che cosa hai scoperto?>>, chiese 003.

<<Dietro la cascata c’è una grotta naturale. E’ abbastanza grande e profonda da poterci nascondere dei motoscafi dentro…>>

<<Ma per far entrare i motoscafi devono passare sotto la cascata. Non è pericoloso?>>

<<No, se c’è un altro passaggio.>>, disse 008 facendo ricomparire la mappa sullo schermo e studiandola <<Infatti.>>, disse indicando un punto sullo schermo <<Proprio qui, a pochi metri dalla cascata dal letto principale esce un altro rigagnolo più piccolo che va a finire direttamente dentro la roccia. Devono passare da lì. Anche se qui non parla di altre aperture… almeno non così grandi da far passare un motoscafo.>>

002 si avvicinò e guardò lo schermo: <<Potrebbero averla fatta loro un’apertura apposta.>>

<<Effettivamente>>, disse 008 lisciandosi il mento con una mano <<si tratta di un tipo di roccia non molto resistente… non ci vorrebbe molto. Molto probabilmente hai ragione.>>

<<Bene.>>, disse 009 <<Chiama il Dolphin. Partiamo domani notte, all’una in punto. A questo punto è troppo tardi per organizzare tutto con gli altri e andare. E poi, per fortuna abbiamo, tempo.>>

<<Allora è deciso… chiamo subito il Dolphin.>>, disse 008.

Mentre 008 chiamava il Dolphin, Joe si alzò in piedi e fece per uscire dal bungalow.

<<Dove stai andando?>>, chiese Jet.

Joe si voltò: <<Ho bisogno di fare una passeggiata e di prendere una boccata d’aria.>>

Detto questo uscì dal bungalow. Si diresse verso il mare, poi vide il bar che l’albergo teneva all’aperto e decise di andare a prendere qualcosa da bere.

 

Parte V 

 

Si sedette al bancone e ordinò un cocktail non eccessivamente alcolico. Il barista glielo fece subito e glielo mise davanti, poi ritornò a pulire il bancone.

Joe girò il ghiaccio dentro il bicchiere, poi si guardò intorno. C’erano appena lui e altri due uomini nel bar. Queste ultime stavano facendo una partita a carte.

Tornò a guardare il suo cocktail e a rigirare il ghiaccio dentro di esso, poi ne bevve un sorso.

<<Ti dispiace se mi siedo qui accanto a te?>>

Joe si voltò alla sua destra. A parlare era stata una ragazza. Portava un vestito molto scollato. Aveva lunghi capelli neri e gli occhi scuri Probabilmente era appena rientrata da una serata in discoteca.

Joe si guardò intorno. C’erano un sacco di posti liberi.

<<Oh, ma sei un orientale… forse non sai l’inglese…>>, disse lei.

Joe si rivoltò verso di lei: <<Sono giapponese. Ma l’inglese lo conosco. Però mi stavo chiedendo perché vuoi sederti proprio qui.>>

<<Un Martini Rosso con poco ghiaccio e una fettina d’arancia, per favore.>>, disse lei al barista. Poi si rivolse di nuovo a Joe, sedendosi <<Di solito un uomo non mi chiede mai perché mi voglio sedere accanto a lui. Comunque ci sono tanti motivi. Quale vuoi sapere?>>

<<Dimmene qualcuno…>>

Lei continuò a fissarlo, facendo uno sguardo piuttosto languido: <<Beh, perché mi piaci.>>

<<Non mi conosci nemmeno.>>, ribatté lui sorridendo ironicamente e scuotendo lievemente la testa.

<<Sei un uomo affascinante. Non basta?... E poi sembri in cerca di compagnia… io anche.>>, disse lei cominciando ad accarezzargli un polpaccio con la punta della scarpa

Joe bevve un altro sorso del suo cocktail, poi posò nuovamente il bicchiere sul tavolo e si spostò un po’ più in là con il suo sgabello, mettendo il suo polpaccio fuori dalla portata di lei: <<Non sta a me giudicare se sia un uomo affascinante, ma non sono in cerca di compagnia. Questo lo so per certo.>>

Lei lo guardò piuttosto contrariata: <<Non ti piaccio forse?>>

<<Non è questo il punto. Semplicemente non sono in cerca di compagnia. Non sono venuto qui per fare quel tipo di vacanza. Non sono in cerca di avventure… non certo con una donna che ha un anello così importante al dito, poi.>>, disse lui annuendo al vistoso solitario che portava all’anulare sinistro.

Lei guardò quell’enorme anello come se si fosse trattato di uno scarafaggio e il suo viso si rabbuiò: <<Questo? Il più grosso errore della mia vita.>>

Joe la guardò senza rispondere, semplicemente smettendo di sorridere.

<<Quel bastardo…>> continuò lei <<Siamo venuti qui in vacanza con degli amici. Due coppie. Stasera dovevamo andare in discoteca insieme, tutti e quattro… Lui non viene… dice che non sta troppo bene… ma che non vuole che io resti in albergo con lui, che non sarebbe giusto… che vada a pure a divertirmi.>>

La ragazza cominciava ad avere le lacrime agli occhi, ma continuò il suo racconto: <<Resto in discoteca un paio d’ore… poi dico ai miei amici che preferisco tornare in albergo, per vedere come sta lui… Prendo un taxi… arrivo qui… apro la porta di camera e… lo trovo a letto con un’altra. Lui che diceva: “No, non è come credi. Io ti amo.” Ho sbattuto la porta e me ne sono andata prima di vomitare.>>

<<E volevi vendicarti con me?>>, chiese Joe inarcando le ciglia.

Lei bevve un sorso del suo Martini, poi lo guardò con gli occhi rossi: <<Sarebbe stata una sciocchezza… hai ragione. Di solito non mi comporto così. Ti chiedo scusa.>>

Joe bevve un sorso del suo cocktail e la guardò. In fondo provava un po’ di compassione.

<<Accidenti…>>, disse lei <<Pensavo che fosse quello giusto… mi ha dato quest’anello solo una settimana fa. Mi aveva chiesto di sposarlo. Come si fa a capire quando una persona è quella giusta? C’è una legge, un qualcosa… Tu lo sai?>>, gli chiese rivolgendosi nuovamente lo sguardo.

Joe sospirò, rigirando il liquido nel suo bicchiere. I cubetti di ghiaccio tintinnarono: <<No. Credo che non ci sia un modo esatto per saperlo… credo che sia una cosa per cui bisogna andare a sensazioni… Il vero amore… Magari lo incontriamo e non ce ne accorgiamo neanche, o non abbiamo nemmeno il coraggio di dire “ciao” e lo lasciamo andare. Forse lo abbiamo accanto e non lo sappiamo. Magari lo sappiamo e… non abbiamo il coraggio di ammetterlo. A volte si pensa che una persona sia l’amore della tua vita… o forse… lo si spera semplicemente… e scoprire di essersi sbagliati… di essersi illusi… è doloroso.>>

Un’immagine sfocata del deserto gli passò momentaneamente per la testa, come una meteora. Scosse la testa per mandare via quell’immagine. In fondo aveva superato quella delusione da tempo. Non gli faceva più male pensarci. Addirittura quasi non non si ricordava più nemmeno il viso di lei. Sì, era decisamente superato.

<<Qualcosa non va?>>, chiese la ragazza.

Joe fissò il suo bicchiere, tenendolo con due mani: <<Probabilmente un giorno incontrerai anche tu l’uomo giusto e tutto il resto ti sembrerà solo quello che è… passato.>>

Lei restò a guardarlo in silenzio per qualche secondo: <<Sai che non so nemmeno come ti chiami?>>, gli chiese.

Lui la guardò, sorridendo: <<Joe...>>

<<E cosa significa il tuo nome nella tua lingua?>>

Lui la guardò perplesso: <<In giapponese intendi?>>

<<Sì… i vostri nomi sono scritti con gli ideogrammi, no? Avevo un amica che amava il Giappone e mi faceva una testa così.>>

Lui sorrise: <<Sì, di solito è così… ma il mio nome non è scritto in kanji.>>

Lo guardò interdetta.

<<In ideogrammi intendo.>>, precisò lui <<Il mio è un nome inglese. Ci saranno milioni di Joe nel mondo. Io sono uno dei tanti.>>

<<Perché hai un nome inglese?... Forse ho capito… uno dei tuoi genitori era un occidentale?>>

Joe la guardò sorpreso: <<Come hai fatto a capirlo?>>

<<A guardarti bene… i tuoi lineamenti sono un po’ occidentali…>> i suoi occhi si spostarono oltre lui <<La conosci?>>, disse indicando dietro la testa di Joe.

Joe si voltò. Françoise li osservando da una ventina di metri.

<<Sì, la conosco…>>, disse sospirando.

<<Ci sta osservando da molto tempo… Scusami… non voglio metterti nei guai con la tua ragazza.>>

<<Veramente…>>

<<Ti ringrazio per la chiacchierata, Joe. Forse non ci crederai, ma ora mi sento meglio. Spero di rivederti.>>

Detto questo gli dette una pacca sulla spalla e se ne andò.

Joe la guardò scomparire dietro una porta. Pagò il conto e si diresse verso Françoise, che lo stava osservando con uno strano sorriso sulle labbra.

<<Non facevo niente di male. Non mi ha detto nemmeno il suo nome…>>, si giustificò non appena le fu arrivato vicino (“Ma perché mi sono giustificato?”). 

<<Lo so… era stravolta perché il suo ragazzo l’ha tradita e tu l’hai solo tirata un po’ su.>>, disse lei sorridendo senza denti.

Joe la guardò stupito: <<Hai ascoltato tutta la conversazione?>>

<<Una buona parte. Andiamo?>>

<<Ma…>>

<<Vuoi dirmi che tu hai il diritto di essere geloso se mi si avvicina qualcuno e io non ho lo stesso diritto verso di te? Dobbiamo fingere di stare insieme, no?>>

Lei si voltò e si incamminò. Joe restò fermo per qualche istante, poi scosse la testa e la seguì (“Anche a me a volte piacerebbe avere i poteri di Ivan.”).

Camminarono uno a fianco all’altro per un po’, poi Joe si fermò, con lo sguardo fisso a terra: <<Françoise…>>

Françoise si fermò e lo guardò sorridendo: <<Cosa c’è?>>

Lui, alzò gli occhi, si morse un labbro, poi parlò tutto d’un fiato: <<Preferirei che domani notte tu non venissi.>>

L’espressione sul viso di lei cambiò di colpo: <<Stai scherzando?>>

Joe scosse la testa: <<No. Sono serio.>>

<<Non puoi lasciarmi fuori da questa missione. Se non ci fossi stata io non avreste mai neppure saputo da dove partire con le indagini. E poi 008 ha detto che quella grotta è un labirinto. Avete bisogno di me per trovare la figlia di Palas. E poi ho affrontato missioni molto più difficili di questa.>>

Effettivamente aveva ragione, ma: <<Io ho un brutto presentimento…>>

Lei lo guardò, perplessa ma inamovibile: <<Non importa. Io verrò e stavolta non voglio che tu mi escluda.>>

<<Ma Françoise…>>, cercò di protestare lui.

<<Per favore.>>

Joe restò in silenzio guardando per un attimo i suoi profondi occhi azzurri. Non glielo stava chiedendo. Lo stava quasi supplicando, e lui non aveva più la forza di controbattere. Per quanto sentisse che c'era qualcosa che non andava... ma era solo un presentimento, magari solo la sua sciocca paura. Quella inconfessabile di non sapere cosa avrebbe fatto... che ne sarebbe stato di lui se le fosse successo qualcosa.

Non era affatto convinto, ma gli occhi con cui lo guardava… no, non riusciva a dirgli di no. Serrò le labbra e infine annuì, sospirando come rassegnato: <<Come vuoi.>>

 

Parte VI 

 

Il Dolphin si fermò sopra il punto prestabilito, sopra la folta vegetazione della giungla che c’era intorno, a poche centinaia di metri in linea d’aria dalla cascata. La minima distanza indispensabile perché il rumore dei motori del Dolphin, pur silenziosissimi, non fossero uditi. I cyborgs si calarono nella foresta attraverso la scaletta. Oltre a 009, 002, 003 e 008 si erano uniti alla missione anche 004, 005 e 007. Solo 001 e 006 erano rimasti sul Dolphin insieme a Gilmour.

<<Fate attenzione a dove mettete i piedi.>>, disse 008 che con 003 guidava il gruppo <<E tu, 003, cerca di indicarci la strada buona. Qui non si vede nulla.>>

<<Farò del mio meglio, 008.>>, disse lei mettendosi davanti.

Li guidò stando attenta al rumore della cascata, che già si sentiva chiaramente anche senza bisogno dei suoi poteri. Ma soprattutto indicando quale fosse la strada giusta attraverso il buio della giungla. Nonostante ci fosse la luna piena, non filtrava il minimo rivolo di luce attraverso la fitta vegetazione. E loro non potevano permettersi di usare torce. 009, che stava appena dietro di lei accanto a 008, stava già cominciando a pensare che fosse stato veramente un bene averla portata con loro, anche se quel brutto presentimento non finiva di provocargli fitte nel profondo.

Camminarono per circa un quarto d’ora. La strada da fare non era molta, ma la vegetazione, anche a terra, era fittissima e non rendeva agevole camminare.

<<Questa giungla fa paura… questi alberi sembrano vivi.>>, disse 007 guardandosi intorno terrorizzato.

<<Ssst>>, disse 003 sottovoce <<Siamo arrivati. C’è qualcuno.>>

I cyborgs rimasero nascosti dietro dei folti cespugli. A pochi metri da loro si vedeva la cascata. Due uomini stavano effettivamente parlottando tra loro accanto alla cascata, sulla riva, proprio davanti ai cyborgs. Portavano dei fucili a tracolla e stavano entrambi fumandosi una sigaretta. Il rosso intenso delle cicche si notava facilmente nell’oscurità.

<<Ci penso io. Voi aspettate qui.>>, disse 009.

Poco dopo si dileguò, grazie al suo acceleratore, e in termini di nanosecondi, senza che se ne potessero rendere nemmeno conto, le due guardie stramazzarono a terra, stordite, e 009 comparve accanto a loro, facendo cenno di raggiungerlo ai suoi compagni.

Raggiuntolo, 008 si chinò a terra. Prese i due walkie-talkie dei due uomini e li buttò nel fiume.

<<007, prendi l’aspetto di uno di questi due.>>, disse 009.

007 li guardò attentamente: <<Certo che mi tocca trasformarmi sempre in delle bellezze…>>

<<Muoviti!>>

<<Sì, sì… va bene. Non c’è bisogno di urlare.>>

007 si trasformò prendendo le sembianze di uno dei due uomini.

Il gruppo continuò il suo cammino. Accedettero attraverso il retro della cascata e si ritrovarono in una profonda gola. C’era ancora più oscurità che fuori e un forte odore di umidità. 003 si mise di nuovo in cima al gruppo e continuò a camminare, mentre gli altri la seguivano lungo una specie di marciapiede naturale accanto al corso d’acqua. Dopo un paio di centinaia di metri giunsero nel luogo dove tenevano i motoscafi. Ce n’erano due, di piccole dimensioni, ma che sembravano piuttosto veloci. A quel punto c’era anche un bivio.

<<Dove andiamo adesso?>>, chiese 009 rivolgendosi a 003.

<<A destra… sento delle voci provenire da lì. Non devono essere molto lontani.>>, gli rispose lei.

<<E tu che non volevi portarla…>>, disse 002.

<<Non è il caso di parlarne adesso.>> (“Ma lui come diavolo fa a saperlo?”), tagliò corto 009.

<<E quando mai è il caso?>>

<<Insomma, vuoi stare zitto o vuoi farci scoprire?>>

<<Va bene, va bene.>>

Trovavano molte diramazioni sulla via, ma 003 andava avanti sicura. All’improvviso si fermò: <<Sono a pochi metri da qui. Sono in una decina… anzi, per la precisione sono in 11>>

<<007, vai tu. Portali qui da noi e poi libera la ragazza.>>, disse 009.

<<Vado.>>, disse 007 avviandosi.

<<Nascondiamoci… appena arrivano li attacchiamo.>>, ordinò 009 non appena 007 se ne fu andato.

Erano fermi in un punto piuttosto ampio della caverna, pieno di rocce e buche, ideali per nascondersi. 008 si buttò nel canale d’acqua, che anche lì era abbastanza profondo. 004 e 002 si nascosero dietro una roccia sulla riva destra, pronto a sparare, il primo con la sua mano e il secondo con la pistola laser. 005 si mise dietro una parete, in modo da non poter essere visto dalla direzione da cui sarebbero arrivati i sequestratori. 003 e 009 si nascosero dietro una roccia, sulla riva sinistra.

<<003?>>, disse 009 sottovoce continuando a guardare verso il corridoio con la pistola laser in mano.

Lei si voltò verso di lui, senza dire parola.

<<Ti devo chiedere scusa. Senza di te sarebbe stato praticamente impossibile arrivare fin qui.>>

<<Non c’è niente di cui scusarsi. Ho fatto solo il mio dovere.>>

<<E invece sì… però… continua a starmi vicino.>> la guardò con la coda dell’occhio <<Intesi?>>

Lei lo guardò interdetta e dopo qualche secondo annuì: <<Va bene.>>

007 intanto era arrivato a destinazione. C’erano proprio 11 uomini nella grande stanza naturale che si trovò davanti. Era illuminata da delle torce elettriche: <<Aiuto, aiuto! Presto. Ci attaccano!>>, disse 007 urlando e muovendo le braccia.

Un uomo con una folta barba si alzò in piedi: <<Che cosa? Chi?>>

<<Non lo so… sono tantissimi. Io sono riuscito appena a scappare.>>

<<Va bene, va bene. Tu rimani qui con la ragazza.>>, disse l’uomo.

Il gruppo si dileguò in un attimo. Quando se ne furono andati, 007 guardò la ragazza che era legata mani e piedi in un angolo e aveva un pezzo di nastro sulla bocca. Il terrore le si leggeva chiaramente nello sguardo. 007 si avvicinò a lei e lei si ritrasse ancora di più, per quello che era possibile.

<<Non preoccuparti. Ti chiami Gloria, vero?>> disse 007, ritrasformandosi <<Sono un amico. Non voglio farti del male. Siamo venuti a liberarti, io e i miei compagni. Senti?>>

007 fece un cenno verso la direzione da cui era venuto, strizzando un occhio in segno di intesa. Da lontano giungevano le urla di dolore e dei colpi. I sequestratori erano stati colti completamente di sorpresa.

007 tolse delicatamente il nastro dalla bocca della ragazza e la slegò. La ragazza, liberata, si tastò i polsi arrossati dalle corde e guardò il suo liberatore ancora indecisa se credergli o meno. In quel momento arrivarono gli altri e la ragazza finalmente parlò: <<Ma voi chi siete?>>

<<Siamo dei cyborgs e siamo qui per liberarti.>>, disse 009 avvicinandosi a lei e inginocchiandosele davanti <<tu devi essere Gloria, non è così?>>

La ragazza annuì incerta. Non doveva avere più di 15 anni.

<<Ehi, stanno arrivando degli altri uomini… no, sono dei cyborgs e sono pure parecchi>>, disse 003.

<<Cosa? Devono essere riusciti a lanciare l’allarme in qualche modo.>>, disse 009 <<002, prendi Gloria e portala sul Dolphin, il più presto possibile. Noi ti copriamo le spalle.>>

<<Ricevuto.>>

Gli altri cyborgs si gettarono all’attacco, andando incontro ai nemici, mentre 002 prendeva in braccio la ragazza e azionava i suoi reattori.

I nemici erano circa una trentina. 002 passò loro in mezzo con Gloria senza troppi problemi, protetto dagli altri, per volare verso l’uscita della grotta. Un cyborg gli sparò, ma 005 lo stendette con un pugno sul capo senza tanti complimenti, fracassandoglielo e facendo cambiare direzione al colpo, che colpì una parete della roccia e sibilò nell’acqua, senza colpire nessuno.

<<Grazie amico.>>, urlò 002 volgendo indietro appena la testa.

<<Non c’è di che…>>, disse 005 liberandosi di altri due nemici sbattendo le loro teste una contro l’altra come fossero due noci di cocco.

I cyborgs si liberarono senza troppi problemi degli altri. Erano decisamente troppo superiori.

<<E’ strano…>>, disse 009 quando anche l’ultimo fu abbattuto.

<<Cosa è strano?>>, chiese 003.

<<E’ stato troppo facile. Non vi sembravano troppo deboli?>>

<<Forse siamo noi che siamo troppo forti…>>, disse 007 incrociando sprezzatamente le braccia sul petto e sogghigando.

003 sobbalzò: <<Ho sentito dei rumori strani… come una porta di ferro che è stata sbattuta.>>

<<Cosa?>>, disse 009 <<O mio Dio… non avranno?... Presto andiamo all’uscita!>>

I cyborgs si misero a correre verso l’uscita. Nessuno si accorse che uno dei cyborgs nemici che erano a terra aveva rialzato la testa e stava puntando il suo fucile verso di loro. Solo 003 se ne accorse, ma solo dopo che aveva sparato: <<Attento, Joe!>>.

Si gettò su 009 senza pensarci due volte e si prese il colpo in pieno in un fianco.

009 si ritrovò a terra. 003 sembrava inerte addosso a lui. Gli altri non si erano nemmeno accorti che loro due erano rimasti indietro.

Joe la prese tra le braccia e cercò di risvegliarla: <<003… 003! Françoise, rispondi! Ti prego!>>

In quel momento sentì la prima esplosione. Si voltò verso la direzione dalla quale proveniva il rumore. Pochi secondi dopo un'altra esplosione e altro, terribile, rumore di roccia che crolla. Come immaginava, li avevano voluti intrappolare dentro e adesso li volevano seppellire vivi.

 

Parte VII 

 

Gli altri cyborgs erano arrivati all’entrata della grotta. Ma al posto dell’acqua della cascata si ritrovarono di fronte a una spessa porta di ferro. L’unico sollievo era che 002 sembrava essere riuscito a uscire. 005 cercò di sfondare la porta, ma senza risultato. Anche le pistole laser e i missili di 004 non ebbero alcun effetto. Quella porta sembrava invulnerabile e la grotta non avrebbe resistito a lungo alle esplosioni che si stavano susseguendo una dietro l’altra.

<<Maledizione!>>, inveì 004 tirando un pugno su una parete della grotta <<Questo sì che è un guaio! Ci vogliono seppellire vivi qui dentro. Un’esecuzione degna del Fantasma Nero.>>

008 spuntò fuori dall’acqua: <<Questo lastrone di ferro arriva fino in fondo e sembra conficcato a parecchi metri di profondità. E’ assolutamente impossibile uscire da qui sotto.>>

<<Questa sarà la vostra tomba, maledetti traditori!>>

<<Chi è?>>, dissero i cyborgs all’unisono.

La voce sembrava provenire dall’interno della caverna: <<Chi sia io non ha assolutamente importanza. L’importante è che finalmente ci libereremo di voi, cyborgs ribelli. Ahhahahahaa.>>

005 tirò un pugno in un punto sulla parete e da dietro una roccia sbriciolata si vide una microspia: <<Veniva da qui.>>

Le esplosioni continuarono, seguite ogni volta dal rumore della roccia della grotta che crollava. Era terrificante.

<<Non voglio morire qui dentro! Aiutoooooooo!>>, disse 007 aggrappandosi a 005 <<Ti prego Signore, fa che avvenga il miracolo>>

<<Tze,>> disse 004 <<un miracolo. Non ci si può contare sui miracoli.>>

<<Non ci si deve contare! Pessimista della malora! D’altronde pregare è l’unica cosa che ci è rimasta a questo punto.>>

<<Ehi, guardate… guardate la porta>>, disse 008 sgranando gli occhi <<… si sta… sta fondendo!>>

Fuori, infatti, il Dolphin stava direzionando tutti i suoi raggi laser addosso alla lastra di ferro.

<<Avanti, 002 e 006, continuate così. Continuate a sparare. Sta funzionando. E’ stata una fortuna aver fatto un considerevole aumento di potenza a questi laser prima di venire qui.>>, stava dicendo Gilmour all’interno dalla cabina di comando.

Lentamente la porta si stava letteralmente liquefando sotto il calore generato dai laser del Dolphin. Ci volle poco più di un minuto perché si formasse un buco abbastanza grande da permettere loro di passare dall’altra parte.

Usciti finalmente fuori, 007 si fece il Segno della Croce e giunse le mani: <<Signore, ti ringrazio. Sapevo di poter contare su di te.>>

<<Ma tu ti ricordi di pregare solo quando ne hai bisogno?>>, disse 004 sorridendo.

Tutti gli altri si misero a ridere. Adesso che erano liberi e al sicuro la tensione se n’era andata.

<<Tutto bene ragazzi?>>.

002 e 006, insieme al dottor Gilmour, con in braccio 001, vennero loro incontro.

<<Sì, stiamo bene, dottore e tutto grazie a voi.>>, disse 008.

<<Bene.>>, disse 002 sorridendo <<Per fortuna sono riuscito a uscire prima che quel lastrone mi chiudesse dentro. Me la sono vista brutta anch’io.>>

<<Come sta adesso la ragazza?>>, chiese 008.

<<Si è addormentata.>>, rispose 002 <<Doveva essere veramente esausta.>>

<<Se 002 non fosse arrivato,>> disse 006 <<forse saremmo arrivati troppo tardi e voi sareste ancora là dentro.>>

<<Non farmici pensare, 006.>>, disse 007 <<L’importante è che adesso siamo tutti sani e salvi.>>

<<Ma…>>, chiese il dottor Gilmour guardandosi intorno <<dove sono 003 e 009?>>

Gli altri cyborgs si guardarono intorno a loro volta, stupiti di non trovare con loro i compagni.

<<Ma non erano con noi?>>, disse 007 grattandosi la pelata.

<<Non saranno mica…>>, disse 002 <<Non li avrete mica lasciati là dentro!?>>

Un silenzio raggelante cadde in mezzo al gruppo.

<<Non li abbiamo lasciati là dentro!>>, disse 008 con lo sguardo fisso per terra <<Non ci siamo nemmeno accorti che li abbiamo persi!>>

<<Eravamo così preoccupati a salvarci che non ci abbiamo nemmeno fatto caso.>>, disse 004 tirando un pugno contro il tronco di un albero <<Bei compagni che siamo!>>

<<Adesso non è il caso di darsi colpe che non avete.>>, disse il dottor Gilmour con uno sguardo serio <<Piuttosto, dobbiamo cercare di salvarli.>>

<<E come?>>, chiese 008 allargando sconsolatamente le braccia <<Là dentro è crollato tutto. Nemmeno se scavassimo tra i massi per un mese intero riusciremmo a crearci un passaggio. Inoltre rischieremmo di turbare l’equilibrio di stabilità della grotta. Se ancora sono vivi, li schiacceremmo noi stessi.>>

Purtroppo 008 aveva ragione e questo i cyborgs lo sapevano bene. Restarono tutti in silenzio, con gli occhi bassi per terra. Era insopportabile il pensiero che due dei loro compagni fossero in pericolo e che loro non potessero far niente per salvarli. E intanto le esplosioni continuarono per un altro minuto, a intervalli regolari di circa 15 secondi l’una dall’altra. Finalmente si fermarono. I cyborgs si voltarono tristemente verso l’entrata della grotta, come a sperare che 009 e 003 uscissero da lì da un momento all’altro. La fissarono per qualche lunghissimo istante, ma il miracolo non avvenne.

<<Forse potrei cercare di scavare un tunnel fino a dove sono loro.>>, propose 006.

<<E’ impossibile. Non sappiamo dove sono e se per caso sbucassimo dalla parte sbagliata rischieremmo di peggiorare la situazione.>>, disse 008.

<<Ma non possiamo lasciarli morire così… Ci dev’essere un modo!>>, disse 002.

<<Se solo 001 fosse sveglio …>>, disse 007 sospirando.

<<No, 007.>>, disse Gilmour sospirando e guardando il pargolo addormentato tra le sue braccia <<001 in questo momento è nella parte del suo sonno più profonda. E’ assolutamente impossibile svegliarlo…>>

Il professore, istintivamente, cercò di scrollare 001 per un po’, ma senza ottenere risultati. Poi chiuse gli occhi rassegnato.

<<In fondo…>>, disse Bretagna <<almeno… se ne sarebbero andati insieme…>>

<<NON DIRE SCIOCCHEZZE, IDIOTA!>>, gli urlò Jet con le lacrime agli occhi <<Non possono essere morti… non possono!>>

<<NON DICO SCIOCCHEZZE!>> gli urlò Bretagna, anch’egli con le lacrime agli occhi <<Se dovesse essere successo il peggio, almeno l’avrebbero affrontato insieme. Per due persone che si amano è il modo migliore di andarsene… sto solo cercando di vedere qualcosa di buono in questa tragedia.>>

Bretagna concluse il suo discorso e si asciugò gli occhi con una manica, mentre gli altri restarono in silenzio.

<<Non sono neanche mai riusciti a dirselo…>> riprese Bretagna <<è stata loro negata anche questa piccola felicità.>>

 

Parte VIII 

 

Tutto intorno era crollata ogni cosa. Ed era completamente buio. Joe si era riparato in un buco nella parete, portandosi insieme Françoise. Fortunatamente lei respirava ancora, ma non aveva ancora ripreso conoscenza. Joe aveva sentito la propria mano bagnata del sangue di lei. Ne aveva perduto molto. Aveva cercato di tamponare l’emorragia con il suo mantello e sperava che avesse funzionato. Se ne avesse perduto troppo il cervello non avrebbe retto e… scosse la testa. No, non ci voleva pensare.

La stringeva forte a sé, anche perché non aveva molte alternative. Il buco in cui si era riparato era molto stretto. Sentiva ancora l’odore del profumo che si era messo la sera prima. Usava sempre quello. Ormai lo conosceva bene. Era un profumo di Dior. Una volta lei gliene aveva mostrato una boccetta. Era un profumo delicato e intenso. Sembrava fatto apposta per lei. Sentiva gli occhi che gli bruciavano e poco dopo una lacrima gli rigò il viso.

Aveva mai pianto? Non se lo ricordava. Non aveva molta importanza.

Sperava che l’ossigeno non si esaurisse. Non gli sembrava di fare fatica a respirare. Forse era un buon segno.

Sperava che lei si risvegliasse. Ma doveva sperarlo veramente? La situazione era disperata. Probabilmente tutta la grotta era invasa da macigni. Gli altri, ammesso che si fossero salvati, non sarebbero riusciti a raggiungerli nemmeno se avessero scavato in eterno. E se avessero scavato avrebbero rischiato di peggiorare la situazione. La pietra della caverna era davvero poco resistente se erano bastate poche esplosioni per provocare quel disastro. Se lei si fosse risvegliata sarebbe andata incontro a una morte orribile.

<<Perché mi hai voluto salvare anche stavolta? Forse saresti salva se non ti fossi preoccupata per me.>>, disse senza ottenere alcuna risposta.

La strinse ancora di più a sé e appoggiò la fronte contro la parte alta della sua testa. Quasi senza accorgersene le prese una mano e la strinse forte. Restò fermo così, per un tempo lunghissimo, o almeno a lui parve tale. Fino a quando la mano che stringeva non strinse debolmente la sua.

Joe riaprì gli occhi: <<Françoise…>>

La testa di lei si mosse e si scosse. Poi si alzò verso la sua: <<Joe… sei vivo… grazie al cielo.>>, disse con una voce piuttosto bassa.

Françoise cercò di muoversi, ma le scappò un gemito di dolore.

<<Ti fa molto male la ferita?>>, le chiese Joe in tono apprensivo.

Anche se lui non poteva vederlo lei scosse la testa: <<No. La sento appena…>>

Françoise si guardò intorno. Non ebbe bisogno delle spiegazioni di Joe per capire che cos’era successo. Probabilmente lo capiva meglio di lui. Intorno erano solo massi e pietre. Nessuna via d’uscita.

Sospirò profondamente: <<Siamo intrappolati dentro la grotta, vero?>>

<<Sì… e purtroppo non credo che ci siano molte speranze di uscire fuori da qui.>>

Lei riappoggiò la testa sulla sua spalla, senza dire niente.

<<E’ tutta colpa mia.>>, disse ad un tratto lui <<Se non ti fossi lanciata a salvarmi forse saresti ancora viva…>>

<<Non dire stupidaggini.>>, disse lei scostando la testa da lui e guardandolo in faccia, anche se lui non la poteva vedere <<Lo rifarei… tutte le volte del mondo. Tu l’hai fatto tante volte per me… Questa volta sembra proprio che siamo destinati a morire insieme.>>

Abbassò lo sguardo e si appoggiò di nuovo alla sua spalla

<<Vuoi dire che il fatto di morire insieme a me per te è motivo di consolazione?>>, chiese Joe dopo qualche attimo di silenzio.

Françoise restò muta per qualche attimo, poi rispose: <<No, non è proprio così… sono contenta di avere insistito per venire. Se non l’avessi fatto forse tu saresti stato colpito e… per me sarebbe stato insopportabile continuare a…>>

<<Françoise…>>

Joe le mise un dito appena sopra le sue labbra, invitandola a non continuare.

<<Perché non dovrei dirti…>>, protestò lei alzando la testa.

<<Perché non avrebbe senso… non valgo così tanto. Sono io che dovrei essere grato di averti potuto conoscere.>>

Restarono in silenzio per alcuni istanti. Fortunatamente o meno sembrava che l’ossigeno continuasse a filtrare.

<<Sono arrivato a pensare che forse è stato un bene aver fatto quell’operazione…>>, disse a un tratto Joe.

Françoise alzò la testa. Lui non poteva vederlo, poteva solo sentire che aveva alzato la testa dalla sua spalla, ma lei lo fissò in faccia con un’espressione perplessa: <<Joe, che cosa stai dicendo. E’ stata una fortuna diventare un cyborg?!>>

<<Se non fossi diventato un cyborg… noi non ci saremmo mai incontrati. Non ci saremmo mai conosciuti…>>

Françoise non sapeva cosa dire, investita dall’improvvisa ovvietà di quell’osservazione. Le cose più ovvie sono veramente quelle a cui non si pensa mai. Non aveva mai pensato al fatto che era proprio perché era diventata un cyborg che si erano conosciuti, che aveva conosciuto Joe. Nemmeno quand’era un essere umano aveva mai provato per un uomo ciò che provava per lui.

Un masso si smosse leggermente provocando un po’ di rumore. Françoise si strinse di nuovo a lui, temendo il peggio. Anche lui la strinse forte a sé. Se quel masso si fosse mosso dal punto sbagliato poteva essere solo la fine per loro.

Fortunatamente non fu così. Il masso non provocò smottamenti cadendo. Françoise spostò leggermente la testa all’indietro e si trovò con il viso vicinissimo a quello di lui. Tanto da poterlo sfiorare con la punta del naso. Lei lo poteva vedere. Lui poteva solo sentirlo, e non vedere l’imbarazzo che era dipinto sul volto di lei, che tuttavia restava immobile, respirando a malapena. Se solo si fossero mossi di poco l’uno verso l’altro avrebbero potuto…

<<Senti,>> disse lui restando fermo <<c’è una cosa che vorrei dirti prima di… insomma… non voglio che finisca tutto senza che tu sappia…>>

Joe non riusciva ad andare avanti...

“Possibile che non ci riesca neanche adesso…”, pensò

<<Cosa… che cos’è che vuoi dirmi, Joe?>>

<<Io…>>

Fece per avvicinare il viso a quello di lei, le sue erano vicinissime a quelle di lei… ma…

 

Parte IX 

 

<<MA QUESTO E’ UN MIRACOLO!>>

Bretagna si era buttato in mezzo a loro, abbracciandoli entrambi. Joe e Françoise si guardarono intorno. Tutti gli altri li stavano guardando. La loro espressione mutò, nello stesso modo per tutti, dallo stupore alla felicità

<<E’ incredibile. Siete veramente voi.>>, disse Jet <<Ma come diavolo è potuto succedere?>>

<<Forse è stato 001.>>, disse Geronimo.

<<Che si sia svegliato?>>, chiese Chang.

001 effettivamente si stava agitando nella braccia di Gilmour. Fu solo un momento, perché immediatamente si rimise a dormire.

<<L’importante è che adesso Joe e Françoise siano di nuovo fra noi, sani e salvi.>>, disse Bretagna.

Joe e Françoise si guardarono l’uno con l’altro. Poi entrambi sorrisero. Joe si alzò in piedi: <<Ce la fai?>>, disse porgendo la mano a Françoise.

<<Certo.>>

Lei prese la sua mano e si alzò, non senza fare una smorfia di dolore.

Gilmour solo allora si accorse del mantello macchiato di sangue avvolto attorno alla vita di Françoise: <<Ma tu sei ferita!>>

<<Non è nulla dottore. E’ solo un graffio.>>, disse lei appoggiandosi a Joe.

<<Portala subito all’interno del Dolphin.>>, disse Gilmour rivolgendosi a Joe.

Joe annuì: <<Certamente.>>

Joe la prese delicatamente in braccio, cercando di non farle male. Lei le appoggiò la testa su una spalla, mentre la portava all’interno del Dolphin.

Gli altri guardarono li guardarono fino a quando non furono entrati dentro il veicolo con Gilmour.

<<Visto come si sono guardati? Sarà successo qualcosa tra quei due?>>, chiese Bretagna non appena furono scomparsi dalla loro visuale.

<<Beh, anche se fosse>> disse Albert <<credo che siano fatti loro, non credi?>>

<<Già, hai ragione Albert.>>, disse Jet.

 

Epilogo

 

Il colpo di Stato fu sventato. Palas, riavuta sua figlia, aveva avvertito immediatamente le Nazioni Unite e gli Stati alleati perché intervenissero: a nessuno, infatti, conveniva che in quella zona ci fosse una polveriera pronta a scoppiare, soprattutto agli Stati Uniti, che si sarebbero ritrovati frotte di persone in fuga e di clandestini sulle coste meridionali della Florida. Baros e i suoi seguaci, tra cui Barajas e molti ufficiali dell’esercito e della polizia, furono arrestati. Avrebbero dovuto affrontare processi pesanti e dovuto scontare forti pene. Dei Fantasmi Neri nessuna traccia. Solo i cyborgs sapevano per certo che avevano partecipato attivamente all’operazione.

Palas poteva continuare a governare sul suo paese e a ricostruirlo.

Joe chiuse il giornale e lo posò sulla sabbia, dietro di lui. Poi si mise a guardare il mare, a pochi passi da lui. Era seduto sul bagnasciuga. L’acqua, nel suo muoversi avanti e indietro, gli lambiva appena i piedi. La distesa marina era piatta come una tavola. Il suono dell’acqua che arrivava sul bagnasciuga e ritornava indietro era veramente piacevole. Era l’ora del tramonto. Tra poche ore sarebbero ripartiti con il Dolphin per tornare a casa.

Due mani gli coprirono gli occhi. Lui le tastò: <<A giudicare dalla pelle ruvida di queste mani direi che appartengono a Chang o a Geronimo.>>

<<Stupido.>>, disse Françoise liberandogli gli occhi e sedendosi accanto a lui. Portava una giacchetta leggera, e un costume blu addosso. Joe pensò che le donava molto.

<<Ma tu non dovresti stare a riposare?>>, le chiese.

Lei si mise a giocherellare con la sabbia, osservandola: <<E’ già passata una settimana. Ha detto Gilmour che potevo alzarmi se volevo. La ferita era meno grave di quello che sembrasse. Però ha detto che se non mi avessi tamponato la ferita con il mantello probabilmente non ce l’avrei fatta.>>

Lui sorrise: <<Beh, tu prima l’avevi salvata a me… la vita.>>

<<Ti ho già detto…>>

<<Che lo rifaresti. Sì, lo so.>>

Lei lo guardò e sorrise. Ripensò a quello che le aveva detto al buio, in quella grotta.

“… Se non fossi diventato un cyborg non ci saremmo mai incontrati.” 

<<Joe?>>

Lui si voltò verso di lei, senza dire niente.

<<Prima che noi fossimo… teletrasportati da Ivan… tu…>> “…stavi per dirmi qualcosa.” 

<<Io…?>>

Françoise disegnò qualcosa sulla sabbia bagnata, senza pensarci. A Joe sembrò che fosse un kanji. Anzi, era proprio così.

<<E’ sbagliato.>>, le fece notare.

Lei lo guardò perplessa: <<Cosa?>>

Lui cominciò a disegnare lo stesso kanji accanto a quello che aveva fatto lei, solo che lo fece nel modo corretto. Dopo che ebbe finito: <<E’ questo che volevi scrivere tu? No?>>

Françoise lo guardò. Effettivamente lei si era dimenticata un paio di tratti: <<E’ vero. Li riconosco bene ormai, ma a volte mi dimentico come si scrivono. Soprattutto il verso e l’ordine di scrittura non sono facili da ricordare.>>

<<Beh, credo che sia un fatto di abitudine… e di cultura. E poi quello non è facile da scrivere… e nemmeno da dire. “Ai”[1]… è qualcosa di grande. Forse nemmeno il mare è in grado di contenerlo>>, disse Joe volgendosi alla massa d’acqua che aveva preso i riflessi del tramonto.

<<Hai ragione… però proprio per questo dirla è un atto di coraggio, non credi?>>

Lui la guardò. Immaginava dove lo volesse portare, ma in quel momento non aveva il coraggio che aveva sentito in quella grotta. Forse perché di fronte alla morte non c’è più niente da perdere, perché in quell’istante in cui la fine sembrava certa gli erano venute in mente tutte le cose che avrebbe voluto fare, e dire. E quella era stata la prima della lista. E, in realtà, non aveva trovato il coraggio di parlare neppure allora. Però se solo 001 avesse aspettato un attimo in più, giusto il tempo per… Joe scosse la testa. Cosa andava a pensare? Doveva essere solo grato a Ivan di averli salvati.

<<Cosa c’è?>>, chiese lei, che non capiva perché scuotesse la testa.

<<Niente…>>

<<Mi togli una curiosità?>>

Lui si limitò a guardarla aspettando il resto.

<<Perché tua madre ti ha chiamato Joe?... Puoi anche non rispondere se non vuoi.>>

Joe scosse la testa: <<Non lo so… credo che l’ipotesi più plausibile è che fosse il nome di mio padre. Ma è solo un’ipotesi mia.>>

Françoise restò in silenzio qualche istante, poi riprese a parlare: <<Scusa, era logico che non lo sapessi. Ho fatto una domanda stupida.>>

Lui scosse di nuovo la testa: <<No, affatto…Ti va di fare un bagno… oppure non puoi?>>

Françoise guardò prima lui, poi il mare. Joe era già in piedi

<<Sono venuta apposta.>>, disse lei alzandosi con l’aiuto di Joe <<Su, andiamo!>>

Françoise si tuffò in acqua. Joe restò a guardarla per qualche istante, poi anch’egli si tuffò in acqua, ma non riemerse subito.

<<Joe, non metterti in testa strane ide….aaaaah.>>

Joe le era spuntato da sotto e l’aveva fatta catapultare all’indietro.

<<Mi avresti potuto evitare se avessi voluto.>>, le disse quando lei riaffiorò dall’acqua.

<<Infatti ti avevo sentito, ma speravo che fossi abbastanza maturo per scherzi del genere.>>, disse lei asciugandosi gli occhi.

Dopodiché, improvvisamente, cominciò a inondarlo di acqua.

<<No, ferma…>>

Lui si parò il viso e il corpo con le braccia, ma lei insistette. In realtà stavano ridendo tutti e due come matti. Dopo qualche istante Joe si ributtò sotto e le riemerse davanti, bloccandole le mani, prendendole tra le sue.

<<Ti ho detto di stare fer…ma>>

Notò il rossore sul volto di lei, e solo allora si “accorse” di quello che aveva fatto prendendole le mani. Avrebbe potuto lasciarle a quel punto, ma per un qualche strano moto interiore non lo fece.

<<Françoise… io…>>

Lei alzò gli occhi verso di lui. Joe sapeva esattamente cosa dire, ma, semplicemente, non aveva il coraggio di dirlo. Restò ancora in silenzio, per qualche lunghissimo istante, con la bocca leggermente aperta, come se fosse sul punto di parlare. Poi la serrò nuovamente, abbassò un attimo lo sguardo, quasi a raccogliere qualcosa dentro di sé. Rialzò gli occhi già pronto a parlare… ma lei era voltata verso la spiaggia.

<<Che succede?>>, chiese Joe con uno sguardo perplesso.

Lei gli lasciò semplicemente le mani e poco dopo lui capì il perché. Erano venuti quasi tutti: Jet, Geronimo, Chang, Bretagna, Punma, addirittura Gilmour. Mancavano solo Ivan e Albert e non era difficile immaginare il perché.

Joe sospirò guardandoli entrare nell’acqua e avvicinarsi a loro. Poi guardò Françoise, che era rimasta vicino a lui e che li stava salutando con la mano. Evidentemente non era destino… non adesso, s’intende.

 

F I N E

 

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[1] “Ai” in giapponese significa “amore”. Il kanji in questione è rappresentato nella figura qui sotto. Mi rendo conto che chi non ha mai avuto a che fare con la scrittura di kanji può trovare piuttosto oscuro questo passaggio, così come quello in cui Joe spiega alla sua "conquista dell'episodio" che il suo nome non si scrive in kanji. Cerchiamo di spiegarci.

Nell’alfabeto giapponese ci sono 3 tipi di caratteri: gli hiragana, i katakana e i kanji. I primi due sono caratteri di tipo fonetico: in poche parole, non c’è molta differenza tra essi e le nostre lettere dal punto di vista strettamente formale; a ogni carattere è associato un suono, o meglio, una sillaba. I kanji sono i veri e propri ideogrammi. Anzi, gli unici. Derivano dal cinese. Ad ognuno di essi non solo è associato un suono (che però può variare a seconda dei casi), ma anche e soprattutto un significato. Ora, che si tratti di hiragana, katakana o kanji, ognuno di questi caratteri , o meglio, i tratti che li compongono hanno un loro verso e un loro ordine di scrittura. Per fare un esempio pratico, quando noi scriviamo un carattere come la “t”, ognuno di noi ha un suo modo di scriverlo: c’è chi prima fa il tratto orizzontale e poi quello verticale, e viceversa, chi comincia da destra e chi da sinistra, chi dall’alto e chi dal basso. In giapponese questo non succede: l’ordine di scrittura dei tratti deve essere rispettato, e secondo un certo verso. Un bravo professore di calligrafia si accorge immediatamente se c’è stata una qualunque tipo di inversione.

L’errore di Françoise potrebbe essere stato quello di aver sbagliato l’ordine dei tratti, oppure di averli scritti seguendo il verso sbagliato, o di averne dimenticato uno, e così via. Spero di essermi spiegata.

In riguardo al discorso del nome di Joe, questo, essendo un nome straniero, viene scritto in katakana, che è l’alfabeto utilizzato in giapponese per trascrivere le parole straniere o comunque di origine straniera.

Qui a sinistra, ecco il kanji di cui vi parlavo prima e che Françoise cerca di scrivere sulla sabbia. Ricordo sempre che la sua pronuncia è "ai". Personalmente parlando. è uno di quelli che preferisco.

In questa fanfic c'è anche un riferimento a Touch di Mitsuru Adachi. Riuscite a scovarlo? ^____________^