London nights 

di Pia
 
Parte 1
Parte 2
Parte 3
 

Parte 1

 

Il dott. Gilmore aveva inviato 002,003 e 005 a Londra per indagare su delle strane sparizioni che erano avvenute nella capitale Britannica. In un primo momento c’era con loro anche 007, ma Bretagna s’era lasciato andare ai suoi ricordi e aveva lasciato tutto il lavoro ai suoi amici, che però avevano capito ciò che provava e si occuparono loro di tutto.

Avevano dei sospetti sul dott. Erenfest, noto neurochirurgo dalle idee un po’ bizzarre: ad una conferenza di qualche anno prima aveva dichiarato di aver scoperto il luogo del cervello umano in cui risiedeva la volontà. 003 era riuscita a farsi assumere come segretaria del dott. Erenfest nella sua clinica privata alla periferia di Londra mentre gli altri due seguivano piste secondarie mettendosi sulle tracce di alcuni degli scomparsi. Tuttavia i risultati delle ricerche non davano buoni esiti e i tre erano alquanto scoraggiati.

 

Il brutto #1

 

La metro di Londra era poco affollata, era pomeriggio tardo, quasi sera ormai. Un piccolo Rom suonava la sua piccola fisarmonica a cui era appeso un berretto con un gancio. Alcune persone ci lasciavano scivolare qualche monetina prima di scendere alla loro fermata.Un gruppo di ragazzi dall’aspetto trasandato si avvicinò al piccolo mendicante.

<<Bello questo berretto!>> disse uno di loro prendendo il berretto del bambino e mettendoselo in testa, facendo così cadere tutte le monetine.

<<Da’ qua, a me sta meglio di sicuro!>> lo prese un altro.

<<La prego, signore, mi ridia il cappello…>> lo pregò il piccolo ma i ragazzi cominciarono a passarsi il berretto facendo correre il bambino avanti e indietro.

Jet era seduto scomposto proprio in quel vagone e vide la scena. Un mezzo sorriso gli percorse il viso: quante volte aveva partecipato a scherzetti del genere nel suo passato da teppista, ma ora le cose erano cambiate, decisamente cambiate. Pensava a queste cose quando si alzò dal suo posto pronto ad intervenire, ma qualcun altro lo precedette. Una ragazza aveva strappato il cappello dalle mani di uno di quei delinquenti proprio quando non se lo aspettava.

<<Tieni piccolo…>> lo porse al bambino che prese il cappello e scappò via immediatamente. <<Ehi tu! Cerchi rogne?>> le disse minaccioso uno di loro.

La ragazza girò semplicemente i tacchi senza degnarli di uno sguardo. Uno di loro l’afferrò allora per un braccio costringendola a fermarsi e a girarsi.

Lo guardò freddissima: <<Toglimi le tue zampe puzzolenti di dosso, microcefalo in putrefazione!>>

I ragazzi si misero a ridere, poi il ragazzo che l’aveva afferrata disse: <<Ehi, ragazzi, qui abbiamo una “paladina della giustizia”! Oh che paura che mi hai fatto! Penso proprio che ora ci si diverte per davvero, bellezza!>>

<<Non pensare, non ne hai l’equipaggiamento!>>gli disse sprezzante la ragazza.

I suoi compari sghignazzarono della battuta.

<<Non credere di potermi prendere in giro davanti i miei amici e passarla liscia>> disse allora il ragazzo spazientito cominciando a stringerle più forte il braccio.

<<Lasciami!>>

<<La signorina ha detto di lasciarla stare…>> disse Jet afferrando il polso di quel ragazzo e stritolandolo al punto che dovette mollare la presa. <<Non è da gentiluomini prendersela con le ragazze, non ve l’ha insegnato la mamma?>>

<<E tu da dove sbuchi? Fatti gli affari tuoi, ti conviene!>>

I ragazzi sfoderarono i loro coltelli a scatto. Jet sorrise vedendo quel gesto, gli era familiare… La metro intanto era giunta in una stazione, facendo una frenata un po’ brusca. La ragazza ne approfittò per dare uno spintone a uno di quei ragazzi facendolo cadere sui suoi compari a gambe all’aria, poi prese Jet per il polso.

<<Via!>>

Uscirono dalla metro mezzo secondo prima che le porte si chiudessero. Finirono entrambi per fare un ruzzolone in terra. Si voltarono verso la metro e videro quei ragazzi dietro le porte, ancora nel treno. La ragazza fece loro un gestaccio lasciando Jet allibito.

<<Ma tu sei una pazza scatenata!>> le disse <<…potevamo farci male sul serio uscendo così di corsa dal treno!>>

<<E che altro potevamo fare? Quei ragazzi ci avrebbero fatto a pezzi! Eravamo in due contro cinque!>> rispose lei alzandosi e porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.

Jet fu sorpreso: <<Due?!>>

<<Pensavi forse che t’avrei lasciato da solo contro quelli dopo che mi avevi aiutata?!>>

Jet si rialzò e la guardò come avrebbe guardato un alieno che fosse sbarcato sulla Terra da Marte davanti i suoi occhi.

<<Ma allora sei davvero una “paladina della giustizia”!>>

Si misero a ridere.

<<Il mio nome è Jiuly e sono felice di conoscerti…>>

 <<Jet! Il mio nome è Jet Link.>>

  <<Grazie per l’aiuto, Jet! Sai, anche noi “paladine della giustizia” abbiamo bisogno dei nostri eroi ogni tanto>>

Jet fu imbarazzato dal sentirsi chiamare eroe da quella ragazza. Era davvero carina, niente di particolare, pensò tra sé Jet, ma gli piaceva il suo sorriso marcato da due fossette ai lati della bocca

<<Bhè non potevo certo restare lì a guardare… e poi … mi hai preceduto, sai?... volevo anch’io dare una mano a quel bambino…>>

 <<Ah ma allora anche tu te le vai a cercare! Comunque permettimi di offrirti qualcosa per ringraziarti: io lavoro in un pub poco distante da qui.>>

 <<…va bene… ti ringrazio…>>

 

Quando Jiuly e Jet entrarono nel pub, la cassiera notò che avevano i pantaloni sporchi, come chi si fosse rotolato per terra e Jiuly aveva un livido sul braccio.

 <<Jiuly, santo cielo, non ti sarai azzuffata di nuovo con qualche ragazzaccio!>>

<<Mi conosci, May, non posso vedere certe cose e restare impassibile, fortuna che questa volta ho trovato qualcuno che mi appoggiasse! Ti presento Jet, mi ha aiutato a tenere a bada dei ragazzi che se la prendevano con un bambino.>>

 <<È un piacere, Jet, io sono May, proprietaria di questo pub e quello che vedi al banco del bar è mio marito Charles.>>

<<Molto lieto, May. Charles…>>

Charles accennò un saluto con la testa.

<<È  una fortuna che Jiuly ti abbia incontrato stasera! Quella ragazza è una testa calda! Mi farà morire di crepacuore una di queste volte! Come mai sei  a Londra, Jet? Non sei Inglese, vero? Dall’accento sembri americano. Sei in vacanza?>>

<<Si, sono di New York ... sono qui per degli … studi.>>

<<Ah sei uno studente universitario! Anche la nostra Jiuly lo era… è una ragazza molto intelligente… peccato non abbia potuto continuare i suoi studi…>>

Jiuly aveva indossato un grembiule e portò a Jet una pinta su un vassoio: <<May, non annoiare il mio amico! Tieni, Jet, questa è la migliore birra della casa, ma se vuoi altro non hai che da chiederlo!>>

<<No, grazie, va bene così!>>.

In quel momento entrarono quattro ragazzi con i loro strumenti. <<Salve, May. Buona sera, Charles. Scusate il ritardo.>>

<<Non vi preoccupate, ragazzi, non è ancora arrivato nessuno, ma appena comincerete  a suonare ci sarà un bel daffare per noi!>>

Era una Jazz band molto brava, Jet si fermò lì per ascoltarli e vide la gente cominciare a popolare quel pub. Gli piaceva quel posto, ci stava davvero bene.

<< Jiuly, mi porteresti un panino con hamburger e formaggio? Questo lo pagò però!>> 

<<Non se ne parla neanche, questa sera sei mio ospite, ti farò pagare quando ritornerai…>>

<<Contaci!>>

 

La cattiva #1

 

Un uomo sulla trentina si avvicinò alla scrivania di Françoise: <<Scusi, signorina. Dovrei parlare con il dott. Erenfest.>>

<<Ha un appuntamento?>>

<<Si, sono il sig. Blade>>

Françoise controllò l’agenda degli appuntamenti: <<Prego, il dott. Erenfest la sta aspettando>> disse gentilmente.

<<Grazie!>>

Françoise l’accompagnò alla porta, si sentì scrutare dalla testa ai piedi da quel giovane che le sorrise facendola sentire in imbarazzo.

 

Il dott. Erenfest visitò accuratamente il sig. Blade e poi disse: <<Lei è sano come un pesce, sig. Blade! Come mai si è rivolto a me?>>

<<Vede dottor Erenfest, io sono un’atleta ma ultimamente sto perdendo colpi, sa la nostra è una carriera breve e a trent’anni sei già una stella al tramonto… Sarò franco con lei, dottore. Ho saputo di alcuni suoi esperimenti per “migliorare” le capacità fisiche… vorrei dare un mio contributo a questa sua ricerca…>>

<<Non so chi le ha dato queste informazioni, ma le assicuro che l’ha presa in giro… quello di cui lei mi parla è fantascienza… noi qui ci occupiamo di semplice neurochirurgia…>>

<<…naturalmente posso pagare…>>

Il dott. Erenfest divenne visibilmente nervoso: <<…la prego di andare, sig. Blade!>>

<<Come vuole dott. Erenfest, se dovesse cambiare idea ho lasciato il mio numero di telefono e il mio indirizzo alla sua segretaria…>>

<<Vada, la prego…>>

 

Il dott. Erenfest accompagnò Blade alla porta: <<Signorina, accompagni il sig. Blade all’uscita.>>

<<Certo, dottore. La prego di seguirmi, sig. Blade>>

Françoise aveva sentito tutta la conversazione e ne era rimasta sconvolta: come poteva quell’uomo voler trasformarsi in cyborg volontariamente? Lo guardò meglio e si accorse che nella tasca interna della sua giacca aveva un distintivo di Scotland Yard: detective Dylan Holles.

Holles interruppe i suoi pensieri: <<È molto che lavora qui, signorina Arnould? …ho letto il suo nome sulla targa sulla sua scrivania… Françoise Arnould… è francese?>>

<<Si… sono francese, sono stata assunta da poco…>>

<<Deve lavorare ancora per molto? La posso invitare a prendere qualcosa, dopo il lavoro?>>

Françoise capì che il detective Holles era in cerca di informazioni…e anche a lei poteva far comoda qualche informazione in più: <<Oggi non posso, ma potremmo vederci domani sera, finirò alle sette…>>

 <<Perfetto, allora a domani.>>

 

Françoise tornò alla sua scrivania. Il Dott. Erenfest si era tolto il camice ed era ancora fuori il suo studio: <<Era l’ultimo, vero, signorina?>>

<<Si, dottore. Per stasera abbiamo finito…>>

<<Ah signorina, potrebbe darmi l’indirizzo e il numero di telefono del sig. Blade. L’ha lasciato, vero?>>

<<Si, dottore.>> lo ricopiò su un pezzo di carta e lo memorizzò: 7, Craven road[1].

<<Grazie, può andare>>

 

Françoise sbrigò qualche pratica, raccolse le sue cose e fece finta di andarsene, in realtà si diresse verso i sotterranei della clinica dove sapeva che c’erano i vecchi libri contabili della clinica o per lo meno così le avevano detto. Trovò la porta del piano seminterrato bloccata da una sbarra di ferro dall’interno: c’era qualcuno dentro, qualcuno che non voleva essere “disturbato”. Una piccola sbarra di ferro non era un problema per un cyborg come lei, la piegò con facilità senza fare rumore ed entrò. Si diresse verso la stanza dello schedario e sentì con i suoi supersensi che c’era qualcuno dentro: un uomo con una torcia stava rovistando tra i documenti della clinica. Era Holles.

Un gatto si intrufolò attraverso la porta che aveva lasciato aperta. Si avvicinò a Françoise e si strusciò vicino le sue caviglie cominciando a farle le fusa. Holles sentì quelle fusa e si avvicinò rapidamente alla porta ma quando l’aprì vide solo un gatto con i suoi occhi evanescenti nel buio. Uscì fuori e sentì la guardia all’ingresso salutare Françoise.

 

Il buono #1

 

Il piccolo bambino Rom corse fuori dalla stazione della metropolitana in fretta e furia, senza badare alle persone che urtava. L’impatto con 005 lo fece però cadere a terra fermando la sua corsa.

<<Ti sei fatto male, piccolo?>>

Il piccolo fu intimorito da Geronimo: <<La prego, signore, non mi faccia del male!>>

Geronimo rispose con la sua voce profonda e rassicurante:<< Non voglio farti del male, non preoccuparti.>>

Il piccolo si rialzò e guardò con fiducia l’enorme figura che aveva davanti: <<Tu sei un gigante? Mio papà dice che i giganti sono buoni e aiutano i bambini.>>

Geronimo gli sorrise: <<Si, sono un gigante buono, cosa posso fare per te, piccolo?>>

<<Ho paura di tornare a casa da solo, mi accompagneresti, gigante?>>

<<Certo>>

Geronimo gli diede la mano, ma il piccolo potette stringergli soltanto un dito dato le proporzioni tra i due.

<<Dove abiti?>>

<<In periferia nel East-side.>>

Camminarono a lungo mano nella mano, anzi dito nella mano, la periferia era lontana. Misha, questo era il nome del bimbo, cominciò a stropicciarsi gli occhi. Geronimo lo vide e decise di prenderlo sulle sue forti spalle.

 

Quando arrivarono nell’East-side, Geronimo si trovò di fronte una baraccopoli, quella che Misha chiamava casa altro non era che una vecchia roulotte fatiscente. Un uomo dall’età indecifrabile gli venne incontro, aveva una folta barba brizzolata, uno stano cappello nero e degli abiti sporchi e consunti.

<<Misha! Ti ho già detto che non devi fare tardi! Stavolta le prendi!>>.

Quell’uomo si avvicinò minaccioso a loro e Misha si nascose dietro le gambe del gigantesco Geronimo. L’uomo non si fece intimidire: afferrò Misha per un braccio e con l’altra mano lo sculacciò.

Geronimo intervenne: <<Ehi!>>

L’uomo lo guardò per un istante poi si rivolse a Misha parlando nella sua lingua: <<L’hai portato tu questo?>>

<<Si mi ha aiutato e mi ha accompagnato a casa>>.

L’uomo lo guardò con un altro volto, il volto della cordialità.

<<Benvenuto tra noi, io sono Elrond, responsabile di questa comunità e padre di Misha… questa piccola peste! Gli avevo ordinato di non allontanarsi dal capo la sera… non è prudente: sono spariti in troppi…>> disse tristissimo, con l’aria di chi ha un forte coinvolgimento emotivo.

<<Il mio nome è Geronimo, è stato un piacere badare a Misha.>>

 

Elrond lo invitò a restare con loro per la cena e Geronimo accettò. Si riunì pressappoco tutto il capo intorno al fuoco, condividendo la cena e danzando al suono delle loro fisarmoniche e delle loro chitarre. Quella strana gente era davvero ospitale con Geronimo.

<<Mi stava dicendo che ci sono state delle sparizioni…>>

<<Già la polizia non si occupa di noi, ma sono spariti alcuni ragazzi di questo campo… anche Juri, mio figlio maggiore, è sparito da più di una settimana…>>

<<Ma non avete contattato Scotland Yard?>> 

<<E a che scopo? Non ci avrebbero neanche ascoltati! La gente non si fida di noi, se uno di noi sparisce, tanto meglio, un parassita in meno! Vedi Geronimo, noi viviamo diversamente dalla gente comune. Noi non pensiamo ad accumulare beni perché “un domani” ci può essere utile, noi viviamo oggi perché domani forse saremo già morti! Il lavoro non ci interessa, a noi interessa la libertà! La nostra è una cultura differente, e quindi siamo guardati con sospetto.>>

<<Non condivido il vostro modo di vivere, ma vi rispetto. Credo di capire ciò che dici…>>

 

La serata era una vera festa di colori e musica, ma fu interrotta bruscamente. Una banda di motociclisti irruppe nel capo scorazzando con le loro potenti moto e seminando il panico tra la gente. A Geronimo bastò alzarsi in piedi per far capire loro che avevano a che fare con uno che gli avrebbe dato filo da torcere. Il solo suo sguardo era una sfida per loro. Un motociclista lo puntò, prese la rincorsa e tirò dritto verso di lui aspettandosi che si scansasse. Geronimo invece restò al suo posto e quando la moto si scontrò contro di lui, fu il centauro ad avere la peggio.

 <<Non è possibile>> disse rialzandosi da terra.

Scesero tutti dalle loro moto e lo circondarono minacciandolo con coltelli, bastoni, catene e nunchaku[2]. Gli saltarono addosso in due, ma a Geronimo non fecero neanche il solletico. Afferrò la mazza da baseball che aveva uno dei due e la lanciò contro tre di loro stendendoli tutti. Provarono ancora ad attaccarlo ma fu come battere una roccia…

<<Non è possibile: tu sei sicuramente un cyborg!!! - disse uno di loro - Ma non finisce qui! Torneremo! Ride bene chi ride ultimo!>>

Saltarono sulle loro moto e scapparono via.

Geronimo fu circondato dalla gente del capo acclamandolo come un eroe, ne fu un po’ sorpreso. <<È vero… io sono un … cyborg!>>

Elrond parlò a nome di tutti: <<A noi non interessa a quale tribù appartieni… Ci hai aiutati e te ne siamo riconoscenti!>>  

 

Parte 2

   

I quattro amici avevano preso in affitto un appartamentino nella zona di Kensington Garden, in una stradina che affacciava direttamente sul parco. Le indagini occupavano gran parte della loro giornata e avevano modo di trascorrere un po’ di tempo insieme solo la sera.

Quella sera 003 e 007 erano stati i primi a rientrare. Françoise era seduta intorno al tavolo del grande salone d’ingresso, mentre Bretagna era comodamente adagiato al divano.

<<Allora, 007, quando ti deciderai a darci una mano?>>

Bretagna, lamentoso: <<Suvvia, Françoise, non essere così severa con me! Sono solo un po’ fuori forma, ma appena la situazione si sbloccherà, passerò anch’io all’azione! Ad ogni modo, dimmi: ci sono novità?>>

<<In realtà una novità c’è… oggi ho conosciuto un giovane, un certo Blade. Aveva appuntamento col dott. Erenfest. Gli ha chiesto di effettuare su di sé l’operazione per diventare cyborg.>>

Bretagna la guardò stupito: <<E me lo dici così come se nulla fosse? Gliel’hai impedito, spero!>>

<<Lasciami finire… è stato il dott. Erenfest stesso a mandarlo via … io ho visto che aveva con sé il distintivo di Scotland Yard e che aveva dato un nome falso…>>

Bretagna la interruppe:<<Tu hai visto il suo distintivo?!…>> esitò qualche secondo poi la guardò perplesso e aggiunse: <<Era carino?>>

Françoise arrossì di botto:<<Ma…ma-ma  che c’entra questo?!>>

Bretagna assunse un aria compiaciuta: <<Come pensavo… ammettilo, Françoise, era carino e gli hai fatto i raggi x!>>

<<Ma che dici! Cretino! Io ti sto parlando di una cosa seria! Voglio dire che ho scoperto che anche Scotland Yard sospetta del dott. Erenfest … e non è finita … ho scoperto Holles che frugava nello scantinato della clinica… forse ci ha trovato qualcosa di interessante…>>

007 la guardò con l’aria di chi non riusciva a seguirla: <<beh …si…forse…ma come facciamo a saperlo?>>

Françoise si alzò e non curante disse: <<spero di scoprirlo domani a cena…>>

007, strabuzzò gli occhi: <<Co-cosa?! Hai un appuntamento con lui domani a cena!? Ma… ma… ma… Françoise… tu… tu… >>

<<Che ti prende Bretagna? Perché balbetti così? Il detective Holles mi ha chiesto di uscire domani sera perché vuole delle informazioni da me, lui pensa che io sia la segretaria di Erenfest e pensa che posso essergli utile. Tutto qui.>>

Bretagna con fare da saputello: <<si si … e il fatto che tu sia una bella ragazza gli renderà il tutto più piacevole…>>

La conversazione fu interrotta dall’arrivo di Geronimo. Era visibilmente stanco e i suoi vestiti mostravano evidenti segni di lotta.

Françoise, preoccupata, disse: <<Geronimo! Tutto bene?>>

<<Si, amici, è tutto apposto, ma stasera ho dovuto battermi con dei teppisti… ma non importa, ho scoperto delle cose interessanti: pare che le persone scomparse siano più di quelle che la polizia pensa, ci sono anche alcuni ragazzi Rom di cui non è stata denunciata la scomparsa alle autorità.>>

003 e 007 si rattristarono alla notizia, i fantasmi neri erano sicuramente dietro tutte quelle sparizioni.

Mentre Geronimo stava silenziosamente andando in camera sua, Jet dall’aria piuttosto allegra entrò nell’appartamento canticchiando: <<Taràtatà ta-tà Taràtatà ta-tà tabatatà tabatatà>>

Bretagna colse l’occasione per fare lo spiritoso: <<Aiuto! Bisogna fermarlo! Uccidetelo prima che ci contagi tutti con la Jazz-mania!>>

<<Ah ah spiritoso! Stasera sono stato in un pub davvero carino, c’era pure della bella musica dal vivo! Domani, se fate i bravi, vi ci porto…>>

<<Non ti ho mai visto così allegro, che ti è successo Jet?>> disse Françoise.

Jet si mise subito sulla difensiva: <<Cosa c’è? È forse vietato divertirsi un po’ per una sera? Non ho fatto niente di male… anzi stasera ho aiutato una ragazza in metropolitana… c’erano dei tipacci…>>

<<ah-aaaaah una ragazza… eh? Scommetto che sei andato con lei nel pub “davvero carino”, non è forse così?>> disse 007, interrompendolo.

Jet non gradì il commento di Bretagna tuttavia non riuscì ad evitare di diventare rosso: <<Idiota! Che dici? Non è come pensi!>>

I tre si guardarono stupefatti. Françoise: <<Deve essere proprio una cosa seria per diventare così rosso… Jet, ti senti bene?>>

Jet si agitò ancora di più e cominciò ad alzare la voce: <<Ma cosa dici! IO NON SONO ROSSO!>> <<Ah no?>>

 <<Andate al diavolo! Io volevo solo invitarvi in questo pub…>> disse allontanandosi e sbattendo la porta della sua stanza.

<<Pfiuuu! Che furia!>>

<<Deve proprio essersi preso una bella cotta!>>

<<E già! …chi l’avrebbe mai detto: il nostro Jet è... è innamorato…>>

Jet urlò dalla sua stanza: <<Vi ho sentiti! Non sono innamorato!>> poi fece capolino dalla sua porta e disse: <<…insomma, ci venite o no, domani con me?>>

I tre si guardarono e si misero a ridere fragorosamente. Jet si arrabbiò e sbatté di nuovo la porta.  

 

002 , 007 e 005 erano seduti ad un tavolo del pub di May e Charles.

<<Perché 003 non è venuta?>>

<<Aveva un altro impegno…con un certo detective di Scotland Yard…>>

<<mmmh … e Joe lo sa?>>

<<Bah valli a capire quei due!>>

<<Se voi avreste sentito cosa le ha detto prima di partire! ...non mi meraviglierei se si gettasse tra le braccia del primo che le dimostra un po’ di interesse!>>

Jiuly, visibilmente contenta: <<Ciao Jet! Allora sei tornato davvero! E questi sono i tuoi amici?>>

Bretagna si alzò in piedi e disse quasi recitando: <<Molto lieto, signorina, io sono Bretagna, conte di Piccadilly, lord della corona d’Inghilterra…>>

<<...aaah lei è quello che faceva l’attore, Jet mi ha detto che non le riusciva granché a me invece sembra molto comico!>>

 Bretagna delusissimo fece una delle sue smorfie più buffe. Jet e Geronimo risero di gusto della scena.

<<E tu devi essere Geronimo! Io sono Jiuly, è un piacere per me fare la vostra conoscenza…ma… non doveva esserci anche una ragazza con voi?>>

 <<Eh si, Françoise, ma aveva già un altro impegno…>>

Françoise comparve improvvisamente: <<…ma volevo proprio conoscerti, Jiuly! Purtroppo però non posso restare!>>

<<Fa’ niente sono lieta di conoscerti! Ora devo andare, vi lascio il menù, vi consiglio però di assaggiare il chees-cake di May: è favoloso!>>

Appena Jiuly si allontanò piovvero i commenti per Jet.

<<Ma che ci troverà una ragazza carina come Jiuly in un tizio come te?!>>

<<Che vorresti dire?>>

<<Ma ti sei mai guardato allo specchio?>>

<<IO?! Ma senti chi parla! Pensi di essere Paul Newman, tu?>>

<<Non te la prendere, Jet! Bretagna voleva solo dire che Jiuly è molto carina e non devi lasciartela scappare...>> disse Françoise strizzandogli un occhio <<Ora devo andare: ho chiesto a Dylan di aspettarmi qui fuori.>>

<<Siete già al tu! Non dagli troppa confidenza, Françoise!>> 

Françoise canzonò Bretagna: <<Ssssi, papà!>>

Bretagna cominciò ad  agitandosi vistosamente: <<Scherza tu! Non fidarti degli uomini: vogliono solo approfittare delle ragazze!>>

Jet, Geronimo e Françoise si guardarono perplessi.

<< Bretagna, ora cominci a preoccuparmi! Non vorrai farmi anche da madre!!!>>

Risero tutti di Bretagna, ma quando Françoise si stava allontanando Geronimo la seguì e arrivati alla porta le disse: <<Divertiti, Françoise, ma non lasciarti ingannare da nessuno, nemmeno da te stessa!>>

Françoise gli sorrise, lo tirò per un braccio costringendolo ad abbassarsi, gli diede un bacio sulla guancia e andò via.

 

Il brutto #2

 

La serata al pub fu piacevole, i tre amici rimasero a lungo.

Jiuly si avvicinò al tavolo e disse: <<Vi porto un’altra pinta, ragazzi?>>

Geronimo rispose con la sua solita calma e determinazione: <<È ora di andare...>>

Jet protestò: <<No, dai! È ancora presto... >>

<<Resta tu, se vuoi, Jet. Fossi in te aspetterei l’orario di chiusura... magari potresti accompagnare a casa questa bella signorina... è stato un piacere, Jiuly! >> disse Bretagna 

<<Anche per me: spero di rivedervi! >>

<<Lo speriamo anche noi! >> Disse Bretagna strizzando l’occhio a Jet che era visibilmente in imbarazzo.

 

Chiuso il pub, Jet e Jiuly cominciarono a passeggiare verso casa della ragazza. Era notte fonda ma la luna illuminava con forza la loro strada.

<<È molto bella la luna stasera>> “ma che diavolo sto dicendo? Non ci credo di averle detto una simile smanceria!”

<<Effettivamente il cielo è limpido come raramente lo è qui a Londra! Ma non illudiamoci: il tempo cambia in fretta, potremmo essere avvolti dalla nebbia da un momento all’altro!>>

Jet le sorrise, ci vollero parecchi passi per fargli tirare fuori altre parole. <<E così studiavi cibernetica...>>

 <<Bio-cibernetica, come mio padre il dott. Lemming[3], era uno scienziato importante, sai?>>

<<Era?>>

Jiuly si intristì di colpo: <<Si, mio padre è morto: lavorava su una piattaforma sperimentale e fu ucciso da un’organizzazione criminale... Dopo la sua morte ho dovuto lasciare gli studi...>>.

Jet cercò di risollevarla scherzando: <<Non avresti mai potuto diventare uno scienziato: sei troppo bella! Gli scienziati sono tutti curvi, vecchi e dalle capigliature bizzarre! >>

Jiuly stette allo scherzo: <<E questo che doveva essere? Un complimento? Non sarai mica uno di quelli che pensano che le ragazze carine sono tutte sceme?!>>

<<Non tutte!>>

<<La tua amica Françoise è molto bella, non penserai che sia stupida?>>

<<Se conoscessi il tizio con cui sta, e sapessi come si fa trattare da lui, lo penseresti anche tu!>>

Jiuly sospirò: <<Ah, Jet, per fortuna l’amore rende tutti più scemi e cechi. Altrimenti nessuno si innamorerebbe di un tipo brutto come te! >>

Jiuly si mise a ridere mentre Jet la guardava fingendo di essere arrabbiato poi rise anche lui. Dentro di sé sentiva strani sentimenti che non provava da tempo ormai. Strani e forti sentimenti che però preferiva ignorare, era un cyborg e non poteva dimenticarlo nemmeno in quel momento. Jiuly sentì che c’era qualcosa che non andava e pensò fosse timidezza quella di Jet.

<<...E poi io non sono bella, in realtà io sono molto miope e se non avessi le lenti a contatto dovrei portare degli occhiali che mi renderebbero simile a una talpa. >>

<<Ma dai, non ci credo! >>

<<Guarda pure>>.

Jet le si avvicinò e la guardò dritta nei suoi splendidi e vivaci occhi. Ci si perse. Poi si ricordò del motivo per cui li stava guardando, ma non vedeva lenti a contatto

<<Io non vedo nient... >>

Jiuly lo baciò di colpo lasciando Jet stupefatto. Portò le dita sulle labbra:

<<Co-cosa hai fatto?>>

Jiuly, gli disse scherzando: <<Da queste parti si chiama bacio, si usa scambiarselo tra le persone che sono innamorate o quantomeno si piacciono...>>

Jet non sapeva che dire, lo aveva preso alla sprovvista, se non fosse stato un cyborg le cose sarebbero andate diversamente e se solo lei avesse saputo la verità sul suo conto sarebbe scappata a gambe levate.

Jiuly non riuscendo ad interpretare quel silenzio breve ma interminabile per lei disse: <<Non preoccuparti comunque: non lo rifarò più!>>

Jet posò le sue mani sulle sue spalle: <<Jiuly, tu... io...>>

<<Non c’è bisogno tu dica niente, Jet. Ho frainteso... pensavo che tu...>>

<<Io sono un cyborg!>>

<<Questa poi! Di tante scuse... >>

<< È la verità! >> Disse stringendole inavvertitamente le braccia.

<<Ahi! >> La lasciò immediatamente. <<Non c’è bisogno che tu mi faccia male per dimostrarmelo!>>

<<Scusa, ora mi odierai. Un cyborg non può amare né essere amato. Penserai che io sia un mostro... ma questo mostro è innamorato di te! >>

Jiuly si massaggiò le braccia: <<Certo questo proprio non me lo aspettavo! >> Fece una smorfia, un abbozzo di sorriso. << È proprio vero che le donne cercano il proprio padre negli uomini di cui si innamorano!>>

Jet, scrollò la testa: <<Non capisco!>>

<<Anche mio padre era un cyborg. È stato lo stesso un padre meraviglioso!>>

Jet la guardò incredulo.

<<Ti sbagli quando dici che un cyborg non può amare né essere amato! Lo so per certezza! >>

Jiuly accarezzò il viso ma Jet si discostò di scatto. <<A questo punto il problema non sono più io, ma tu stesso! E questo problema lo devi risolvere da solo. >> Disse e si allontanò.

Jet rifletté qualche secondo con lo sguardo basso. Quando risollevò lo sguardo si accorse di essere avvolto dalla nebbia. Jiuly era sparita in essa. 

 

La cattiva #2

 

Dylan aveva portato Françoise in una pizzeria al centro di Londra. Era stato molto gentile con lei, ma Françoise sentiva dentro di sé una sensazione di inadeguatezza, si sentiva fuori luogo e fuori dal tempo, come se avesse lasciato qualcosa di irrisolto dietro di se. Erano state le parole di Geronimo a risvegliare in lei certi pensieri. Dylan avvertì che c’era qualcosa che non andava e cercò di scherzare per alleggerire la serata.

<<Forse ti aspettavi qualcosa di più di una pizzeria....ma vedi io sono vegetariano oltre che squattrinato!>>

Françoise sembrò trasalire: <<Oh no, scusami, ero pensierosa... io adoro la pizza...>>

Dylan la guardò attentamente, era uno sguardo diverso da quello che aveva avuto per lei la prima volta che l’aveva vista. La prima volta quello sguardo aveva messo in imbarazzo Françoise, stavolta la stava fissando con curiosità, studiandone attentamente i gesti e le espressioni. Françoise stava per dire qualcosa ma Dylan la precedette.

<<Spiegami una cosa, Françoise, come può una ragazza all’apparenza gracile come te, riuscire a fare questo?>>

Dylan tirò fuori dalla tasca della sua giacca una barra di ferro piegata a 90° e la poggiò sul tavolo. Françoise la riconobbe subito: era la barra che aveva piegato la sera precedente per entrare nello scantinato della clinica del dott. Erenfest. Dylan l’aveva presa di sorpresa.

<<No-non sono stata io!>> disse poco convincente.

Dylan le sorrise: <<Tu sei un cyborg, vero? Accidenti! Non avrei mai pensato di... conoscerne uno!>>

Françoise non riusciva a dire nulla, Dylan l’aveva completamente spiazzata, non riusciva a fare altro che strabuzzare gli occhi. Dylan versò dell’acqua nel suo bicchiere indovinando il suo più urgente bisogno. Quando ebbe bevuto cominciò a sentirsi meglio.

<<Non preoccuparti, io voglio solo delle informazioni sul dott. Erenfest, non ti sarà fatto alcun male e ti assicuro che farò quanto è in mio potere per farti tornare “normale” quando avremo incastrato quel criminale>>

Françoise capì che Holles era sinceramente animato di buone intenzioni, ma non aveva chiara la situazione. Gli sorrise: <<Non si può tornare indietro, detective Holles!>>

Dylan fu stupito: <<Conosci la mia vera identità... allora Erenfest è sulle mie tracce...>>

Françoise scrollò il capo: <<Erenfest non sa nulla di te... io ho visto il tuo distintivo nella tasca interna della tua giacca...>>

<<Come puoi aver visto il mio distintivo nella tasca interna? E perché non l’hai riferito a Erenfest?>>

<<Io non sono al servizio di Erenfest. Dietro il dott. Erenfest c’è un organizzazione molto potente, si fanno chiamare i “Fantasmi Neri”. Sono mercanti d’armi, i più ricchi uomini d’affari della Terra, il loro scopo è quello di inventare delle macchine da guerra intelligenti e invincibili... Sono stati loro a rapirmi e trasformarmi in Cyborg, mi hanno dotata di un dispositivo di visione che mi permette di vedere oltre gli oggetti… ma noi ci siamo ribellati e li combattiamo..>>

<<Noi? Vuoi dire che ci sono altre persone come te?>>

Françoise sorrise: <<Non credi che ora tocchi a te raccontarmi come sei finito sulle tracce di Erenfest?>>

Dylan annuì: <<Sono stato incaricato da Scotland Yard di indagare sui rapimenti avvenuti in questi mesi, stavo battendo una pista alternativa: avevo intuito che il dott. Erenfest usava le persone rapite per degli esperimenti e mi sono documentato su i suoi esperimenti di Bio-cibernetica. Quando ho parlato di cyborg, il sovrintendente mi ha riso in faccia. Bloody Hell! Ma questo va ben oltre la mia immaginazione! Fortuna che il mio capo ha fiducia in me e mi ha lasciato indagare su Erenfest... il buon vecchio ispettore! Sta rischiando la pensione per me! Se sapesse!>>

Françoise allarmata da quell’ultima affermazione gli prese una mano: <<Dylan, nessuno deve sapere di noi! Le persone ci considerano mostri, non ci considerano esseri umani. Quasi tutti coloro che hanno saputo che eravamo cyborg ci hanno trattato con disprezzo...>>

Dylan lesse la sofferenza negli occhi di Françoise: << Ti assicuro che non faccio parte di quelle persone: io stento a credere che tu sia un cyborg... ma ti credo quando mi dici che molti ti tratterebbero come un mostro. Personalmente ritengo che siano queste persone i veri mostri...>>

Prese anche lui la sua mano e aggiunse: <<Non dirò a nessuno di te, hai la mia parola.>>

Il cameriere li interruppe portando loro le pizze che avevano ordinato. Françoise distaccò di colpo le mani imbarazzata e fece spazio ai piatti.

Dylan le sorrise e aggiunse impugnando coltello e forchetta: <<Spero di non averti guastato l’appetito. Queste pizze hanno un aspetto invitante!>>

Françoise sorrise, Dylan era riuscito a rassicurarla e ad allentare decisamente la tensione.

Dylan era davvero simpatico. Era una persona molto sensibile, aveva un fare molto rassicurante ed... era anche carino. A Françoise vennero in mente le parole di 007

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Bretagna assunse un aria compiaciuta: <<Come pensavo… ammettilo, Françoise, era carino e gli hai fatto i raggi x!>> Françoise: <<Ma che dici! Cretino!>>

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Françoise arrossì e sorrise. Dylan si era accorto che Françoise lo stava guardando e si accorse anche del suo rossore.

<<Io proprio non riesco a non considerarti altro che una semplice ragazza, anzi una bella ragazza!>>

Un incendio divampò sul volto di Françoise che cercò di cambiare argomento: <<A che punto sono le tue indagini?>>

<<Ad un punto morto, purtroppo. Ieri, come sai, ho fatto visita allo schedario ed ho trovato una piantina della clinica di Erenfest. Credevo di aver trovato qualcosa di interessante, ma è stato solo un altro buco nell’acqua!>> Rispose scoraggiato.

<<Cioè? Cos’è che hai trovato?>>

<<Secondo la cartina dovrebbero esserci altri due piani sotterranei ma non ho trovato né una porta nascosta né un muro che suonasse di vuoto.>>

<<Posso dare un’occhiata alla piantina?>>

<<Certo, l’ho portata a casa mia, che è qui vicino.>>

 

Françoise esaminò attentamente la piantina poi disse indicando una porta: <<Qui deve esserci un passaggio segreto. Con la mia supervista sarà facile trovarlo!>>

Françoise prese il suo cellulare e chiamò Bretagna.

<<007, ho trovato una pista, chiama subito 002 e 005. Facciamo una visita alla clinica del dott. Erenfest!>>

#Dovrai accontentarti di me e 005, 002 è “impegnato” stasera... non so se mi intendi...#

<<Capisco perfettamente... Allora ci vediamo tra poco alla clinica!>>

<<Vengo anch’io!>> disse Dylan non appena Françoise ebbe riagganciato

<<Dylan, può essere pericoloso per te.>>

<<Non importa, non posso certo lasciare andare una ragazza da sola fino alla clinica a quest’ora della notte! Anche la mia cavalleria riesce a considerarti solo una ragazza, una bella ragazza.>>

 

Il buono #2

 

Geronimo era appena uscito dal pub dove lavorava Jiuly, si era separato da Bretagna e vagava per le strade londinesi. La sua mole gli assicurava la tranquillità necessaria a godersi quella bella serata di luna piena. Nessuno avrebbe osato mai infastidirlo. Non era certo un “animale metropolitano”, ma quella sera poco faceva caso a dove in realtà si trovasse, subissato com’era di pensieri e malinconie. Era un uomo estremamente pacifico sebbene fosse stato in passato un grande cacciatore della sua tribù. La sua tribù... gli vennero in mente le parole che Elrond della sera precedente  

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Geronimo fu un po’ sorpreso: <<È vero… io sono un … cyborg!>>

<<A noi non interessa a quale tribù appartieni… Ci hai aiutati e te ne siamo riconoscenti!>>

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Evidentemente quella gente ignorava cosa fosse un cyborg! Lo faceva sorridere il pensiero che avessero creduto che “cyborg” fosse il nome della sua tribù... la sua tribù, la sua gente gli mancava tanto. Le montagne rocciose, i torrenti che le solcavano prepotenti, le grandi vallate, gli ampi orizzonti, il cielo limpido di quei luoghi. Alzò involontariamente lo sguardo al cielo. Le luci della città gli impedivano la vista delle stelle. Scosse il capo e riabbassò lo sguardo fino a terra. In Arizona nelle notti di luna nuova riusciva a vedere miliardi di stelle. Una vecchia leggenda indiana parla del cielo notturno come di un nero manto che oscura il sole e le stelle non sono altro che piccoli buchi del nero manto della notte attraverso i quali filtra la luce del sole. “In città sono più ricchi: da noi il manto è più consunto”, pensò.

<<Ben tornato, amico Cyborg!>> gli disse una voce familiare. Geronimo rialzò finalmente lo sguardo e vide Elrond di fronte a lui. I piedi lo avevano portato di nuovo alla baraccopoli dell’east-side. I suoi pensieri lo avevano condotto a quello che più gli sembrava vicino a una antica tribù.

Fu felice di unirsi di nuovo a loro. Una nuova festa di musica e colori riempì l’aria di cordiale allegria. Quella sera rispolverò perfino il suo panflute[4]. Erano anni che non suonava, d’altro canto erano anni che non si sentiva così.

 

<<Elrond, c’è anche un altro motivo per cui sono qui...>> Elrond lo guardò con curiosità, Geronimo proseguì: <<Ho paura di avervi messo nei guai l’altra sera... Quei teppisti torneranno.>>

<<Lo so>> disse sorridendo.

Geronimo non capiva come faceva ad essere così tranquillo.

<<Non devi meravigliarti, amico Cyborg, e non è colpa tua: quei tipi vengono qui spesso. Si divertono a seminare il panico tra la mia gente...L’altra sera hanno avuto finalmente ciò che meritavano... ma non te ne preoccupare, stasera pensa solo a divertirti!>> 

 

Come invocati da cattivi auspici, il cupo rumore delle potenti moto interruppe quella festa. Stranamente quella volta le moto non puntarono verso il centro del campo come era loro solito, ma si limitarono a girargli intorno come in una specie di danza. I motociclisti si disposero a cerchio puntando i loro fari verso il centro del campo. La faccenda non prometteva niente di buono. Geronimo si alzò lentamente in piedi sentendosi chiamare direttamente in causa. A quel punto si alzarono urla di acclamazione come se i motociclisti fossero divertiti dalla scena e nello stesso tempo eccitati dallo spettacolo di quella montagna umana. Il cenno del braccio di uno di loro fece calare il silenzio tra i motociclisti. Prese la parola divertendosi a stuzzicare Geronimo

<<Ma bene, bene! Abbiamo il piacere di rivedere il nostro amico cyborg! Stavolta il piacere sarà tutto nostro: il piacere di vederti fatto a pezzi!>> disse poi sibillino rivolgendosi ad uno di loro: <<Ehi, Spittle, “sciogli il cane”!>>

Altre urla accompagnarono la comparsa di un’enorme figura. I fari puntati alle spalle ne rivelarono solo i contorni. Barcollante la figura si portò al centro del campo e la luce ne illuminò il volto.

<<Juri! Figlio mio!>> urlò Elrond pieno di gioia nel rivedere il figlio.

Lo sguardo spento di Juri insospettì Geronimo e stupì il padre.

<<Juri... figlio mio, che ti succede?>> disse l’uomo avvicinandosi a lui, ma quando provò a sfioralo, Juri spalancò di colpo il braccio scaraventando Elrond a terra ad alcuni metri di distanza.

Geronimo capì che Juri era stato trasformato in cyborg e privato della sua volontà. Juri puntò un dito contro di lui. Era la sua sfida. Geronimo non voleva combattere con lui ma Misha si diresse verso il fratello che ebbe per lui lo stesso riguardo che aveva avuto per il padre. Misha fu scaraventato a terra e perse i sensi. Geronimo capì che era giunto il momento di agire. Juri si scaraventò contro di lui con tutta la sua forza. Geronimo parò il colpo con le mani e sferrò un pugno all’addome di Juri. Le sadiche urla di incitamento dei motociclisti si fecero più alte mentre la gente del campo assisteva attonita alla scena. Juri sferrò un pugno al volto di 005 poi prese la sua testa tra le mani e la spinse verso il basso facendola scontrare con il suo ginocchio. Geronimo fu atterrato dal colpo ma cercò di rialzarsi. Juri lo colpì con un calcio quando era ancora a carponi. Si avvicinò di nuovo per colpirlo ma Geronimo lo prese per la caviglia facendolo cadere a terra. Sedette su di lui colpendolo più volte al volto ma Juri lo allontanò con un calcio. Geronimo lo afferrò da dietro alla vita e al collo immobilizzandolo. Fu allora che Juri emise dei raggi laser dai suoi occhi che puntavano verso il campo. Alcune roulotte esplosero mettendo la gente in fuga. Geronimo non aveva più scelta, doveva fermarlo immediatamente. Strinse la sua presa fino a fare esplodere il suo avversario.

Il silenzio scese improvviso. Il motociclista che aveva introdotto Juri irruppe in quel silenzio ordinando ai suoi di darsela a gambe. Geronimo però lo inseguì e lo afferrò. Lo prese per il collo e sollevò il braccio facendogli perdere il contatto con il terreno.

<<Dove avete trovato quel ragazzo? Chi lo ha trasformato in cyborg? Dimmelo!>> Disse Geronimo scuotendolo.

<<No- non lo so, amico! Io non centro! Era già così quando lo abbiamo comprato!>>

A Geronimo non piacque quella risposta: <<Comprato? Da chi? Rispondi!>>

<<So-sono quelli che ci procurano le armi... noi compriamo da loro le pistole e i fucili, ma non gli chiediamo certo da dove le prendono... capisci, amico, non conviene fare domande con certa gente...>>

Geronimo strinse più forte la sua presa: <<Non sono tuo amico! Dovrei ucciderti...>>

<<No, ti prego, non uccidermi... coff... coff...>>

Geronimo mollò la presa: <<Va’ via! E non farti più rivedere!>>

 Il tizio scappò a gambe levate e i motociclisti non tornarono più al campo.

Geronimo si voltò verso il campo, Elrond aveva ripreso i sensi giusto al momento per vedere suo figlio esplodere tra le braccia di Geronimo. Era in ginocchio e teneva tra le mani degli stracci, ultimi resti dell’abito del giovane Juri. Geronimo gli si avvicinò silenzioso.

<<Va’ via...>> Elrond disse lui risoluto senza nemmeno guardarlo.

Geronimo abbassò la testa e incurante delle sue ferite si trascinò via da quel campo. In cuor suo maledisse un’altra volta ancora i Fantasmi Neri.  

 

Parte 3

 

<<E questo che ci fa qui?>> chiese ostile Bretagna indicando Dylan.

<<Ha insistito per darci una mano... sa tutto, Bretagna... intendo di noi...>> rispose Françoise.

<<Come sarebbe a dire sa tutto di noi? Che gli hai detto?>>

Bretagna era più stupito che mai: Françoise aveva uno strano atteggiamento nei confronti di quell’uomo, non poteva credere che fosse già così intima con lui da avergli rivelato il loro segreto!

“Ma che diavolo le avrà detto quell’idiota di Joe!” pensò tra sé.

<<Non abbiamo tempo ora per le spiegazioni, dobbiamo entrare in azione!>> intervenne Geronimo.

003 e 007 annuirono decisi.

<<Dobbiamo entrare nei sotterranei, secondo questa pianta ci dovrebbero essere tre piani sotto il livello della strada anziché uno... potrebbero essere lì  i loro laboratori>> spiegò loro Dylan.

<<Ci penso io!>> disse Geronimo che con un pugno fece breccia nel muro di cinta della clinica.

Dylan restò impressionato dall’enorme forza di quell’uomo che aveva di fronte. <<Giuda ballerino!>> gli scappò.

<<E non hai conosciuto 009! È ancora più forte: potrebbe torcerti il collo usando solo due dita...>> disse Bretagna con una sottile vena sarcastica, che Dylan non poteva cogliere, a differenza di 003.

<<007, piantala!>> disse nervosamente 003.

<<Cosa ho detto?>> rispose con aria falsamente innocente.

003 non rispose e si limitò a fargli un’occhiata che gli facesse capire di proseguire senza ulteriori interruzioni.

Entrarono con facilità nel sotterraneo dove la sera precedente Dylan aveva trovato la pianta della clinica e si diressero verso la fine del corridoio, dove, secondo la pianta, avrebbero dovuto trovare delle scale per scendere ai piani inferiori.

Si trovarono di fronte a un vicolo cieco. Dylan provò a battere dei colpi sulle pareti cercando un punto in cui risuonasse di vuoto. <<Sembra che non ci sia nessun passaggio.>> disse sentendo che i suoi colpi venivano completamente assorbiti dalle pareti.

<<Hanno fatto le cose per bene, eh? Un bel muro spesso...>> disse 007 constatando la stessa cosa.

<<Dimmi dove devo sfondare 003!>> disse Geronimo.

003 scosse la testa. <<Qui non c’è alcun sotterraneo segreto!>>

<<Come è possibile? Avranno usato uno scudo che non ti permette di vedere oltre...>> disse 007.

<<No, riesco a vedere perfettamente dietro queste mura e non c’è alcun passaggio, solo terra!>>

 

Una settimana dopo.

 

 

 

 

Il brutto #3

 

Françoise indossò il cappotto velocemente e infilò i guanti, si avvicinò alla porta con il fare di chi avrebbe preferito non incontrare nessuno.

<<Vai di nuovo a casa di quel tipo?>> Bretagna la sorprese.

Françoise si fermò lasciando una mano sulla maniglia della porta, rifletté su cosa rispondere ma non disse nulla.

<<Non devi mica giustificarti! Se vuoi uscire con un altro non devi certo dare spiegazioni a me, solo che... siamo in missione, non vorrei che te ne scordassi.>>

Françoise si voltò con l’aria di chi aveva voglia di dare sfogo ai suoi tormenti. <<Chiariamo una cosa una volta per tutte. Io non esco con nessun ALTRO! Intendo nessun altro a parte Dylan! Anzi neanche con lui ci esco, non nel senso che intendi tu! Io NON ho un ragazzo! NON ho una vita mia! Ma vorrei tanto averla! Vorrei tanto non sentirmi altro che un mezzo robot! Ma a quanto pare non posso fare a meno di inciampare in IDIOTI che me lo stiano a ricordare ogni cinque minuti!>> Prese fiato approfittando del fatto che Bretagna era rimasto a bocca aperta per il suo tono alterato e per nulla “sopra le righe”, e aggiunse: <<Vado da Dylan, sì! Ci vado perché lì sto bene! Non mi tratta come un robot e non mi dice di ... ma che ti sto a raccontare?! Tu sei come lui! Non capisci niente! NIENTE!>>

Dette queste parole sbattè la porta e andò via.

<<Aspetta! Françoise!>> Bretagna ebbe la sensazione di aver toccato un tasto dolente e ne fu sinceramente dispiaciuto, ma non se la sentì di andare dietro a quella furia.

<<Lasciala stare, Bretagna, ha bisogno di schiarirsi un po’ le idee. Lo capirà da sola che non può esserci futuro tra noi e un normale essere umano!>> disse Jet che era appena uscito dalla sua stanza e si dirigeva verso la cucina.

<<Non può esserci futuro tra noi e un normale essere umano!>> ripeté incredulo. <<Ma che assurdità vai blaterando, Jet!>>

Jet si fermò e guardò l’amico fisso negli occhi: <<Noi cyborg non possiamo amare nessuno! Non siamo delle persone comuni con sentimenti ed emozioni... non possiamo permetterci simili errori...>> distolse lo sguardo e aprì il frigorifero aggiungendo: <<Joe ha ragione!>>

<<JOE HA RAGIONE!?>> urlò incredulo Bretagna <<Non dirmi che è questo quello che le ha detto!>>

<<Più o meno... e le ha anche detto di non amarla e di dimenticare quello che era successo in America... io non volevo origliare, mi è capitato di sentire la loro discussione... dev’essere successo qualcosa tra quei due quando sono andati in America a cercare il padre di Joe[5]... e devono essersene pentiti amaramente!>> disse Jet senza distogliere lo sguardo dal frigo. Non aveva ancora preso nulla, sembrava cercarci qualcosa che non riusciva a trovare.

<<Bontà Divina! Ma siete impazziti tutti? E volete fare impazzire anche me?! E quella povera ragazza! Ora capisco quella sfuriata!>> Bretagna scrollò la testa <<Non hai sentimenti tu, eh? Non hai tormenti, no eh? E allora rispondi a questa domanda: cosa diavolo cerchi in questo maledetto frigorifero!?>>

Jet lo guardò perplesso come se si stesse accorgendo solo in quel momento di aver aperto il frigo. <<Cosa c’entra questo?>>

<<C’entra eccome! I bei discorsi di quell’idiota, che non sa nemmeno lui cosa vuole, hanno trovato terreno fertile in te. Ora nemmeno tu sai quello che vuoi!>> Bretagna vide Jet rattristarsi profondamente e rincarò la dose: <<O no? Tu lo sai e come! Solo che non hai il coraggio di affrontare i tuoi sentimenti! Che fine ha fatto Jiuly? L’hai lasciata andare via come ha fatto il tuo amichetto con Françoise! Non vedi che conseguenze hanno certe cose!>> disse indicandogli la porta da cui era appena uscita Françoise. Bretagna lo mandò al diavolo con un gesto della mano e andò via. 

Jet si voltò a guardare la porta, provò una profonda rabbia dentro di sé.

Non ce l’aveva con Bretagna, non ce l’aveva con lui per quello che gli aveva appena detto. Non ce l’aveva neanche con Joe, infondo aveva sempre condiviso quel punto di vista. Con chi ce l’aveva allora? Perché si sentiva così arrabbiato? Perché si sentiva così impotente?

Guardò ancora una volta nel frigo.

Una mano forte si appoggiò sulla sua spalla.

<<È finito il tempo di cercare risposte. È ora di trovare delle soluzioni!>> furono le parole di Geronimo.

Una molla gli scattò dentro, infilò il suo giubbotto di pelle e uscì di corsa.

 

Jet non aveva il coraggio di entrare nel pub e decise di rimanere fuori ad aspettare la chiusura. Aveva intenzione di sfruttare quel tempo per schiarirsi le idee.

Perché si sentiva così irrequieto? Forse perché in fondo ce l’aveva con se stesso... ma perché? Forse perché era stato il carnefice di se stesso, l’autore delle sue torture. Cosa l’aveva portato là? Voleva vederla! Non poteva farne a meno! Avrebbe veramente potuto amarla? Probabilmente lo stava già facendo... E lei sarebbe stata ancora disposta a stare con uno come lui? Ma perché le aveva detto di essere un cyborg? E cosa avrebbe potuto fare altrimenti? E se lo amasse comunque? Cosa sarebbe successo dopo?

“Chissenefrega!” Pensò.

Aveva voglia di vivere quel momento e basta, senza pensare alle conseguenze! Gli sembrava incredibile che il suo cuore stesse pulsando così velocemente. Era un cuore artificiale, mica uno umano! Eppure il ritmo era aumentato al solo pensiero che a breve avrebbe rivisto Jiuly. Rise di sé. E di quell’idiota di Joe! Chissà quando la sua testardaggine gli avrebbe consentito di comportarsi come il suo cuore gli dettava. Scosse la testa e prese a calci una lattina che colpì un mucchio di spazzatura facendo scappare dei gatti che erano lì in cerca di cibo. Sghignazzò ancora, si sentiva più leggero e riusciva a ridere della scena.

 

<<Finalmente!>>

<<Anche per oggi è andata! Che fatica!>>

Jet riconobbe le voci di May e Charles che stavano chiudendo il pub.

Ma dov’era Jiuly? Possibile che fosse andata via e lui non se fosse accorto?!

<<Guarda un po’ chi si vede!>> disse Charles accorgendosi di Jet che si era avvicinato.

<<Smuff! Arrivi un po’ tardi, ragazzo mio! Jiuly se ne è andata!>> aggiunse May con una palata di sarcasmo.

Jet rimase sbigottito e ammutolito.

<<May! Non essere così acida con Jet! Dopotutto se è qui, vorrà pur dire qualcosa, no?>> disse Charles facendo l’occhiolino a Jet.

<<Sei qui per Jiuly?>> chiese May a Jet con aria diffidente.

<<Sì... >>

<<Ma non è più qui! È andata via! Te la sei lasciata scappare, ragazzo mio! Ormai è tardi! Sorry!>> disse un po’ sadica May alzando le spalle e avviandosi verso casa.

<<Come “andata via”? Dov’è andata?>> chiese Jet sconcertato.

<<Suvvia May, ti sei divertita abbastanza!>> disse Charles.

May sbuffò: <<E va bene...  Jiuly ha accettato una borsa di studio. Un amico del padre le ha consentito di proseguire i suoi studi in crio-ciber-come-cavolo-si-chiama ...>> <<Cibernetica, bio-cibernetica! Non crio-cibernetica!>> precisò Charles <<Insomma si è trasferita qui, ma  è ancora a Londra!>> aggiunse estraendo dalla tasca un pezzo di carta con su scritto un indirizzo.

<<Grazie Charles! Grazie May!>> disse scappando via.

<<Non farla soffrire o dovrai vedertela con me! Intesi?>> gli urlò dietro May.

<<Non preoccuparti, May, Jiuly è una ragazza in gamba. Non è certo il tipo che si lascia mettere i piedi in testa da uno Yankee!>>

<<Non lo so, Charles, ma... ho come... un brutto presentimento...>>

 

“ Towling street, 17. Dovrebbe essere il prossimo.” Jet si avvicinò all’enorme costruzione rimanendone sorpreso. “Questa costruzione ha un’aria familiare... Dov’è che l’ho già vista?” Un lampo gli attraversò gli occhi. “No! Non è possibile!” Si sollevò in volo per guardare la costruzione dall’alto e si rese conto che la pianta di quell’edificio corrispondeva a quella della clinica del dott. Erenfest. Atterrò all’interno del giardino che circondava l’edificio con già indosso la sua rossa divisa e con la pistola in pugno. Si avvicinò all’ingresso principale dove scorse sulla targa la scritta “B.G. Corporation Laboratory”. <<No! Non può essere vero!>> abbassò la sua pistola cercando in se una spiegazione plausibile quando gli tornarono alla mente la parole di Jiuly...

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Jet le sorrise, ci vollero parecchi passi per fargli tirare fuori altre parole. <<E così studiavi cibernetica...>>

 <<Bio-cibernetica, come mio padre il dott. Lemming, era uno scienziato importante, sai?>>

<<Era?>>

Jiuly si intristì di colpo: <<Si, mio padre è morto: lavorava su una piattaforma sperimentale e fu ucciso da un’organizzazione criminale...

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<<Ora ricordo! Lemming era quel pazzo che tentò di farci il lavaggio del cervello[6]!>>

STOCK

Un colpo secco colpì Jet alle spalle facendogli perdere i sensi.

 

 

Il buono #3

 

Sulla sommità del burrone il vento soffiava forte portandogli mille racconti di terre lontane. Da lassù l’orizzonte era sconfinato, sfumato, quasi indefinito tra terra e cielo. A nord poteva scorgere l’altopiano del Colorado ed a est la maestosità delle montagne rocciose. Ai suoi piedi il Gila scorreva solcando prepotentemente il fianco della montagna. Era autunno e l’aria stessa ne dava il primo segnale.

Discese da quell’altura seguendo un vecchio sentiero battuto da avi del suo popolo molto tempo prima di lui. Attraversò una vegetazione rara per quella terra arida e ostile, fino a giungere ad un’enorme vallata. Il suo popolo era accampato lì da quando i bianchi li avevano spinti fino a quell’estremo confine di verde oltre il quale v’era solo deserto.

Tra le tende dell’accampamento c’era grande agitazione: gli uomini erano ancora in sella ai loro cavalli, di ritorno dalla caccia portavano le loro prede all’accampamento. Di lì a poco ci sarebbe stato un gran daffare: occorreva conciare le pelli, che sarebbero servite nelle gelide notti dell’inverno continentale, e essiccare la carne per farne provvista.

Geronimo si avvicinò lentamente al campo in sella al suo robusto cavallo.

Scese da cavallo quando fu vicino alla prima tenda, una giovane donna con un grembiule da cameriera[7] gli si avvicinò. Le porse le sue prede ed ella fece per ringraziarlo: <<Grazie Geronimo, non c’era più rimasto niente in frigo... solo domande, senza risposte...>>

In un angolo del campo alcuni Rom danzavano davanti ad un fuoco acceso. Elrond fumava il calumet della pace seduto con “Delfino nero”, “Talpa” e “Camaleonte che ride”.

“Dio della morte” e “Lampo che corre” gli si avvicinarono.

<<Geronimo, il “Gran capo” vuole parlare con te: lo “Sciamano” ha fatto un sogno e qualcuno sarà in pericolo stanotte>> gli disse il primo.

Geronimo si diresse verso la tenda del “Gran capo”, ma “Lampo che corre” richiamò di nuovo la sua attenzione. <<Dov’è “Occhi di cielo”? Sta bene, vero, Geronimo?>>

Geronimo sorrise come solo lui sapeva fare.

<<Dovresti averne più cura, tillikum[8]!>>

Geronimo aprì la tenda del “Gran capo” ed entrò nel laboratorio del dottor Gilmore.

<<Ti stavo aspettando, lo “Sciamano” sta facendo un sogno inquieto, che tu solo puoi sentire. Fai attenzione. Non dubitare al risveglio di ciò che ti sta per essere rivelato>>

Il pianto di un neonato si fece insistente e sempre più forte.

La voce dello “Sciamano” interruppe quel pianto: << ”Uccello guerriero” è stato catturato dal nemico. Ha bisogno del vostro aiuto il più presto possibile. È prigioniero nei laboratori di Erenfest. Eccoti la mappa per trovarli.>>

Geronimo sembrò essere inghiottito da una sorta di cartina stradale, c’erano tante strade senza nome ad eccezione di una: Towling street. Si ritrovò alla periferia sud di Londra di fronte un’enorme costruzione, sembrava identica alla clinica di Erenfest fatta eccezione per il giardino al centro del quale vi era un grande salice.

Lo sciamano riprese a parlare: <<Mi sono introdotto nel tuo sogno ma il tempo a mia disposizione sta per scadere. E ora svegliati, Geronimo! Svegliati! Svegliati! Svegliadrin! SvegliaDRIIIIN!>>

DRIIIIN...    DRIIIIN...    DRIIIIN...

Geronimo riaprì gli occhi nel suo letto. Il telefono stava squillando.[9]

Si apprestò a rispondere. Dall’altro capo del telefono una voce amica gli stava parlando.

<<Pronto? Geronimo! Ci sei?>>

<<Sì, Joe. Ci sono>>

<<Era ora che rispondeste! Il dottor Gilmore vuole parlare con te>>

<<Va bene, passamelo... ah Joe, ... prima che mi dimentichi... dovresti avere più cura delle cose che ti stanno a cuore!>>

Joe non capì e rimase un po’ interdetto: <<Lo terrò a mente... grazie del consiglio, 005. Ora ti passo il dott. Gilmore>>

Passarono pochi attimi di silenzio dopodiché Geronimo sentì Gilmore al telefono.

<<005, sono preoccupato: 001 si sta agitando  parecchio nel sonno. Si è addormentato solo da poche ore e dubito che riuscirebbe a svegliarsi nemmeno se volesse. Lì va tutto bene? 007, 003 e 002 sono lì con te?>>

<<Mmmmh... credo di sapere cosa è successo, 001 mi ha trasmesso un sogno telepatico. Si agitava perché eravamo in contatto. 002 è stato catturato, ma so dove l’hanno portato. Andiamo a riprendercelo!>>

 

 

 La cattiva #3

 

<<Accidenti! Non si cava un ragno dal buco!>> esclamò nervosamente Françoise scaraventando la penna che aveva tra le mani sul tavolo.

Erano giorni che cercava qualche indizio dai documenti che Dylan aveva sottratto alla clinica Erenfest.

<<Nervosetta stasera, eh? Mi sa che dovevo prepararti una camomilla invece del tè!>> disse Dylan entrando nel suo piccolo salotto portando un vassoio con due tazze fumanti. Sedette sulla poltrona affianco alla sua e le porse la tazza sorridendo dolcemente.

Françoise ricambiò quel sorriso. << Scusami, sono un po’ nervosa... Non riesco a trovare nulla che possa esserci d’aiuto! Non abbiamo prove che Erenfest sia collegato ai Fantasmi Neri... e da quando Geronimo mi ha raccontato di quel povero ragazzo Rom, rapito e venduto come un’arma qualunque... ho ancora più fretta di incastrare quel dannato! Non si limitano più a trasformare le persone rapite in cyborg, come hanno fatto con me e i miei amici, ora ne sopprimono completamente la volontà... ne fanno un vero robot, ma dall’intelligenza umana! Perfetto per i loro scopi!>>

<<Eppure c’è Erenfest dietro tutto questo, lo so, lo sento! E la telefonata dell’ispettore di stamattina non ha fatto altro che confermarmi questa ipotesi!>>

Françoise lo guardò con aria interrogativa. Dylan le raccontò che l’ispettore, capo del suo dipartimento, gli aveva telefonato quella mattina per dirgli di essere stato esonerato da quell’incarico. <<Ha ricevuto pressioni dal sovrintendente, Erenfest è una persona molto potente... evidentemente si è informato sul mio conto e ha scoperto che sono un detective di Scotland Yard...>>

<<Non vorrai abbandonare le indagini?!>> disse un po’ sorpresa Françoise

Dylan le sorrise: <<Ti dispiacerebbe?>>

Françoise restò interdetta da quella domanda, capiva benissimo cosa in realtà le stava chiedendo Dylan, ma ne era sorpresa: sapeva chi-cosa lei fosse e questo non lo fermava...

Françoise tardava rispondere.

<<Comunque non mollerò proprio adesso! Questa settimana sono scomparsi altri due ragazzi. So cosa succederà a quelle persone e non ho nessuna intenzione di abbandonarle al loro destino!>>

Sorseggiarono il loro tè fino a finirlo.

<<Mi piace il vostro tè! Non c’è che dire: il tè inglese è il migliore!>>

<<Il che, detto da una francese, è un vero complimento!>>

Risero entrambi. <<Ti va se metto un po’ di musica?>> disse Dylan.

<<Sì, dai! Ho proprio voglia di un po’ di musica... è così raro per me trovare qualcuno cha abbia i miei stessi gusti in fatto di musica!>>

<<A chi lo dici! Ascolta questo brano: è il mio preferito!>> disse Dylan accendendo lo stereo

 “Il trillo del diavolo” riempì la stanza. Françoise si sentì rapita da quella musica e chiuse gli occhi. D’un tratto si sentì prendere per la mano, Dylan la stava invitando ad alzarsi.

<<Vorrei vederti danzare!>>

Françoise si ritrasse <<Non posso... non ho le scarpe... il vestito adatto...>>

<<Questa è una vera cattiveria!>> le disse guardandola negli occhi.

<<Lo farei volentieri ma con queste scarpe non...>> la interruppe mettendole un dito sulle labbra.

<<Non mi riferivo a quello...>> le accarezzò il viso <<Sei così bella! E così dolce! Perfino spiritosa, nonostante tu sia francese! È fin troppo facile per me innamorarmi di te!>> esitò qualche istante durante il quale Françoise sentì il suo cuore accelerare improvvisamente <<Ma tu, tu Françoise, puoi innamorarti di me? Un cyborg ha sentimenti e desideri come quelli di un uomo qualunque?>>

Françoise si allontanò bruscamente e si voltò dandogli le spalle.

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Joe la guardò dritto negli occhi <<Noi siamo dei cyborg, Françoise, non abbiamo sentimenti e desideri come uomini qualunque!>>

 <<Non ti credo! Io so che non è vero!>> gli rispose in lacrime. <<Lo so perché io ti amo, Joe! E anche tu mi ami! L’ho capito quella sera in America!>>

<<Dimentica quello che è successo, Françoise, è stato un errore! Non possiamo permetterci certi sentimenti, potrebbero esserci fatali!>> le disse Joe scuotendola.

<<No, non è vero! Non è stato un errore!>> disse singhiozzando.

Joe scosse la testa, Françoise non riusciva a capire: <<Io non ti amo, Françoise! Mi dispiace!>>

Joe voltò le spalle e si allontanò.

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<<No, Dylan, noi cyborg non abbiamo sentimenti e desideri come uomini qualunque!>>

Dylan non si aspettava quella risposta, la raggiunse nell’angolo in cui si era rifugiata e le afferrò entrambe le braccia facendola voltare verso di lui e scoprì che il suo viso era rigato dalle lacrime.

<<No... non ti credo, Françoise! E i tuoi occhi me lo dimostrano...>>

A Françoise sembrò che una diga cedesse e che i pensieri, che la stavano tormentando da quando aveva avuto quella discussione con Joe prima di partire, traboccassero dalla sua mente e potessero finalmente trasformarsi in parole <<I miei occhi? I miei occhi contengono una lente speciale che mi consente uno zoom 500x nonché un rivelatore ad alta sensibilità con una banda passante che va dai raggi x all’infrarosso!>>

Dylan capì che Françoise aveva bisogno di sfogarsi e lasciò che finisse.

<<Le mie orecchie sono dotate di un dispositivo sonar che mi consente di sentire quello che stanno dicendo i tuoi vicini dell’ultimo piano!>> Si scoprì le braccia mostrandogliele <<La mia struttura scheletrica è in una lega d’acciaio che mi consente di sopportare sforzi superiori a quelli di un uomo comune. Persino il mio cuore è un cuore artificiale, non un cuore umano[10]... mi resta poco di umano...>>

<<Tra cui questa tua tristezza, la tua paura, la tua rabbia! Anche adesso che mi hai fatto un’analisi dettagliata del tuo corpo, io non ti credo quando dici di non avere sentimenti e desideri come i miei!>>

Françoise scrollò la testa senza smettere di piangere. Dylan l’afferrò per un braccio e la trascinò in camera da letto di fronte ad un grande specchio. Le stava dietro trattenendola per le braccia e teneva  la testa appoggiata alla sua in modo che avessero la stessa visuale.

<<Dimmi, Françoise, cosa vedi? E non dirmi che vedi un robot, perché non ti credo, lo so che non puoi vedere i tuoi circuiti!>>

Françoise face una smorfia, un sorriso sapore molto amaro: <<Dylan, tu hai capito che non posso guardarmi dentro attraverso lo specchio; se usassi i miei poteri, riuscirei a guardare dietro lo specchio, ma non posso guardare dentro un’immagine virtuale come quella riflessa da uno specchio[11]!>>

<<Non hai risposto, cosa vedi?>>

Françoise non rispondeva.

<<Te lo dico io: vedi una donna. E dimmi: cosa senti di essere, cosa senti dentro di te?>>

Françoise si liberò dalla sua stretta voltandosi verso di lui. Continuava a singhiozzare mentre lo guardò negli occhi dicendogli: <<Non lo so! Non lo so! Tu non capisci! Per te è facile! Io non so chi sono! Non so COSA sono! La mia mente è assillata da mille dubbi!>>

Dylan la strinse a sé, forte, accarezzandole la testa. Le baciò la fronte e poi gli occhi per asciugarle le lacrime. Françoise lo guardò negli occhi muta, alla ricerca disperata di un qualcosa che le confermasse che dentro di sé era una donna vera e non un semplice robot. Fu allora che Dylan la baciò. La sollevò prendendola in braccio e l’adagiò sul letto.

<<Lasciami sciogliere i tuoi dubbi. Resta con me stanotte e domattina avrai spazzato via ogni brutto pensiero.>> le sussurrò.

Dylan riprese a baciarla con passione. La sua mano accarezzò le sue forme di donna sbottonando la sua camicia. Françoise si lasciò andare in quell’abbraccio.

 

<<Buon giorno>>

<<Buon giorno a te, Françoise!>>

<<Come mai già in piedi?>>

<<Non ho dormito molto bene...>>

<<Mi spiace, è colpa mia!>>

Dylan le sorrise, prese una tazza dallo stipite della cucina e la pose davanti a Françoise  che si era accomodata al tavolo della cucina di fronte a lui. Continuò a sorridere versandole del caffè nella tazza.

<<Che hai da ridere?>>

<<Niente...>> disse prendendo dei biscotti dalla dispensa e porgendoglieli.

<<Su dimmi!>>

<<Pensavo... che sarebbe stato divertente se ci fosse stato un caso di omonimia!>> rise.

Françoise gli fece una linguaccia: <<Non c’è niente da ridere! Anzi... io... mi sento terribilmente in colpa... sia con te che con lui...>>

Dylan le prese le mani: <<Françoise, tu non hai nulla da farti perdonare, con nessuno... era normale che dopo quello che avevi passato, tu avessi bisogno di sentirti amata... e, sfortunatamente per me, era normale che tu pronunciassi quel nome visto che desideravi che ci fosse un altro al posto mio!>> 

<<Poche persone al tuo posto si sarebbero... arrese...>>

<<Dici? Non so: non credo che faccia piacere a nessuno essere chiamati col nome di un altro uomo in intimità! E poi se non mi fossi fermato di mio, mi avresti fermato tu... fidati!>>

Françoise gli sorrise.

TOK TOK TOK

<<Chi sarà a quest’ora del mattino?>> disse Dylan dirigendosi verso la porta.

<<Sono Bretagna e Geronimo! Che ci faranno qui?>>

Dylan aprì la porta beccandosi una squadrata da capo a piedi da Bretagna. Indossava solo i pantaloni del pigiama ed era a dorso nudo.<< Françoise è qui? Abbiamo bisogno di lei: hanno catturato Jet!>>

Dylan li fece entrare in cucina dove trovarono Françoise con indosso solo la parte mancante del pigiama di Dylan. A Bretagna saltarono gli occhi fuori dalle orbite. Si voltò verso Dylan e poi di nuovo verso Françoise come per accertarsi di ciò che vedeva: <<Oh my God! Non è possibile! Françoise, dimmi che non è vero!>>

Françoise scosse la testa: <<Abbiamo altro a cui pensare, Bretagna, dobbiamo salvare Jet ora!>>

 

C O N T I N U A....

 

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[1] Quest’indirizzo è familiare a qualcuno?

[2] Arma tipica dei cartoni giapponesi fatta da due bastoni legati da una catena.

[3] Beh? Nemmeno questo nome vi è familiare?

[4] Strumento musicale a fiato fatto da canne di diversa lunghezza tenute insieme.

[5] Vedi fanfic “Una nuova famiglia”

[6] Vedere episodio # seconda serie tv.

[7] Non vi spaventate: alla fine sarà tutto chiaro!

[8] tillikum=amico vedi “Spirit, cavallo selvaggio”. Lo so che ogni popolo indiano parla la sua lingua, ma mi piaceva e ce l’ho messo!

[9] Ok, avrete certamente capito che il delirio precedente non è frutto di nessuna sostanza stupefacente da me assunta, ma è semplicemente un sogno di Geronimo.  Credo sia superfluo spiegarvi che nel suo sogno i suoi amici cyborg hanno nomi indiani ovvero “Delfino nero” è 008, “Talpa” è 006 (gli ho lasciato il soprannome del manga, come pure per 004),  “Camaleonte che ride” è 007, “Dio della morte” 004, “Lampo che corre” 009, il “Gran capo” il dott. Gilmore,  lo “Sciamano” 001,“Occhi di cielo” 003 e infine ”Uccello guerriero”è 002. La ragazza col grembiule da cameriera è Jiuly.  

[10] In realtà cosa sia umano e cosa sia meccanico in 003 non mi è mai stato molto chiaro. Occhi e orecchie di sicuro non sono umani. Probabilmente ho scritto qualche cavolata per quanto riguarda la descrizione delle orecchie, ma la parte ottica potrebbe essere così come l’ho scritta, parola di ottico quantistico. Le ho attribuito una struttura scheletrica artificiale e non muscoli artificiali per giustificare il fatto che è più forte di un essere umano ma meno di un cyborg. Il cuore artificiale invece stava bene ai fini narrativi. J

[11] Spero di essere stata chiara. Se Françoise vede un cyborg allo specchio lo vede come una persona qualunque, non riesce a vederne i circuiti.