di Pia
Il
pendolo della base dei cyborg, che ormai tutti erano abituati a chiamare
“casa”, rintoccò la mezzanotte. Il buio dava una sensazione di ovattato
silenzio. Tutti riposavano, tutti tranne Joe che non era ancora rientrato e
Françoise che preoccupata aspettava il suo ritorno. La mattina Joe era stato
all’orfanotrofio dove era cresciuto ed aveva ottenuto un indizio importante:
l’ultimo domicilio di sua madre. Aveva confidato a Françoise l’intenzione
di recarvisi nel pomeriggio ma da allora non aveva più sue notizie.
Joe
entrò nella sua stanza senza neanche accendere la luce. Era sconvolto e non
vedeva l’ora di disfarsi dei suoi vestiti, quasi come se gettando via la
giacca potesse gettare via anche i suoi pensieri. Si strattonò via la
cravatta con un gesto di stizza e fece volare via le scarpe. Tolse anche la
camicia, poi triste sedette sul suo letto.
<<Posso?>>
Joe
non aveva avuto la cura di chiudere la porta della sua stanza e Françoise lo
vide seduto sul suo letto, affranto, al buio.
Sedette
accanto a lui e gli chiese: <<Allora? Come è andata, Joe?>>
<<Joe…hai
mai notato quant’è strano il mio nome? Joe Shimamura… metà giapponese e
metà… americano… come me… >>.
Françoise
lo guardò con un viso interrogativo.
Joe
incalzò: <<Mia madre era giapponese, mentre mio padre americano! Io non
sono altro che un bastardo mezzosangue!>>
A
Françoise proprio non piacquero quelle parole: <<Ma che dici Joe? Parli
come un razzista! Che importa la nazionalità dei tuoi genitori? Ciò che
conta è che si sono amati al punto da andare oltre le loro diversità.
Credimi, Joe, quando ami veramente qualcuno, non ti importa che sia giapponese
o americano, europeo o africano… E poi guarda noi: viviamo tutti insieme
come una famiglia sebbene proveniamo tutti da paesi e culture
diverse!>>.
Joe
sentì di avere torto ma la ferita era stata aperta da poco e il dolore era
ancora fresco.
<<Hai
ragione su noi: viviamo insieme senza pensare alle nostre diversità, ma
questo perché ci lega una profonda amicizia; per i miei genitori non è stato
così… mio padre ha abbandonato mia madre quando aspettava me…>>
<<Come
fai a saperlo? Chi ti ha detto una cosa simile?>>
<<Una
vecchia vicina. Poveretta, quasi le prendeva un colpo quando m’ha visto. Ha
detto che sono identico a mio padre alla mia età. Pensava che fossi lui e che
fossi finalmente tornato… poi le ho detto chi ero e mi ha raccontato la
storia dei miei genitori…>>
Joe
si alzò, si versò da bere e buttò giù d’un botto. Poi risedette e
proseguì il suo racconto.
<<Kyumi,
mia madre, e Brick, mio padre, si conobbero a Tokyo giovanissimi. Mio padre
era venuto in Giappone per studiare la lingua. Si innamorarono a prima vista e
poco dopo decisero di sposarsi, ma prima del matrimonio lui tornò in America
per avvertire i suoi e non fece più ritorno.
Quando mia madre scoprì di essere incinta gli scrisse una lettera e
aspettò il suo ritorno … l’aspettò fino al resto dei suoi giorni… ma
l’unica cosa che tornò indietro fu la lettera, mai aperta. >>.
Joe
si alzò di nuovo, raccolse la giacca e da una tasca tirò fuori una vecchia
lettera.
La
rigirava tra le dita. Françoise capì che doveva soffrire molto.
<<Su
quella lettera c’è l’indirizzo di tuo padre… quando pensi di
partire?>>
<<Francamente
non so se voglio vederlo…>>
<<Non
dici sul serio… nonostante quello che è successo, resta comunque tuo
padre… non è forse quello che cerchi da tutta la vita: una famiglia
vera?>>
<<Hai
ragione tu, come sempre>>
Françoise
sorrise felice di essergli stata d’aiuto. La luce blu della luna, la sola
che vi fosse a illuminare la stanza, rivelava appena i contorni degli oggetti
e dei loro corpi. Françoise guardò Joe ancora pensieroso. Era davvero
attraente, ma non era quello il momento per pensare a certe cose, disse tra sé.
Si alzò quasi di scatto e fece per andar via. Joe la prese per la mano
delicatamente. Si alzò di fronte a lei, ne poteva vedere il profilo
illuminato dalla luna.
<<Grazie!>>
<<E
di cosa?>>
<<Di
esistere! Tu… tu sei straordinaria… sai guardare le persone nel profondo e
sai sempre cosa uno voglia sentirsi dire… io non ho mai conosciuto nessuno
come te… forse perché sono cresciuto per strada come un delinquente,
facendo la spola tra orfanotrofi e riformatori… ho fatto delle cose di cui
ora mi vergogno e che non so se riuscirò mai a perdonarmi…>>
Françoise
gli mise un dito sulle labbra per zittirlo: <<Sssssh… non devi dire
certe cose! Non devi essere così severo con te steso! Io trovo incredibile
come, nonostante tu sia cresciuto in un tale ambiente, possa essere così
buono e gentile… Ti assicuro che sei una persona splendida e chi ti è
vicino non può fare a meno di… volerti bene…>>
Joe
l’abbracciò istintivamente poi si scostò un po’. L’accarezzò il viso
e portò la mano alla sua nuca. Avvicinò il suo volto a quello di lei, poi
ebbe un attimo di esitazione e poggiò la fronte contro la sua. Il suo respiro
si confuse con quello di lei. La sentiva così gracile e sottile tra le sue
braccia, non gli sembrava di abbracciare un cyborg forte abbastanza da
sfondare una parete con un pugno, ma lo era e lo era anche lui…
Joe
sussurrò: <<Vorrei baciarti… ma ho paura delle conseguenze…>>
<<Anch’io
ho paura…>>.
Rimasero così per un bel po’ poi si staccarono lentamente e si separarono.
L’assistente
di volo indicò a Joe il suo posto in aereo.
<<Partiamo
tra molto?>>
<<No,
stiamo solo attendendo che tutti i passeggeri vengano imbarcati, pare che si
sia aggiunto un passeggero all’ultimo momento e stiano controllando i
documenti necessari>>
<<Grazie>>.
Joe
rivolse lo sguardo verso il finestrino e i pensieri ben oltre ciò che poteva
vederci. I suoi occhi guardavano la pista di decollo ma il suo sguardo posava
sugli U.S.A., un paese enorme a cui si sentiva legato dalle sue origini. Stava
per incontrare suo padre, l’uomo che aveva abbandonato sua madre e lui. Joe
non aveva mai avuto una vera famiglia, aveva trascorso la sua infanzia e la
sua adolescenza tra orfanotrofio e riformatorio e tutto questo perché suo
padre non si era voluto occupare di loro… vedeva in lui il colpevole di
tutti i suoi errori passati e di tutti i suoi mali presenti. Non poteva fare a
meno di pensare che se non li avesse abbandonati magari non sarebbe mai
diventato un cyborg… già, un cyborg: mezzo uomo, mezzo robot… era il suo
destino quello di essere diviso a metà… Ma nonostante tutto voleva vederlo,
voleva sapere come fosse il suo volto, perché li avesse abbandonati, se
avesse amato sua madre e se poteva amare lui adesso… Scrollò la testa e
strinse i pugni, tornò la rabbia. Chi poteva amare un cyborg? Chi poteva
credere che un cyborg potesse amare? Queste rabbiose domande trovarono
un’inconscia risposta; si ritrovò a pensare a Françoise, ormai ne era
certo: ne era innamorato. Aveva trascorso un bel po’ di tempo a negarlo a sé
stesso, ma ora doveva fare i conti con la realtà; al suo ritorno avrebbe
dovuto occuparsi anche di questo, ma ora nel suo cuore
trovavano spazio altri tormenti. Si ricordò improvvisamente di non
averla neanche salutata, era andato via all’alba e non aveva incrociato
nessuno, aveva solo lasciato un biglietto per Gilmore. Che situazione avrebbe
trovato al suo ritorno, dopo quanto era successo la notte precedente?
<<Posso
sedere qui, signor Shimamura?>> disse Françoise sedendoglisi accanto.
Joe
fu enormemente sorpreso, piacevolmente sorpreso! <<Che ci fai
qui?>> le disse.
<<Bhè
non avrai pensato che ti lasciassi affrontare questo lungo viaggio da solo?
Non ti preoccupare, saprò farmi da parte al momento opportuno, sarò
discreta, te lo prometto!>>
Joe
non poteva credere ai suoi occhi <<Sono felice che tu sia qui! Non
potrei mai affrontare questa cosa senza “la mia buona coscienza”!>>
<<Ah
sono questo io per te: una specie di “grillo parlante”?>> Joe:
<<Tu sei molto di più per me e credo tu lo sappia… Credevo che dopo
quello che è successo ieri notte tu…>>
<<Vorrai
dire quello che NON è successo ieri notte! —sdrammatizzò per toglierlo
dall’imbarazzo—Non pensare a questo ora, ci sono tante altre emozioni ora
che ti aspettano>>
Joe
chinò leggermente la testa per acconsentire ma anche in segno della sua
gratitudine. Le tenne la mano per tutto il viaggio.
Il
taxi li lasciò al cancello d’ingresso di un enorme villa, sembrava
un’antica reggia europea circondata dal verde.
Joe
si chinò verso l’autista: << È sicuro che l’indirizzo sia
questo?>>
Il
tassista accennò un si con la testa e andò via. A Joe fece ancora più
rabbia, suo padre viveva nel lusso e nell’agiatezza mentre lui aveva vissuto
di stenti per la maggior parte della sua vita… L’enorme cancello nero era
appena socchiuso, non temevano evidentemente visite inattese, entrarono e
percorsero il grande viale di ingresso, intorno a loro c’era un magnifico
prato con alcuni cespugli di rose e alcuni alberi sul fondo. Videro corrergli
incontro sorridente e divertita una bella bambina di circa dieci anni,
biondina, rossissima di gote, carnagione a parte aveva un aria familiare. Françoise
notò la somiglianza con Joe, ma tacque. Joe non aveva pensato prima di allora
che suo padre avrebbe potuto essersi sposato e che lui poteva avere dei
fratelli o delle sorelle. Rimase basito. La bimba corse incontro a loro e
ridendo si nascose dietro la gonna di Françoise. Dopo poco comparvero un
enorme cane dal soffice manto bianco che correva e saltava a destra e a
sinistra e una donna visibilmente affaticata.
<<Sue,
lascia stare i signori! Possono aver paura di Igor!>> disse la donna.
<<Ciao,
io sono Sue e questo è il mio cane Igor, voi siete amici di papà?>>
disse la bimba.
Joe
rimase in silenzio.
<<Ciao,
io mi chiamo Françoise, il tuo cane è molto bello, lo sai?>>
Igor
si stese a pancia all’aria per godere delle carezze di Françoise. La donna
li raggiunse.
<<Visto,
mamma? Non hanno paura! E anche loro sono simpatici a Igor>>
<<Gli
animali hanno un grande intuito e riconoscono le brave persone a prima vista!
Sono Margaret Smitt, ma chiamatemi Mag, mia figlia ha già pensato a
presentarsi da sola, ma mio marito
Jhon non è in casa, al momento è
fuori per un convegno.>> disse la donna stringendo loro la mano.
Joe
capì che la donna che aveva davanti non era la moglie di suo padre, poteva
essere una sua zia e la piccola Sue una sua cuginetta.
<<Veramente
noi siamo qui per il sig. Smitt, avrei urgenza di parlargli, è in
casa?>>
<<oh
si, scusate, pensavo foste degli assistenti di mio marito, lui è uno
scienziato e spesso vengono a trovarci alcuni suoi assistenti, ma
accomodatevi.>>
Li
fece entrare in casa. L’interno era ancora più lussuoso di quanto avessero
immaginato. Françoise seguiva Joe preoccupata per lui, cercava di immaginare
quanto potesse essere emozionante quel momento ma sapeva di non poterci
riuscire appieno.
Un’emozione
seguì l’altra quando sentirono Mag dire:
<<Papà,
hai visite!>>
Comparve
loro un anziano signore che avanzava severo e sicuro sebbene poggiandosi ad un
bastone.
<<Buongiorno
signori, sono Joe Smitt. Cosa posso fare per voi?>>
Joe
fu colpito da quella figura così forte, ma capì che qualcosa non era chiaro:
<<Deve
esserci stato un equivoco, mi scusi: io volevo parlare con il sig. Brick Smitt…>>
Mag
e il padre si guardarono l’un l’altra, lei si intristì e il vecchio Joe
rispose:
<<Mio
figlio Brick è morto più di venti anni fa e a giudicare dalla sua età non
credo che lei fosse ancora nato allora! Suppongo lei abbia sbagliato, ci sono
molti Smitt, sebbene non ci siano molti Brick Smitt, ma forse lei cerca
qualche Rick o altro, quindi la prego di andare>>
Joe
fu sconvolto da quelle parole, non riusciva a capire: non poteva aver
sbagliato… l’indirizzo era quello.
Inconsapevolmente si avviò alla porta in silenzio, ma Françoise lo afferrò per la mano e gli disse sotto voce <<Joe, queste persone sono la tua famiglia!>>
Joe
era visibilmente sconvolto e Mag se ne accorse.
<<Si
sente bene? Sembra sconvolto… le porto qualcosa da bere… intanto
sedete>>
Mag
li fece accomodare nell’enorme salotto al pian terreno e preparò da bere
per Joe, aveva sentito le parole di Françoise e aveva notato dal primo
momento l’aria familiare di Joe: anche se aveva dei tratti orientali era
innegabile la somiglianza con suo fratello Brick. Joe ringraziò Mag che gli
porse da bere, il vecchio Joe rimase a guardare la scena con un’espressione
arcigna e sospettosa.
<<Quando…come
è successo?>> chiese titubante.
<<Sono
più di ventiquattro anni… mio fratello è morto in un incidente aereo…
aveva ventitre anni… la prego di scusare mio padre ma
il ricordo di Brick è ancora così vivo in noi che il solo nominarlo
ci fa male…>>
Mag
esitò per qualche istante, provava delle strane sensazioni verso quel
ragazzo, poi trovò il coraggio di fare quella domanda che le girava in testa
da quando aveva sentito le parole di Françoise.
<<Come
mai cerca mio fratello Brick? Mi è sembrato di capire che lei è nostro
parente, c’è forse qualche parentela tra noi?>>
<<Il
mio nome è Joe Shimamura e Brick Smitt è… era mio padre.>>
Quella
dichiarazione risuonò in quella stanza come l’eco di una bomba. Mag portò
la sua mano davanti alla bocca.
Il
vecchio Joe, sorrise sarcastico: <<Non si aspetterà di poter venire qui
in casa mia a raccontarmi le sue storie e che io le creda!>>
<<Ma
papà…>>
<<Sta’
zitta tu! Come può venirmi a dire che lei sarebbe il figlio di Brick, mio
nipote?! Mio figlio è morto!>>
<<Venticinque
anni fa suo figlio Brick era in Giappone per degli studi e conobbe mia madre
Kyumi, dalla loro relazione nacqui io, ma suo figlio non ha mai saputo di me,
era tornato già in america quando mia madre scoprì di essere incinta. Mia
madre spedì lui una lettera ma questa tornò al mittente>>
Il
vecchio Joe fu sconvolto da quel racconto come chi sa
più di quello che vuole far credere e fu preso da una rabbia incontrollabile.
Cominciò
ad alzare la voce: <<Immagino che sua madre l’abbia spinto fin qui per
venire a reclamare la vostra eredità! Bhè non vi lascerò infangare la
memoria di mio figlio con le vostre panzane! Dovrete vedervela con i miei
legali!>>
Joe
scattò in piedi, strinse i pugni
e guardandolo dritto negli occhi disse lentamente ma con altrettanta rabbia:
<<Mia madre è morta! Io non voglio niente da lei!>>
Il
vecchio Joe fu domato per un istante da quello sguardo infuocato, poi riprese
le sue accuse: <<Dovrà provare ciò che dice, i miei legali la faranno
sottoporre all’esame del DNA, lo sa vero?>>
Joe
rimase interdetto… non poteva sottoporsi a quell’esame, era un cyborg
ormai! Il vecchio Joe notò quell’espressione interdetta sui volti di Joe e
Françoise e la fraintese.
<<Lo
sapevo… è soltanto un imbroglione arrivista! Si aspettava forse di avere a
che fare con un vecchio rimbambito? E invece ha trovato pane per i suoi denti!
Ora vada via prima che chiami la polizia!>>
<<Io
non sono un imbroglione! Ho detto la verità!>>
Il
vecchio Joe gli riservò il suo sguardo più sarcastico. Joe fu preso da una
rabbia cocente e scappò via. Françoise gli corse dietro fino alla porta ma
quando la raggiunse di Joe non c’era più traccia: aveva usato il suo
acceleratore per correre via di lì più forte che poteva.
Françoise
era sulla porta quando il vecchio Joe le disse: <<Le consiglio di andar
via anche lei, signorina, se non vuole che chiami la polizia.>>
<<Si
sbaglia su Joe! Le assicuro che non ha bisogno dei suoi soldi… è veramente
suo nipote!>>
<<Ah
si… e allora che cosa vuole da noi?>>
<<
La madre di Joe è morta quando lui era ancora in fasce e Joe ha trascorso la
maggior parte della sua vita in un orfanotrofio, tutto ciò che vuole è una
famiglia e delle risposte…>>
Il
vecchio Joe sedette affaticato su una poltrona: <<Mi dispiace per lui ma
io ho faticato sodo tutta la vita per la mia famiglia e devo tutelare mia
figlia e mia nipote Sue…>>
Mag
irruppe dopo essere stata in silenzio per tanto tempo: <<Non usarci come
scusa, papà! E non dirmi di stare zitta! Ero una ragazzina quando Brick è
morto e Dio solo sa quanto ho sofferto e quanto ti ho odiato… credi che non
lo sappia? Io vi ho sentito litigare quella sera!>>
<<Sta’
zitta!>>
Mag
non curante continuò ciò che voleva dire: <<Ma ora sono cresciuta, papà,
non puoi più dirmi di star zitta e non ti odio più: ho capito quanto tu
soffrissi…>>
<<E
cosa c’entra questo con quel ragazzo?>>
<<Centra,
papà, e tu lo sai! L’hai visto anche tu quello sguardo:
è identico a Brick, non può essere una coincidenza! E poi chi altri
può sapere di Kyumi?>>
<<Ma
allora voi conoscevate Kyumi?>>
<<Non
l’ho mai conosciuta ma sapevo che mio figlio l’amava… è una storia
molto triste…>> disse poggiando la testa tra le mani e i gomiti sulle
ginocchia.
Françoise
aveva visto Joe in quella posizione un sacco di volte e sapeva che quando lo
faceva celava dentro un grande dolore, immaginò che anche per quell’
anziano signore valesse la stessa cosa, gli si avvicinò, si abbassò e
sfiorandogli la mano disse: <<Sono sicura che Joe la vorrà ascoltare
ugualmente>>
Joe
S(dlin-dlon: mi sono scocciata di chiamarlo “il vecchio Joe” da ora in poi
lo chiamerò JS –senior- e il giovane Joe sarà JJ -junior- ) la guardò
dritta negli occhi e Françoise si sentì scrutare l’anima.
<<Gli
vuole molto bene,vero?>>
Françoise
arrossì e rispose: <<Si… dietro quell’aria scostante e dura c’è
un ragazzo gentile e premuroso… è impossibile non volergli bene>>
<<Mia
moglie diceva di me le stesse cose…--- Françoise arrossì ancora di più--…
e diceva anche che le persone che ci vogliono bene sono un po’ specchio di
noi stessi e quindi io non potevo essere così burbero come sembrava perché
l’amavo alla follia>>
<<Ed
è vero?>>
<<Non lo so, andiamo a vedere…>>
Nella
sua stanza d’albergo, Joe ( JJ ) infilava a casaccio le sue cose in una
valigia, quel viaggio era stato più doloroso che mai, avrebbe voluto non
essere mai partito, avrebbe voluto non essere mai andato all’orfanotrofio,
avrebbe voluto non essere mai un maledetto cyborg, avrebbe voluto non essere
mai nato… Bussarono alla porta. Non rispose, Françoise avrebbe capito che
non gli andava di vederla, faceva sempre così e lei si faceva da parte
sempre… Bussarono di nuovo con più energia, fu necessario un chiarimento.
<<Va
a fare le valigie, Françoise, non ho voglia di parlare, voglio solo
andarmene…>>
JJ
aprì la porta ma non vi trovò chi si aspettava ma il vecchio Joe ( JS) in
persona.
<<Posso
entrare?>> JJ non rispose, spalancò la porta e fece cenno di entrare.
<<Non
posso fare quel test, non mi chieda il perché.>>
<<Non
sono qui per questo… posso sedere?>> disse sedendosi su una poltrona,
JS non era certo per i convenevoli.
JJ
sedette vicino pronto ad ascoltare.
<<Vorrei
raccontarti ciò che so su tuo padre e tua madre e vorrei cercare di mettere
insieme a te i pezzi di questa storia…>>
JJ
fu enormemente sorpreso da quel cambiamento: <<Ma allora lei mi
crede?!>>
<<Non
so se avrai ancora tutto quest’entusiasmo quando avrò finito di raccontare
questa storia… io sono responsabile di tanta sofferenza, ma per risponderti,
si, io credo tu sia il figlio di Brick, mio nipote… ma ora ascolta…
Quando
Brick tornò dal suo viaggio mi raccontò tutto di Kyumi: quanto fosse bella e
quanto l’amasse. Mi disse che aveva l’intenzione di sposarla e di andare a
vivere in Giappone, ma io mi opposi. Non volevo che mio figlio sposasse una
Giapponese, volevo sposasse una ragazza di buona famiglia di queste parti e
che restasse con me in America dove un giorno avrebbe preso il mio posto a
capo della mia azienda. Una sera litigammo furiosamente e volarono parole
pesanti tra noi, parole che vorrei non aver mai detto… Brick disse che
l’avrebbe sposata comunque e andò via di casa, prese il primo aereo per
Tokyo … quell’aereo ebbe un incidente… e quelle parole che riecheggiano
ancora nella mia testa, furono le ultime che ci dicemmo… qualche settimana
dopo arrivò una lettera di Kyumi… non l’aprii neanche, la feci rispedire
al mittente…>>
JS
non riuscì a trattenere le lacrime. JJ prese quella vecchia lettera
maneggiandola con la devozione dovuta ad una reliquia. Per la prima volta
quella lettera fu aperta.
Mio
dolce Brick,
sento
ogni giorno di più la tua mancanza. So che presto tornerai da me e so che
anche per te è duro stare lontano da me, ma ho una notizia molto importante
da darti. Forse dovrei aspettare il tuo ritorno, vorrei vedere i tuoi occhi
accendersi dalla gioia, ma so che i tuoi non approvano la nostra relazione e
forse hai bisogno di una bella notizia più di quanto io possa immaginare.
Amore
mio, il nostro amore vive ora di vita propria e presto avrà delle gambe su
cui reggersi, delle braccia per avvolgerci, degli occhi per guardare noi
felici di lui… o lei. Sì, amore, tu ed io aspettiamo un bambino. Ora la mia
ansia di riabbracciarti è raddoppiata perché siamo in due ad attenderti. Il
nostro fiore sboccerà a Maggio, sarà il frutto del nostro profondo amore, un
amore forte a dispetto di ogni pregiudizio, di ogni ostacolo. Ti amo e so che
anche tu m’ami perché conosco il tuo animo nel profondo come tu il mio.
Ho
la forte sensazione che sia un maschio, lo immagino già: bello e forte come
te; una volta mi dicesti che se avessimo avuto un bambino avresti voluto
chiamarlo come tuo padre: Joe. Io non lo conosco, ma deve essere una persona
speciale per meritare la tua ammirazione e lo sarà anche nostro figlio…
magari mi sbaglio… magari è una femminuccia… ma io sento diversamente…
Non
vedo l’ora di riabbracciarti.
Tua
Kyumi
Quella
lettera conteneva tante risposte per entrambi. A JJ scappò una lacrima: Françoise
aveva ragione quando gli aveva detto che lui era il frutto di un grande
amore… anche il suo nome non gli sembrava più così detestabile. Dal canto
suo JS sentiva di non avere più dubbi riguardo l’identità di JJ.
<<Questa
è la risposta a tutte le tue domande e tu sei la risposta alle mie preghiere!
Ti chiedo perdono, Joe, lo chiedo a te per i tuoi genitori per il male che ho
fatto loro e quello che ho fatto a te non sapendo…>>
JJ
lo guardò per qualche attimo cercando in sé le parole per rispondergli, ma
tutto ciò che vi trovò fu una grande voglia di abbracciarlo. Si strinse a
lui e quel burbero vecchio si sciolse in un pianto che lavò via tanti dolori
e tanti fantasmi del passato.
Françoise
vide la scena attraverso il muro che separava la sua stanza da quella di JJ.
Non voleva origliare ma era troppo preoccupata per lui. Quell’abbraccio la
rassicurò. Prese la valigia che aveva riposto in un angolo della stanza e
cominciò a raccogliere le sue cose.
Dopo
quasi un’oretta di chiacchiere JJ andò nella sua stanza, era veramente
felice come mai.
L’abbracciò
e le disse: <<Avevi ragione: ho trovato una vera famiglia. Grazie, tutto
questo lo devo solo a te!>>
<<Esageri,
te la saresti cavata benissimo anche senza di me>> JJ l’abbracciò di
nuovo ancora più forte poi vide i suoi bagagli pronti vicino alla porta.
<<Hai
fatto i bagagli? Perché?>>
<<È
giunto il momento per me di mantenere quella promessa che t’ho fatto in
aereo. Ora ti lascio con la tua famiglia.>> JJ non voleva che andasse
via, ma non sapeva cosa dirle: <<Lascia almeno che t’accompagni
all’aeroporto>> “ma come mi è saltato in mente di dirle una cosa
simile?”
<<Non
ti preoccupare, faccio da sola, tu però fatti sentire, mi
raccomando…>> anche lei non sapeva che dire, chissà quando
l’avrebbe rivisto: dopo tanto tempo aveva finalmente trovato la sua
famiglia, era plausibile che restasse con loro finché non avessero avuto
bisogno di lui…
<<Naturalmente…mi
terrò in contatto…se dovessi aver bisogno di me sarò lì in un
attimo…>>
Françoise
gli sorrise ma con un’espressione triste sul viso.
JS
aveva guardato la scena e decise di intervenire: <<Ma lei non può
andare via prima della settimana prossima! Darò una festa in onore di mio
nipote, lei non può mancare, dopotutto è l’unica persona che Joe
conosce!>>
<<Ma…io…veramente…>>
<<La
prego non dica di no!>>
JS
colpì di nascosto JJ col suo bastone.
<<Resta,
Françoise>>
<<…va
bene…>>
<<Allora
è deciso: ha fatto comunque bene a fare le valigie, resterete da me: la casa
è grande e vi ospiterò molto volentieri>>
<<…grazie,
signor Smitt…>>
JS
si avviò alla porta, ma prima di varcarla si voltò e disse:
<<...naturalmente dormirete in camere separate, sono un uomo
all’antica io!>>
Il
rossore scoppiò di botto sui volti dei due ragazzi.
<<…ma
noi non…>>
<<Lo
so che voi “non…”, non hai neanche il coraggio di chiederle di restare!
Volevo solo vedere che faccia avresti fatto! In questo non hai preso né da me
né da tuo padre!>>
Joe e Françoise si guardarono e si misero a ridere.
Seduti
ad un tavolino di un bar, all’aperto, con 30° all’ombra, tre uomini
vestiti con giacca e pantaloni neri, foulard bianco e cappello nero (classica
divisa dello scagnozzo del fantasma nero) destavano le attenzioni delle
persone circostanti.
Lao,
il più alto dei tre: <<Bhè che avete da ridere, voi? È la nostra
divisa questa!>> disse alla gente con fare minaccioso. Poi si rivolse
agli altri due: <<Ma i fantasmi neri, non ce la potevano dare una
divisa estiva bianca?>>
Kcejo,
basso quasi come Chang, ma più magro: <<Si e poi ci chiamavano i
fantasmi bianchi!>>
Lao:
<<Eh!…cosa ci sarebbe stato di male?>>
Nohjo,
il terzo, colpì Lao alla nuca con il giornale che aveva tra le mani:
<<Ma non dire stupidaggini! Intanto noi siamo qui a farci prendere in
giro dalla gente… non diventeremo mai “qualcuno” tra i fantasmi neri,
non diventeremo mai dei cyborg!>>
I
tre si intristirono, Lao rispose a mezza voce, indicando la testa: <<Io
un po’ cyborg lo sono!>>
Nohjo:
<<Guarda che non sei un cyborg solo perché hai la testa di
legno!>>
Lao:
<<La mia testa è di acciaio! Me l’hanno messo quando sono caduto e mi
sono spaccato il cranio>>
Nohjo,
canzonandolo: <<Potrebbe anche essere di adamantio purissimo, sempre un
testone restavi! E poi un cyborg ha forza, ha dei poteri… il tuo qual è?
Schiacciare le noci di cocco con la fronte? Sai che bel potere!>>
Lao,
tristissimo: <<È vero, non sarò mai come il mio idolo…>>
Detto
questo tirò fuori dal portafogli una foto segnaletica dei fantasmi neri con
su scritto “wanted, dead or alive” e continuò: <<… 005:
Geronimo!>>
Nohjo:
<<Noooooo, non ci posso credere: c’ha pure il santino nel
portafogli!>>
Lao:
<<E non sono mica l’unico! Kcejo, tira un po’ fuori quello che hai
nel portafogli, tanto se non lo fai, gli faccio vedere il poster che hai
attaccato all’armadietto!>>
Kcejo:
<<Che c’entro io? Io ce l’ho perché non voglio dimenticarmi il
viso!>>
Lao:
<<Si, si, intanto tirala fuori!>>
Kcejo
borbottò ancora ma tirò fuori
dal portafogli un’altra foto segnaletica dei fantasmi neri con su scritto
“wanted, dead or alive” ma la parola dead era stata cancellata a penna, la
foto era quella di 003.
Nohjo:
<<Però carina, è carina!>>
Kcejo:
<<Carina? Lei è bellissima! È una vita che sogno una donna così!>>
Nohjo:
<<E che sarà mai! Non è certo mica come 001: un bambino così piccolo
con un cervello così grande!>>
Lao:
<<Io se vedessi un bambino svolazzare con la culla, parlare come un
adulto e muovere gli oggetti senza toccarli, chiamerei un esorcista!>>
Nohjo
lo colpì di nuovo alla nuca col giornale: <<Tie’, leggiti gli annunci
rosa così almeno eviti di dire cretinate!>>
Lao
prese avidamente il giornale e lo aprì sulla pagina delle cronache mondane
tutto divertito: era il suo passatempo preferito. Nohjo e Kcejo lo guardarono
sconsolati, pensando ancora che non sarebbero mai riusciti a fare carriera nei
fantasmi neri!
Dopo
un po’ Lao irruppe: <<Sentite quant’è commovente questa storia:
Stasera nella sua grande villa Joe Smitt darà una festa in onore di suo
nipote Joe, ritrovato dopo ventiquattro anni. Il giovane era vissuto in
Giappone in un orfanotrofio, ignorando le sue origini e non avendo ma
conosciuto suo padre, Brick Smitt, figlio del noto capitano di industria
Joe, morto poco prima della sua nascita in un incidente aereo. Sebbene
Joe Smitt fosse intenzionato a dare il suo nome al ragazzo, il giovane ha
deciso comunque di conservare il suo vecchio cognome, Shimamura, per rispetto
alle sue origini giapponesi. Saluteranno il giovane Joe Shimamura Smitt
illustri personaggi come il senatore Bakerell e ministro Kojak>>
Nohjo:
<<Co-cosa? Ripeti un po’!>>
Lao:
<< …illustri personaggi come il senatore Bakerell e ministro Kojak…
l’hanno fatto ministro, il tenente Kojak ?>>
Lao
si beccò il terzo colpo alla nuca della giornata da Nohjo: <<Scemo, il
nome!>>
Lao:
<< Joe Shimamura Smitt>> ripeté prima senza capire, poi disse di
nuovo con voce più entusiasta! << Joe Shimamura Smitt!>>.
I
due si abbracciarono per la gioia della scoperta.
Kcejo:
<<Ma chi minchia (ehm, scusate la parolaccia, ma Kcejo ha origini
sicule!) è sto’ Joe Shimamura Smitt?>>
Kcejo
si beccò anche lui una giornalata alla nuca da parte di Nohjo:
<<Deficiente: è 009! Lo sanno tutti! Poi è inutile che stai lì a
piangere che non diventerai mai nessuno tra i fantasmi neri se non sai neanche
il nome del nemico numero uno!>>
Kcejo,
massaggiandosi la nuca e piagnucolando: <<m’era passato di mente…
non mi aspettavo di trovarlo nella cronaca rosa!>>
Lao
cominciò a sbaciucchiare il giornale: <<Smack… Smack- Smack- Smack!
Bravo giornale! Lo sapevo che prima o poi mi avresti dato soddisfazione:
grazie a te avremo quella promozione che aspettavamo! Che aspettiamo, corriamo
a dirlo al capo!>>
Kcejo:
<<Ma no! Ma no! Organizziamo tutto noi: tendiamogli un’imboscata e
rapiamolo così ci faranno generali per direttissima!>>
Nohjo:
<<E ti sembra facile? Hai capito di chi stiamo parlando?>>
Lao:
<<Sentite, ho un’idea, Joe Smitt ha una nipotina di dieci anni, che
poi è la cugina di 009, sarà un gioco da ragazzi rapirla e gli terremo una
trappola!>>
Lao
aprì le braccia: <<Sono o non sono un genio? Su! Ditelo! Sono o non
sono un genio!>>
Nohjo:
<<Fatti abbracciare,Lao!>>
Si
abbracciarono tutt’e tre mentre la gente li guardava esterrefatta. Si
staccarono bruscamente. Poi ripresero a complottare.
Kcejo:
<<Avremo comunque bisogno di qualcuno che ci dia una mano, non è facile
accoppare 009!>>
Nohjo:
<<Va bhè, assolderemo qualcuno dicendo che è un ordine del capo… al
rapimento ci penseremo io e Lao, lo faremo durante la festa così saranno
tutti troppo impegnati per accorgersene! Tu cerca un buon nascondiglio dove
poterci rifugiare subito dopo>>
Ai tre brillarono gli occhi poi si abbracciarono di nuovo e poi si staccarono di nuovo appena si resero conto di dare eccessivamente nell’occhio.
Françoise
aveva finito di preparasi per la festa e stava guardandosi nel grande specchio
che era nella sua camera. JS bussò alla sua porta.
Françoise,
vedendo benissimo chi stava per entrare: <<Entri pure, sig. Smitt!>>
JS,
entrando: <<Come facevi a sapere che ero io?… Non aspettavi nessun’altra
visita, vero? Quel Joe!... Ah se avessi la sua età! Ti assicuro che non mi
avrebbe fatto nessuna concorrenza!>> le disse strizzandole l’occhio.
<<Ne
sono certa!>> disse divertita.
<<Fatti
un po’ vedere… >> la osservò accuratamente poi aggiunse
<<…sei splendida!>>
<<Lei
è un adulatore! È abbastanza elegante questo vestito?>>
Aveva
un bellissimo abito in seta nero non molto scollato sul davanti ma con una
profonda e morbida scollatura drappeggiata dietro che le lasciava scoperta
gran parte della schiena. (non so se ho reso l’idea, una specie del famoso
abito di Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”)
<<Si,
direi che è quasi perfetto… manca solo una cosa>> prese un astuccio e
tirò fuori una stupenda spilla di corallo bianco a forma di rosa e cominciò
ad appuntargliela <<permetti? È solo
un prestito… almeno per ora… era di mia moglie e vorrei che l’avesse la
moglie di mio nipote un giorno…>>
Françoise
divenne rosso-porpora, quell’anziano signore riusciva sempre a metterla in
imbarazzo: <<Non so che dire…grazie!>>
<<Non
badarci, Françoise, mio padre ti ha già scelto come futura moglie di
Joe!>> disse Mag entrando, poi si rivolse al padre <<Ma tu devi
per forza mettere bocca su tutto? Lo hai già scelto il fidanzato per
Sue?>>
<<Naturalmente!>>
Risero
tutt’e tre.
<<Mamma,
mamma, voglio venire anch’io alla festa!>> disse Sue entrando nella
stanza di Françoise in camicia da notte e con in braccio un cuscino.
<<No,
cara, per te è ora di andare a letto!>> le rispose Mag.
<<Uffa!>>
<<Che
ne diresti se ti raccontassi una storia prima di andare a letto?>> disse
Françoise
<<C’è
una principessa nella storia?>>
<<Certamente!>>
Sue
la prese per mano e la trascinò velocemente nella sua stanza facendola
arrancare sui suoi tacchi alti.
JJ
stava litigando con la fascia del suo smoking quando JS entrò nella sua
stanza.
<<Hai
bisogno di una mano? Sembri Igor quando cerca di mordersi la coda!>>
<<Come
accidenti si chiude sto’ coso?!>>
JS
lo aiutò a sistemare la fascia e gli diede un colpetto sul ventre incontrando
la resistenza dei suoi addominali.
<<Però!
Il fisico ce l’hai…è il sale in zucca che ti manca!>>
<<Non
ricomincerai con la solita storia, nonno? È una settimana che mi tormenti!
Françoise ed io siamo solo buoni amici e poi… ci sono delle cose che non
sai su noi…>>
<<Quello
che so è che lei ti adora ed è troppo bella e in gamba perché tu te la
lasci scappare!>>
JJ
portò una mano alla fronte: <<Oh no! Basta! Sono già abbastanza
agitato per questa festa!>>
Si
allontanò bruscamente dal nonno per cercare dei gemelli; erano sotto il suo
naso ma era troppo agitato per accorgersene.
JS
glieli indicò: <<Come vuoi, non ti dico più niente! Ma perché sei
agitato per questa festa?>>
<<E
me lo chiedi? Per cominciare non era necessario presentarmi a mezza America e
poi non sono abituato a frequentare il jet-set, non mi sento a mio agio tra
questa gente!>>
JS
sorrise, quel ragazzo gli somigliava anche in quello: <<A dire il vero
nemmeno io amo molto gli avvenimenti mondani, ma l’averti trovato è davvero
una gran gioia per me e va festeggiato con tutti gli onori… mi sono
affezionato a te… e anche a Françoise …>>
<<Ancora!?>>
<<Scherzavo!
Era per sdrammatizzare!>>
JJ
incrociò le braccia e lo guardò ironico poi risero entrambi di gusto.
JS
si avviò alla porta:<<Ora metti la giacca e andiamo, non puoi fare
aspettare i tuoi ospiti così tanto!>>
JJ
prese la giacca e uscirono dalla sua stanza. Si sentiva un gran vociare
provenire dal grande salone al piano di sotto e anche un’orchestrina
suonare. JJ si sentì ancora più nervoso e imbarazzato, infilò la giacca in
fretta e chiese al vecchio nonno: <<Consigli?>>
<<Segui
la rosa bianca![1]>>
disse sibillino.
Lao
e Nohjo nel frattempo si erano intrufolati alla festa vestiti da camerieri con
tanto di livrea bianca e guanti.
Lao,
incrociando Nohjo: <<Miii… hai visto che bella casa? Proprio come
l’ho vista su “Case dei vips”!>>
<<Le
tue letture “intellettuali” serviranno almeno a qualcosa… dov’è la
stanza della piccola?>>
<<Sarà
al secondo piano… affianco a quella dei genitori!>>
<<Ok,
alle undici in punto andremo nella sua stanza e la porteremo via…>>
<<Ma
non si sveglierà a quell’ora la piccola? Sapevo che duravano tanto le feste
dei vips ma non credevo così tanto!>>
Nohjo
lo colpì ancora una volta alla nuca, stavolta con la mano: <<Alle
undici di questa sera, deficiente!>>
JJ
si era finalmente rasserenato, la serata non era così terribile come pensava,
anzi le persone che aveva conosciuto erano addirittura simpatiche. Non
riusciva però a vedere Françoise, poi la sua attenzione fu colpita da una
rosa bianca, una spilla in corallo bianco a forma di rosa appuntata su un
vestito nero…ma era Françoise! Stava parlando con un uomo piuttosto
panciuto in divisa militare. Le si avvicinò.
<<Oh
Joe, ti presento il sergente Jhonson...>>
<<Sono
molto lieto di fare la sua conoscenza, sig. Shimamura, suo nonno e mio padre
si conoscono da lungo tempo…>>
JJ
non era molto interessato alla conversazione, non faceva altro che guardare
Françoise, era incantevole e raggiante, tagliò corto: <<Il piacere è
mio. Posso rubargliela un attimo…>>
<<Ma
certo…>>
JJ
non aspettò neanche la risposta, aveva già Françoise tra le sue braccia
sulla pista da ballo.
<<Non
mi posso distrarre un attimo che ti ritrovo con un militare![2]>>
<<Che
vuoi farci? Il fascino della divisa!>>
Risero.
<<Questa
spilla è molto bella!>>
<<Già,
me l’ha prestata tuo nonno…>>
<<Vecchio
furbone!>>
Anche
Jhonn e Mag stavano ballando.
<<Non
mi posso allontanare un giorno che mi ritrovo un nipote in più!>> disse
Jhonn divertito.
<<Sue
lo adora e anche Joe è molto affezionato a lei, si conoscono da così poco ma
hanno legato così tanto, Sue dice che un cugino è una specie di fratello e
che lei desiderava tanto un fratello maggiore.>>
<<Effettivamente,
per un fratello minore ci si poteva organizzare, ma per uno
maggiore…>>
Risero
anche loro e si scambiarono un dolce bacio.
Jhonn,
rialzando lo sguardo: <<Ehmmm questa famiglia cresce a vista
d’occhio…>>
Mag
si girò nella direzione dello sguardo del marito e vide JJ e Françoise
ballare teneramente insieme. Fecero un paio di giri danzando fino a ritrovarsi
nelle vicinanze di JS.
<<Coppietta
felice a ore dieci[3]>>
disse al volo mentre danzava al padre che diresse lo sguardo verso Joe e Françoise.
Sorrise
compiaciuto.
<<Ti
ho già detto che sono veramente felice?>>
Françoise,
sorridendo: <<Si…>>
<<Ti
ho già detto grazie per tutto questo?>>
Françoise,
sorridendo ancora di più: <<Si…>>
<<Ti
ho già detto che sei straordinaria?>>
Françoise,
divertita: <<Si…>>
<<E
ti ho già detto che sono pazzo di te?>>
Françoise
abbassò lo sguardo e la voce: <<No, questo non me lo avevi mai
detto.>>
Si
fermarono mentre una dolce melodia accompagnava i loro sguardi. Joe le spostò
un ciuffo di capelli che le era scivolato davanti gli occhi e lo portò al
lato del viso, ne accarezzò il contorno e la sua mano si fermò sotto il suo
mento. Le sollevò il viso per avvicinarlo al suo. Chiuse gli occhi già
seminascosti dal suo ciuffo. Sentì prima il suo respiro spegnersi per qualche
istante poi le sue labbra incontrarsi con quelle di lei. La baciò
stringendola sempre più forte a sé. Quante volte avrebbero riassaporato
quell’istante nei loro pensieri…
Quando
distaccò le labbra l’abbracciò con tutte le sue forze. Ripresero a ballare
lentamente senza staccarsi l’uno dall’altra. Françoise
appoggiò la sua testa sulla sua spalla, una lacrima le corse sul viso.
La
sorte volle interrompere bruscamente quell’attimo di felicità.
Françoise
si discostò improvvisamente: <<Joe, Sue è stata rapita!>>
Joe
e Françoise si precipitarono all’inseguimento dell’auto che stava
portando via la piccola Sue.
<<Mi
dispiace… non me ne sono accorta… mi sono distratta…>>
<<Non
è colpa tua.>> disse freddissimo.
Françoise
pensò che fosse preoccupato per Sue. Saltarono su un auto sportiva
parcheggiata nel grande viale della villa, Joe partì sgommando, Françoise fu
inchiodata al suo sedile da quello scatto. Arrivarono ad un vecchio impianto
industriale abbandonato.
<<Sono
qui…>>
Intanto
Nohjo, Lao e Kcejo avevano portato Sue in uno stanzino dello scantinato.
Nohjo:
<<Bella bambina, prometti che farai la brava e non urlerai se ti tolgo
il bavaglio?>>
Sue
fece cenno di si con la testa, ma appena Nohjo le tolse il bavaglio lanciò un
tale acuto che sarebbe riuscita a spaccare i vetri di un intero palazzo. Lao e
Kcejo portarono le mani alle orecchie. Nohjo le mise la mano davanti la bocca,
ma la piccola lo morse e fu lui a cominciare ad urlare di dolore.
Kcejo
a sua volta coprì la bocca del compare con la mano e disse:
<<Quest’urlo l’ha sentito pure 003 in Francia!>>
Lao,
guardando un monitor: <<In Francia?! Quella è qui! Ci troveranno subito
e neutralizzerà la trappola che avevamo preparato!>> disse
piagnucolando.
<<È
qui? Fammi vedere!!!!>> disse Kcejo precipitandosi al monitor e
lasciando Nohjo nelle fauci di Sue.
Nohjo,
liberandosi dalla morsa e rimettendole il bavaglio: <<Manda degli uomini
contro di loro, presto!>>
<<Joe,
ho sentito Sue urlare e poi l’urlo di un uomo… da questa parte…>>
<<Maledetti!
Andiamo!>>. Non riuscirono a
voltare l’angolo a causa degli spari che un gruppo di uomini gli rivolsero.
Françoise,
dopo aver fatto la conta degli uomini: <<Joe, tu pensa a Sue, io li
tengo impegnati qui, non si accorgeranno neanche che ti sei
allontanato>>
<<Sicura
di potertela cavare da sola?>>
<<Si,
non mi daranno alcun problema… tu va per quell’altro corridoio… questo
posto è un labirinto, ci metterai un po’ ad arrivare a Sue… io ti
raggiungo non appena mi sarò liberata di loro>>
Joe
la lasciò a malincuore ma deciso a farla pagare a chi avesse fatto del male a
Sue.
Françoise
teneva impegnati quegli uomini senza difficoltà: la sua supervista la dotava
di una mira eccezionale, ma improvvisamente… “Merde![4]
È scarica!” pensò Françoise.
I suoi nemici se ne accorsero e avvisarono
Nohjo, Lao e Kcejo via radio.
<<Non
uccidete la ragazza! Catturatela viva! Non toccatela! Non fatele del male!
Arrivo lì! Aspett...>>
Kcejo
fu interrotto da Lao:
<<Catturatela, ma non uccidetela se no a Kcejo viene una crisi
isterica!>>.
<<OK
venite fuori con le mani in vista!>>
Françoise
venne fuori con le mani alzate: <<Il mio amico è ferito, non può
muoversi…>>
<<OK,
voltati lentamente e metti le mani dietro la nuca>>
Françoise
si voltò di spalle e fece come le avevano detto. Il tizio le si avvicinò
trionfante: aveva catturato un cyborg della serie 00! Non appena le afferrò
il polso destro, Françoise si voltò di scatto afferrandone a sua volta il
polso e con un colpo secco al gomito gli spezzò il braccio in due parti. Un
secondo uomo cominciò a spararle ma Françoise schivò i colpi, prese slancio
e dopo alcuni passi sulla parete laterale gli mollò un calcio laterale in
volo. Il brusco movimento provocò uno strappo a mo’ di spacco nel vestito
che aveva ancora indosso.
<<Merde!—disse
stavolta ad alta voce—Mi avete fatta arrabbiare sul serio adesso!>>
Françoise
era circondata da cinque nemici ma non si sentiva affatto intimorita. Al primo
che l’attaccò fece fare una capriola che lo stampò nel muro. Il secondo la
afferrò alle spalle ed un terzo l’attaccò di fronte, ma appoggiandosi a
quello alle sue spalle gli mollò un calcio frontale che lo stese, poi con un
calcio a 180 gradi stese anche quello alle sue spalle. “Tanti anni di danza
classica sono serviti!” disse tra sé. Nel frattempo Lao e Kcejo avevano
raggiunto il punto dello scontro attraverso un grande condotto di aerazione e
videro la scena attraverso una grata. Françoise fu attaccata da un altro ma
schivò il suo pugno abbassandosi e entrò col gomito nel suo sterno
mettendolo ko. Poi con un balzo si aggrappò ai tubi che correvano lungo il
soffitto, afferrò l’ultimo per il collo tra le sue gambe e con una rapida
torsione gli spezzò il collo. Atterrò affannata, intorno a sé aveva fatto
strage di nemici. ”Wow, quel bacio mi ha fatto uno strano effetto!” pensò
e sorrise.
Quell’ultimo
movimento le aveva scoperto quasi completamente le gambe mandano in delirio
Kcejo: <<Miiiii…Voglio morire così!>>
Attirò
l’attenzione di Françoise.
<<Ci
aiuti signorina! Ci tengono prigionieri!>>
Françoise
si avvicinò alla grata: <<Ma potete uscire dall’altra parte, dietro
di voi c’è il condotto di aerazione!>>
Kcejo
e Lao si voltarono indietro pensando a cosa dirle.
<<La
prego ci aiuti, il mio amico è claustrofobico, ha paura del buio! Ci faccia
uscire da qui!>>
<<No,
no, signorina, non lo stia a sentire! È lui ad avere paura del buio!>>
Lao
gli mollò un ceffone alla nuca e iniziò a piagnucolare: <<La prego ci
liberi, signorina!>>
Ad
Françoise sembrarono innocui quei due buffi personaggi e decise di aiutarli.
Raccolse una delle pistole degli uomini che l’avevano assalita e sparò alla
grata.
Kcejo,
intimidito dalla sua eroina: <<La prego di accettare la nostra più
sentita gratitu…>>
Lao
la stese con una testata.
<<Ma
cosa hai fatto! La volevi ammazzare!>> e gli morse il braccio.
<<Aaaaah!
Lasciami stupido? Che volevi che facessi?Avrai tempo per fare il
cascamorto!>>
La
legarono e la portarono da Nohjo.
<<Stupidi!
Che ce ne facciamo di 003! Dov’è 009? È lui che dovete prendere!>>
Joe
comparve come evocato: <<Cercavate me?>>
I
tre quasi se la fecero addosso per lo spavento…trovarsi faccia a faccia con
009 era pericolosissimo. Nohjo
spinse Kcejo avanti e Kcejo spinse Lao a sua volta.
Lao,
facendo appello a tutto il suo coraggio disse: <<Sce-scegli 009: o la
tua amica o la peste …ehmmm… la bimba!>>
Nohjo,
sottovoce: <<Bravo! Disorientalo con una scelta difficile!>>
Lao,
voltandosi verso i due: <<Sono o non sono un genio? Su! Ditelo! Sono o
non sono un genio!>>
Joe li guardò perplesso per qualche secondo… Attivò il suo acceleratore molecolare e un secondo dopo Nohjo, Lao e Kcejo si ritrovarono legati insieme e Sue e Françoise erano tra le sue braccia.
Erano
trascorsi alcuni mesi da allora e alla base cyborg erano approdati tre nuovi
inquilini: Nohjo, Lao e Kcejo.
Kcejo
stava potando un cespuglio di rose nel giardino della base dei cyborg, quando
Nohjo lo raggiunse un po’ affannato: <<Ha detto 001 che 003 è
allergica alle calle e che è meglio se la smetti di mettergliele tutti i
giorni nella sua stanza!>>
Kcejo:
<<Miii…ma quali calle e calle, in questo giardino solo rose ci
sono!>>
Nohjo
allargando le braccia: <<Oh, se 001 ha detto calle devono essere calle!
Il piccolo è onnisciente e tu lo sai!>>
Kcejo:
<<E queste ti sembrano calle? Hanno le spine le calle? Sono a forma di
rose le calle? Ma va là che secondo me il piccolo s’è scocciato di averti
sempre tra i piedi e t’ha mandato qui con una scusa…>>
Nohjo
stava per ribattere qualcosa ma fu interrotto dall’arrivo di Lao <<Ehi
ragazzi guardate qua!>> disse entusiasta mostrando loro l’avambraccio
destro.
Kcejo:
<<Cosa?>>
Lao:
<<Qui, il mio braccio!>>
Nohjo:
<<Allora?>>
Lao:
<<Ma come non vedete che muscolo? Eh sono 2 mesi che mi alleno con
Geronimo! Faccio tutto quello che fa lui e diventerò fortissimo!>>
Nohjo
e Kcejo lo guardarono con uno sguardo misto tra la pena e la rassegnazione.
In
quel momento Joe a bordo della sua auto arrivò nel viale e si fermò vicino
ai tre, scese dall’auto e lanciò le chiavi a Kcejo.
<<Kcejo,
ti dispiace dargli una pulita quando hai finito e magari dai anche un occhio
al livello dell’olio>>
<<Certo>>
disse Kcejo. Poi aggiunse sottovoce canzonandolo <<poi ti smonto e do
fuoco al libretto d’istruzioni!>>
Joe
non capì bene: <<Cosa hai detto?>>
Kcejo,
disse ad alta voce: <<seguirò le tue istruzioni!>>
Joe
gli sorrise ed andò via.
Nohjo
e Lao avevano sentito perfettamente ciò che aveva detto Kcejo.
Nohjo:
<<Ma si può sapere perché ce l’hai tanto con lui? Dopo tutto ci ha
salvato la vita…>>
Lao:
<<Più che altro ce l’ha risparmiata…>>
Nohjo,
si interruppe per guardare Lao seccato dal suo intervento, poi proseguì:
<<Ci ha presi in simpatia…>>
Lao:
<< Più che altro gli abbiamo fatto pena…>>
Nohjo
si voltò verso Lao con uno sguardo eloquente poi proseguì di nuovo:
<<Ci ha permesso di diventare loro assistenti…>>
Lao:
<<Il cuoco, il giardiniere e la balia…>>
Nohjo
rivolgendosi a Lao: <<Oh ma tu da che parte stai?>>
Lao:
<<E che ho detto? Le mie volevano essere solo precisazioni…>>
Nohjo
proseguì nella sua predica: <<In cambio ci ha chiesto solo di non dire
mai ciò che sappiamo sulla sua famiglia!>>
Nohjo
si voltò verso Lao aspettandosi che lo contraddicesse ancora, ma Lao alzò le
mani come per dargli ragione.
Kcejo:
<<Avete ragione, ma che ci volete fare, a me quello lì mi sta
antipatico!—poi aggiunse sottovoce – sarà per come tratta Françoise…>>
Lao:
<<Cosa c’entra ora 003?>>
Kcejo:
<<Centra, centra! Ma non lo vedete com’è triste da quando siamo
tornati dagli USA? Quello stupido non fa che evitarla e lei ne soffre, lo
sento…>>
Kcejo
cominciò a piangere. Nohjo e Lao si spalmarono una mano sulla fronte capendo
che il loro amico era ormai un caso clinico.
Kcejo
tuttavia aveva centrato il problema nonostante non sapesse ciò che era
successo tra i due la sera del rapimento. Il giorno dopo il rapimento Joe e
Françoise erano tornati alla base portando con loro i tre e da allora Joe non
aveva fatto altro che evitare Françoise e la cosa l’aveva completamente
disorientata: la sera prima una dichiarazione e un bacio, il mattino dopo il
gelo! Françoise aveva cercato di parlargli, ma Joe aveva sempre una scusa per
evitare di parlarle o per evitare lei in persona. Poi anche Françoise aveva
cominciato a evitarlo, per non soffrire di più. Aveva maturato in sé la
convinzione di avere approfittato della situazione, di quell’atmosfera
felice e distesa, di averlo spinto là dove non era pronto ad arrivare.
Rimpiangeva di essere rimasta per la festa. Si tormentava al pensiero che
avrebbe fatto meglio ad andare via quel giorno, ma così facendo avrebbe perso
quell’intenso indimenticabile eterno attimo di felicità.
Risultato:
non riuscivano più a stare nella stessa stanza per più di 2 secondi.
Joe
entrò in casa e vide Françoise che scendeva le scale che davano
sull’ingresso; abbassò lo sguardo nascondendo gli occhi sotto il suo
ciuffo.
Françoise
gli disse ciò che doveva prima che si dileguasse: <<Il dott. Gilmore ti
stava cercando>>
<<Vado
subito, grazie>>
Era
la prima parola gentile che le diceva dopo mesi, lo aveva preso proprio alla
sprovvista.
Joe
entrò nello studio del dott. Gilmore e lo trovò che guardava fuori la grande
finestra che era dietro la sua scrivania.
<<Mi
avete fatto chiamare, dott. Gilmore?>>
<<Si,
Joe, ti ho fatto chiamare perché sono preoccupato per te>>
Il
dott. Gilmore aveva notato lo strano comportamento dei due: aveva visto con i
suoi occhi Joe evitare Françoise e poi Françoise fare altrettanto e aveva
pensato che Joe fosse stato rifiutato e che ora soffrisse una cocente
delusione. Diciamolo era un po’ lontanuccio… ma non si può essere dei
geni in tutto!
<<Per
me?>>
<<Si,
è da quando sei tornato dagli USA che sei tristissimo, potresti tornare un
po’ dalla tua famiglia se questo può esserti d’aiuto, è un momento di
tregua questo, ti chiamerò io se dovessimo avere bisogno di te!>>
<<Io
non rivedrò mai più la mia famiglia!>> disse il ragazzo con fare più
che risoluto ma al contempo triste.
Gilmore
fu sorpreso da quelle parole e glielo si leggeva in viso.
Joe
continuò: <<Io sono un cyborg ora, ho i fantasmi neri alle costole in
ogni momento, sono il loro nemico numero uno, non posso permettermi di
abbassare mai la guardia, non posso permettermi di mettere in pericolo le
persone che amo. Con quei tre mi è andata di lusso! Non posso permettermi
altri errori>>
Si
affacciarono entrambi alla finestra e videro Nohjo schiaffeggiare Lao alla
nuca.
<<Capisco
quello che vuoi dire…>>
<<Ho
vissuto un sogno: il miraggio di una nuova famiglia, di una famiglia normale,
una vita normale, …degli affetti normali…>>
Gilmore
non poté fare a meno di pensare per l’ennesima volta di aver distrutto la
vita di quel ragazzo, di tutti loro. Si sentì così in colpa che non si
sentiva di dirgli nient’altro, ma c’era un’altra cosa di cui doveva
parlargli. Dopo un lungo silenzio trovò le parole.
<<C’è
un’altra cosa, Joe: non so cosa sia successo tra te e Françoise e non sono
fatti miei, ma dovreste cercare di superarlo, fate parte della stessa squadra,
non potete evitarvi per sempre, dopotutto tra voi c’è o almeno c’era una
bella amicizia…>>
Joe,
soppesò bene ogni parola di Gilmore: <<Ha ragione dottore, le parlerò…>>
“anche se non so proprio cosa
possa dirle!”
<<Le
avevo chiesto di prepararmi un martini… ma evidentemente aspetta che tu vada
via per portarmelo, sarà ancora in salotto…>>
Joe
sorrise, al suo contrario il dott. Gilmore intendeva dire che avrebbero dovuto
cercare di risolvere la cosa adesso!
Joe
esitò qualche istante prima di entrare in salotto… ”cosa le dico? Potrei
dirle la verità: che l’amo troppo per fare di lei il bersaglio numero uno
dei fantasmi neri. No, non posso dirglielo! Se la conosco abbastanza non
gliene fregherebbe nulla del pericolo! D’altro canto anch’io per lei mi
getterei tra le fiamme dell’inferno!” sorrise di sé stesso: era proprio
cotto, peggio di Kcejo! Entrò, o la va o la spacca!
Non
vi trovò Françoise però, ma un bicchiere da coktail in frantumi e qualche
traccia di sangue. Si precipitò in infermeria.
Françoise
stava lottando con una garza per medicarsi da sola la mano che aveva
stritolato il bicchiere. Non fu sorpresa di vederlo lì.
<<Lascia
che ti aiuti>>
Françoise
non disse nulla e gli porse la garza. Joe evitava il suo sguardo
e cercava le parole dentro sé ma fu Françoise a precederlo.
<<E
così è stato tutto un miraggio?...>>
Joe
si fermò un istante senza guardarla, Françoise aveva sentito tutto, ma aveva
frainteso, ma forse era meglio così… non ebbe il coraggio di dirle niente.
Françoise fu investita da una grande tristezza, la tristezza di non essere
una coppia di normali ragazzi. Aveva capito più di quanto Joe non volesse,
aveva capito che lui non voleva metterla nell’occhio del ciclone e aveva
capito che se questo fosse successo avrebbe trascinato anche lui con sé.
Non
erano due ragazzi normali, non potevano vivere un amore normale, ma solo un
amore straordinario.
F I N E
[1] Eheheh citazione quasi esplicita, vero Lunaris? Aspetta a vedere il seguito!
[2] Vedi fanfic #2: Peace & Love
[3] Per chi non lo sapesse per guardare a “ore dieci” bisogna immaginare di essere al centro di un orologio e che diritto davanti a noi ci siano le dodici, di conseguenza “ore sei” è alle nostre spalle, “ore tre” alla nostra destra ecc…
[4] non vi scandalizzate, i francesi usano “merde” come per dire “accidenti!”