di Pia
Il dott. Gilmore aveva
inviato 002,003 e 005 a Londra per indagare su delle strane sparizioni che
erano avvenute nella capitale Britannica. In un primo momento c’era con loro
anche 007, ma Bretagna s’era lasciato andare ai suoi ricordi e aveva
lasciato tutto il lavoro ai suoi amici, che però avevano capito ciò che
provava e si occuparono loro di tutto.
Avevano dei sospetti sul
dott. Erenfest, noto neurochirurgo dalle idee un po’ bizzarre: ad una
conferenza di qualche anno prima aveva dichiarato di aver scoperto il luogo
del cervello umano in cui risiedeva la volontà. 003 era riuscita a farsi
assumere come segretaria del dott. Erenfest nella sua clinica privata alla
periferia di Londra mentre gli altri due seguivano piste secondarie mettendosi
sulle tracce di alcuni degli scomparsi. Tuttavia i risultati delle ricerche
non davano buoni esiti e i tre erano alquanto scoraggiati.
Il brutto #1
La metro di Londra era
poco affollata, era pomeriggio tardo, quasi sera ormai. Un piccolo Rom suonava
la sua piccola fisarmonica a cui era appeso un berretto con un gancio. Alcune
persone ci lasciavano scivolare qualche monetina prima di scendere alla loro
fermata.Un gruppo di ragazzi dall’aspetto trasandato si avvicinò al piccolo
mendicante.
<<Bello questo
berretto!>> disse uno di loro prendendo il berretto del bambino e
mettendoselo in testa, facendo così cadere tutte le monetine.
<<Da’ qua, a me
sta meglio di sicuro!>> lo prese un altro.
<<La prego,
signore, mi ridia il cappello…>> lo pregò il piccolo ma i ragazzi
cominciarono a passarsi il berretto facendo correre il bambino avanti e
indietro.
Jet era seduto scomposto
proprio in quel vagone e vide la scena. Un mezzo sorriso gli percorse il viso:
quante volte aveva partecipato a scherzetti del genere nel suo passato da
teppista, ma ora le cose erano cambiate, decisamente cambiate. Pensava a
queste cose quando si alzò dal suo posto pronto ad intervenire, ma qualcun
altro lo precedette. Una ragazza aveva strappato il cappello dalle mani di uno
di quei delinquenti proprio quando non se lo aspettava.
<<Tieni
piccolo…>> lo porse al bambino che prese il cappello e scappò via
immediatamente. <<Ehi tu! Cerchi rogne?>> le disse minaccioso uno
di loro.
La ragazza girò
semplicemente i tacchi senza degnarli di uno sguardo. Uno di loro l’afferrò
allora per un braccio costringendola a fermarsi e a girarsi.
Lo guardò freddissima:
<<Toglimi le tue zampe puzzolenti di dosso, microcefalo in
putrefazione!>>
I ragazzi si misero a
ridere, poi il ragazzo che l’aveva afferrata disse: <<Ehi, ragazzi,
qui abbiamo una “paladina della giustizia”! Oh che paura che mi hai fatto!
Penso proprio che ora ci si diverte per davvero, bellezza!>>
<<Non pensare, non
ne hai l’equipaggiamento!>>gli disse sprezzante la ragazza.
I suoi compari
sghignazzarono della battuta.
<<Non credere di
potermi prendere in giro davanti i miei amici e passarla liscia>> disse
allora il ragazzo spazientito cominciando a stringerle più forte il braccio.
<<Lasciami!>>
<<La signorina ha
detto di lasciarla stare…>> disse Jet afferrando il polso di quel
ragazzo e stritolandolo al punto che dovette mollare la presa. <<Non è
da gentiluomini prendersela con le ragazze, non ve l’ha insegnato la
mamma?>>
<<E tu da dove
sbuchi? Fatti gli affari tuoi, ti conviene!>>
I ragazzi sfoderarono i
loro coltelli a scatto. Jet sorrise vedendo quel gesto, gli era familiare…
La metro intanto era giunta in una stazione, facendo una frenata un po’
brusca. La ragazza ne approfittò per dare uno spintone a uno di quei ragazzi
facendolo cadere sui suoi compari a gambe all’aria, poi prese Jet per il
polso.
<<Via!>>
Uscirono dalla metro
mezzo secondo prima che le porte si chiudessero. Finirono entrambi per fare un
ruzzolone in terra. Si voltarono verso la metro e videro quei ragazzi dietro
le porte, ancora nel treno. La ragazza fece loro un gestaccio lasciando Jet
allibito.
<<Ma tu sei una
pazza scatenata!>> le disse <<…potevamo farci male sul serio
uscendo così di corsa dal treno!>>
<<E che altro
potevamo fare? Quei ragazzi ci avrebbero fatto a pezzi! Eravamo in due contro
cinque!>> rispose lei alzandosi e porgendogli la mano per aiutarlo ad
alzarsi.
Jet fu sorpreso:
<<Due?!>>
<<Pensavi forse
che t’avrei lasciato da solo contro quelli dopo che mi avevi
aiutata?!>>
Jet si rialzò e la
guardò come avrebbe guardato un alieno che fosse sbarcato sulla Terra da
Marte davanti i suoi occhi.
<<Ma allora sei
davvero una “paladina della giustizia”!>>
Si misero a ridere.
<<Il mio nome è
Jiuly e sono felice di conoscerti…>>
<<Jet!
Il mio nome è Jet Link.>>
<<Grazie per l’aiuto, Jet! Sai, anche noi “paladine della
giustizia” abbiamo bisogno dei nostri eroi ogni tanto>>
Jet fu imbarazzato dal
sentirsi chiamare eroe da quella ragazza. Era davvero carina, niente di
particolare, pensò tra sé Jet, ma gli piaceva il suo sorriso marcato da due
fossette ai lati della bocca
<<Bhè non potevo
certo restare lì a guardare… e poi … mi hai preceduto, sai?... volevo
anch’io dare una mano a quel bambino…>>
<<Ah
ma allora anche tu te le vai a cercare! Comunque permettimi di offrirti
qualcosa per ringraziarti: io lavoro in un pub poco distante da qui.>>
<<…va
bene… ti ringrazio…>>
Quando Jiuly e Jet
entrarono nel pub, la cassiera notò che avevano i pantaloni sporchi, come chi
si fosse rotolato per terra e Jiuly aveva un livido sul braccio.
<<Jiuly,
santo cielo, non ti sarai azzuffata di nuovo con qualche ragazzaccio!>>
<<Mi conosci, May,
non posso vedere certe cose e restare impassibile, fortuna che questa volta ho
trovato qualcuno che mi appoggiasse! Ti presento Jet, mi ha aiutato a tenere a
bada dei ragazzi che se la prendevano con un bambino.>>
<<È
un piacere, Jet, io sono May, proprietaria di questo pub e quello che vedi al
banco del bar è mio marito Charles.>>
<<Molto lieto, May.
Charles…>>
Charles accennò un
saluto con la testa.
<<È
una fortuna che Jiuly ti abbia incontrato stasera! Quella ragazza è
una testa calda! Mi farà morire di crepacuore una di queste volte! Come mai
sei a Londra, Jet? Non sei
Inglese, vero? Dall’accento sembri americano. Sei in vacanza?>>
<<Si, sono di New
York ... sono qui per degli … studi.>>
<<Ah sei uno
studente universitario! Anche la nostra Jiuly lo era… è una ragazza molto
intelligente… peccato non abbia potuto continuare i suoi studi…>>
Jiuly aveva indossato un
grembiule e portò a Jet una pinta su un vassoio: <<May, non annoiare il
mio amico! Tieni, Jet, questa è la migliore birra della casa, ma se vuoi
altro non hai che da chiederlo!>>
<<No, grazie, va
bene così!>>.
In quel momento
entrarono quattro ragazzi con i loro strumenti. <<Salve, May. Buona
sera, Charles. Scusate il ritardo.>>
<<Non vi
preoccupate, ragazzi, non è ancora arrivato nessuno, ma appena comincerete
a suonare ci sarà un bel daffare per noi!>>
Era una Jazz band molto
brava, Jet si fermò lì per ascoltarli e vide la gente cominciare a popolare
quel pub. Gli piaceva quel posto, ci stava davvero bene.
<< Jiuly, mi
porteresti un panino con hamburger e formaggio? Questo lo pagò però!>>
<<Non se ne parla
neanche, questa sera sei mio ospite, ti farò pagare quando
ritornerai…>>
<<Contaci!>>
La cattiva #1
Un uomo sulla trentina
si avvicinò alla scrivania di Françoise: <<Scusi, signorina. Dovrei
parlare con il dott. Erenfest.>>
<<Ha un
appuntamento?>>
<<Si, sono il sig.
Blade>>
Françoise controllò
l’agenda degli appuntamenti: <<Prego, il dott. Erenfest la sta
aspettando>> disse gentilmente.
<<Grazie!>>
Françoise l’accompagnò
alla porta, si sentì scrutare dalla testa ai piedi da quel giovane che le
sorrise facendola sentire in imbarazzo.
Il dott. Erenfest visitò
accuratamente il sig. Blade e poi disse: <<Lei è sano come un pesce,
sig. Blade! Come mai si è rivolto a me?>>
<<Vede dottor
Erenfest, io sono un’atleta ma ultimamente sto perdendo colpi, sa la nostra
è una carriera breve e a trent’anni sei già una stella al tramonto… Sarò
franco con lei, dottore. Ho saputo di alcuni suoi esperimenti per
“migliorare” le capacità fisiche… vorrei dare un mio contributo a
questa sua ricerca…>>
<<Non so chi le ha
dato queste informazioni, ma le assicuro che l’ha presa in giro… quello di
cui lei mi parla è fantascienza… noi qui ci occupiamo di semplice
neurochirurgia…>>
<<…naturalmente
posso pagare…>>
Il dott. Erenfest
divenne visibilmente nervoso: <<…la prego di andare, sig. Blade!>>
<<Come vuole dott.
Erenfest, se dovesse cambiare idea ho lasciato il mio numero di telefono e il
mio indirizzo alla sua segretaria…>>
<<Vada, la
prego…>>
Il dott. Erenfest
accompagnò Blade alla porta: <<Signorina, accompagni il sig. Blade
all’uscita.>>
<<Certo, dottore.
La prego di seguirmi, sig. Blade>>
Françoise aveva sentito
tutta la conversazione e ne era rimasta sconvolta: come poteva quell’uomo
voler trasformarsi in cyborg volontariamente? Lo guardò meglio e si accorse
che nella tasca interna della sua giacca aveva un distintivo di Scotland Yard:
detective Dylan Holles.
Holles interruppe i suoi
pensieri: <<È molto che lavora qui, signorina Arnould? …ho letto il
suo nome sulla targa sulla sua scrivania… Françoise Arnould… è
francese?>>
<<Si… sono
francese, sono stata assunta da poco…>>
<<Deve lavorare
ancora per molto? La posso invitare a prendere qualcosa, dopo il
lavoro?>>
Françoise capì che il
detective Holles era in cerca di informazioni…e anche a lei poteva far
comoda qualche informazione in più: <<Oggi non posso, ma potremmo
vederci domani sera, finirò alle sette…>>
<<Perfetto,
allora a domani.>>
Françoise tornò alla
sua scrivania. Il Dott. Erenfest si era tolto il camice ed era ancora fuori il
suo studio: <<Era l’ultimo, vero, signorina?>>
<<Si, dottore. Per
stasera abbiamo finito…>>
<<Ah signorina,
potrebbe darmi l’indirizzo e il numero di telefono del sig. Blade. L’ha
lasciato, vero?>>
<<Si,
dottore.>> lo ricopiò su un pezzo di carta e lo memorizzò: 7, Craven
road[1].
<<Grazie, può
andare>>
Françoise sbrigò
qualche pratica, raccolse le sue cose e fece finta di andarsene, in realtà si
diresse verso i sotterranei della clinica dove sapeva che c’erano i vecchi
libri contabili della clinica o per lo meno così le avevano detto. Trovò la
porta del piano seminterrato bloccata da una sbarra di ferro dall’interno:
c’era qualcuno dentro, qualcuno che non voleva essere “disturbato”. Una
piccola sbarra di ferro non era un problema per un cyborg come lei, la piegò
con facilità senza fare rumore ed entrò. Si diresse verso la stanza dello
schedario e sentì con i suoi supersensi che c’era qualcuno dentro: un uomo
con una torcia stava rovistando tra i documenti della clinica. Era Holles.
Un gatto si intrufolò
attraverso la porta che aveva lasciato aperta. Si avvicinò a Françoise e si
strusciò vicino le sue caviglie cominciando a farle le fusa. Holles sentì
quelle fusa e si avvicinò rapidamente alla porta ma quando l’aprì vide
solo un gatto con i suoi occhi evanescenti nel buio. Uscì fuori e sentì la
guardia all’ingresso salutare Françoise.
Il buono #1
Il piccolo bambino Rom
corse fuori dalla stazione della metropolitana in fretta e furia, senza badare
alle persone che urtava. L’impatto con 005 lo fece però cadere a terra
fermando la sua corsa.
<<Ti sei fatto
male, piccolo?>>
Il piccolo fu intimorito
da Geronimo: <<La prego, signore, non mi faccia del male!>>
Geronimo rispose con la
sua voce profonda e rassicurante:<< Non voglio farti del male, non
preoccuparti.>>
Il piccolo si rialzò e
guardò con fiducia l’enorme figura che aveva davanti: <<Tu sei un
gigante? Mio papà dice che i giganti sono buoni e aiutano i bambini.>>
Geronimo gli sorrise:
<<Si, sono un gigante buono, cosa posso fare per te, piccolo?>>
<<Ho paura di
tornare a casa da solo, mi accompagneresti, gigante?>>
<<Certo>>
Geronimo gli diede la
mano, ma il piccolo potette stringergli soltanto un dito dato le proporzioni
tra i due.
<<Dove
abiti?>>
<<In periferia nel
East-side.>>
Camminarono a lungo mano
nella mano, anzi dito nella mano, la periferia era lontana. Misha, questo era
il nome del bimbo, cominciò a stropicciarsi gli occhi. Geronimo lo vide e
decise di prenderlo sulle sue forti spalle.
Quando arrivarono
nell’East-side, Geronimo si trovò di fronte una baraccopoli, quella che
Misha chiamava casa altro non era che una vecchia roulotte fatiscente. Un uomo
dall’età indecifrabile gli venne incontro, aveva una folta barba
brizzolata, uno stano cappello nero e degli abiti sporchi e consunti.
<<Misha! Ti ho già
detto che non devi fare tardi! Stavolta le prendi!>>.
Quell’uomo si avvicinò
minaccioso a loro e Misha si nascose dietro le gambe del gigantesco Geronimo.
L’uomo non si fece intimidire: afferrò Misha per un braccio e con l’altra
mano lo sculacciò.
Geronimo intervenne:
<<Ehi!>>
L’uomo lo guardò per
un istante poi si rivolse a Misha parlando nella sua lingua: <<L’hai
portato tu questo?>>
<<Si mi ha aiutato
e mi ha accompagnato a casa>>.
L’uomo lo guardò con
un altro volto, il volto della cordialità.
<<Benvenuto tra
noi, io sono Elrond, responsabile di questa comunità e padre di Misha…
questa piccola peste! Gli avevo ordinato di non allontanarsi dal capo la
sera… non è prudente: sono spariti in troppi…>> disse tristissimo,
con l’aria di chi ha un forte coinvolgimento emotivo.
<<Il mio nome è
Geronimo, è stato un piacere badare a Misha.>>
Elrond lo invitò a
restare con loro per la cena e Geronimo accettò. Si riunì pressappoco tutto
il capo intorno al fuoco, condividendo la cena e danzando al suono delle loro
fisarmoniche e delle loro chitarre. Quella strana gente era davvero ospitale
con Geronimo.
<<Mi stava dicendo
che ci sono state delle sparizioni…>>
<<Già la polizia
non si occupa di noi, ma sono spariti alcuni ragazzi di questo campo… anche
Juri, mio figlio maggiore, è sparito da più di una settimana…>>
<<Ma non avete
contattato Scotland Yard?>>
<<E a che scopo?
Non ci avrebbero neanche ascoltati! La gente non si fida di noi, se uno di noi
sparisce, tanto meglio, un parassita in meno! Vedi Geronimo, noi viviamo
diversamente dalla gente comune. Noi non pensiamo ad accumulare beni perché
“un domani” ci può essere utile, noi viviamo oggi perché domani forse
saremo già morti! Il lavoro non ci interessa, a noi interessa la libertà! La
nostra è una cultura differente, e quindi siamo guardati con
sospetto.>>
<<Non condivido il
vostro modo di vivere, ma vi rispetto. Credo di capire ciò che
dici…>>
La serata
era una vera festa di colori e musica, ma fu interrotta bruscamente. Una banda
di motociclisti irruppe nel capo scorazzando con le loro potenti moto e
seminando il panico tra la gente. A Geronimo bastò alzarsi in piedi per far
capire loro che avevano a che fare con uno che gli avrebbe dato filo da
torcere. Il solo suo sguardo era una sfida per loro. Un motociclista lo puntò,
prese la rincorsa e tirò dritto verso di lui aspettandosi che si scansasse.
Geronimo invece restò al suo posto e quando la moto si scontrò contro di
lui, fu il centauro ad avere la peggio.
<<Non
è possibile>> disse rialzandosi da terra.
Scesero
tutti dalle loro moto e lo circondarono minacciandolo con coltelli, bastoni,
catene e nunchaku[2].
Gli saltarono addosso in due, ma a Geronimo non fecero neanche il solletico.
Afferrò la mazza da baseball che aveva uno dei due e la lanciò contro tre di
loro stendendoli tutti. Provarono ancora ad attaccarlo ma fu come battere una
roccia…
<<Non
è possibile: tu sei sicuramente un cyborg!!! - disse uno di loro - Ma non
finisce qui! Torneremo! Ride bene chi ride ultimo!>>
Saltarono
sulle loro moto e scapparono via.
Geronimo fu
circondato dalla gente del capo acclamandolo come un eroe, ne fu un po’
sorpreso. <<È vero… io sono un … cyborg!>>
Elrond parlò
a nome di tutti: <<A noi non interessa a quale tribù appartieni… Ci
hai aiutati e te ne siamo riconoscenti!>>
I quattro amici avevano
preso in affitto un appartamentino nella zona di Kensington Garden, in una
stradina che affacciava direttamente sul parco. Le indagini occupavano gran
parte della loro giornata e avevano modo di trascorrere un po’ di tempo
insieme solo la sera.
Quella sera 003 e 007
erano stati i primi a rientrare. Françoise era seduta intorno al tavolo del
grande salone d’ingresso, mentre Bretagna era comodamente adagiato al
divano.
<<Allora, 007,
quando ti deciderai a darci una mano?>>
Bretagna, lamentoso:
<<Suvvia, Françoise, non essere così severa con me! Sono solo un po’
fuori forma, ma appena la situazione si sbloccherà, passerò anch’io
all’azione! Ad ogni modo, dimmi: ci sono novità?>>
<<In realtà una
novità c’è… oggi ho conosciuto un giovane, un certo Blade. Aveva
appuntamento col dott. Erenfest. Gli ha chiesto di effettuare su di sé
l’operazione per diventare cyborg.>>
Bretagna la guardò
stupito: <<E me lo dici così come se nulla fosse? Gliel’hai impedito,
spero!>>
<<Lasciami
finire… è stato il dott. Erenfest stesso a mandarlo via … io ho visto che
aveva con sé il distintivo di Scotland Yard e che aveva dato un nome
falso…>>
Bretagna la
interruppe:<<Tu hai visto il suo distintivo?!…>> esitò qualche
secondo poi la guardò perplesso e aggiunse: <<Era carino?>>
Françoise arrossì di
botto:<<Ma…ma-ma che
c’entra questo?!>>
Bretagna assunse un aria
compiaciuta: <<Come pensavo… ammettilo, Françoise, era carino e gli
hai fatto i raggi x!>>
<<Ma che dici!
Cretino! Io ti sto parlando di una cosa seria! Voglio dire che ho scoperto che
anche Scotland Yard sospetta del dott. Erenfest … e non è finita … ho
scoperto Holles che frugava nello scantinato della clinica… forse ci ha
trovato qualcosa di interessante…>>
007 la guardò con
l’aria di chi non riusciva a seguirla: <<beh …si…forse…ma come
facciamo a saperlo?>>
Françoise si alzò e
non curante disse: <<spero di scoprirlo domani a cena…>>
007, strabuzzò gli
occhi: <<Co-cosa?! Hai un appuntamento con lui domani a cena!? Ma…
ma… ma… Françoise… tu… tu… >>
<<Che ti prende
Bretagna? Perché balbetti così? Il detective Holles mi ha chiesto di uscire
domani sera perché vuole delle informazioni da me, lui pensa che io sia la
segretaria di Erenfest e pensa che posso essergli utile. Tutto qui.>>
Bretagna con fare da
saputello: <<si si … e il fatto che tu sia una bella ragazza gli
renderà il tutto più piacevole…>>
La conversazione fu
interrotta dall’arrivo di Geronimo. Era visibilmente stanco e i suoi vestiti
mostravano evidenti segni di lotta.
Françoise, preoccupata,
disse: <<Geronimo! Tutto bene?>>
<<Si, amici, è
tutto apposto, ma stasera ho dovuto battermi con dei teppisti… ma non
importa, ho scoperto delle cose interessanti: pare che le persone scomparse
siano più di quelle che la polizia pensa, ci sono anche alcuni ragazzi Rom di
cui non è stata denunciata la scomparsa alle autorità.>>
003 e 007 si
rattristarono alla notizia, i fantasmi neri erano sicuramente dietro tutte
quelle sparizioni.
Mentre Geronimo stava
silenziosamente andando in camera sua, Jet dall’aria piuttosto allegra entrò
nell’appartamento canticchiando: <<Taràtatà ta-tà Taràtatà ta-tà
tabatatà tabatatà>>
Bretagna colse
l’occasione per fare lo spiritoso: <<Aiuto! Bisogna fermarlo!
Uccidetelo prima che ci contagi tutti con la Jazz-mania!>>
<<Ah ah spiritoso!
Stasera sono stato in un pub davvero carino, c’era pure della bella musica
dal vivo! Domani, se fate i bravi, vi ci porto…>>
<<Non ti ho mai
visto così allegro, che ti è successo Jet?>> disse Françoise.
Jet si mise subito sulla
difensiva: <<Cosa c’è? È forse vietato divertirsi un po’ per una
sera? Non ho fatto niente di male… anzi stasera ho aiutato una ragazza in
metropolitana… c’erano dei tipacci…>>
<<ah-aaaaah una
ragazza… eh? Scommetto che sei andato con lei nel pub “davvero carino”,
non è forse così?>> disse 007, interrompendolo.
Jet non gradì il
commento di Bretagna tuttavia non riuscì ad evitare di diventare rosso:
<<Idiota! Che dici? Non è come pensi!>>
I tre si guardarono
stupefatti. Françoise: <<Deve essere proprio una cosa seria per
diventare così rosso… Jet, ti senti bene?>>
Jet si agitò ancora di
più e cominciò ad alzare la voce: <<Ma cosa dici! IO NON SONO
ROSSO!>> <<Ah no?>>
<<Andate
al diavolo! Io volevo solo invitarvi in questo pub…>> disse
allontanandosi e sbattendo la porta della sua stanza.
<<Pfiuuu! Che
furia!>>
<<Deve proprio
essersi preso una bella cotta!>>
<<E già! …chi
l’avrebbe mai detto: il nostro Jet è... è innamorato…>>
Jet urlò dalla sua
stanza: <<Vi ho sentiti! Non sono innamorato!>> poi fece capolino
dalla sua porta e disse: <<…insomma, ci venite o no, domani con
me?>>
I tre si guardarono e si
misero a ridere fragorosamente. Jet si arrabbiò e sbatté di nuovo la porta.
002 , 007 e 005 erano
seduti ad un tavolo del pub di May e Charles.
<<Perché 003 non
è venuta?>>
<<Aveva un altro
impegno…con un certo detective di Scotland Yard…>>
<<mmmh … e Joe
lo sa?>>
<<Bah valli a
capire quei due!>>
<<Se voi avreste
sentito cosa le ha detto prima di partire! ...non mi meraviglierei se si
gettasse tra le braccia del primo che le dimostra un po’ di
interesse!>>
Jiuly, visibilmente
contenta: <<Ciao Jet! Allora sei tornato davvero! E questi sono i tuoi
amici?>>
Bretagna si alzò in
piedi e disse quasi recitando: <<Molto lieto, signorina, io sono
Bretagna, conte di Piccadilly, lord della corona d’Inghilterra…>>
<<...aaah lei è
quello che faceva l’attore, Jet mi ha detto che non le riusciva granché a
me invece sembra molto comico!>>
Bretagna
delusissimo fece una delle sue smorfie più buffe. Jet e Geronimo risero di
gusto della scena.
<<E tu devi essere
Geronimo! Io sono Jiuly, è un piacere per me fare la vostra
conoscenza…ma… non doveva esserci anche una ragazza con voi?>>
<<Eh
si, Françoise, ma aveva già un altro impegno…>>
Françoise comparve
improvvisamente: <<…ma volevo proprio conoscerti, Jiuly! Purtroppo però
non posso restare!>>
<<Fa’ niente
sono lieta di conoscerti! Ora devo andare, vi lascio il menù, vi consiglio
però di assaggiare il chees-cake di May: è favoloso!>>
Appena Jiuly si allontanò
piovvero i commenti per Jet.
<<Ma che ci troverà
una ragazza carina come Jiuly in un tizio come te?!>>
<<Che vorresti
dire?>>
<<Ma ti sei mai
guardato allo specchio?>>
<<IO?! Ma senti
chi parla! Pensi di essere Paul Newman, tu?>>
<<Non te la
prendere, Jet! Bretagna voleva solo dire che Jiuly è molto carina e non devi
lasciartela scappare...>> disse Françoise strizzandogli un occhio
<<Ora devo andare: ho chiesto a Dylan di aspettarmi qui fuori.>>
<<Siete già al
tu! Non dagli troppa confidenza, Françoise!>>
Françoise canzonò
Bretagna: <<Ssssi, papà!>>
Bretagna cominciò ad
agitandosi vistosamente: <<Scherza tu! Non fidarti degli uomini:
vogliono solo approfittare delle ragazze!>>
Jet, Geronimo e Françoise
si guardarono perplessi.
<< Bretagna, ora
cominci a preoccuparmi! Non vorrai farmi anche da madre!!!>>
Risero tutti di
Bretagna, ma quando Françoise si stava allontanando Geronimo la seguì e
arrivati alla porta le disse: <<Divertiti, Françoise, ma non lasciarti
ingannare da nessuno, nemmeno da te stessa!>>
Françoise gli sorrise,
lo tirò per un braccio costringendolo ad abbassarsi, gli diede un bacio sulla
guancia e andò via.
Il brutto #2
La serata al pub fu
piacevole, i tre amici rimasero a lungo.
Jiuly si avvicinò al
tavolo e disse: <<Vi porto un’altra pinta, ragazzi?>>
Geronimo rispose con la
sua solita calma e determinazione: <<È ora di andare...>>
Jet protestò:
<<No, dai! È ancora presto... >>
<<Resta tu, se
vuoi, Jet. Fossi in te aspetterei l’orario di chiusura... magari potresti
accompagnare a casa questa bella signorina... è stato un piacere, Jiuly!
>> disse Bretagna
<<Anche per me:
spero di rivedervi! >>
<<Lo speriamo
anche noi! >> Disse Bretagna strizzando l’occhio a Jet che era
visibilmente in imbarazzo.
Chiuso il pub, Jet e
Jiuly cominciarono a passeggiare verso casa della ragazza. Era notte fonda ma
la luna illuminava con forza la loro strada.
<<È molto bella
la luna stasera>> “ma che diavolo sto dicendo? Non ci credo di averle
detto una simile smanceria!”
<<Effettivamente
il cielo è limpido come raramente lo è qui a Londra! Ma non illudiamoci: il
tempo cambia in fretta, potremmo essere avvolti dalla nebbia da un momento
all’altro!>>
Jet le sorrise, ci
vollero parecchi passi per fargli tirare fuori altre parole. <<E così
studiavi cibernetica...>>
<<Bio-cibernetica,
come mio padre il dott. Lemming[3],
era uno scienziato importante, sai?>>
<<Era?>>
Jiuly si intristì di
colpo: <<Si, mio padre è morto: lavorava su una piattaforma
sperimentale e fu ucciso da un’organizzazione criminale... Dopo la sua morte
ho dovuto lasciare gli studi...>>.
Jet cercò di
risollevarla scherzando: <<Non avresti mai potuto diventare uno
scienziato: sei troppo bella! Gli scienziati sono tutti curvi, vecchi e dalle
capigliature bizzarre! >>
Jiuly stette allo
scherzo: <<E questo che doveva essere? Un complimento? Non sarai mica
uno di quelli che pensano che le ragazze carine sono tutte sceme?!>>
<<Non
tutte!>>
<<La tua amica
Françoise è molto bella, non penserai che sia stupida?>>
<<Se conoscessi il
tizio con cui sta, e sapessi come si fa trattare da lui, lo penseresti anche
tu!>>
Jiuly sospirò:
<<Ah, Jet, per fortuna l’amore rende tutti più scemi e cechi.
Altrimenti nessuno si innamorerebbe di un tipo brutto come te! >>
Jiuly si mise a ridere
mentre Jet la guardava fingendo di essere arrabbiato poi rise anche lui.
Dentro di sé sentiva strani sentimenti che non provava da tempo ormai. Strani
e forti sentimenti che però preferiva ignorare, era un cyborg e non poteva
dimenticarlo nemmeno in quel momento. Jiuly sentì che c’era qualcosa che
non andava e pensò fosse timidezza quella di Jet.
<<...E poi io non
sono bella, in realtà io sono molto miope e se non avessi le lenti a contatto
dovrei portare degli occhiali che mi renderebbero simile a una talpa. >>
<<Ma dai, non ci
credo! >>
<<Guarda
pure>>.
Jet le si avvicinò e la
guardò dritta nei suoi splendidi e vivaci occhi. Ci si perse. Poi si ricordò
del motivo per cui li stava guardando, ma non vedeva lenti a contatto
<<Io non vedo
nient... >>
Jiuly lo baciò di colpo
lasciando Jet stupefatto. Portò le dita sulle labbra:
<<Co-cosa hai
fatto?>>
Jiuly, gli disse
scherzando: <<Da queste parti si chiama bacio, si usa scambiarselo tra
le persone che sono innamorate o quantomeno si piacciono...>>
Jet non sapeva che dire,
lo aveva preso alla sprovvista, se non fosse stato un cyborg le cose sarebbero
andate diversamente e se solo lei avesse saputo la verità sul suo conto
sarebbe scappata a gambe levate.
Jiuly non riuscendo ad
interpretare quel silenzio breve ma interminabile per lei disse: <<Non
preoccuparti comunque: non lo rifarò più!>>
Jet posò le sue mani
sulle sue spalle: <<Jiuly, tu... io...>>
<<Non c’è
bisogno tu dica niente, Jet. Ho frainteso... pensavo che tu...>>
<<Io sono un
cyborg!>>
<<Questa poi! Di
tante scuse... >>
<< È la verità!
>> Disse stringendole inavvertitamente le braccia.
<<Ahi! >> La
lasciò immediatamente. <<Non c’è bisogno che tu mi faccia male per
dimostrarmelo!>>
<<Scusa, ora mi
odierai. Un cyborg non può amare né essere amato. Penserai che io sia un
mostro... ma questo mostro è innamorato di te! >>
Jiuly si massaggiò le
braccia: <<Certo questo proprio non me lo aspettavo! >> Fece una
smorfia, un abbozzo di sorriso. << È proprio vero che le donne cercano
il proprio padre negli uomini di cui si innamorano!>>
Jet, scrollò la testa:
<<Non capisco!>>
<<Anche mio padre
era un cyborg. È stato lo stesso un padre meraviglioso!>>
Jet la guardò
incredulo.
<<Ti sbagli quando
dici che un cyborg non può amare né essere amato! Lo so per certezza!
>>
Jiuly accarezzò il viso
ma Jet si discostò di scatto. <<A questo punto il problema non sono più
io, ma tu stesso! E questo problema lo devi risolvere da solo. >> Disse
e si allontanò.
Jet rifletté qualche
secondo con lo sguardo basso. Quando risollevò lo sguardo si accorse di
essere avvolto dalla nebbia. Jiuly era sparita in essa.
La cattiva #2
Dylan aveva portato Françoise
in una pizzeria al centro di Londra. Era stato molto gentile con lei, ma Françoise
sentiva dentro di sé una sensazione di inadeguatezza, si sentiva fuori luogo
e fuori dal tempo, come se avesse lasciato qualcosa di irrisolto dietro di se.
Erano state le parole di Geronimo a risvegliare in lei certi pensieri. Dylan
avvertì che c’era qualcosa che non andava e cercò di scherzare per
alleggerire la serata.
<<Forse ti
aspettavi qualcosa di più di una pizzeria....ma vedi io sono vegetariano
oltre che squattrinato!>>
Françoise sembrò
trasalire: <<Oh no, scusami, ero pensierosa... io adoro la
pizza...>>
Dylan la guardò
attentamente, era uno sguardo diverso da quello che aveva avuto per lei la
prima volta che l’aveva vista. La prima volta quello sguardo aveva messo in
imbarazzo Françoise, stavolta la stava fissando con curiosità, studiandone
attentamente i gesti e le espressioni. Françoise stava per dire qualcosa ma
Dylan la precedette.
<<Spiegami una
cosa, Françoise, come può una ragazza all’apparenza gracile come te,
riuscire a fare questo?>>
Dylan tirò fuori dalla
tasca della sua giacca una barra di ferro piegata a 90° e la poggiò sul
tavolo. Françoise la riconobbe subito: era la barra che aveva piegato la sera
precedente per entrare nello scantinato della clinica del dott. Erenfest.
Dylan l’aveva presa di sorpresa.
<<No-non sono
stata io!>> disse poco convincente.
Dylan le sorrise:
<<Tu sei un cyborg, vero? Accidenti! Non avrei mai pensato di...
conoscerne uno!>>
Françoise non riusciva
a dire nulla, Dylan l’aveva completamente spiazzata, non riusciva a fare
altro che strabuzzare gli occhi. Dylan versò dell’acqua nel suo bicchiere
indovinando il suo più urgente bisogno. Quando ebbe bevuto cominciò a
sentirsi meglio.
<<Non
preoccuparti, io voglio solo delle informazioni sul dott. Erenfest, non ti sarà
fatto alcun male e ti assicuro che farò quanto è in mio potere per farti
tornare “normale” quando avremo incastrato quel criminale>>
Françoise capì che
Holles era sinceramente animato di buone intenzioni, ma non aveva chiara la
situazione. Gli sorrise: <<Non si può tornare indietro, detective
Holles!>>
Dylan fu stupito:
<<Conosci la mia vera identità... allora Erenfest è sulle mie
tracce...>>
Françoise scrollò il
capo: <<Erenfest non sa nulla di te... io ho visto il tuo distintivo
nella tasca interna della tua giacca...>>
<<Come puoi aver
visto il mio distintivo nella tasca interna? E perché non l’hai riferito a
Erenfest?>>
<<Io non sono al
servizio di Erenfest. Dietro il dott. Erenfest c’è un organizzazione molto
potente, si fanno chiamare i “Fantasmi Neri”. Sono mercanti d’armi, i più
ricchi uomini d’affari della Terra, il loro scopo è quello di inventare
delle macchine da guerra intelligenti e invincibili... Sono stati loro a
rapirmi e trasformarmi in Cyborg, mi hanno dotata di un dispositivo di visione
che mi permette di vedere oltre gli oggetti… ma noi ci siamo ribellati e li
combattiamo..>>
<<Noi? Vuoi dire
che ci sono altre persone come te?>>
Françoise sorrise:
<<Non credi che ora tocchi a te raccontarmi come sei finito sulle tracce
di Erenfest?>>
Dylan annuì:
<<Sono stato incaricato da Scotland Yard di indagare sui rapimenti
avvenuti in questi mesi, stavo battendo una pista alternativa: avevo intuito
che il dott. Erenfest usava le persone rapite per degli esperimenti e mi sono
documentato su i suoi esperimenti di Bio-cibernetica. Quando ho parlato di
cyborg, il sovrintendente mi ha riso in faccia. Bloody Hell! Ma questo va ben
oltre la mia immaginazione! Fortuna che il mio capo ha fiducia in me e mi ha
lasciato indagare su Erenfest... il buon vecchio ispettore! Sta rischiando la
pensione per me! Se sapesse!>>
Françoise allarmata da
quell’ultima affermazione gli prese una mano: <<Dylan, nessuno deve
sapere di noi! Le persone ci considerano mostri, non ci considerano esseri
umani. Quasi tutti coloro che hanno saputo che eravamo cyborg ci hanno
trattato con disprezzo...>>
Dylan lesse la
sofferenza negli occhi di Françoise: << Ti assicuro che non faccio
parte di quelle persone: io stento a credere che tu sia un cyborg... ma ti
credo quando mi dici che molti ti tratterebbero come un mostro. Personalmente
ritengo che siano queste persone i veri mostri...>>
Prese anche lui la sua
mano e aggiunse: <<Non dirò a nessuno di te, hai la mia parola.>>
Il cameriere li
interruppe portando loro le pizze che avevano ordinato. Françoise distaccò
di colpo le mani imbarazzata e fece spazio ai piatti.
Dylan le sorrise e
aggiunse impugnando coltello e forchetta: <<Spero di non averti guastato
l’appetito. Queste pizze hanno un aspetto invitante!>>
Françoise sorrise,
Dylan era riuscito a rassicurarla e ad allentare decisamente la tensione.
Dylan era davvero
simpatico. Era una persona molto sensibile, aveva un fare molto rassicurante
ed... era anche carino. A Françoise vennero in mente le parole di 007
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Bretagna assunse un aria
compiaciuta: <<Come pensavo… ammettilo, Françoise, era carino e gli
hai fatto i raggi x!>> Françoise: <<Ma che dici! Cretino!>>
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Françoise arrossì e
sorrise. Dylan si era accorto che Françoise lo stava guardando e si accorse
anche del suo rossore.
<<Io proprio non
riesco a non considerarti altro che una semplice ragazza, anzi una bella
ragazza!>>
Un incendio divampò sul
volto di Françoise che cercò di cambiare argomento: <<A che punto sono
le tue indagini?>>
<<Ad un punto
morto, purtroppo. Ieri, come sai, ho fatto visita allo schedario ed ho trovato
una piantina della clinica di Erenfest. Credevo di aver trovato qualcosa di
interessante, ma è stato solo un altro buco nell’acqua!>> Rispose
scoraggiato.
<<Cioè? Cos’è
che hai trovato?>>
<<Secondo la
cartina dovrebbero esserci altri due piani sotterranei ma non ho trovato né
una porta nascosta né un muro che suonasse di vuoto.>>
<<Posso dare
un’occhiata alla piantina?>>
<<Certo, l’ho
portata a casa mia, che è qui vicino.>>
Françoise esaminò
attentamente la piantina poi disse indicando una porta: <<Qui deve
esserci un passaggio segreto. Con la mia supervista sarà facile
trovarlo!>>
Françoise prese il suo
cellulare e chiamò Bretagna.
<<007, ho trovato
una pista, chiama subito 002 e 005. Facciamo una visita alla clinica del dott.
Erenfest!>>
#Dovrai accontentarti di
me e 005, 002 è “impegnato” stasera... non so se mi intendi...#
<<Capisco
perfettamente... Allora ci vediamo tra poco alla clinica!>>
<<Vengo
anch’io!>> disse Dylan non appena Françoise ebbe riagganciato
<<Dylan, può
essere pericoloso per te.>>
<<Non importa, non
posso certo lasciare andare una ragazza da sola fino alla clinica a quest’ora
della notte! Anche la mia cavalleria riesce a considerarti solo una ragazza,
una bella ragazza.>>
Il buono #2
Geronimo era appena
uscito dal pub dove lavorava Jiuly, si era separato da Bretagna e vagava per
le strade londinesi. La sua mole gli assicurava la tranquillità necessaria a
godersi quella bella serata di luna piena. Nessuno avrebbe osato mai
infastidirlo. Non era certo un “animale metropolitano”, ma quella sera
poco faceva caso a dove in realtà si trovasse, subissato com’era di
pensieri e malinconie. Era un uomo estremamente pacifico sebbene fosse stato
in passato un grande cacciatore della sua tribù. La sua tribù... gli vennero
in mente le parole che Elrond della sera precedente
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Geronimo fu un po’
sorpreso: <<È vero… io sono un … cyborg!>>
<<A noi non
interessa a quale tribù appartieni… Ci hai aiutati e te ne siamo
riconoscenti!>>
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Evidentemente quella
gente ignorava cosa fosse un cyborg! Lo faceva sorridere il pensiero che
avessero creduto che “cyborg” fosse il nome della sua tribù... la sua
tribù, la sua gente gli mancava tanto. Le montagne rocciose, i torrenti che
le solcavano prepotenti, le grandi vallate, gli ampi orizzonti, il cielo
limpido di quei luoghi. Alzò involontariamente lo sguardo al cielo. Le luci
della città gli impedivano la vista delle stelle. Scosse il capo e riabbassò
lo sguardo fino a terra. In Arizona nelle notti di luna nuova riusciva a
vedere miliardi di stelle. Una vecchia leggenda indiana parla del cielo
notturno come di un nero manto che oscura il sole e le stelle non sono altro
che piccoli buchi del nero manto della notte attraverso i quali filtra la luce
del sole. “In città sono più ricchi: da noi il manto è più consunto”,
pensò.
<<Ben tornato,
amico Cyborg!>> gli disse una voce familiare. Geronimo rialzò
finalmente lo sguardo e vide Elrond di fronte a lui. I piedi lo avevano
portato di nuovo alla baraccopoli dell’east-side. I suoi pensieri lo avevano
condotto a quello che più gli sembrava vicino a una antica tribù.
Fu felice di unirsi di
nuovo a loro. Una nuova festa di musica e colori riempì l’aria di cordiale
allegria. Quella sera rispolverò perfino il suo panflute[4].
Erano anni che non suonava, d’altro canto erano anni che non si sentiva così.
<<Elrond, c’è
anche un altro motivo per cui sono qui...>> Elrond lo guardò con
curiosità, Geronimo proseguì: <<Ho paura di avervi messo nei guai
l’altra sera... Quei teppisti torneranno.>>
<<Lo so>>
disse sorridendo.
Geronimo non capiva come
faceva ad essere così tranquillo.
<<Non devi
meravigliarti, amico Cyborg, e non è colpa tua: quei tipi vengono qui spesso.
Si divertono a seminare il panico tra la mia gente...L’altra sera hanno
avuto finalmente ciò che meritavano... ma non te ne preoccupare, stasera
pensa solo a divertirti!>>
Come invocati da cattivi
auspici, il cupo rumore delle potenti moto interruppe quella festa.
Stranamente quella volta le moto non puntarono verso il centro del campo come
era loro solito, ma si limitarono a girargli intorno come in una specie di
danza. I motociclisti si disposero a cerchio puntando i loro fari verso il
centro del campo. La faccenda non prometteva niente di buono. Geronimo si alzò
lentamente in piedi sentendosi chiamare direttamente in causa. A quel punto si
alzarono urla di acclamazione come se i motociclisti fossero divertiti dalla
scena e nello stesso tempo eccitati dallo spettacolo di quella montagna umana.
Il cenno del braccio di uno di loro fece calare il silenzio tra i
motociclisti. Prese la parola divertendosi a stuzzicare Geronimo
<<Ma bene, bene!
Abbiamo il piacere di rivedere il nostro amico cyborg! Stavolta il piacere sarà
tutto nostro: il piacere di vederti fatto a pezzi!>> disse poi sibillino
rivolgendosi ad uno di loro: <<Ehi, Spittle, “sciogli il
cane”!>>
Altre urla
accompagnarono la comparsa di un’enorme figura. I fari puntati alle spalle
ne rivelarono solo i contorni. Barcollante la figura si portò al centro del
campo e la luce ne illuminò il volto.
<<Juri! Figlio
mio!>> urlò Elrond pieno di gioia nel rivedere il figlio.
Lo sguardo spento di
Juri insospettì Geronimo e stupì il padre.
<<Juri... figlio
mio, che ti succede?>> disse l’uomo avvicinandosi a lui, ma quando
provò a sfioralo, Juri spalancò di colpo il braccio scaraventando Elrond a
terra ad alcuni metri di distanza.
Geronimo capì che Juri
era stato trasformato in cyborg e privato della sua volontà. Juri puntò un
dito contro di lui. Era la sua sfida. Geronimo non voleva combattere con lui
ma Misha si diresse verso il fratello che ebbe per lui lo stesso riguardo che
aveva avuto per il padre. Misha fu scaraventato a terra e perse i sensi.
Geronimo capì che era giunto il momento di agire. Juri si scaraventò contro
di lui con tutta la sua forza. Geronimo parò il colpo con le mani e sferrò
un pugno all’addome di Juri. Le sadiche urla di incitamento dei motociclisti
si fecero più alte mentre la gente del campo assisteva attonita alla scena.
Juri sferrò un pugno al volto di 005 poi prese la sua testa tra le mani e la
spinse verso il basso facendola scontrare con il suo ginocchio. Geronimo fu
atterrato dal colpo ma cercò di rialzarsi. Juri lo colpì con un calcio
quando era ancora a carponi. Si avvicinò di nuovo per colpirlo ma Geronimo lo
prese per la caviglia facendolo cadere a terra. Sedette su di lui colpendolo
più volte al volto ma Juri lo allontanò con un calcio. Geronimo lo afferrò
da dietro alla vita e al collo immobilizzandolo. Fu allora che Juri emise dei
raggi laser dai suoi occhi che puntavano verso il campo. Alcune roulotte
esplosero mettendo la gente in fuga. Geronimo non aveva più scelta, doveva
fermarlo immediatamente. Strinse la sua presa fino a fare esplodere il suo
avversario.
Il silenzio scese
improvviso. Il motociclista che aveva introdotto Juri irruppe in quel silenzio
ordinando ai suoi di darsela a gambe. Geronimo però lo inseguì e lo afferrò.
Lo prese per il collo e sollevò il braccio facendogli perdere il contatto con
il terreno.
<<Dove avete
trovato quel ragazzo? Chi lo ha trasformato in cyborg? Dimmelo!>> Disse
Geronimo scuotendolo.
<<No- non lo so,
amico! Io non centro! Era già così quando lo abbiamo comprato!>>
A Geronimo non piacque
quella risposta: <<Comprato? Da chi? Rispondi!>>
<<So-sono quelli
che ci procurano le armi... noi compriamo da loro le pistole e i fucili, ma
non gli chiediamo certo da dove le prendono... capisci, amico, non conviene
fare domande con certa gente...>>
Geronimo strinse più
forte la sua presa: <<Non sono tuo amico! Dovrei ucciderti...>>
<<No, ti prego,
non uccidermi... coff... coff...>>
Geronimo mollò la
presa: <<Va’ via! E non farti più rivedere!>>
Il
tizio scappò a gambe levate e i motociclisti non tornarono più al campo.
Geronimo si voltò verso
il campo, Elrond aveva ripreso i sensi giusto al momento per vedere suo figlio
esplodere tra le braccia di Geronimo. Era in ginocchio e teneva tra le mani
degli stracci, ultimi resti dell’abito del giovane Juri. Geronimo gli si
avvicinò silenzioso.
<<Va’
via...>> Elrond disse lui risoluto senza nemmeno guardarlo.
Geronimo abbassò la
testa e incurante delle sue ferite si trascinò via da quel campo. In cuor suo
maledisse un’altra volta ancora i Fantasmi Neri.
<<E questo che ci
fa qui?>> chiese ostile Bretagna indicando Dylan.
<<Ha insistito per
darci una mano... sa tutto, Bretagna... intendo di noi...>> rispose Françoise.
<<Come sarebbe a
dire sa tutto di noi? Che gli hai detto?>>
Bretagna era più
stupito che mai: Françoise aveva uno strano atteggiamento nei confronti di
quell’uomo, non poteva credere che fosse già così intima con lui da
avergli rivelato il loro segreto!
“Ma che diavolo le avrà
detto quell’idiota di Joe!” pensò tra sé.
<<Non abbiamo
tempo ora per le spiegazioni, dobbiamo entrare in azione!>> intervenne
Geronimo.
003 e 007 annuirono
decisi.
<<Dobbiamo entrare
nei sotterranei, secondo questa pianta ci dovrebbero essere tre piani sotto il
livello della strada anziché uno... potrebbero essere lì
i loro laboratori>> spiegò loro Dylan.
<<Ci penso
io!>> disse Geronimo che con un pugno fece breccia nel muro di cinta
della clinica.
Dylan restò
impressionato dall’enorme forza di quell’uomo che aveva di fronte.
<<Giuda ballerino!>> gli scappò.
<<E non hai
conosciuto 009! È ancora più forte: potrebbe torcerti il collo usando solo
due dita...>> disse Bretagna con una sottile vena sarcastica, che Dylan
non poteva cogliere, a differenza di 003.
<<007,
piantala!>> disse nervosamente 003.
<<Cosa ho
detto?>> rispose con aria falsamente innocente.
003 non rispose e si
limitò a fargli un’occhiata che gli facesse capire di proseguire senza
ulteriori interruzioni.
Entrarono con facilità
nel sotterraneo dove la sera precedente Dylan aveva trovato la pianta della
clinica e si diressero verso la fine del corridoio, dove, secondo la pianta,
avrebbero dovuto trovare delle scale per scendere ai piani inferiori.
Si trovarono di fronte a
un vicolo cieco. Dylan provò a battere dei colpi sulle pareti cercando un
punto in cui risuonasse di vuoto. <<Sembra che non ci sia nessun
passaggio.>> disse sentendo che i suoi colpi venivano completamente
assorbiti dalle pareti.
<<Hanno fatto le
cose per bene, eh? Un bel muro spesso...>> disse 007 constatando la
stessa cosa.
<<Dimmi dove devo
sfondare 003!>> disse Geronimo.
003 scosse la testa.
<<Qui non c’è alcun sotterraneo segreto!>>
<<Come è
possibile? Avranno usato uno scudo che non ti permette di vedere
oltre...>> disse 007.
<<No, riesco a
vedere perfettamente dietro queste mura e non c’è alcun passaggio, solo
terra!>>
Una settimana dopo.
Il brutto #3
Françoise indossò il
cappotto velocemente e infilò i guanti, si avvicinò alla porta con il fare
di chi avrebbe preferito non incontrare nessuno.
<<Vai di nuovo a
casa di quel tipo?>> Bretagna la sorprese.
Françoise si fermò
lasciando una mano sulla maniglia della porta, rifletté su cosa rispondere ma
non disse nulla.
<<Non devi mica
giustificarti! Se vuoi uscire con un altro non devi certo dare spiegazioni a
me, solo che... siamo in missione, non vorrei che te ne scordassi.>>
Françoise si voltò con
l’aria di chi aveva voglia di dare sfogo ai suoi tormenti. <<Chiariamo
una cosa una volta per tutte. Io non esco con nessun ALTRO! Intendo nessun
altro a parte Dylan! Anzi neanche con lui ci esco, non nel senso che intendi
tu! Io NON ho un ragazzo! NON ho una vita mia! Ma vorrei tanto averla! Vorrei
tanto non sentirmi altro che un mezzo robot! Ma a quanto pare non posso fare a
meno di inciampare in IDIOTI che me lo stiano a ricordare ogni cinque
minuti!>> Prese fiato approfittando del fatto che Bretagna era rimasto a
bocca aperta per il suo tono alterato e per nulla “sopra le righe”, e
aggiunse: <<Vado da Dylan, sì! Ci vado perché lì sto bene! Non mi
tratta come un robot e non mi dice di ... ma che ti sto a raccontare?! Tu sei
come lui! Non capisci niente! NIENTE!>>
Dette queste parole
sbattè la porta e andò via.
<<Aspetta! Françoise!>>
Bretagna ebbe la sensazione di aver toccato un tasto dolente e ne fu
sinceramente dispiaciuto, ma non se la sentì di andare dietro a quella furia.
<<Lasciala stare,
Bretagna, ha bisogno di schiarirsi un po’ le idee. Lo capirà da sola che
non può esserci futuro tra noi e un normale essere umano!>> disse Jet
che era appena uscito dalla sua stanza e si dirigeva verso la cucina.
<<Non può esserci
futuro tra noi e un normale essere umano!>> ripeté incredulo.
<<Ma che assurdità vai blaterando, Jet!>>
Jet si fermò e guardò
l’amico fisso negli occhi: <<Noi cyborg non possiamo amare nessuno!
Non siamo delle persone comuni con sentimenti ed emozioni... non possiamo
permetterci simili errori...>> distolse lo sguardo e aprì il
frigorifero aggiungendo: <<Joe ha ragione!>>
<<JOE HA
RAGIONE!?>> urlò incredulo Bretagna <<Non dirmi che è questo
quello che le ha detto!>>
<<Più o meno... e
le ha anche detto di non amarla e di dimenticare quello che era successo in
America... io non volevo origliare, mi è capitato di sentire la loro
discussione... dev’essere successo qualcosa tra quei due quando sono andati
in America a cercare il padre di Joe[5]...
e devono essersene pentiti amaramente!>> disse Jet senza distogliere lo
sguardo dal frigo. Non aveva ancora preso nulla, sembrava cercarci qualcosa
che non riusciva a trovare.
<<Bontà Divina!
Ma siete impazziti tutti? E volete fare impazzire anche me?! E quella povera
ragazza! Ora capisco quella sfuriata!>> Bretagna scrollò la testa
<<Non hai sentimenti tu, eh? Non hai tormenti, no eh? E allora rispondi
a questa domanda: cosa diavolo cerchi in questo maledetto
frigorifero!?>>
Jet lo guardò perplesso
come se si stesse accorgendo solo in quel momento di aver aperto il frigo.
<<Cosa c’entra questo?>>
<<C’entra
eccome! I bei discorsi di quell’idiota, che non sa nemmeno lui cosa vuole,
hanno trovato terreno fertile in te. Ora nemmeno tu sai quello che
vuoi!>> Bretagna vide Jet rattristarsi profondamente e rincarò la dose:
<<O no? Tu lo sai e come! Solo che non hai il coraggio di affrontare i
tuoi sentimenti! Che fine ha fatto Jiuly? L’hai lasciata andare via come ha
fatto il tuo amichetto con Françoise! Non vedi che conseguenze hanno certe
cose!>> disse indicandogli la porta da cui era appena uscita Françoise.
Bretagna lo mandò al diavolo con un gesto della mano e andò via.
Jet si voltò a guardare
la porta, provò una profonda rabbia dentro di sé.
Non ce l’aveva con
Bretagna, non ce l’aveva con lui per quello che gli aveva appena detto. Non
ce l’aveva neanche con Joe, infondo aveva sempre condiviso quel punto di
vista. Con chi ce l’aveva allora? Perché si sentiva così arrabbiato? Perché
si sentiva così impotente?
Guardò ancora una volta
nel frigo.
Una mano forte si
appoggiò sulla sua spalla.
<<È finito il
tempo di cercare risposte. È ora di trovare delle soluzioni!>> furono
le parole di Geronimo.
Una molla gli scattò
dentro, infilò il suo giubbotto di pelle e uscì di corsa.
Jet non aveva il
coraggio di entrare nel pub e decise di rimanere fuori ad aspettare la
chiusura. Aveva intenzione di sfruttare quel tempo per schiarirsi le idee.
Perché si sentiva così
irrequieto? Forse perché in fondo ce l’aveva con se stesso... ma perché?
Forse perché era stato il carnefice di se stesso, l’autore delle sue
torture. Cosa l’aveva portato là? Voleva vederla! Non poteva farne a meno!
Avrebbe veramente potuto amarla? Probabilmente lo stava già facendo... E lei
sarebbe stata ancora disposta a stare con uno come lui? Ma perché le aveva
detto di essere un cyborg? E cosa avrebbe potuto fare altrimenti? E se lo
amasse comunque? Cosa sarebbe successo dopo?
“Chissenefrega!”
Pensò.
Aveva voglia di vivere
quel momento e basta, senza pensare alle conseguenze! Gli sembrava incredibile
che il suo cuore stesse pulsando così velocemente. Era un cuore artificiale,
mica uno umano! Eppure il ritmo era aumentato al solo pensiero che a breve
avrebbe rivisto Jiuly. Rise di sé. E di quell’idiota di Joe! Chissà quando
la sua testardaggine gli avrebbe consentito di comportarsi come il suo cuore
gli dettava. Scosse la testa e prese a calci una lattina che colpì un mucchio
di spazzatura facendo scappare dei gatti che erano lì in cerca di cibo.
Sghignazzò ancora, si sentiva più leggero e riusciva a ridere della scena.
<<Finalmente!>>
<<Anche per oggi
è andata! Che fatica!>>
Jet riconobbe le voci di
May e Charles che stavano chiudendo il pub.
Ma dov’era Jiuly?
Possibile che fosse andata via e lui non se fosse accorto?!
<<Guarda un po’
chi si vede!>> disse Charles accorgendosi di Jet che si era avvicinato.
<<Smuff! Arrivi un
po’ tardi, ragazzo mio! Jiuly se ne è andata!>> aggiunse May con una
palata di sarcasmo.
Jet rimase sbigottito e
ammutolito.
<<May! Non essere
così acida con Jet! Dopotutto se è qui, vorrà pur dire qualcosa,
no?>> disse Charles facendo l’occhiolino a Jet.
<<Sei qui per
Jiuly?>> chiese May a Jet con aria diffidente.
<<Sì... >>
<<Ma non è più
qui! È andata via! Te la sei lasciata scappare, ragazzo mio! Ormai è tardi!
Sorry!>> disse un po’ sadica May alzando le spalle e avviandosi verso
casa.
<<Come “andata
via”? Dov’è andata?>> chiese Jet sconcertato.
<<Suvvia May, ti
sei divertita abbastanza!>> disse Charles.
May sbuffò: <<E
va bene... Jiuly ha accettato una
borsa di studio. Un amico del padre le ha consentito di proseguire i suoi
studi in crio-ciber-come-cavolo-si-chiama ...>> <<Cibernetica,
bio-cibernetica! Non crio-cibernetica!>> precisò Charles
<<Insomma si è trasferita qui, ma è
ancora a Londra!>> aggiunse estraendo dalla tasca un pezzo di carta con
su scritto un indirizzo.
<<Grazie Charles!
Grazie May!>> disse scappando via.
<<Non farla
soffrire o dovrai vedertela con me! Intesi?>> gli urlò dietro May.
<<Non
preoccuparti, May, Jiuly è una ragazza in gamba. Non è certo il tipo che si
lascia mettere i piedi in testa da uno Yankee!>>
<<Non lo so,
Charles, ma... ho come... un brutto presentimento...>>
“ Towling street, 17.
Dovrebbe essere il prossimo.” Jet si avvicinò all’enorme costruzione
rimanendone sorpreso. “Questa costruzione ha un’aria familiare... Dov’è
che l’ho già vista?” Un lampo gli attraversò gli occhi. “No! Non è
possibile!” Si sollevò in volo per guardare la costruzione dall’alto e si
rese conto che la pianta di quell’edificio corrispondeva a quella della
clinica del dott. Erenfest. Atterrò all’interno del giardino che circondava
l’edificio con già indosso la sua rossa divisa e con la pistola in pugno.
Si avvicinò all’ingresso principale dove scorse sulla targa la scritta
“B.G. Corporation Laboratory”. <<No! Non può essere vero!>>
abbassò la sua pistola cercando in se una spiegazione plausibile quando gli
tornarono alla mente la parole di Jiuly...
---------flash back:
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Jet le sorrise, ci
vollero parecchi passi per fargli tirare fuori altre parole. <<E così
studiavi cibernetica...>>
<<Bio-cibernetica,
come mio padre il dott. Lemming, era uno scienziato importante, sai?>>
<<Era?>>
Jiuly si intristì di
colpo: <<Si, mio padre è morto: lavorava su una piattaforma
sperimentale e fu ucciso da un’organizzazione criminale...
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<<Ora ricordo!
Lemming era quel pazzo che tentò di farci il lavaggio del cervello[6]!>>
STOCK
Un colpo secco colpì
Jet alle spalle facendogli perdere i sensi.
Il buono #3
Sulla sommità del
burrone il vento soffiava forte portandogli mille racconti di terre lontane.
Da lassù l’orizzonte era sconfinato, sfumato, quasi indefinito tra terra e
cielo. A nord poteva scorgere l’altopiano del Colorado ed a est la maestosità
delle montagne rocciose. Ai suoi piedi il Gila scorreva solcando
prepotentemente il fianco della montagna. Era autunno e l’aria stessa ne
dava il primo segnale.
Discese da quell’altura
seguendo un vecchio sentiero battuto da avi del suo popolo molto tempo prima
di lui. Attraversò una vegetazione rara per quella terra arida e ostile, fino
a giungere ad un’enorme vallata. Il suo popolo era accampato lì da quando i
bianchi li avevano spinti fino a quell’estremo confine di verde oltre il
quale v’era solo deserto.
Tra le tende
dell’accampamento c’era grande agitazione: gli uomini erano ancora in
sella ai loro cavalli, di ritorno dalla caccia portavano le loro prede
all’accampamento. Di lì a poco ci sarebbe stato un gran daffare: occorreva
conciare le pelli, che sarebbero servite nelle gelide notti dell’inverno
continentale, e essiccare la carne per farne provvista.
Geronimo si avvicinò
lentamente al campo in sella al suo robusto cavallo.
Scese da cavallo quando
fu vicino alla prima tenda, una giovane donna con un grembiule da cameriera[7]
gli si avvicinò. Le porse le sue prede ed ella fece per ringraziarlo:
<<Grazie Geronimo, non c’era più rimasto niente in frigo... solo
domande, senza risposte...>>
In un angolo del campo
alcuni Rom danzavano davanti ad un fuoco acceso. Elrond fumava il calumet
della pace seduto con “Delfino nero”, “Talpa” e “Camaleonte che
ride”.
“Dio della morte” e
“Lampo che corre” gli si avvicinarono.
<<Geronimo, il
“Gran capo” vuole parlare con te: lo “Sciamano” ha fatto un sogno e
qualcuno sarà in pericolo stanotte>> gli disse il primo.
Geronimo si diresse
verso la tenda del “Gran capo”, ma “Lampo che corre” richiamò di
nuovo la sua attenzione. <<Dov’è “Occhi di cielo”? Sta bene,
vero, Geronimo?>>
Geronimo sorrise come
solo lui sapeva fare.
<<Dovresti averne
più cura, tillikum[8]!>>
Geronimo aprì la tenda
del “Gran capo” ed entrò nel laboratorio del dottor Gilmore.
<<Ti stavo
aspettando, lo “Sciamano” sta facendo un sogno inquieto, che tu solo puoi
sentire. Fai attenzione. Non dubitare al risveglio di ciò che ti sta per
essere rivelato>>
Il pianto di un neonato
si fece insistente e sempre più forte.
La voce dello
“Sciamano” interruppe quel pianto: << ”Uccello guerriero” è
stato catturato dal nemico. Ha bisogno del vostro aiuto il più presto
possibile. È prigioniero nei laboratori di Erenfest. Eccoti la mappa per
trovarli.>>
Geronimo sembrò essere
inghiottito da una sorta di cartina stradale, c’erano tante strade senza
nome ad eccezione di una: Towling street. Si ritrovò alla periferia sud di
Londra di fronte un’enorme costruzione, sembrava identica alla clinica di
Erenfest fatta eccezione per il giardino al centro del quale vi era un grande
salice.
Lo sciamano riprese a
parlare: <<Mi sono introdotto nel tuo sogno ma il tempo a mia
disposizione sta per scadere. E ora svegliati, Geronimo! Svegliati! Svegliati!
Svegliadrin! SvegliaDRIIIIN!>>
DRIIIIN...
DRIIIIN... DRIIIIN...
Geronimo riaprì gli
occhi nel suo letto. Il telefono stava squillando.[9]
Si apprestò a
rispondere. Dall’altro capo del telefono una voce amica gli stava parlando.
<<Pronto?
Geronimo! Ci sei?>>
<<Sì, Joe. Ci
sono>>
<<Era ora che
rispondeste! Il dottor Gilmore vuole parlare con te>>
<<Va bene,
passamelo... ah Joe, ... prima che mi dimentichi... dovresti avere più cura
delle cose che ti stanno a cuore!>>
Joe non capì e rimase
un po’ interdetto: <<Lo terrò a mente... grazie del consiglio, 005.
Ora ti passo il dott. Gilmore>>
Passarono pochi attimi
di silenzio dopodiché Geronimo sentì Gilmore al telefono.
<<005, sono
preoccupato: 001 si sta agitando parecchio
nel sonno. Si è addormentato solo da poche ore e dubito che riuscirebbe a
svegliarsi nemmeno se volesse. Lì va tutto bene? 007, 003 e 002 sono lì con
te?>>
<<Mmmmh... credo
di sapere cosa è successo, 001 mi ha trasmesso un sogno telepatico. Si
agitava perché eravamo in contatto. 002 è stato catturato, ma so dove
l’hanno portato. Andiamo a riprendercelo!>>
La
cattiva #3
<<Accidenti! Non
si cava un ragno dal buco!>> esclamò nervosamente Françoise
scaraventando la penna che aveva tra le mani sul tavolo.
Erano giorni che cercava
qualche indizio dai documenti che Dylan aveva sottratto alla clinica Erenfest.
<<Nervosetta
stasera, eh? Mi sa che dovevo prepararti una camomilla invece del tè!>>
disse Dylan entrando nel suo piccolo salotto portando un vassoio con due tazze
fumanti. Sedette sulla poltrona affianco alla sua e le porse la tazza
sorridendo dolcemente.
Françoise ricambiò
quel sorriso. << Scusami, sono un po’ nervosa... Non riesco a trovare
nulla che possa esserci d’aiuto! Non abbiamo prove che Erenfest sia
collegato ai Fantasmi Neri... e da quando Geronimo mi ha raccontato di quel
povero ragazzo Rom, rapito e venduto come un’arma qualunque... ho ancora più
fretta di incastrare quel dannato! Non si limitano più a trasformare le
persone rapite in cyborg, come hanno fatto con me e i miei amici, ora ne
sopprimono completamente la volontà... ne fanno un vero robot, ma
dall’intelligenza umana! Perfetto per i loro scopi!>>
<<Eppure c’è
Erenfest dietro tutto questo, lo so, lo sento! E la telefonata
dell’ispettore di stamattina non ha fatto altro che confermarmi questa
ipotesi!>>
Françoise lo guardò
con aria interrogativa. Dylan le raccontò che l’ispettore, capo del suo
dipartimento, gli aveva telefonato quella mattina per dirgli di essere stato
esonerato da quell’incarico. <<Ha ricevuto pressioni dal
sovrintendente, Erenfest è una persona molto potente... evidentemente si è
informato sul mio conto e ha scoperto che sono un detective di Scotland
Yard...>>
<<Non vorrai
abbandonare le indagini?!>> disse un po’ sorpresa Françoise
Dylan le sorrise:
<<Ti dispiacerebbe?>>
Françoise restò
interdetta da quella domanda, capiva benissimo cosa in realtà le stava
chiedendo Dylan, ma ne era sorpresa: sapeva chi-cosa lei fosse e questo non lo
fermava...
Françoise tardava
rispondere.
<<Comunque non
mollerò proprio adesso! Questa settimana sono scomparsi altri due ragazzi. So
cosa succederà a quelle persone e non ho nessuna intenzione di abbandonarle
al loro destino!>>
Sorseggiarono il loro tè
fino a finirlo.
<<Mi piace il
vostro tè! Non c’è che dire: il tè inglese è il migliore!>>
<<Il che, detto da
una francese, è un vero complimento!>>
Risero entrambi.
<<Ti va se metto un po’ di musica?>> disse Dylan.
<<Sì, dai! Ho
proprio voglia di un po’ di musica... è così raro per me trovare qualcuno
cha abbia i miei stessi gusti in fatto di musica!>>
<<A chi lo dici!
Ascolta questo brano: è il mio preferito!>> disse Dylan accendendo lo
stereo
“Il
trillo del diavolo” riempì la stanza. Françoise si sentì rapita da quella
musica e chiuse gli occhi. D’un tratto si sentì prendere per la mano, Dylan
la stava invitando ad alzarsi.
<<Vorrei vederti
danzare!>>
Françoise si ritrasse
<<Non posso... non ho le scarpe... il vestito adatto...>>
<<Questa è una
vera cattiveria!>> le disse guardandola negli occhi.
<<Lo farei
volentieri ma con queste scarpe non...>> la interruppe mettendole un
dito sulle labbra.
<<Non mi riferivo
a quello...>> le accarezzò il viso <<Sei così bella! E così
dolce! Perfino spiritosa, nonostante tu sia francese! È fin troppo facile per
me innamorarmi di te!>> esitò qualche istante durante il quale Françoise
sentì il suo cuore accelerare improvvisamente <<Ma tu, tu Françoise,
puoi innamorarti di me? Un cyborg ha sentimenti e desideri come quelli di un
uomo qualunque?>>
Françoise si allontanò
bruscamente e si voltò dandogli le spalle.
---------flash back:
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Joe la guardò dritto
negli occhi <<Noi siamo dei cyborg, Françoise, non abbiamo sentimenti e
desideri come uomini qualunque!>>
<<Non
ti credo! Io so che non è vero!>> gli rispose in lacrime. <<Lo so
perché io ti amo, Joe! E anche tu mi ami! L’ho capito quella sera in
America!>>
<<Dimentica quello
che è successo, Françoise, è stato un errore! Non possiamo permetterci
certi sentimenti, potrebbero esserci fatali!>> le disse Joe scuotendola.
<<No, non è vero!
Non è stato un errore!>> disse singhiozzando.
Joe scosse la testa,
Françoise non riusciva a capire: <<Io non ti amo, Françoise! Mi
dispiace!>>
Joe voltò le spalle e
si allontanò.
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<<No, Dylan, noi
cyborg non abbiamo sentimenti e desideri come uomini qualunque!>>
Dylan non si aspettava
quella risposta, la raggiunse nell’angolo in cui si era rifugiata e le
afferrò entrambe le braccia facendola voltare verso di lui e scoprì che il
suo viso era rigato dalle lacrime.
<<No... non ti
credo, Françoise! E i tuoi occhi me lo dimostrano...>>
A Françoise sembrò che
una diga cedesse e che i pensieri, che la stavano tormentando da quando aveva
avuto quella discussione con Joe prima di partire, traboccassero dalla sua
mente e potessero finalmente trasformarsi in parole <<I miei occhi? I
miei occhi contengono una lente speciale che mi consente uno zoom 500x nonché
un rivelatore ad alta sensibilità con una banda passante che va dai raggi x
all’infrarosso!>>
Dylan capì che Françoise
aveva bisogno di sfogarsi e lasciò che finisse.
<<Le mie orecchie
sono dotate di un dispositivo sonar che mi consente di sentire quello che
stanno dicendo i tuoi vicini dell’ultimo piano!>> Si scoprì le
braccia mostrandogliele <<La mia struttura scheletrica è in una lega
d’acciaio che mi consente di sopportare sforzi superiori a quelli di un uomo
comune. Persino il mio cuore è un cuore artificiale, non un cuore umano[10]...
mi resta poco di umano...>>
<<Tra cui questa
tua tristezza, la tua paura, la tua rabbia! Anche adesso che mi hai fatto
un’analisi dettagliata del tuo corpo, io non ti credo quando dici di non
avere sentimenti e desideri come i miei!>>
Françoise scrollò la
testa senza smettere di piangere. Dylan l’afferrò per un braccio e la
trascinò in camera da letto di fronte ad un grande specchio. Le stava dietro
trattenendola per le braccia e teneva la
testa appoggiata alla sua in modo che avessero la stessa visuale.
<<Dimmi, Françoise,
cosa vedi? E non dirmi che vedi un robot, perché non ti credo, lo so che non
puoi vedere i tuoi circuiti!>>
Françoise face una
smorfia, un sorriso sapore molto amaro: <<Dylan, tu hai capito che non
posso guardarmi dentro attraverso lo specchio; se usassi i miei poteri,
riuscirei a guardare dietro lo specchio, ma non posso guardare dentro
un’immagine virtuale come quella riflessa da uno specchio[11]!>>
<<Non hai
risposto, cosa vedi?>>
Françoise non
rispondeva.
<<Te lo dico io:
vedi una donna. E dimmi: cosa senti di essere, cosa senti dentro di
te?>>
Françoise si liberò
dalla sua stretta voltandosi verso di lui. Continuava a singhiozzare mentre lo
guardò negli occhi dicendogli: <<Non lo so! Non lo so! Tu non capisci!
Per te è facile! Io non so chi sono! Non so COSA sono! La mia mente è
assillata da mille dubbi!>>
Dylan la strinse a sé,
forte, accarezzandole la testa. Le baciò la fronte e poi gli occhi per
asciugarle le lacrime. Françoise lo guardò negli occhi muta, alla ricerca
disperata di un qualcosa che le confermasse che dentro di sé era una donna
vera e non un semplice robot. Fu allora che Dylan la baciò. La sollevò
prendendola in braccio e l’adagiò sul letto.
<<Lasciami
sciogliere i tuoi dubbi. Resta con me stanotte e domattina avrai spazzato via
ogni brutto pensiero.>> le sussurrò.
Dylan riprese a baciarla
con passione. La sua mano accarezzò le sue forme di donna sbottonando la sua
camicia. Françoise si lasciò andare in quell’abbraccio.
<<Buon
giorno>>
<<Buon giorno a
te, Françoise!>>
<<Come mai già in
piedi?>>
<<Non ho dormito
molto bene...>>
<<Mi spiace, è
colpa mia!>>
Dylan le sorrise, prese
una tazza dallo stipite della cucina e la pose davanti a Françoise
che si era accomodata al tavolo della cucina di fronte a lui. Continuò
a sorridere versandole del caffè nella tazza.
<<Che hai da
ridere?>>
<<Niente...>>
disse prendendo dei biscotti dalla dispensa e porgendoglieli.
<<Su
dimmi!>>
<<Pensavo... che
sarebbe stato divertente se ci fosse stato un caso di omonimia!>> rise.
Françoise gli fece una
linguaccia: <<Non c’è niente da ridere! Anzi... io... mi sento
terribilmente in colpa... sia con te che con lui...>>
Dylan le prese le mani:
<<Françoise, tu non hai nulla da farti perdonare, con nessuno... era
normale che dopo quello che avevi passato, tu avessi bisogno di sentirti
amata... e, sfortunatamente per me, era normale che tu pronunciassi quel nome
visto che desideravi che ci fosse un altro al posto mio!>>
<<Poche persone al
tuo posto si sarebbero... arrese...>>
<<Dici? Non so:
non credo che faccia piacere a nessuno essere chiamati col nome di un altro
uomo in intimità! E poi se non mi fossi fermato di mio, mi avresti fermato
tu... fidati!>>
Françoise gli sorrise.
TOK TOK TOK
<<Chi sarà a
quest’ora del mattino?>> disse Dylan dirigendosi verso la porta.
<<Sono Bretagna e
Geronimo! Che ci faranno qui?>>
Dylan aprì la porta
beccandosi una squadrata da capo a piedi da Bretagna. Indossava solo i
pantaloni del pigiama ed era a dorso nudo.<< Françoise è qui? Abbiamo
bisogno di lei: hanno catturato Jet!>>
Dylan li fece entrare in
cucina dove trovarono Françoise con indosso solo la parte mancante del
pigiama di Dylan. A Bretagna saltarono gli occhi fuori dalle orbite. Si voltò
verso Dylan e poi di nuovo verso Françoise come per accertarsi di ciò che
vedeva: <<Oh my God! Non è possibile! Françoise, dimmi che non è
vero!>>
Françoise scosse la testa: <<Abbiamo altro a cui pensare, Bretagna, dobbiamo salvare Jet ora!>>
C O N T I N U A....
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[1] Quest’indirizzo è familiare a qualcuno?
[2] Arma tipica dei cartoni giapponesi fatta da due bastoni legati da una catena.
[3] Beh? Nemmeno questo nome vi è familiare?
[4] Strumento musicale a fiato fatto da canne di diversa lunghezza tenute insieme.
[5] Vedi fanfic “Una nuova famiglia”
[6] Vedere episodio # seconda serie tv.
[7] Non vi spaventate: alla fine sarà tutto chiaro!
[8] tillikum=amico vedi “Spirit, cavallo selvaggio”. Lo so che ogni popolo indiano parla la sua lingua, ma mi piaceva e ce l’ho messo!
[9]
Ok, avrete certamente capito che il delirio precedente non è frutto di
nessuna sostanza stupefacente da me assunta, ma è semplicemente un sogno
di Geronimo. Credo sia
superfluo spiegarvi che nel suo sogno i suoi amici cyborg hanno nomi
indiani ovvero “Delfino nero” è 008, “Talpa” è 006 (gli ho
lasciato il soprannome del manga, come pure per 004),
“Camaleonte che ride” è 007, “Dio della morte” 004,
“Lampo che corre” 009, il “Gran capo” il dott. Gilmore,
lo “Sciamano” 001,“Occhi di cielo” 003 e infine ”Uccello
guerriero”è 002. La ragazza col grembiule da cameriera è Jiuly.
[10] In realtà cosa sia umano e cosa sia meccanico in 003 non mi è mai stato molto chiaro. Occhi e orecchie di sicuro non sono umani. Probabilmente ho scritto qualche cavolata per quanto riguarda la descrizione delle orecchie, ma la parte ottica potrebbe essere così come l’ho scritta, parola di ottico quantistico. Le ho attribuito una struttura scheletrica artificiale e non muscoli artificiali per giustificare il fatto che è più forte di un essere umano ma meno di un cyborg. Il cuore artificiale invece stava bene ai fini narrativi. J
[11] Spero di essere stata chiara. Se Françoise vede un cyborg allo specchio lo vede come una persona qualunque, non riesce a vederne i circuiti.