Il colore bianco della neve

di Laus
(N.d.Laus: gli eventi raccontati in questa fic si svolgono dopo il film La leggenda della Supergalassia)

 

Prologo
Parte I
Parte II
Parte III
Parte IV
Parte V
Parte VI
Parte VII
Parte VIII
Parte IX
Parte X
Parte XI
Epilogo

      

 

Prologo

 

Gilmore posò pensieroso la lettera sulla scrivania, incrociando le mani sotto il mento. Qualcuno bussò alla porta.

<<Sì?>>

<<Professore,>> rispose la voce di Françoise da dietro la porta <<le ho portato il suo caffè.>>

<<Entra pure, Françoise.>>

La ragazza entrò. In mano aveva un vassoio con sopra una tazza di caffè appena fatto, un cucchiaino e una zuccheriera. Posò il vassoio sulla scrivania del professore.

<<Quanto zucchero, professore?>>

<<Uno sarà più che sufficiente, grazie.>>

Françoise versò un cucchiaino abbondante di zucchero nella tazza, quindi la porse al professore, che mescolò qualche secondo il liquido nero fumante e ne bevve un sorso.

<<Come al solito è squisito, Françoise.>>, disse Gilmore sorridendo e alzando gli occhi verso la ragazza.

<<La ringrazio professore.>>

Gilmore bevve ancora un sorso del suo caffè. Poi fece roteare delicatamente la tazza fra le mani, in modo da non far cadere il liquido all'esterno: <<Françoise, sapresti dirmi dov'è Briançon?>>

<<Certo. E' una città di circa 10.000 - 15.000 abitanti sulle Alpi Francesi, molto vicina al confine con l'Italia. Perché?>>

Gilmore finì il suo caffè: <<Una mia vecchia amica mi ha inviato una lettera e mi ha invitato ad andare a trovarla nella sua casa, proprio lì a Briançon.>>

<<AmicA?>>, chiese Françoise in modo malizioso.

Gilmore guardò la ragazza sorpreso e imbarazzato: <<Stare con Joe ti ha peggiorato, Françoise. Perché, se ho conosciuto una donna in gioventù devo per forza averci avuto una relazione o aver provato per lei qualcosa di più di una semplice amicizia?>>

Françoise si limitò a guardarlo sorridendo. Gilmore cercò di sostenere il suo sguardo per qualche istante, poi si arrese: <<Sì, lo ammetto. La incontrai tanti anni fa durante un viaggio in Francia per una riunione di scienziati sulla cibernetica e... sì... forse me ne innamorai. Ma non c'è mai stato niente di più che un'amicizia fra noi. L'avevo persa quando cominciai a lavorare per il Fantasma Nero.>> Gilmore prese una foto posata sulla scrivania, accanto alla lettera, e la osservò con uno sguardo dolce. Era la foto molto vecchia di una ragazza e di un uomo che assomigliava molto al professore. Doveva essere lui da giovane <<Dice di aver avuto il mio indirizzo da un amico comune e di non aver resistito alla tentazione di scrivermi.>>

Françoise lo guardò sempre sorridendo: <<Sa sciare?>>, chiese prendendo la tazza vuota che Gilmore le porgeva.

<<Sì, perché?>>

<<Perché Briançon è molto famosa per i suoi impianti sciistici, oltre ad essere una cittadina molto carina. E in questo periodo è l'ideale per una settimana bianca.>>

Gilmour la guardò incuriosito. Françoise lasciò il vassoio sulla scrivania e si diresse verso un angolo della grande libreria che copriva completamente la parete alle spalle di Gilmour. Il vecchio scienziato la seguì con lo sguardo. Françoise si fermò davanti a uno scaffale e guardò in alto. Si portò brevemente un dito al mento e poi andò a prendere un grosso atlante. Lo sfogliò qualche secondo, e quando ebbe trovato la pagina che voleva lo portò al dottor Gilmour e lo stese davanti a lui sulla scrivania: <<Ecco. Briançon è qui.>>, disse indicando col dito un punto ben preciso della cartina.

La città era veramente molto vicina al confine italiano. 

<<Joe...>>, disse Françoise a un certo punto alzando gli occhi verso la porta.

<<Cosa?...>> toc toc <<ah... Joe, entra pure.>>

La porta si aprì: <<Come faceva a sapere che ero...>> stava dicendo Joe con un'espressione interrogativa, quando vide Françoise <<Aaah.>>

Si avvicinò ai due e si mise a osservare incuriosito il tomo aperto sulla scrivania: <<Che cosa state guardando su questo vecchio atlante?>>

Gilmour si lisciò la barba guardando l'atlante: <<Voi tornate in Francia la prossima settimana, vero?>>

<<Teoricamente sì...>>, disse Joe <<Però, se vuole possiamo restare qui. In fondo non abbiamo impegni...>>

<<No, no. Non intendevo questo figliolo. Siete stati molto cari a venire a passare le feste natalizie qui, ma ormai è la fine di gennaio...>>, disse Gilmour scuotendo una mano in segno di diniego <<Mi chiedevo solo se potrei venire con voi... cioè... se mi voleste accompagnare in questo viaggio a Briançon... invece di tornare subito a Parigi.>>

Joe guardò il professore incuriosito: <<Briançon? Non è quella località sciistica sulle Alpi?>>, chiese guardando Françoise.

Lei annuì: <<Un'amica del professore lo ha invitato lì a casa sua. Ma non saremo di troppo, professore?>>

Gilmour scosse la testa veementemente, muovendo entrambe le mani in segno di diniego: <<Stai scherzando?! Joe ti ha proprio rovinata.>>

<<Cosa avrei fatto io?!>>, chiese Joe sgranando gli occhi.

<<Tra l'altro dice di avere una casa molto grande.>> continuò Gilmour ignorandolo <<Non ci saranno problemi.>>

<<Voglio venire anch'io.>>

I tre alzarono gli occhi. Ivan stava svolazzando con la sua culla.

<<Effettivamente non credo di avere molta scelta.>>, disse Gilmour grattandosi la testa <<Non so proprio a chi lo potrei lasciare... D'altronde sa benissimo quello che ho fatto dal Fantasma Nero.>>

<<Quindi sa di noi cyborgs?>> chiese Joe.

<<Esatto. Comunque...  è deciso. Partiremo la prossima settimana. Domenica, anzi. Che ne dite?>>, disse Gilmour sorridendo.

I due si guardarono l'un l'altro e annuirono: <<Diciamo che va bene.>>, disse Joe.

Françoise riprese il vassoio con la tazza vuota e si diresse verso la porta: <<Mi accompagni, Joe?>>

<<Certo.>>

Il ragazzo la seguì fuori dallo studio, lasciando Ivan e Gilmour da soli. Quando furono arrivati in cucina Françoise posò la tazza di Gilmour dentro il lavandino, riempiendola con un po' d'acqua.

<<Il professore sembra molto eccitato all'idea di questo viaggio.>>, disse Joe <<Chi è? Una sua ex?>>

<<Più o meno.>> disse Françoise continuando a lavare la tazza di Gilmour <<Vuoi del caffè? E' ancora caldo.>>

<<Volentieri...>>, disse Joe sedendosi al tavolo della cucina.

Françoise si asciugò le mani. Poi prese due tazze pulite e il latte dal frigo. Versò del caffè in entrambe, e in una un goccio di latte. Non prese lo zucchero. Tanto lo bevevano entrambi amaro. Passò a Joe quella con il caffè macchiato e si sedette.

<<Grazie.>>, disse Joe prendendo la tazza dalle mani di Françoise.

Sorseggiò il suo caffè macchiato: <<Non ho capito un'altra cosa.>> disse.

<<E cioè?>>, chiese lei incuriosita.

<<In che senso io ti avrei peggiorato?>>

Françoise rise leggera: <<Diciamo che mi vede più aperta.>>, disse prendendo una mano di Joe nella sua <<Però per quanto mi riguarda stare con te non è affatto negativo.>>

Joe si limitò a sorriderle stringendo la mano di Françoise nella sua. Poi si sporse verso di lei per un breve bacio. Si scostò da lei, ma non si allontanò di molto: <<Vorrei ancora un po' di caffè.>>, disse sorridendo.

Lei non si aspettava una richiesta del genere e lo guardò un po' contrariata: <<Veramente... è finito.>>

Joe sorrise, quasi ridendo.

<<Cosa c'è da ridere?>>

<<Gilmour si sbaglia... da quel punto di vista non sei cambiata affatto.>>

Françoise lo guardò con uno sguardo interrogativo.

<<Intendevo dire>>, continuò Joe <<Che vorrei ancora un po' del caffè che si sente sulle tue labbra.>>

Detto questo si sporse nuovamente verso di lei e la baciò una seconda volta, ma stavolta più a lungo. Fu lei a staccarsi da lui. Joe sembrò piuttosto contrariato. 

Lei gli mimò una frase con il labiale, senza parlare: <<Ci sta guardando.>>, poi si alzò portando le due tazze nel lavandino.

Pochi secondi dopo effettivamente Gilmour entrò e portò il cucchiaino a Françoise: <<Mi ero dimenticato di dartelo, Françoise.>>

<<Oh... grazie professore.>>, disse lei prendendo l'oggetto e mettendolo a lavare con gli altri.

Intanto Ivan si mise a piangere nell'altra stanza.

<<Ci penso io.>>, disse Joe alzandosi e uscendo dalla cucina.

Dopo qualche istante il suono del pianto smise.

<<Caspita!>>, esclamò Françoise sorridendo <<Io non ci sono mai riuscita a calmarlo in così poco tempo.>>

Gilmour sorrise: <<Sai Françoise, tu e Joe sembrate veramente fatti per l'una per l'altra. Ormai vi conoscete bene. Tu sai addirittura quanto latte mette nel caffè.>>

<<E che non ci mette lo zucchero.>> aggiunse Françoise sorridendo e scrollando le mani nel lavandino <<Allora non mi ero sbagliata... ci stava guardando già da prima.>>

<<Beh, voi vi siete messi a parlare di me e Sophie...>>

<<Sophie... così si chiama?>>

Gilmour sospirò: <<Sì...>>

 

Parte I

 

Atterrarono all'aeroporto di Torino. Trovarono ad aspettarli un uomo sulla cinquantina, non molto alto, con una capigliatura rada e baffi molto curati che si presentò come lo chaffeur di Sophie.

<<Piacere di conoscervi signori. Il mio nome è Gerard e madame Sophie mi ha incaricato di portarvi fino a casa.>>

<<Madame è stata molto gentile a farci venire a prendere fino a qui.>>, disse Françoise

<<Oh, lei parla la mia lingua signorina...>>, disse l'uomo sentendo l'accento della ragazza.

La ragazza sorrise: <<Beh, sarebbe grave il contrario visto che sono di Parigi.>>

<<Davvero? Effettivamente ora che mi ci fa fare caso, il suo è proprio il classico accento della capitale.>>

Gerard li condusse fino a un'auto di grossa cilindrata. Fece per prendere le valigie dal carrello, ma erano piuttosto pesanti e provava non poca fatica. 

Joe se ne accorse: <<Lasci, faccio io.>>

Joe sollevò le valigie come se fossero state vuote, le sistemò nel bagagliaio, senza fare alcuna fatica, e richiuse la portiera. Gerard lo guardò stupefatto: <<Ma... lei è forse un piccolo Ercole?>>

<<Solo un po' di esercizio fisico.>>, rispose Joe sorridendo e pensando che evidentemente Gerard non sapesse nulla di loro.

<<Madame Sophie ha fatto preparare un seggiolino per il piccolo.>>, disse Gerard aprendo una porta posteriore a Françoise.

Sedutasi, Françoise accomodò Ivan al seggiolino e lo assicurò con le cinture di sicurezza.  Joe entrò dopo di lei e le si accomodò accanto. Gilmour salì davanti.

Gerard si mise finalmente al posto di guida e avviò il motore.

<<Si tratta solo si un centinaio di chilometri. Non ci metteremo molto. Spero che facciate buon viaggio.>>

La macchina si mise in moto.

<<Ivan si è addormentato.>>, disse Françoise accarezzando dolcemente il piccolo sulla testa.

<<Dev'essere molto stanco e sballottato per il viaggio.>>, disse Joe <<Tutte quelle ore di aereo sono tante per un bambino di quell'età, anche se è lui.>>

<<Anche il professor Gilmour si è addormentato.>>, disse Gerard dal davanti.

<<Beh, non ha praticamente dormito durante il viaggio tanto era contento di venire qui.>>, commentò Joe.

<<Capisco.>>, disse Gerard continuando a guardare la strada <<Anche madame era molto contenta che il professore avesse accettato il suo invito. E' così sola da quando il signor Paul e la moglie sono morti... le è rimasta solo Jasmine.>>

<<Non crediamo di seguirla.>>, disse Françoise aggrottando le ciglia.

<<Ah, forse voi non lo sapete. Il figlio della signora, Paul, e sua moglie sono morti circa un anno fa in un incidente stradale. Il marito di madame, monsieur Jean, era morto già parecchi anni prima. Jasmine è praticamente l'unica parente rimasta a madame. E' la figlia di Paul. Poverina... perdere i genitori a quell'età...>>

<<Quanti anni ha?>>, chiese Joe.

<<Ora ne ha 17.>>

<<E' una storia piuttosto triste.>>, disse Françoise stringendosi un po' a Joe, che l'attirò leggermente a sé.

<<Già... e purtroppo ultimamente Jasmine sta dando molte preoccupazioni a madame. Non frequenta buone compagnie, secondo la signora. Rientra sempre tardi la sera. Madame è molto turbata. Spero che la visita del suo amico qui la rallegri un po'. Avete fatto bene a venire anche voi. Madame è felice di avere gente intorno.>>

<<Scusi la domanda...>> chiese Joe <<ma mi pare che madame Sophie abbia un tenore di vita piuttosto alto.>>

<<Sì, è vero.>>, rispose Gerard <<Monsieur era proprietario di parecchi alberghi a Briançon e in altre località sciistiche della zona delle Hautes Alpes. Le ha lasciato una cospicua eredità. Potrebbe vivere di rendita per altre tre vite. Io lavoro per la famiglia di monsieur Jean da 30 anni ormai... ah, come passa il tempo...>>

Davanti a loro, non molto lontano,  si stagliava la visione imponente e maestosa delle Alpi coperte di bianco. Gerard guidava molto bene, in maniera regolare e la macchina era comoda. Anche Françoise si addormentò poco dopo, appoggiandosi a Joe che la teneva a sé con un braccio, mentre guardava il paesaggio invernale piemontese scorrere via dal finestrino.

<<Potrebbe abbassare la radio, per favore?>>, chiese Joe <<La mia ragazza ha orecchie molto sensibili.>>

<<Guardi, la spengo.>>, disse Gerard ammutolendo l'apparecchio <<Tanto a me dà solo noia. Il suo francese è molto buono, sa?>>

<<Grazie...>>

<<La capisco la sua ragazza... anch'io sono di quelli che si svegliano con nulla... la sua ragazza?!>>

Joe lo guardò perplesso: <<Sì, perché?>>

<<Non siete sposati?>>

<<Ehm... no, non ancora.>>

<<E quel bambino allora? Non è vostro?>>

Joe guardò Ivan indeciso sul cosa raccontare. Disse la prima cosa che gli venne in mente: <<Ivan ha perso entrambi i genitori... Gilmour gli si era molto affezionato, così ha deciso di prendersi cura di lui.>> "In fondo è la verità..."

<<Caspita... da come lo trattate con cura lei e la sua ragazza sembra davvero che siate i suoi genitori...>>

<<Beh... ci siamo affezionati molto anche noi a Ivan.>>

<<Se trattate con tanto amore un figlio che non è vostro, immagino che quando ne avrete uno vostro sarà un essere molto fortunato.>>

Joe rimase semplicemente in silenzio. Gerard, non sentendo risposte, lo guardò un attimo nello specchietto retrovisore e notò che aveva un'espressione pensierosa e malinconica, anzi... triste era l'aggettivo più adatto a descriverla.

<<Scusi, se ho detto qualcosa che non va... io...>>

<<Cosa?... No, no. Non si preoccupi Gerard. E' solo che sono un po' stanco per il viaggio. E poi non vorrei che Françoise si svegliasse...>>

<<Mi scusi... parlo sempre troppo. Ma sa... non capita tutti i giorni di parlare con un asso nascente dell'automobilismo...>>

<<Allora lei mi conosce...>>

<<Certo, lei è Joe Shimamura, il pilota di Formula 1. L'ho riconosciuta subito... ma adesso la lascio riposare. Anche se non credo che riuscirà ad addormentarsi. Siamo quasi arrivati ormai.>>

 

Parte II

 

Gerard fermò la macchina davanti a un alto cancello in ferro battuto. Prese un piccolo telecomando e premette un bottone. Una luce arancione posta accanto al cancello, in alto, cominciò a lampeggiare e il cancello iniziò ad aprirsi. La macchina entrò nel cancello non appena si fu spalancato del tutto e si incamminò lungo un ampio vialetto pavimentato in pietra. A circa un paio di centinaia di metri si poteva vedere una grande villa su due piani. L'ampio giardino era completamente ricoperto di neve, ma non era difficile immaginare quelle distese ricoperte di verdissima erba accuratamente tagliata, una volta che la neve se ne fosse andata coi primi caldi. Solo il vialetto era stato liberato dalla neve, così come un ampio piazzale davanti all'entrata principale della casa.

Fu lì che Gerard fermò la macchina. I passeggeri uscirono dall'auto guardandosi ancora esterefatti intorno. Il paesaggio era semplicemente di quelli che mozzavano il fiato. Tutto intorno si vedevano le Alpi coperte di neve e accarezzate dalla luce lunare che si stagliavano contro il cielo. L'aria era di una purezza incredibile.

Joe aiutò Gerard a scaricare le valigie dalla macchina, mentre Gilmour e Françoise continuavano a guardarsi intorno. La porta della casa si aprì e ne uscì una donna, di media statura e in buona forma fisica. 

<<Isaac, è un piacere vederti.>>, disse avvicinandosi al professore con le braccia aperte.

Gilmour, che era ancora catturato dal paesaggio, si voltò con gli occhi sgranati: <<Sophie... Sei proprio tu?>>

La donna sorrise: <<Certo che sono io. Fatti abbracciare.>>

I due si abbracciarono per un lungo istante.

<<Ti trovo benissimo, Sophie.>>, disse Gilmour scostandosi da lei <<Sembra quasi che per te il tempo non sia passato.>>

<<Tu mi lusinghi troppo.>>, disse Sophie portandosi una mano alla guancia con fare imbarazzato. Poi si voltò verso Joe e Françoise che stavano osservando la scena <<Così questi sarebbero i tuoi figliocci...>>

I giovani fecero un'espressione sorpresa nel sentirsi definire come "figliocci" del professore. In fondo lo consideravano come un padre, ma nessuno li aveva mai chiaramente chiamati in quel modo.

<<Questi sono Joe e Françoise... e il piccolo in braccio a lei è Ivan.>>, disse Gilmour facendo le presentazioni.

<<Isaac mi ha parlato molto di voi...>>, disse Sophie avvicinandosi ai due e stringendo la mano a entrambi <<da come lo ha fatto si sente che vi considera come dei figli.>>

<<Molto piacere, madame.>>, disse Joe stringendo la mano alla donna. Anche Françoise fece altrettanto.

<<Ma entriamo.>>, disse Sophie invitandoli avvicinandosi alla porta di casa <<Qui fa freddo e sarete stanchi per il lungo viaggio.>>

Gli ospiti seguirono Sophie all'interno della casa. La donna li accompagnò oltre l'atrio di ingresso all'interno di un grande salone. In un grosso caminetto il fuoco era acceso e scoppiettante. Davanti al caminetto erano sistemati due grandi divani e due poltrone. In un angolo prendeva posto un bellissimo pianoforte a coda di colore nero. Una scalinata conduceva sinuosa al piano di sopra. In un altro angolo una tavola era apparecchiata per cinque persone. Il resto della stanza era arredato con buon gusto, senza essere pacchiano. Le pareti erano ricoperte di quadri.

<<La cena sarà pronta fra poco. Immagino che avrete fame...>>, disse Sophie fermandosi accanto a un divano.

Effettivamente era quasi ora di cena, almeno secondo l'ora francese. Sophie suonò un campanellino che trasse da una tasca e immediatamente un uomo vestito da maggiordomo fu da loro.

<<Robert,>>, gli disse Sophie <<per favore, accompagna gli ospiti nelle loro camere. Ma dov'è Michel?... C'è da portare i bagagli di sopra...>>

<<Non è necessario, madame.>>, disse Joe <<Ci penso io.>>

Sophie lo guardò perplessa, poi annuì: <<Va bene. Ma almeno lasciate che Robert porti la valigia di Isaac.>>

Robert prese la valigia del professore e li invitò a seguirli fin sopra la scalinata. Arrivarono in un lungo corridoio. Robert aprì una porta: <<Prego professore, questa è la sua stanza. Spero che sia di suo gradimento.>>

<<Grazie Robert.>>, disse Gilmour entrando e guardandosi interno.

La stanza aveva un aspetto veramente confortevole. C'era anche un piccolo caminetto, in cui il fuoco era già stato acceso: <<Credo proprio che starò benissimo.>>, disse Gilmour guardandosi intorno sorridendo <<Françoise, lascia pure a me Ivan. Ci penso io.>>

<<Come vuole professore.>>, disse la ragazza porgendogli il bambino.

Robert lasciò la valigia del professore accanto al letto quindi fece segno agli altri due ospiti di seguirlo. Richiuse la porta dietro di sé.

<<Lor signori preferiscono condividere la stessa stanza o avere una stanza ciascuno?>>, chiese loro incamminandosi.

I due si guardarono l'un l'altro in un breve sguardo di intesa: <<Una stanza sola sarà più che sufficiente.>>, disse Joe.

Robert non disse niente, ma si fermò davanti a una porta e la aprì: <<Accomodatevi, prego.>>

Anche questa stanza aveva un aspetto confortevole ed era arredata con gusto. Anche qui il fuoco brillava in un caminetto, emanando una soffusa luce calda e accogliente. Era molto simile alla stanza di Gilmour, se si eccettuavano pochi particolari e il letto a due piazze. Joe lasciò le valigie accanto al letto.

<<Spero che la stanza sia di vostro gradimento.>>, disse Robert.

<<Andrà benissimo. Grazie.>>, disse Françoise.

<<Dovere, signorina.>> disse il maggiordomo sorridendo <<La cena sarà servita alle 8 in punto. Avete il tempo di rinfrescarvi, se volete. La toilette è dietro quella porta.>> e indicò una porta sulla sua sinistra <<Ora, se mi permettete.>>

<<Certo Robert. Grazie di tutto.>>, disse Joe.

Il maggiordomo accennò un inchino e uscì dalla stanza.

<<Non è bellissima?>>, disse Françoise muovendosi a piccoli passi per la stanza, quasi stesse danzando.

<<Sì, decisamente.>>, disse Joe sorridendo e osservandola con le braccia incrociate.

Françoise si fermò davanti alla finestra: <<Guarda. C'è un paesaggio stupendo da qui.>>

Dalla finestra si aveva una fantastica vista su una grande vallata innevata mentre in lontananza si vedevano ancora le Alpi.

Joe le si avvicinò e si mise a guardare anche lui, restandole dietro la schiena e appoggiandole una mano su una spalla sinistra: <<Hai ragione... è una vista meravigliosa.>>

Lei mise la sua mano destra sulla mano di Joe appoggiata sulla spalla e volse la testa verso di lui: <<Abbiamo fatto bene ad accompagnare il professore... ne valeva la pena.>>

<<Sì, credo anch'io. Sarà una bella vacanza... sarebbe stato bello se ci fossero stati anche gli altri...>>

<<Io non ti basto?>>, chiese lei fingendosi contrariata e accennando un sorriso.

Lui sorrise cingendole la vita con l'altro braccio e attirandola a sé: <<Tu non mi basti mai.>>

Abbassò la testa verso quella di lei fino a che le loro labbra non si incontrarono per un breve bacio.

<<Adesso sarà meglio disfare le valigie e rinfrescarci un po'.>>, disse Françoise quando le loro labbra si separarono.

 

Parte III

 

La cena fu squisita. Dopo mangiato si sistemarono tutti sui divani di fronte al grande caminetto del salone. Anche Ivan era con loro, in braccio a Françoise. 

<<Quella ragazza mi farà impazzire. Vi prego ancora una volta di scusarla.>>, si stava lamentando Sophie, alludendo a Jasmine che non era ancora rientrata.

<<Non preoccuparti Sophie. E' solo una ragazzina di 17 anni... sarà in giro a divertirsi con i suoi amici.>>, disse Gilmour, seduto sull'altra poltrona.

<<Già,>> disse Sophie rabbuiata <<ma è proprio questo che mi preoccupa.>>

<<Frequenta cattive compagnie?>>, chiese Joe.

<<Non con dei criminali, certo...>>, rispose Sophie alzandosi e dirigendosi verso una finestra che dava sul fronte della villa <<ma ultimamente si è messa a frequentare un gruppo di quei ragazzi che non fanno niente dalla mattina alla sera, escono tutte le sere e tornano la mattina a casa. Tutti figli di papà che non sanno che farsene del proprio tempo e denaro, e lo sprecano... ah, dove ho sbagliato con quella ragazza?>>, chiese a nessuno in particolare, scuotendo la testa.

<<Beh, dopo la morte dei genitori non dev'essere stato facile per lei...>>, disse Françoise.

<<Sì, lo so... ma io ho cercato di fare del mio meglio... eppure...>>

Sophie portò una mano alla fronte e scosse la testa per qualche secondo e si voltò verso di loro: <<Scusatemi, vi sto annoiando coi miei problemi.>>

<<Non preoccuparti Sophie... è comprensibile che tu sia preoccupata.>>, disse Gilmour sorridendo senza denti.

<<Joe, Françoise,>>, disse Sophie rivolgendosi ai due <<perché non uscite? E' una bella serata stasera. L'ideale per fare una passeggiata. Non è giusto che due giovani come voi passino la serata con due mummie.>>

<<Non è una cattiva idea.>>, disse Françoise <<Che ne dici Joe?>>

<<E' molto lontana la città da qui?>>, chiese Joe rivolgendosi a Sophie.

<<No, 10-15 minuti a piedi.>>

<<Per me possiamo andare.>>, disse Joe a Françoise.

<<Bene.>> disse la ragazza sorridendo. <<Vado a mettere a letto Ivan. Torno subito. Ti porto io la giacca a vento e la sciarpa.>>

Françoise si alzò e andò di sopra.

<<Può spiegarmi come si arriva in città?>>, chiese Joe a Sophie.

<<Certo.>>

La donna gli dette poche indicazioni. Intanto Françoise tornò con le cose di Joe. Il ragazzo le indossò.

<<Beh, allora noi andiamo.>>, disse Joe avviandosi verso la porta insieme a Françoise.

<<No, aspettate.>>, lo fermò Sophie <<Accanto alla porta d'ingresso c'è un mazzo di chiavi con un portachiavi a forma di cristallo di neve. Prendetele. Sono le chiavi di casa e del cancelletto. Così potrete stare fuori quanto volete.>>

<<Va bene. La ringraziamo.>>, rispose Françoise sorridendo.

I due si avviarono. Poco dopo si sentì il portone d'ingresso chiudersi.

<<Sono contento di averli portati con me.>>, disse Gilmour a quel punto.

<<Non sembrano proprio due cyborgs. Se non lo sapessi li prenderei per due esseri umani qualunque.>>, disse Sophie sedendosi sulla poltrona accanto a quella di Gilmour <<Devo dire che hai fatto veramente un lavoro perfetto.>>

<<Se non lo sapessi non ti porresti nemmeno la domanda.>>, disse Gilmour malinconico, guardando il fuoco <<Sophie, io non ne vado affatto fiero. Me ne pento ogni giorno della mia vita.>>, disse rattristendo ancora di più e portandosi una mano alla fronte.

<<Sì, lo so, Isaac. E'  per questo che ho smesso di dedicarmi alla cibernetica e alla scienza.>>

Gilmour la guardò con uno sguardo abbacchiato: <<Avrei dovuto capirlo anch'io che era un errore... ma la mia ambizione, la mia stupida ambizione...  è stata troppo forte. Capisci? Ho rubato la vita a delle persone e l'ho fatto solo per il mio egoismo. Non me lo potrò mai perdonare.>>

<<Isaac, è vero quello che dici. Ma tu sei stato plagiato da quell'organizzazione criminale. Ti hanno preso nel tuo punto debole. Ma almeno tu hai fatto qualcosa che tanti altri non hanno fatto: hai capito il tuo errore e ti sei fermato.>>

<<Sì, ma l'ho fatto troppo tardi, quando ormai l'irrimediabile era fatto.>>

<<Hai aiutato quelle persone a riavere una vita. Loro non ce l'hanno con te per quello che hai fatto. Hai voluto loro bene come se fossero figli tuoi e... loro ti amano come un padre.>>

Gimour guardò la vecchia amica con uno sguardo pensieroso, senza rispondere. Sospirò profondamente e le sorrise: <<Ti ringrazio Sophie. Sei una cara amica. Ma io...>>

<<Isaac, non possiamo tornare indietro e fare sì di non commettere i nostri errori, ma possiamo fare in modo di non commettere più quegli stessi errori. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.>> gli posò una mano sul braccio <<Tutto quello che puoi fare è cercare di vivere la tua vita al meglio delle tue possibilità, cercare di trarne il massimo. Anche loro l'hanno capito e il fatto che abbiano deciso di vivere i loro sentimenti pur essendo dei cyborgs lo dimostra.>>

Gilmour soppesò a una a una le parole dell'amica: <<Joe e Françoise si sono trovati. Ma gli altri? Ivan, Jet, Albert, Geronimo, Chang, Bretagna, Punma... loro...>>

<<Loro hanno te. E gli altri. Isaac, se avessero dovuto affrontare tutto questo da soli non ce l'avrebbero fatta. Ma hanno trovato te e si sono trovati gli uni con gli altri. Ti assicuro che siete molto più uniti voi di tante famiglie legate dal sangue. Tu ti dai troppe colpe e non vuoi guardare ai tuoi meriti... ma adesso basta cattivi pensieri.>>

Gilmour abbassò un attimo lo sguardo, pensieroso, poi lo rialzò, sorridente: <<Ho fatto veramente bene a venire.>>

 

Parte IV

 

Joe e Françoise entrarono nel centro storico attraverso la Porte de Pignerol. C'era molta vitalità in giro nonostante il freddo. Discesero lungo la Grande Gargouille, la strada che attraversa il borgo in tutta la sua lunghezza. A un certo punto si trovarono davanti a una fontana posta in una rientranza tra le casa. Françoise si fermò.

<<Cosa c'è?>>, chiese Joe incuriosito.

<<Sai come si chiama questa fontana?>>

Joe guardò la fontana curioso e scosse la testa: <<No, non ne ho idea.>>

Lei sorrise: <<Fontane Françoise... come me.>>

<<Sul serio? Sembri conoscere bene questa città.>>

<<A volte ci venivo con la mia famiglia.>>, disse lei avvicinandosi e prendendolo a braccetto.

<<Quindi c'eri già stata?>>

I due ricominciarono a camminare: <<Sì, ma è stato tanto tempo fa. Venivamo durante le vacanze di Natale a volte... cosa succede laggiù?>>

Joe si voltò e tornò a guardare la strada. Poco lontano da loro si era formato un crocchio di persone e si sentivano distintamente delle persone litigare. Joe e Françoise si avvicinarono. In mezzo al gruppetto c'erano un uomo sulla cinquantina vestito da barista da una parte e un gruppetto di cinque ragazzi dall'altra, tre maschi e due femmine. Non dovevano avere più di 100 anni in cinque.

<<Marc, guardate di andarvene e alla svelta e di non farvi più vedere nel mio locale! E' chiaro?!>>, stava urlando l'uomo.

<<E chi ci viene più nel tuo locale da schifo, vecchio. La gente che lo frequenta è stupida e il servizio fa vomitare.>>, rispose quello che doveva essere Marc.

<<Come osi, sfaticato che non sei altro?! L'unica cosa che sai fare è ubriacarti tutte le sere e spendere i soldi di tuo padre! Ah, se fossi stato io tuo padre...>>

<<Cos'avresti fatto? Mi avresti dato tante botte da farmi rinsavire? Certo, con quel figlio handicappato che ti ritrovi non te lo puoi permettere!>>

<<Io ti... ti...>>

<<Avanti,>> disse Marc facendogli un cenno con la mano e invitandolo a farsi avanti <<ti aspetto, specie di relitto umano.>>

Françoise sgranò gli occhi: <<Mio Dio, ha un coltello in tasca e sembra che abbia tutta l'intenzione di usarlo!>>

Joe la guardò con gli occhi sbarrati: <<Cosa!?>>

Poi, senza perdere tempo si buttò in mezzo ai due. L'uomo aveva già serrato i pugni ed era pronto a colpire.

<<Non mi sembra il caso di dare spettacolo.>>, disse Joe frapponendosi tra i due litiganti.

<<E tu chi diavolo sei? Chi ti ha dato il permesso di intrometterti?>>, chiese Marc.

<<Sono uno a cui non piace la violenza, soprattutto quando è gratuita.>>, disse Joe guardandolo fisso negli occhi.

<<Ah sì?>>

Il ragazzo fece uscire il coltello dalla tasca e lo brandì indirizzandolo verso Joe. Ma quest'ultimo evitò il colpo e fermò il braccio di Marc con una mano, facendo rigirare il ragazzo su se stesso in modo di piegargli il braccio dietro la schiena.

<<Allora, cosa dici? Lo lasci quel coltello?>>

Il ragazzo imprecò: <<Vai al diavolo.>>

Joe a quel punto strinse così forte che Marc fu costretto a lasciare il coltello cadere per terra. Joe lo lasciò e spinse via il coltello verso Françoise con un calcio. Ma Marc, tornato libero, si girò fulmineamente. Intenzionato a tirargli un pugno in faccia.

<<Io ti ammazzo!>>

Joe si limitò ad evitarlo. Per lo slancio Marc finì per cadere per terra. A quel punto intervenirono anche gli altri due ragazzi del gruppo, che si gettarono su Joe bloccandolo da dietro. Marc si rialzò e si lanciò di nuovo contro Joe brandendo il pugno. Joe si scrollò di dosso i due ragazzi come se fossero stati di carta e poi fermò il pugno di Marc con il palmo della mano. Il ragazzo non volle rassegnarsi e fece partire anche l'altro pugno, che Joe fermò prontamente con l'altro palmo della mano.

<<Allora, la finiamo?>>, chiese Joe restando impassibile di fronte a lui.

In tutta risposta Marc gli mollò un calcio sullo stomaco che avrebbe steso un bue. Ma Joe non fece una piega. Continuò a guardarlo con uno sguardo sprezzante.

<<No, non è possibile...>>, stava dicendo Marc con un'espressione di stupore sul viso. Evidentemente era la prima volta che trovava così tanta difficoltà in una rissa.

Joe, stancatosi, spinse appena con i palmi delle mani, quel tanto che bastò per far volare Marc per terra. Il ragazzo lo guardò furioso, ma dovette ammettere la sua sconfitta: <<Ci rivedremo. Giuro che me la paghi, maledetto.>>

Detto questo si allontanò di corsa, seguito dai suoi amici.

<<E' sicuro di star bene, ragazzo?>>, chiese il barista a Joe dopo che Marc e i suoi compagni si furono dileguati.

<<Sì, signore. Non si preoccupi. Non mi ha fatto nemmeno il solletico.>>, disse Joe sorridendo e passandosi velocemente le mani lì dove Marc aveva colpito, per mandare via il segno della scarpa.

<<Con un calcio come quello una volta stese un uomo di due metri grosso come una montagna. Dev'essere bello robusto lei.>>, disse l'uomo sorridendo <<Posso offrirle qualcosa? Per sdebitarmi di avermi impedito di fare una sciocchezza.>>

<<Non è necessario...>>

<<Mi permetta di insistere.>>

Joe, capendo che non avrebbe rinunciato, accettò: <<Va bene, ma siamo in due.>>, disse indicando con lo sguardo Françoise.

<<Non c'è problema... venite, venite.>>

L'uomo li condusse in una specie di pub, che era proprio lì davanti. Era piuttosto ampio. C'era una bella atmosfera dentro, anche se non c'era moltissima gente. Una band stava suonando in un angolo del salone. La musica era al giusto volume. Si sentiva ma non era così alta da impedirti di sentire quello che ti dicevano le persone che avevi accanto. In mezzo alla sala c'era uno spazio vuoto, dove alcune coppie stavano ballando. Tutt'intorno c'erano i tavoli. 

L'uomo fece sedere i due ragazzi a un tavolino in un angolo: <<Cosa vi posso offrire?>>

<<Non saprei...>>, disse Joe <<Lei cosa consiglia?>>

<<Potrei prepararvi la mia specialità. E' un cocktail di mia invenzione. Va a ruba qui.>>

<<Ottimo.>> disse Joe <<Me ne porti uno.>>

<<Due.>>, disse Françoise.

<<Bene.>>, disse l'uomo <<Sarò qui tra un attimo.>>

L'uomo si allontanò.

<<Se non fosse stato per te quell'uomo se la sarebbe vista davvero brutta.>>, disse Joe prendendo le mani di Françoise tra le sue.

<<Sei tu quello che l'ha fermato.>>, disse lei sorridendo.

<<Ma sei tu quella che ha visto il coltello.>>

<<Vogliamo litigare su chi abbia il merito?>>

Joe sembrò fece finta di pensarci, poi scosse la testa: <<Naa.>>

Françoise rise per il modo in cui glielo disse.

<<Hai preso quel coltello?>>, le chiese Joe.

<<Ah, sì. Era un coltello a serramanico. E ti dirò di più. E' anche uno di quelli professionali, che costano parecchio.>>

Joe la guardò sorpreso: <<Vorrebbe dire che l'ha comprato in un negozio di armi... roba da pazzi.>>

L'uomo arrivò in quel momento con un vassoio. Posò davanti a loro due invitanti bicchieri con un profumato liquido arancione e una mezza fettina d'arancia.

<<Spero che siano di vostro gradimento.>>, disse.

<<Grazie.>>, disse Joe assaggiandone un sorso <<E' buonissimo.>>

<<Confermo.>>, disse Françoise.

<<Mi fa piacere che vi piaccia.>>, disse l'uomo <<Ma sono io che devo ringraziarla. Stavo per fare una sciocchezza... ma quel ragazzo e i suoi amici mi hanno veramente esasperato. Stasera avevano toccato il fondo.>>

<<Che cos'avevano combinato? Se si può sapere.>>, chiese Françoise incuriosita.

<<Vedete l'angolo laggiù, dove quella ragazza sta pulendo per terra?>>, disse l'uomo indicando con il viso.

Effettivamente, nell'angolo opposto al loro,  una cameriera stava pulendo per terra con lo straccio.

<<Loro erano seduti là. A un certo punto si sono messi a fare un baccano assurdo e a buttare bicchieri e bottiglie per terra e a buttare pezzi di cibo addosso ai clienti. Prima era pieno qui. Come vedete, adesso è mezzo vuoto.>>, disse guardando sconsolato la sala.

<<Ma perché fanno cose del genere?>>, chiese Joe.

<<Quelli sono tutti figli di papà che non sanno come sprecare il proprio tempo. Hanno creato parecchi problemi, non solo a me, ma un po' a tutti. Fanno prepotenze, dispetti. Sono dei veri demòni. E i genitori se ne fregano. Finora avevo sempre sopportato, ma stasera... e poi quando ha offeso mio figlio... Sapete, lui ha la distrofia muscolare ed è costretto su una sedia a rotelle... No, avrei fatto una pazzia, stasera.>>, disse scuotendo la testa <<Per fortuna mi avete fermato... Ma forse vi sto annoiando... E non mi sono nemmeno presentato. Io mi chiamo Alain. Piacere di conoscervi.>>

L'uomo porse a Joe la mano e il ragazzo la strinse: <<Io mi chiamo Joe e lei è Françoise.>>

<<Enchanté.>>, disse l'uomo stringendo la mano della ragazza.

<<Piacere di conoscerla Alain.>>, disse Françoise sorridendo.

<<Mi scuso per essermi sfogato con voi.>>, disse poi Alain.

<<No, no... non si preoccupi.>>, disse Joe.

<<Comunque adesso torno al lavoro. Per qualunque cosa fate un cenno e ordinate pure quello che volete. Offre la casa.>>

L'uomo se ne andò lasciandoli di nuovo soli.

<<Sai che è proprio buono questo cocktail?>>, disse Françoise bevendo un sorso <<chissà cosa ci mette dentro?>>

<<Anche se glielo chiedi dubito che te lo dirà mai... ha detto che è una sua specialità. Immagino che la ricetta sia segreta.>>

<<Purtroppo credo che tu abbia ragione.>>, rispose lei sorridendo e guardandosi un po' intorno.

Dopo un po' si accorse che Joe restava fermo nella stessa posizione da un bel po', con una mano a reggere il mento e lo sguardo fisso su di lei.

<<Ho qualcosa che non va?>>, gli chiese perplessa.

Lui si limitò a scuotere appena la testa.

<<E allora perché mi stai guardando fisso in quel modo.>>

Lui aggrottò le ciglia: <<Pensavo che ti facesse piacere che ti guardassi. Ti guardo perché sono innamorato pazzo di te.>>, disse sorridendo.

La band cominciò a suonare un'altra canzone

Lei abbassò un attimo gli occhi, giocando con una cannuccia del suo bicchiere: <<Adulatore...>>

(I'll be your dream, I'll be your wish, I'll be your fantasy...)

<<E' vero!>>, finse di protestare lui. Poi tornò serio <<Mi dispiace solo di essermene voluto accorgere troppo tardi.>>

(I'll be your love, I'll be your hope, be everything that you need)

Lei sorrise dolcemente rialzando lo sguardo su di lui: <<Non ci pensiamo più, Joe. Pensiamo solo al presente e al futuro. A me basta che tu sia vicino a me. Non mi interessa nient'altro.>>

(I'll love you more with every breath truly madly deeply do)

Lui sorrise e le prese una mano: <<Ti va di ballare?>>

(I will be strong, I will be faithfull...)

Lei annuì. Si alzarono senza lasciarsi la mano e Joe la condusse al centro della sala, dove le altre coppie stavano ballando.

(...'cause I'm counting on a new beginning, a reason for living, a deeper meaning, yeah)

Cominciarono a ballare lentamente, come suggeriva la canzone, stretti l'uno all'altro, consapevoli solo della presenza l'uno dell'altro e della musica.

I wanna stand with you on a mountain, I wanna bathe with you in the sea, I wanna stay like this forever until the stars fall down on me...

(N.d.Laus: per chi non l'avesse riconosciuta, la canzone a cui si fa riferimento in questa parte finale è Truly madly deeply dei Savage Garden. E' una canzone di pochi anni fa, quindi forse non è proprio realistico "sentirla" in una fic dedicata a Cyborg 009. Però, io, quando ascolto questa canzone, mi sembra che sia fatta apposta per questi due qui e così mi sono detta che del realismo cronologico me ne posso anche fregare ^^. Se non ci credete che sembra fatta apposta per loro, provate a leggervi il testo, con tanto di traduzione, presente in questo link insieme ad altri testi dei Savage Garden. E' la terza canzone della pagina.)

 

Parte V

 

Joe aprì il cancelletto più piccolo che era a un lato di quello dal quale erano entrati con la macchina il pomeriggio. Lì la luce della città non arrivava. Il cielo poteva essere ammirato in tutto il suo splendore. 

Joe alzò gli occhi: <<Credo di non aver mai visto tante stelle in vita mia.>>

Françoise guardò il cielo: <<E' vero... è uno spettacolo stupendo. Però si stanno avvicinando delle nuvole laggiù.>>

Percorsero in fretta il viale che portava alla casa e Joe aprì la porta con la chiave. Entrarono e si diressero nel salone.

<<Jasmine!>>

A Joe venne quasi un colpo e guardò Françoise come a dirle che poteva anche avvertirlo visto che lei sicuramente si era accorta della presenza della donna, in quanto non aveva fatto la minima piega. Françoise si accorse dell'occhiataccia che le aveva mandato Joe e alzò le spalle come a dire: "Non ci ho pensato."

Sophie era davanti a loro in veste da camera, con una mano appoggiata su una spalliera del divano. Doveva essere rimasta sveglia fino ad allora ad aspettare.

<<Scusatemi ragazzi.>> disse <<Pensavo che fosse mia nipote.>>

<<Non è ancora rientrata?!>>, chiese Françoise sorpresa.

<<No. Mi ha telefonato dicendo che tornava tardi... almeno quello. Scusatemi ancora. Ho chiesto a Robert di tenere acceso il fuoco in camera vostra. Vi auguro una buona notte.>>

<<Buonanotte anche a lei.>>

I due si incamminarono sulla scalinata e scomparvero nella loro stanza.

<<Vorrei farmi una doccia.>>, disse Françoise togliendosi il giaccone e cominciando a spogliarsi <<Ho dovuto dare da mangiare a Ivan prima di cena e ho avuto appena il tempo di rinfrescarmi un po'.>>

<<Fai pure... io vado a prendere un bicchiere d'acqua in cucina.>>, le rispose Joe togliendosi la giacca a vento e la sciarpa.

<<Ne porti uno anche a me, per favore?>>

<<Va bene.>>

Uscì di nuovo dalla stanza e scese nel salone. Sophie era sempre seduta sul divano davanti al fuoco. Lo guardò quando si accorse della sua presenza.

<<Ho voglia di un bicchiere d'acqua...>>, disse Joe come per giustificarsi.

Sophie sorrise: <<Certo... sai dov'è la cucina, no?>>

<<Sì... potrei prendere direttamente una bottiglia d'acqua? Ho l'abitudine di tenerne una vicino al letto quando dormo.>>

<<Certo.>>, rispose lei sorridendo. <<Le bottiglie nuove sono nello stanzino accanto al frigo. Prendi pure tutto quello di cui hai bisogno.>>

Lui continuava a guardarla perplesso.

Sophie ricominciò a guardare il fuoco con uno sguardo triste: <<Non preoccuparti per me. Ormai succede quasi sempre che torni tardi la notte. Sono io che dovrei smetterla di assillarmi. Forse le sto troppo addosso. Magari è per questo che si comporta così.>>

<<Non sia ingiusta con se stessa. Sua nipote dovrebbe essere solo grata di poter contare su una persona come lei. Forse è semplicemente troppo confusa per potersene accorgere.>>

Sophie sorrise guardando il ragazzo: <<Scusa se te lo chiedo... tu non hai nessun parente, vero?>>

Joe scosse la testa: <<No... sono cresciuto in un orfanotrofio. Però... per me è come se Gilmour e gli altri fossero la mia famiglia. Ma fino a che non li ho conosciuti non sapevo cosa volesse dire avere una famiglia, dei parenti... cioè delle persone su cui contare. Per questo credo che sua nipote sia molto fortunata ad avere lei.>>

<<Sei un bravo ragazzo Joe... però adesso è meglio che tu vada. Non voglio che Françoise ti aspetti a lungo per causa mia. Credo che andrò a letto anch'io.>>, disse alzandosi.

<<Buonanotte, madame.>>

<<Buonanotte anche a te.>>

Sophie si diresse verso le scale e cominciò a salire verso il piano di sopra.

Joe la guardò per qualche attimo, poi si diresse in cucina e prese una bottiglia d'acqua e due bicchieri, per tornare quindi in camera.

Quando entrò trovò Françoise seduta davanti allo specchio che si stava spazzolando i capelli.

<<Ci hai messo del tempo.>>

Joe posò la bottiglia e i bicchieri su un tavolo in un angolo della stanza. Riempì i bicchieri e si avvicinò a Françoise porgendogliene uno e dandole un breve bacio sulle labbra. Poi andò a ravvivare un po' il fuoco nel caminetto: <<Ti sono mancato?>>

Lei bevve un sorso d'acqua: <<Mi chiedevo solo se fossi andato a prendere l'acqua direttamente ad Evian.>>

<<Ma non è un po' più su di qua?>>, chiese lui mentre si sbottonava la camicia.

<<Sì, è al confine con la Svizzera, vicino al Lago di Ginevra.>>

<<Magari avrei potuto anche farlo...>>, disse Joe dirigendosi verso la toilette <<Vado a farmi una doccia anch'io.>>

Françoise finì il suo bicchiere d'acqua, mentre sentì iniziare lo scroscio della doccia. Posò il bicchiere sul ripiano davanti allo specchio e mise a posto le sue cose con cura. Quindi si alzò dalla sedia e andò a versarsi un altro bicchiere d'acqua. Sullo stesso tavolo dov'era appoggiata l'acqua c'era anche una borsa con dei suoi documenti dentro. La aprì e ne tirò fuori la sua agenda. La aprì all'inizio, dove erano le pagine sinottiche dei mesi. Non aveva impegni di lavoro fino a marzo. A quel punto anche Joe sarebbe stato impegnatissimo col mondiale. Tanto valeva godersi il tempo che potevano passare insieme... Bevve un altro sorso d'acqua e le pagine dell'agenda tornarono indietro da sole, alla pagina che rappresentava tutto l'anno precedente. Françoise notò qualcosa che le fece fare un'espressione perplessa. Posò il bicchiere sul tavolo e prese l'agenda con le due mani, guardando la pagina pensierosa... ma in quel momento Joe le cinse la vita da dietro e le baciò il collo.

<<Cos'è quella faccia preoccupata? Qualcosa che non va?>>, le chiese.

Lei sembrò pensarci un attimo, poi scosse la testa e richiuse l'agenda posandola sul tavolo: <<No, niente.>>

Si girò all'interno dell'abbraccio di lui e gli diede un breve bacio sulla bocca.

<<Sei sicura che vada tutto bene?>>, le chiese scostando la testa dalla sua e guardandola negli occhi con un'espressione preoccupata.

Lei sorrise: <<Sono in una romantica stanza di una splendida villa in una delle località più belle delle Alpi, con un bel fuoco acceso e il ragazzo che amo tra le braccia. Secondo te non va tutto bene?>>

Gli diede un altro breve bacio sulla bocca, e poi ritrasse indietro la testa per studiare la sua espressione. Lui le sorrise appena, senza dire una parola. Poi la baciò nuovamente, stavolta più profondamente e a lungo di prima, spostandosi poi delicatamente a baciarle il collo e cominciando a giocare con la cintura dell'accappatoio di lei e a muovere le mani sulla sua pelle di seta, fino a che l'accappatoio non scivolò per terra. Lei fece fare la stessa fine a quello che indossava lui. Con delicatezza, senza smettere di baciarla, la spinse fin sopra il letto e si sdraiò accanto a lei. La luce soffusa e calda del fuoco danzava sui loro corpi avvolgendoli. I loro sguardi si incrociarono appena un attimo, libri aperti l'uno per l'altro. Joe ricominciò a baciarla e ad accarezzarla, sempre più intensamente, sapendo benissimo dove doveva andare. Anche lei cominciò istintivamente a muovere le sue mani lungo il corpo di lui, con la stessa dimestichezza e naturalezza. 

Fuori, intanto, era cominciato a nevicare.

(N.d.Laus: mi sono resa conto che questo passaggio, quello dell'agenda (che avevate capito?) non è molto chiaro. Allora, ricordatevi che siamo tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio (vedi Prologo), quindi si presume che l'agenda in questione sia piuttosto nuova e che Françoise l'abbia appena cambiata. Non so se avete presente come è fatta una Smemoranda. Nelle Smemorande c'è sempre una pagina che riporta tutto l'anno precedente. E' a una pagina di questo tipo che si fa riferimento.)

 

Parte VI

 

Françoise aprì gli occhi svegliata dal rumore del portone principale che sbatteva. Alzò lo sguardo verso Joe, che stava dormendo tranquillamente. Lei era accucciata contro di lui, nell'incavo del suo braccio, che la avvolgeva delicatamente. Forse era rientrata Jasmine. Dette un'occhiata a un orologio appeso a una parete: erano le 5.

Decise di rimettersi a dormire e appoggiò la testa sulla spalla di Joe, dove l'aveva prima.

<<Ti sembra questa l'ora di tornare?! Dove sei stata?>>

Era la voce di Sophie. Non avrebbe voluto ascoltare. Ma la casa era immersa nel silenzio più totale, e per lei era praticamente impossibile non sentire.

<<Non rompere, nonna.>>

Le due voci si avvicinarono. Dovevano stare salendo le scale.

<<Ma perché mi devi fare questo?>>

<<Io non ti faccio nulla. Ti chiedo solo di lasciarmi vivere in pace.>>

Una porta vicina sbatté. Doveva essere quella della camera di Jasmine. Françoise provò un po' di pena per Sophie e si accucciò ancora di più contro Joe, che da parte sua, continuando a dormire, si girò su un fianco, rivolto verso di lei, abbracciandola anche con l'altro braccio.

Françoise, che aveva timore di averlo svegliato, trattenne un attimo il respiro. Poi sorrise e si avvicinò ancora di più a lui, tirando più su le coperte e appoggiandogli poi un braccio su un fianco. Restò a guardarlo dormire a lungo, immobile, pensando che non aveva mai provato per nessuno quello che provava per lui. Lo amava da star male. Restò così fino a quando non si addormentò di nuovo anche lei.

Riaprì gli occhi solo quando il sole era già ampiamente alzato, verso le 8 e mezzo. Si ritrovò davanti Joe, esattamente come l'aveva lasciato l'ultima volta. Però ora era lui che guardava lei con un sorriso dolce disegnato sulle labbra.

 <<Buongiorno.>>, le disse dandole un breve bacio sulle labbra.

Lei gli sorrise teneramente: <<Buongiorno... quant'è che sei sveglio?>>

Lui ci pensò un attimo: <<Non lo so... mi pare di essermi svegliato alle 7, 7 e un quarto... ma non ne sono sicuro.>>

<<E sei restato tutto questo tempo immobile a guardarmi?>>, chiese lei sdraiandosi sulla schiena

Lui aggrottò la fronte: <<Come fai a sapere che sono stato immobile?>>

Lei ci pensò un po' su: <<E' una lunga storia...>>

Joe si limitò a sorridere, poi si sporse sopra di lei e le accarezzò i capelli con una mano, baciandola. Lei gli mise le braccia intorno al collo, invitandolo ad andare avanti.

Fecero nuovamente l'amore. Poi si alzarono e si vestirono. Uscirono dalla stanza e furono riempiti dell'odore forte del caffè appena fatto. Scesero nel salone, dove incontrarono Sophie.

<<Buongiorno ragazzi. Dormito bene?>>

<<Buongiorno a lei.>>, disse Joe sorridendo <<Abbiamo dormito benissimo.>>

<<Mi fa piacere. Se volete fare colazione, accomodatevi in cucina. Isaac è già lì. Poi vi consiglio di andare a fare una bella sciata. Stanotte è nevicato e c'è della bellissima neve fresca sulle piste.>>

<<Grazie.>>, le disse Françoise sorridendo.

<<Jasmine è tornata?>>, chiese Joe cambiando tono di voce.

Il viso di Sophie si rannuvolò un po': <<Sì, è tornata. Sta dormendo. Spero che si svegli almeno per ora di pranzo. Adesso, vogliate scusarmi.>>

Sophie si allontanò da loro. I due si diressero in cucina, dove trovarono la tavola apparecchiata per la prima colazione. Il professore era seduto di fronte a una tazza di caffè fumante e stava leggendo un giornale. Quando entrarono alzò lo sguardo verso di loro e sorrise.

<<Buongiorno ragazzi.>>

<<Buongiorno a lei, professore.>>

I due si sedettero. Joe prese un bricco di caffè e ne versò un po' in due tazze, dandone una a Françoise.

<<Grazie.>>, disse lei <<Ha passato una buona nottata, professore?>>

<<Sì, Françoise.>>, disse Gilmour ripiegando il giornale e posandolo sul tavolo <<Ho dormito come un pascià. Peccato che non avessi una graziosa ballerina francese a farmi compagnia...>>

Per poco a Françoise non andò di traverso il caffè: <<Professore!>>

<<Lo sa che se fosse stato un po' più giovane mi sarei arrabbiato seriamente?>>, disse Joe prendendo un croissant da un cestino in mezzo al tavolo.

<<Infatti se fossi stato un po' più giovane non ci avrei nemmeno pensato a fare una battuta del genere.>>, rispose Gilmour ridendo <<E' logico che tu sia geloso. Lo sarei anch'io se si trattasse di Françoise.>>

<<Adesso smettetele tutti e due.>>, disse lei arrossendo.

<<Sei sempre il solito burlone, Isaac.>>, disse Sophie entrando nella stanza <<Non c'è niente di male a essere un po' gelosi. Un po' di gelosia è segno di grande amore. Non si è gelosi delle cose a cui non si tiene. Ma ovviamente senza esagerare mai. Tu, Joe, di che segno sei?>>

<<Segno zodiacale intende?>>, chiese Joe.

<<Sì.>>, disse lei annuendo e mettendosi a sedere a tavola.

<<Toro. Sono nato il 16 maggio. Mi pare che l'ascendente sia Pesci.>>

<<Beh, il tuo è un segno caratterizzato da un po' di gelosia e possessività per il partner.>>, disse lei sorridendo.

Joe strabuzzò un po' gli occhi, poi si rivolse a Françoise, che stava mangiando un po' di yogurt bianco: <<Sono molto possessivo secondo te?>>

Lei fece finta di pensarci un attimo, poi gli sorrise: <<Direi proprio di sì.>>

Joe sembrò quasi dispiaciuto.

<<Guarda che non ho detto che mi dispiaccia.>>, disse Françoise sorridendo e passandogli una mano fra i capelli.

<<Tu invece di che segno sei, Françoise?>>, chiese Sophie.

<<Acquario.>> rispose Françoise volgendosi verso la donna <<Sono nata il 24 gennaio.>>

<<Il 24 gennaio? Compi gli anni un giorno prima di Isaac, quindi. Anzi, li avete compiuti da poco.>>

<<Esatto.>>, disse Françoise sorridendo <<Però, secondo l'oroscopo, Acquario e Toro non sono molto affini. Se era questo che voleva dirmi, lo sapevo già. Comunque il mio ascendente è Bilancia e sembra che col Toro vada piuttosto d'accordo.>>

<<Beh, io sono un Capricorno e anche mio marito marito era Acquario. A sentire gli oroscopi eravamo decisamente agli antipodi e invece... quindi queste cose meglio prenderle con beneficio d'inventario. Per certi aspetti, poi, meglio dare retta al proprio cuore piuttosto che alle stelle.>>

<<Le do perfettamente ragione.>>, disse Françoise con un sorriso <<Lo sa che questo yogurt è proprio buono. Da dove viene?>>

<<Dalle nostre fattorie qua vicino. Lo portano fresco ogni mattina. Anche il latte viene da là.>>, rispose Sophie.

<<Da quando in qua ti interessi di astrologia, Sophie?>>, chiese Gilmour incuriosito.

<<Oh, da quando ho incontrato la madre di Jean. Mia suocera era un po' fissata con queste cose. Infatti diceva sempre che non capiva come facessimo a stare insieme.>>, rispose lei sorridendo.

<<Perché non andate a fare una bella sciata ragazzi?>>, propose Gilmour.

<<Uhm... stavo pensando se il mio oroscopo non dicesse che mi sarei spezzato una gamba oggi.>>, disse Joe.

I quattro si misero a ridere allegramente.

 

Parte VII

 

Joe e Françoise rientrarono verso mezzogiorno e mezzo, dopo essere andati a sciare. Trovarono il professor Gilmour intento a leggere un libro seduto sul divano davanti al fuoco acceso.

<<Salve ragazzi, vi siete divertiti?>>

<<Non ho mai visto così tanta neve in vita mia.>>, rispose Françoise entusiasta <<E' un piacere sciare su piste tanto ben curate.>>

<<Ad Albert sarebbe piaciuto molto questo posto. Lui ama sciare.>>, intervenne Joe.

<<Già, è vero.>>, disse Gilmour <<Avremmo potuto avvertire anche lui.>>

Françoise alzò gli occhi. Una ragazza li stava osservando da sopra le scale. Aveva i capelli scuri, tagliati corti, un maglione e un paio di jeans, magra e di media statura. Le sembrava un viso familiare.

"Ma quella..."

<<Buongiorno.>>, disse la ragazza con un tono inespressivo e gelido, vedendo che Françoise si era accorta di lei e cominciando a scendere le scale.

Anche gli altri due uomini si voltarono verso di lei. 

Gilmour si alzò da sedere: <<Tu devi essere Jasmine. Io sono Isaac e questi due ragazzi sono Joe e Françoise...>>

Il professore si fermò notando che Jasmine stava guardando i due con uno sguardo torvo, soprattutto Joe. Passò oltre a loro senza dire una parola, uscendo dal salone.

<<Ma che cosa aveva?>>

<<L'abbiamo già incontrata.>>, rispose Joe guardando nella direzione dalla quale Jasmine era scomparsa.

<<Quando?>>

<<Ieri sera.>>, disse Françoise <<Era insieme ad un gruppo di ragazzi che avevano creato problemi in un pub. Il capo del gruppo aveva provocato il proprietario per fare una rissa con lui, ma Joe è intervenuto e li ha fermati.>>

Robert entrò nel salone: <<Signori, il pranzo sarà servito tra circa mezz'ora. Desiderate un aperitivo?>>

Joe e Françoise scossero la testa.

<<Noi andiamo a cambiarci, professore.>>, disse Joe e si diressero nella loro stanza.

<<Non ci posso credere!>>, disse Françoise non appena furono entrati in camera <<Frequenta quel mezzo teppista e i suoi amici.>>

<<Adesso calmati.>>, disse Joe togliendosi la giacca.

<<Dovrei calmarmi?!>> disse lanciando praticamente il sopra della tuta da sci <<Ma hai visto come ci ha guardato? Quell'idiota ha detto chiaro e tondo che vuole fartela pagare.>>

Joe la guardò perplesso: <<Hai paura che quel cretino possa farmi del male? Non scherziamo. Non riuscirebbe mai a farmi niente. Se volessi potrei farlo volare come un uccellino. Basteresti tu per fargli abbassare la cresta.>>

Françoise incrociò le braccia e abbassò lo sguardo per terra, senza perdere la sua espressione inquieta. 

Joe le si avvicinò con una faccia preoccupata e le mise le mani sulle spalle: <<C'è qualcosa che non va? Perché sei così nervosa?Sai benissimo che non è in grado di farmi niente.>>

Lei alzò lo sguardo verso di lui cercando di distendere i lineamenti del volto e scuotendo il capo. Aveva gli occhi arrossati, come se fosse sul punto di piangere: <<Niente... non so perché sono così nervosa. Scusami.>>

Gli appoggiò la testa sul petto, attirandolo a sé senza neanche dargli il tempo di rispondere. Joe fu per dire qualcosa, ma si limitò ad abbracciarla. 

Rimasero a lungo in questa posizione, poi Joe la separò delicatamente da lui: <<Adesso dobbiamo scendere di sotto. Non voglio che ti faccia vedere con quella faccina triste.>>

Lei annuì, accennando un sorriso che lui ricambiò dandole anche un buffetto sul mento.

 

Parte VIII

 

La cena fu ottima. Tutti e cinque, compresa Jasmine che non aveva praticamente aperto bocca durante il pasto, erano seduti a tavola a finire il dessert. Una buonissima panna cotta con frutti di bosco. Gilmour e Joe fecero addirittura il bis.

<<Veramente non ne vuoi più, Françoise?>>, chiese Sophie per la seconda volta.

<<No, madame. E' buonissima, ma faccio un lavoro che richiede un po' di controllo nell'alimentazione. Lei capisce...>> rifiutò Françoise sorridendo.

<<Già, è vero.>> disse Sophie <<Ricordo che anche Jasmine...>>

<<Nonna, per favore...>>, disse Jasmine troncando perentoriamente il discorso sul nascere.

Françoise aggrottò la fronte.

<<Credo che debba essere una grossa soddisfazione finire uno spettacolo e vedere tanta gente che ti applaude...>> ricominciò Sophie rivolgendosi a Françoise <<Mi piacerebbe venirti a vedere un giorno. Io adoro il balletto. Jean ne era un grande appassionato...>>

<<Mi faccia sapere quando può venire e io cercherò di farle avere dei biglietti. Sarò molto felice se venisse.>>

La donna sgranò gli occhi in un'espressione di felicità: <<Veramente potresti?>>

<<Certo.>>, rispose Françoise sorridendo.

<<Quando sarà il tuo prossimo spettacolo?>>, chiese Sophie sempre più entusiasta.

<<A marzo, all'Opera.>>

Sophie restò in silenzio un attimo, quasi riflettendo se non avesse altri impegni in quel periodo: <<Verrò senz'altro.>>, disse poi sorridendo. 

Françoise la guardò soddisfatta: bastava veramente poco per renderla felice.

<<Tra l'altro>> disse Joe <<per Françoise si tratta di uno spettacolo molto importante.>>

Sophie guardò il ragazzo incuriosita: <<Ah sì? E perché?>>

Françoise abbassò gli occhi imbarazzata: <<Joe, non è...>>

Joe sembrò non farle caso, ma in realtà posò le sue mani su quelle di lei, raccolte in grembo: <<Interpreterà Giselle.>>, disse guardando Sophie. Poi si voltò verso Françoise <<E' il sogno della sua vita.>>

I due ragazzi si scambiarono un tenero sguardo di intesa.

<<Veramente!?>>, disse Sophie con ancora più entusiasta di prima <<Io amo letteralmente quell'opera. La trovo molto romantica...>>

<<Invece a me non piace per niente.>>, disse Jasmine gelidamente <<Salvare un uomo che non se lo merita e che ti ha solo ferito... la trovo una cosa molto stupida.>>

Françoise guardò Jasmine con uno strano sorriso sulle labbra, appena accennato.

<<Che cos'hai da guardarmi con quel sorriso ebete?>>

Françoise scosse la testa: <<Sai, non ci avevo fatto caso fino ad adesso. Ma ora mi sono ricordata di te. Tu sei Jasmine Roland. Un paio di anni fa eri indicata da tutti come una delle nuove promesse della danza classica francese. Poi, circa un anno fa, hai avuto un brutto incidente d'auto, che ti ha causato una grave frattura a una gamba. E hai rinunciato al balletto. Ho dimenticato qualcosa?>>

Jasmine stava guardando Françoise con uno sguardo che mutò rapidamente dal sorpreso al furioso. Gli altri si limitavano a guardarle entrambe in silenzio. Tanto non sembravano nemmeno accorgersi di loro.

<<Cosa ne sai tu di quello che ho passato?!>>, urlò Jasmine improvvisamente, sbattendo i pugni sul tavolo <<Ho perso tutto quello che avevo nel giro di pochi secondi. Mio padre, mia madre... i miei sogni. Tu hai realizzato tutti i tuoi sogni, hai tutto quello che puoi desiderare dalla vita. A me non è rimasto niente... che diritto avete di giudicarmi?>>

Françoise chiuse gli occhi un attimo, raccogliendo le idee e cercando di non farsi travolgere dall'istinto.

Joe la guardò preoccupato. Sapeva benissimo che cosa stava provando e cosa avevano portato alla mente quelle parole. Fu lui a parlare: <<Sprecare il tuo tempo con persone come Marc e i suoi amici non ti aiuterà a riavere nulla di quello che hai perso. Riuscirai solo ad allontanartici ancora di più.>>

<<Loro mi capiscono,>> disse alzandosi in piedi, e poi volgendo lo sguardo a sua nonna <<e quantomeno, e non mi vogliono obbligare a fare niente.>>

Sophie sobbalzò sulla sedia, come colpita in pieno da quelle parole.

<<Voi non potete capire assolutamente come mi sento.>> urlò con le lacrime agli occhi <<Nessuno di voi può. Siete solo degli ipocriti.>>

Corse via come un fulmine. La sentirono uscire pochi istanti dopo dal portone principale.

<<Mi dispiace.>>, disse Françoise sospirando e abbassando lo sguardo <<Non avrei dovuto provocarla in quel modo. So bene cosa vuol dire dover rinunciare a certi sogni.>>

<<No, Françoise. Non è colpa tua.>>, disse Sophie <<Vedi, io ho cercato di convincerla a tornare a ballare. Ma lei non ne ha più voluto sapere dopo quell'incidente. La riabilitazione dell'arto le ha procurato molti problemi. E' convinta che non potrà più danzare come un tempo.>> la donna si prese la testa fra le mani, massaggiandosi le tempie <<Sai ti devo confessare che quando ho saputo che saresti venuta anche tu con Isaac, una ballerina dell'Opera, speravo che riaccendessi in lei qualcosa.>>

<<Credo di aver peggiorato solo la situazione...>>

<<No Françoise.>> Sophie alzò la testa e la guardò con un debole sorriso <<La situazione era già disperata. Peggio di così non poteva proprio andare. Stiamo solo raschiando il fondo senza trovare più niente sotto. Anzi, ti devo chiedere scusa per quello che ti ha detto. Immagino che ti abbia ferito. Io so bene che puoi capire benissimo come si sente... ma non le ho raccontato niente di voi.>>

<<Non si preoccupi.>>, rispose Françoise accennando un sorriso.

<<Però,>> continuò Sophie <<tu e gli altri avete trovato la forza di ricominciare. Continuo a sperare che ci riesca anche lei.>> 

<<Le dovrai stare molto vicina.>>, disse Gilmour guardando la donna quasi con compassione <<Da sola non ce la farà mai.>>

<<Hai ragione Isaac.>>, rispose Sophie alzandosi e andando ad affacciarsi davanti a una finestra <<Ma come posso fare se continua a rifiutare il mio aiuto? E se continua a frequentare mezzi delinquenti come quel Marc...>>

<<Effettivamente.>>, disse Joe incrociandosi le mani davanti alla bocca <<Il tizio con cui abbiamo parlato ieri mi ha detto che è una specie di figlio di papà. Come ha fatto a diventare un elemento del genere?>>

Sophie sospirò e si volse verso Joe con uno sguardo malinconico.

<<Può anche non rispondere se...>>

<<No,>> scosse la testa Sophie <<non è questo. Conoscevo il nonno di Marc. Anche lui si interessava di cibernetica. Era un ottimo studioso.>>

<<Di chi si trattava?>>, chiese Gilmour incuriosito.

<<Blaise Germain. Lo conoscerai sicuramente.>>

<<Certo che lo conosco. Era uno delle massime autorità nel campo della cibernetica.>>

<<Sposò una ricca ereditiera, ma circa quindici anni fa è morto a causa di un cancro.>> continuò Sophie <<Sua moglie è morta qualche anno più tardi. Lasciando tutto al figlio, Vincent. Marc è il figlio di Vincent. La madre di Marc ha lasciato Vincent a causa del suo carattere e della sua ossessione.>>

<<Ossessione?>>, chiese Joe perplesso.

<<Sì,>> disse Sophie ritornando a sedersi al tavolo e incrociando le braccia sopra la tovaglia <<Vincent ha ripreso in mano gli studi del padre ed è completamente preso da essi. Praticamente di Marc se ne è sempre interessato molto poco, il minimo indispensabile. Sembra che passi tutte le sue giornate nel suo laboratorio. Una volta mi ha anche chiesto di aiutarlo. Il suo sogno, mi disse una volta, era quello di costruire il "cyborg perfetto". Non ho mai capito a cosa alludesse con questo.>>

<<Mi mette i brividi.>> disse Françoise facendo una smorfia di disgusto.

<<Con un padre così,>> disse Joe <<non mi stupisco che Marc sia venuto su in quel modo.>>

<<Il "cyborg perfetto"... che cosa vorrà dire?>>, si chiese Gilmour ad alta voce, lisciandosi la barba con la mano.

<<Non lo so Isaac.>>, disse Sophie <<E spero di non doverlo mai sapere.>>

 

Parte IX

 

<<E tu che diavolo ci fai qua?>>

Marc guardava Jasmine da dietro la porta della sua casa.

<<Potresti farmi entrare. Fa freddo qui fuori.>>

Marc la guardò ancora meno convinto, ma poi la fece entrare. Si diresse verso il soggiorno, dove un televisore era acceso. C'era un forte odore di fumo di sigaretta dentro e il fumo aveva creato una specie di nebbia nella stanza. Su un tavolo in mezzo alla stanza erano posate alcune lattine di birra vuote. Marc si sedette su un divano e prese in bocca un'altra sigaretta. Anzi, a guardarlo bene, Jasmine si accorse che era uno spinello.

<<Che cosa vuoi?>>, chiese Marc senza nemmeno togliere lo sguardo dal televisore e tirando una profonda boccata.

<<Ti ricordi quel tizio di ieri sera... quello che è intervenuto tra te e Alain?>>, disse Jasmine stringendosi nelle spalle.

<<Sì, e allora?>>

<<E' ospite a casa mia.>>

<<Che cosa?!>>, disse Marc riservandole finalmente un po' di attenzione.

<<Lui e la sua ragazza e un certo dottor Gilmour sono ospiti di mia nonna a casa mia. L'ho scoperto stasera.>>

Marc la guardò poco convinto: <<Ne sei sicura?>>

<<Certo...>>

<<Hai detto proprio dottor Gilmour?>>

<<Papà...>>, disse Marc vedendo sbucare suo padre da una porta.

<<Sì, perché?>>, chiese Jasmine guardando l'uomo perplessa.

Era vestito in modo piuttosto trasandato, con le maniche della camicia tirate su e la barba di molti giorni.

<<Così...>>, disse lui andando al frigo e aprendolo <<Marc, hai finito la birra un'altra volta!>>

Il ragazzo non lo degnò nemmeno di una risposta.

Il padre chiuse il frigo: <<Vado a comprare dell'altra birra.>>

Prese delle chiavi posate sul tavolo, si mise una giacca appesa accanto alla porta e uscì.

<<Marc,>> chiese Jasmine dopo un po' <<che cosa intendi fare?>>

<<Ci penserò.>>, disse tirando un'altra profonda boccata, e poi, porgendole lo spinello <<Vuoi?>>

La ragazza scosse la testa con veemenza.

Marc sogghignò: <<Sai qual è il tuo problema? Tu sei una ragazza troppo brava. Che ci fai con uno come me?>>

Jasmine non rispose. Marc spense lo spinello in un posacenere pieno di cicche e si alzò, camminando verso di lei e avvicinandosele sempre di più. 

Jasmine indietreggiò deglutendo: <<Che cosa vuoi fare, Marc?>>

Lui sogghignò ancora di più: <<Tu sei vergine, vero?>>

Lei sgranò gli occhi terrorizzata da quelle parole, indietreggiando ancora, fino a trovare il muro dietro di lei. 

Marc la raggiunse e cominciò a disegnarle il profilo del viso suo con un dito: <<Lo sai che sembri proprio un bel bocconcino, Jasmine.>>

Jasmine chiuse gli occhi, cominciando a tremare. Questo sembrò eccitarlo ancora di più. Infilò le sue mani sotto il maglione di Jasmine e cominciò a baciarla sul collo.

<<Per... per favore... no.>>

Lui la ignorò e Jasmine cominciò a sentire le lacrime riempirle gli occhi... poi se lo sentì come strappare via di dosso e successivamente un gran tonfo e un rumore fortissimo di cose che cadevano. Aprì gli occhi.

Marc era a terra, col naso sanguinante: <<Mi hai spaccato il naso!>>, urlò rivolto a Joe che lo stava guardando dall'alto in basso.

Joe, in tutta risposta, lo raccolse da terra con un braccio solo e lo tenne per il bavero, attaccandolo a una parete con i piedi sospesi da terra, come se fosse stato un pupazzo di pezza, e minacciando di dargli un altro cazzotto con l'altro braccio: <<Tu prova ad avvicinarti a lei un'altra volta e giuro che questo cazzotto ti arriverà dritto su quella testa bacata che ti ritrovi.>>, gli disse gelidamente.

Poi lo lasciò cadere pesantemente a terra e si volse verso Jasmine per invitarla ad andare via, porgendole semplicemente la mano.

Jasmine fece un passo verso di lui, ma poi si fermò con lo sguardo pieno di terrore: <<ATTENTO!>>

Marc sbattè un grosso e pesante attizzatoio di ferro preso dal caminetto addosso alla schiena di Joe. Quest'ultimo non fece nemmeno una piega. Si limitò a voltarsi e a guardarlo con uno sguardo gelido.

Marc indietreggiò terrorizzato col pezzo di ferro in mano, inciampando su un qualcosa caduto in terra e cadendo: <<Ma tu... chi... cosa diavolo sei?>>

Joe non rispose. Prese Jasmine per una mano e la portò fuori dalla casa sotto gli occhi increduli di Marc.

Marc rimase seduto a terra a lungo, tremando come una foglia e chiedendosi come fosse possibile che non avesse fatto niente a quell'uomo neanche con quel pezzo di ferro che lui teneva a stento in mano tanto era pesante.

Dopo circa un quarto d'ora Vincent rientrò a casa con un sacchetto pieno di birra in mano. Guardò perplesso la scena che si ritrovò di fronte, le cose cadute per terra e il figlio seduto sul pavimento, con l'attizzatoio in mano, il naso sanguinante e lo sguardo terrorizzato.

<<Che diamine è successo qui?>>

Marc si voltò appena verso di lui: <<Quell'uomo di cui ti ho parlato ieri... io l'ho colpito con questo e non gli ho fatto niente.>>

Vincent sogghignò, lisciandosi il mento con la mano: <<Sul serio? Uhm, un uomo decisamente fuori dal comune.>>

 

Parte X

 

Joe riaccompagnò Jasmine a casa. Durante tutto il tragitto che avevano fatto a piedi lei se ne era stata zitta, con lo sguardo basso per terra. Joe aveva preferito non infierire. La ragazza doveva essere piuttosto scossa.

Arrivarono a casa. Trovarono gli altri tre che li aspettavano nel salone. 

Sophie si alzò in piedi: <<Cara, tutto a posto?>>

Jasmine alzò lo sguardo verso sua nonna, con gli occhi pieni di lacrime. Sembrò incerta per un attimo, poi corse verso di lei, buttandosi tra le sue braccia: <<Oh, nonna... ho avuto tanta paura...>>

La donna abbracciò forte la nipote: <<Sì, cara, lo so. Sappiamo tutto. Ma adesso è tutto a posto. Non hai più niente di cui preoccuparti.>>

Jasmine si scostò leggermente dalla nonna, guardandola sorpresa: <<Ma come potevate sapere?>>

Sophie guardò i suoi ospiti incerta su cosa dire. 

Françoise si avvicinò a loro due con Ivan fra le braccia: <<Vedi Jasmine, noi non siamo proprio quello che sembriamo.>>

<<Che cosa volete dire?>>, chiese Jasmine perplessa.

<<Sia io che Françoise che Ivan siamo tre cyborgs.>>, disse Joe chiudendo gli occhi e abbassando lo sguardo.

Jasmine si voltò verso Françoise, guardando Ivan incredula: <<Questo bambino sarebbe un cyborg?>>

<<Sì, Jasmine.>>, rispose Gilmour <<Ed è proprio grazie a Ivan se abbiamo saputo della situazione in cui ti trovavi.>>

Jasmine era senza parole per quanto era incredula.

<<Io ho sentito dove ti trovavi e ho avvertito il pericolo che stavi correndo.>>, disse Ivan rivolgendole la parola.

<<Io... io non so cosa dire...>>, disse Jasmine.

Sophie guardò la nipote con uno sguardo tenero: <<Credo che un grazie basterà, mia cara.>>

Jasmine annuì, poi si voltò verso gli altri, accanto ai quali si era aggiunto anche Joe: <<Io... vi ringrazio. Adesso ho capito... con chi avevo a che fare. Ho capito tante cose... E vi chiedo scusa... soprattutto a te Françoise.>>

<<Non preoccuparti, Jasmine.>>, le rispose lei sorridendo.

Jasmine si rivolse poi a Sophie: <<E anche a te, nonna. Ti devo aver fatto soffrire molto.>>

<<Non preoccuparti, cara. Adesso è tutto risolto. Ora vai a riposare.>>

Jasmine annuì e poi si rivolse nuovamente a Françoise: <<Françoise, mi accompagneresti in camera? Vorrei che tu mi raccontassi qualcosa del tuo lavoro e che mi consigliassi qualche buona scuola di ballo... vorrei ricominciare a ballare.>>

Françoise sembrò sorpresa inizialmente, ma poi annuì: <<Certo Jasmine.>>

<<Lascia Ivan a me.>>, le disse Joe.

Françoise dette Ivan al ragazzo e poi si avviò insieme a Jasmine verso la camera di lei.

<<Sono contenta che tutto si sia risolto.>>, disse Sophie <<E devo ringraziare soprattutto voi.>>

<<Non c'è nulla di cui ringraziarci, Sophie.>>, disse Gilmour <<Siamo felici di esserti stati utili.>>

Françoise uscì dalla stanza di Jasmine un'oretta più tardi. Scese le scale e trovò Joe sdraiato su uno dei divani con Ivan appoggiato sul petto, addormentato anche lui. Pensò di svegliare Joe, ma esitò. Si mise a sedere su una della poltrone, restandoli a guardare dormire con uno sguardo colmo di dolcezza e un lieve sorriso sul volto. Dopo un po' di tempo Gilmour e Sophie entrarono nel salone.

<<Françoise, che stai facendo?>>, chiese Gilmour alla ragazza.

<<Ssst.>>, fece segno lei indicando i due sdraiati sul divano.

Ma era troppo tardi. Joe aprì gli occhi e si guardò intorno. Sorrise quando vide Françoise seduta lì vicino a lui. Lei ricambiò il sorriso. 

<<Scusami Joe, ti ho svegliato io.>>, disse il professore imbarazzato.

<<Non si preoccupi professore.>>, disse Joe sorridendo e mettendosi a sedere <<Mi sono messo a giocare con Ivan fino a quando non si è addormentato. Ha influenzato anche me.>>

<<Voi piuttosto, che cosa stavate facendo?>>, chiese Françoise a Sophie e al professore.

<<Siamo andati di là a prendere una tisana calda.>>, disse Sophie <<Ci siamo messi a chiacchierare e non ci siamo accorti del tempo che passava.>>

<<Vero...>>, disse Gilmour sorridendo <<Joe dammi pure il piccolo.>>

Il ragazzo porse Ivan al professore con molta cura: <<Io mi ritiro.>> disse. Poi si rivolse a Françoise <<Ti aspetto in camera. Buonanotte a tutti.>>

<<Va bene.>>, gli rispose.

<<Anch'io credo che andrò a dormire.>>, disse Sophie <<Buonanotte.>>

Entrambi si diressero lungo le scale, sotto gli sguardi di Gilmour e Françoise.

<<Tu non vai a dormire, cara?>>, chiese Gilmour dopo che Sophie e Joe furono scomparsi nelle loro camere.

La ragazza si volse verso il professore: <<Vado subito...>>

<<C'è qualcosa che ti turba, Françoise?>>, le chiese lui aggrottando la fronte.

Lei guardò il professore con uno sguardo perplesso: <<Perché mi fa una domanda del genere?>>

<<Perché mi sembri più nervosa e tesa del solito.>> disse lui sedendosi su un divano con Ivan in braccio <<Ti conosco bene ormai. Con Joe mi sembra che sia tutto a posto. Non è così?>>

Lei annuì e si sedette accanto a lui: <<Sì professore. Con Joe va tutto benissimo... anzi, direi che sto attraversando uno dei momenti più belli della mia vita. Ho praticamente tutto quello che possa osare desiderare. Il ragazzo di cui sono innamorata, il ruolo che ho sempre voluto interpretare...>>

<<E allora cos'è che ti preoccupa? Tu sai che io sono a vostra disposizione per qualunque cosa.>>

Françoise sembrò pensarci un po', guardando il fuoco quasi a cercarvi dentro le parole. Poi si rivolse verso il professore sorridendo: <<Non c'è niente che non va, professore. Veramente.>>

Gilmour la guardò con un'espressione poco convinta. Ma poi accennò un sorriso e si alzò: <<Va bene. Ti credo. Però ricordati che io sono sempre qui, ogni volta che ne avrai bisogno. Buonanotte Françoise.>>

<<Buonanotte professore.>>

Gilmour si diresse verso le scale. Françoise si alzò e lo guardò andare via, mordendosi il labbro inferiore. Forse avrebbe dovuto dirglielo. Forse, anzi, sicuramente era l'unico che poteva toglierle quel dubbio.

<<Professore...>>

Gilmour si voltò verso di lei: <<Sì?>>

Françoise lo guardò esitante. Fu per dire qualcosa, ma poi... "No, non è possibile..." scosse la testa.

Gilmour restò a guardarla un attimo. Poi riprese il suo cammino verso la sua camera. Salutò Gilmour con un cenno del capo quand'egli arrivò alla sua stanza. Quindi entrò nella camera di lei e di Joe. Lo trovò già addormentato nel letto. Doveva essere veramente molto stanco, perché si era addormentato con la luce accesa. Cosa che lui non faceva mai. 

Si spogliò e gli si infilò accanto, rivolta verso di lui. Joe non si svegliò, ma per qualche strano motivo dovette accorgersi di lei, perché le si avvicinò e la abbracciò. Françoise restò a guardarlo a lungo, fino a quando si addormentò.

Si risvegliarono quasi insieme, l'uno nelle braccia dell'altro.

<<Buongiorno.>>, le disse lui sorridendo teneramente.

<<Buongiorno. Dormito bene?>>

<<Sì... mi dispiace di non averti aspettato ieri sera...>>

<<Non importa. Sei adorabile quando dormi.>>, disse lei sorridendo.

<<Vorresti che dormissi tutte le notti?>>, chiese lui facendo finta di essere serio.

Françoise rise e gli dette un leggero colpo sullo stomaco: <<Certo che no!>>

<<Pensavo...>>, disse lui ridendo.

Fece poi per sporgersi verso di lei e baciarla, ma lei distolse il viso all'ultimo secondo guardando sopra di loro. Anche Joe alzò gli occhi e vide Ivan galleggiare con la sua culla per aria.

<<Il dottor Gilmour è stato rapito.>>, disse il bambino.

<<Che cosa?!>>, esclamarono entrambi. 

<<Chi è stato?>>, chiese Joe mettendosi a sedere sul letto.

<<Vincent Germain. Il padre del ragazzo da cui sei andato ieri sera. Lo ha catturato mentre stava facendo la sua solita passeggiata mattutina. L'ho avvertito chiaramente.>>

 

Parte XI

 

Joe e Françoise furono in pochi minuti alla casa di Vincent. Joe abbatté la porta di casa con un calcio ed entrò. Sembrava non esserci nessuno.

<<003...>> Joe esitò un attimo. Non la chiamava così da tanto tempo. Non avrebbe più voluto farlo in vita sua. Ma la situazione di battaglia aveva richiamato a galla una vecchia e consolidata abitudine.

<<Sono nello scantinato.>>, disse lei con uno sguardo malinconico, intuendo quello che le stava chiedendo. Anche lei avrebbe voluto non sentirsi più chiamare in quel modo.

<<Non lo farò più. Te lo giuro.>>, le disse con un'espressione conciliante e una specie di sorriso triste disegnato sul volto.

<<Non preoccuparti.>>, lo rassicurò sorridendo <<Adesso dobbiamo pensare solo a salvare il professore.>>

Françoise lo guidò a una scala che portava a un piano sotterraneo della casa. Scesero le scale e arrivarono in una stanza completamente oscura. 

<<Attento!>>, urlò Françoise.

Un raggio laser partì verso di loro. Joe fece appena in tempo ad attivare l'acceleratore e a portare al sicuro entrambi.

<<Ma allora tu devi essere 009. E la tua compagna immagino sia 003.>>

Una luce si accese illuminando un ampio stanzone laboratorio. Un uomo, probabilmente colui che aveva appena parlato, li guardava da dietro una specie di console. 

Gilmour era legato a un palo vicino a lui, impossibilitato a muoversi: <<Ragazzi...>>

<<Come diavolo fai a sapere chi siamo?>>, gli urlò Joe.

<<Oh, mi sono interessato ai cyborgs per anni e sono venuto a sapere dei cyborgs della serie 00. I migliori che siano mai stati realizzati. Frutto dell'ingegno di uomini geniali come Gamo Whyskey e, soprattutto, il vostro caro dottor Isaac Gilmour. Voi non siete ancora perfetti... ma sarete un ottimo oggetto di studio.>>

<<Cosa?>>, disse Joe sgranando gli occhi.

Vincent armeggiò con alcuni tasti della console e qualcosa si mosse lì vicino.

<<C'è qualcosa di gigantesco laggiù.>>, disse Françoise.

<<Aspettate che entri in azione e comincerà un bello spettacolo. Mi ci vorranno pochi secondi.>>

<<Allontanati da me.>>, le disse Joe.

<<Joe...>>

<<Per favore... pensa al professore.>>

Si voltò verso di lei, cercando i suoi occhi. Lei lo guardò un attimo, incerta se obbedire o meno.

<<Va bene,>> disse <<ma stai attento.>>

Joe annuì e le sorrise. Lei fece per allontanarsi. 

<<Françoise...>>

<<Cosa?>>, disse lei voltandosi.

<<Ti amo.>>

Lei aprì leggermente la bocca, sorpresa. Si riavvicinò a lui e lo baciò per un istante sulla bocca: <<Ti amo anch'io.>>, poi si allontanò da lui. 

Intanto quel "qualcosa di gigantesco" si era cominciato ad avvicinare a lui.

<<Che scena patetica!>>, disse Vincent sogghignando <<E' per cose come queste che credo che voi siate imperfetti.>>

La cosa uscì dall'oscurità: era una specie di robot di forma antropomorfa, ma piuttosto sproporzionato, con gambe molto corte rispetto al gigantesco corpo e alle braccia.

<<Che roba è?>> chiese Joe esterefatto.

<<Questo è il "cyborg perfetto". Una perfetta macchina da guerra. Ha un cervello umano, ma privato di quei sentimenti come amore, amicizia... non sa che farsene. Solo l'odio e la rabbia. Tutto quello di cui ha bisogno un combattente. E lui ti odia a morte, mio caro 009.... Vai Marc, vendicati!>>

<<Tu sei un pazzo furioso!>>, gli urlò Gilmour <<Hai messo il cervello di tuo figlio in quel coso?!>>

<<Fu Gamo Whiskey, per primo a separare i sentimenti positivi da quelli negativi. Grazie ai suoi studi e ai tuoi, mio caro Gilmour, io ho creato il cyborg perfetto. Un cyborg non è fatto per amare. Ma solo per combattere!>>

Detto questo schiacciò un pulsante e il robot sembrò attivarsi del tutto. Guardò Joe e poi cercò di schiacciarlo con una mano. Joe la evitò per un pelo.

<<Ah, è così...>>, disse Vincent schiacciando un altro pulsante.

Dal corpo del robot si attivò un forte campo di forza. Joe ne fu investito in pieno e schiacciato a terra. A quel punto il robot ripartì all'attacco e stavolta prese Joe nella sua mano e cominciò a stritolarlo.

Joe urlò dal dolore.

<<No...>> disse Gilmour impietrito.

<<Bene così... fallo a pezzi.>>, disse Vincent con il fuoco negli occhi.

Il robot continuò nella sua opera. Lanciò Joe contro una parete. Tanto forte da causare crepe attorno al punto in cui Joe era atterrato. Quest'ultimo cadde pesantemente a terra. Il robot si riavvicinò a lui e lo riprese in mano, continuando a stritolarlo.

Vincent era euforico nel vedere la sua creatura avere la meglio sul piccolo cyborg: <<Vai, vai così. Rendi vero il mio trionfo.>>

In quel momento gli arrivò una spallata che gli fece perdere l'equilibrio e gli fece sbattere la testa contro uno spigolo. La botta lo uccise sul colpo

<<Françoise...>>, disse Gilmour sgranando gli occhi <<non pensare a me. Cerca di spegnere quell'affare.>>

<<Ci sto provando.>> disse Françoise cominciando ad armeggiare con la console.

Ma la cosa non si fermava e continuava a stritolare Joe sempre più forte, facendolo urlare dal dolore sempre di più ogni secondo che passava .

Françoise stava continuando a premere pulsanti su pulsanti, ma non funzionava: <<Fermati... fermati.... FERMATI!>>.

Sbatté violentemente i pugni sulla console, ma questo ebbe l'unico effetto di attirare l'attenzione del robot verso di lei. La cosa voltò la testa verso di lei e lasciò cadere Joe a terra, ormai privo di sensi. Allungò la sua mano verso la ragazza, impietrita e incapace di muoversi.

<<No, fermo!>>, gli urlò Gilmour.

Ma fu del tutto inutile. Il robot prese Françoise e cominciò a farle lo stesso trattamento che aveva riservato a Joe poco prima. La ragazza cominciò a urlare. Gilmour distolse gli occhi. Françoise non sarebbe mai riuscita a resistere a una stretta del genere come era riuscito Joe.

Le urla di dolore di Françoise continuarono per qualche secondo... poi si fermarono improvvisamente. 

"E' morta..." Gilmour riaprì gli occhi: <<Ivan!>>

Il piccolo cyborg era apparso davanti al robot e l'aveva indotto ad allentare la presa. Françoise aprì gli occhi appena in tempo per vedere Ivan agire telepaticamente sul robot, poi perse i sensi anche lei.

Joe si riprese in quel momento. Alzò gli occhi e si sentì perduto: <<Françoise... no!>>

Poi vide Ivan. Il robot stava cominciando a fumare. Ivan gli stava facendo andare in corto circuito i meccanismi. La sua presa su Françoise si allentava sempre di più, fino a quando non gli scivolò via di mano. Joe attivò l'acceleratore e la afferrò prima che cadesse per terra.

<<Françoise... rispondimi, ti prego.>>

Il robot smise di funzionare, fermandosi del tutto. Ivan finì l'opera slegando il professore con la telecinesi. Gilmour si precipitò dai due ragazzi.

Joe stava continuando a cercare di svegliarla: <<Françoise, sono Joe... svegliati.>>

Le lacrime cominciarono a scendergli dagli occhi: <<Non puoi morire così... svegliati.>>

Gilmour si inginocchiò vicino a loro. Joe non sembrò nemmeno accorgersi di lui. Lo guardò sentendosi impotente, come non si era mai sentito in vita sua. Anche Ivan se ne stava sospeso in aria senza dire una parola.

<<Joe...>>

Il ragazzo guardò Françoise incerto se credere a quello che aveva sentito. Quando vide che aveva aperto gli occhi la sua espressione si tramutò in felicità: <<Sei viva...>>

La abbracciò forte a sé: <<Sei viva grazie al cielo.>>

Allentò l'abbraccio e la guardò in volto, sorridendole. Lei gli mise una mano su una guancia, ricambiando il sorriso. Anche Gilmour stava sorridendo commosso. A quel punto Françoise contrasse il viso in una smorfia di dolore e si portò una mano al ventre.

<<Françoise...>>, disse Joe riprendendo un'espressione preoccupata.

<<Immagino che dopo quel trattamento non possa che avere dolori dappertutto.>>, disse Gilmour senza sembrare troppo sorpreso <<La devo curare. E dovrò guardare anche te. Ivan, ce la fai a portarci a casa?>>

<<Certo, professor Gilmour.>>

In pochi secondi si ritrovarono a casa di Sophie. La donna e Jasmine sbiancarono vedendo com'erano conciati i due cyborgs.

<<Sophie,>> disse Gilmour <<lo so che non ti occupi più di queste cose, ma ti prego di darmi una mano.>>

<<Conta su di me, Isaac.>> 

<<Bene, tu pensa a lui. Non credo che ci vorrà molto. Joe, portala in camera e lasciala sul letto.>>, disse Gilmour.

Joe obbedì. La portò immediatamente nella loro stanza e la posò delicatamente sul letto, mentre lei continuava a fare smorfie di dolore e a tenersi una mano sul ventre. 

Gilmour lo aveva seguito, con una borsa dove teneva i suoi attrezzi: <<Adesso vai, per favore.>>

Joe guardò il professore incerto, poi Françoise. Non sarebbe voluto andarsene. Sarebbe voluto rimanere lì con lei. Ma, a malincuore, capì che era meglio lasciare la stanza. Si voltò e aprì la porta

<<Joe...>>

La voce di Françoise gli arrivò. Si voltò verso di lei e la guardò. 

Cercò di sorriderle: <<Andrà tutto bene. Tornerò presto.>>

Lei ricambiò il sorriso, ma una fitta di dolore le fece fare di nuovo una smorfia.

<<Joe,>> lo apostrofò Gilmour <<per favore, vai da Sophie. Anche tu hai bisogno di cure.>>

Joe sembrò esitare, ma alla fine annuì: <<Va bene professore. Mi raccomando.>>

Quando il ragazzo fu uscito dalla camera, Gilmour si voltò con uno sguardo preoccupato. Si avvicinò a lei e le posò una mano su quella che lei continuava a tenere sul  ventre e una sulla fronte, guardandola come un padre una figlia. Avrebbe voluto chiederle una cosa, ma si rendeva conto che non c'era tempo da perdere.

Joe, uscito dalla stanza, si appoggiò pesantemente alla porta e si portò una mano alla fronte. Solo allora si accorse di avere una mano sporca di sangue.

 

Epilogo 

 

Come aveva intuito Gilmour, non ci volle molto per rimettere in sesto Joe. Il ragazzo stava aspettando seduto su un divano del salone, guardando continuamente verso la porta della loro stanza, dove era andata anche Sophie. Ivan si era addormentato nella sua culla, ma il suo sonno era agitato, nonostante la stanchezza che doveva avere addosso. Jasmine era seduta sull'altro divano e guardava Joe.

<<Mi dispiace.>>, gli disse improvvisamente.

Joe la guardò: <<Che cosa stai dicendo? Che colpa hai tu?>>

Jasmine abbassò lo sguardo a terra: <<Sono stata io a portare quel pazzo da voi... se non fosse stato per me tutto questo non sarebbe mai successo.>>

Joe trovò la forza per sorriderle: <<Non preoccuparti. Forse è stato un bene. Era un uomo molto pericoloso ed è un bene che sia morto... ti sembrerà strano, ma quasi mi dispiace per Marc. Ucciso dal proprio padre per i propri interessi...>> Joe si mise la testa fra le mani <<Pazzesco...>>

Sentì una porta aprirsi e alzò lo sguardo. Finalmente Gilmour uscì dalla stanza. Joe si alzò e lo guardò ansioso, ma lo sguardo che aveva il professore non gli piacque per niente. 

Gilmour scese lentamente le scale, mentre Joe gli andava incontro: <<Come sta?>>

Gilmour lo guardò con un'espressione indecifrabile: <<Lei sta bene.>>

La faccia di Joe si distese in un'espressione di sollievo. Il professore si sedette su una poltrona e trasse un lungo sospiro.

<<Joe vieni qui,>> disse Gilmour <<per favore, e mettiti a sedere.>>

Joe lo guardò perplesso, ma obbedì: <<C'è qualche problema?>>

Il professore guardò Jasmine, la quale capì di essere di troppo: <<Scusatemi.>> 

Quando la ragazza fu uscita dalla stanza, Gilmour guardò Joe in faccia: <<Joe, Françoise adesso sta bene. Lo stritolamento è durato poco e non le ha provocato danni... fisici... diretti...>> il professore si fermò, come se stesse cercando di tirare fuori le parole dal suo cervello.

<<Professore, qualunque cosa mi debba dire me la dica. Non ce la faccio più.>>

Gilmour guardò Joe perplesso, poi annuì: <<D'accordo, cercherò di essere il più chiaro e conciso possibile. Françoise sta bene adesso... ma ha perso il bambino.>>

Joe lo guardò ancora più perplesso di prima, senza realizzare bene quello che il professore gli aveva appena detto. Si alzò dal divano e cominciò a camminare per la stanza, senza meta, per qualche secondo. Si fermò e guardò Gilmour con uno sguardo di pietra: <<Come è possibile? Professore, lei mi sta dicendo che Françoise stava aspettando un figlio?>>

Gilmour chiuse gli occhi e li abbassò: <<Sì, Joe... ti sto dicendo proprio questo.>>

<<Ma noi... siamo cyborgs... come possiamo avere figli?!>>

Gilmour si alzò in piedi e si diresse verso Joe. Gli mise le mani sulle braccia, in una specie di abbraccio: <<Joe, io non ho mai detto che voi cyborgs non possiate avere figli. I vostri apparati riproduttivi sono stati coinvolti solo in parte dalla conversione. In fondo avevate rapporti, no?>>

<<Anche gli esseri umani sterili riescono ad avere rapporti.>>, disse Joe sempre più confuso.

<<Sì, ma voi non eravate sterili. La conversione ha soltanto abbassato un po' la vostra fertilità... non è facile che abbiate figli, ma non è impossibile. Soprattutto lei potrebbe avere non poche difficoltà a portare a termine una gravidanza, ma con un po' di attenzione può farcela.>>

Gilmour guardò Joe cercando un po' di convinzione nel suo sguardo. Il ragazzo sospirò, riflettendo un attimo. Poi distese finalmente i lineamenti del suo volto in un'espressione più rilassata.

<<Adesso vai da lei.>>, gli disse Gilmour accennando un lieve sorriso <<Ha bisogno di te più di chiunque altro al mondo, adesso... e per tutta la vita.>>

<<Grazie professore.>>

Gimour gli sorrise e lo lasciò andare. 

Joe salì di corsa le scale ed entrò nella stanza. Sophie, vedendolo, si alzò dalla sedia che aveva posto accanto al letto e lasciò la camera. Joe guardò Françoise. Sembrava addormentata. Era sdraiata sul letto, con le coperte tirate su. Joe si avvicinò al letto e si sedette sul bordo, delicatamente. Lei aprì gli occhi e gli sorrise appena.

<<Come stai?>>, le chiese prendendole una mano e stringendola, e accarezzandole dolcemente la testa con l'altra.

<<Mi dispiace...>>, disse lei cambiando espressione. Gli occhi le cominciarono a inumidirsi

Lui le pose un dito sulle labbra: <<Tu non hai nessuna colpa.>>

<<Avrei voluto dirtelo... ma mi sembrava così impossibile...>>

<<Lo so... sono rimasto stupito anch'io.>> le disse appena sussurrando <<Ma non ti ritengo assolutamente responsabile di quello che è successo. Voglio solo sapere una cosa, una sola.>>

Lei lo guardò, dicendogli di andare avanti con gli occhi.

Joe esitò un momento, poi le chiese: <<Da quanto lo sapevi?>>

<<L'altra sera, guardando l'agenda, mi sono accorta che avevo avuto l'ultimo ciclo quasi due mesi fa... da quando sono... stata trasformata non ho più avuto un ciclo regolare... a volte mi è pure saltato... ho pensato che fosse solo un ritardo più lungo del solito. Non avrei mai pensato che...>> si fermò facendo una piccola smorfia con la bocca <<Ho avuto un piccolo dubbio, ma mi sembrava assurdo... poi il dubbio è cresciuto col tempo.>>

Le lacrime cominciarono a scivolarle lentamente lungo le guance. Lui gliele asciugò con le dita, sorridendo dolcemente, e si piegò su di lei per baciarle la fronte, spostandole delicatamente i capelli.

<<Che cosa avremmo potuto dargli?>>, chiese Françoise quando lui si fu scostato appena <<Voglio dire... sarebbe stato un bene per lui avere due genitori come noi?>>

Joe le accarezzò i capelli: <<Io so solo che l'avrei amato più di qualunque altra cosa al mondo... come amo te. Credo che alla fine conti solo questo.>>

Lei accennò un sorriso e si mise su un fianco rivolta verso di lui: <<Hai ragione... in fondo abbiamo tutta la vita davanti... resteresti qui con me? Non voglio stare da sola.>>

Lui le sorrise dolcemente: <<Certo.>>

Si alzò e si portò dall'altra parte del letto, sdraiandosi accanto a lei e abbracciandola delicatamente. Fuori era cominciato a nevicare. Joe osservava il colore bianco della neve e pensava che quello doveva essere il colore dei sentimenti che due genitori provavano verso un figlio. 

Non il rosso delle rose, il colore dell'amore che provava verso la donna che stringeva fra le sue braccia; non il nero della pece; il colore dell'odio che aveva provato per chi lo aveva trasformato in un cyborg. Il bianco della neve, il bianco puro della neve.

 

F I N E

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