CAMERA CON VISTA di Laus (minamiasakura@virgilio.it)   PROLOGO   Joe non riusciva a dormire. Guardò per l’ennesima volta la sveglia posta sul suo comodino. Segnava le 4:26. I due puntini che, lampeggiando tra le ore e i minuti, battevano i secondi, erano diventati insopportabili. Fuori cominciava a schiarire, anche se il sole non si era ancora levato. Restò ancora qualche minuto nel letto, sperando che il sonno arrivasse di colpo, dopo una notte passata interamente in bianco. Ma non fu così. L’attesa aumentava solo il nervoso. Appurato che non era proprio possibile addormentarsi, Joe decise di alzarsi. Accese la luce e si levò dal letto. Si avvicinò alla finestra. Il cielo chiaro prometteva una bella giornata. Joe si tolse il pigiama e si vestì. Uscì dalla stanza. Sembrava che tutti stessero beatamente dormendo. Joe sentì un po’ di invidia al rumore del profondo russare di Chang e Bretagna. Scese le scale e fece per recarsi in cucina, quando la luce che filtrava da sotto la porta chiusa gli indicò che c’era già qualcuno. Aprì la porta lentamente e fu colpito dall’odore di caffè appena fatto e un altro odore, qualcosa di caldo e dolce. <>, lo salutò Françoise con un sorriso. Era già vestita e stava appena appoggiata a un ripiano della cucina, sorseggiando il caffè da una tazza. <> Françoise alzò le spalle: <> <> <> Joe la guardò sorpreso: <> <> <> Joe cominciò ad apparecchiare la tavola, mentre Françoise sfornava il dolce. <> <> Françoise portò il caffè e, prima di posare il bricco, versò la bevanda nella tazza di Joe, che era già seduto a capotavola. <> Françoise si limitò a sorridergli, mentre posava anche la crostata in tavola. Joe annusò a fondo l’odore del caffè. <> <>, chiese Joe. <> <>, rispose Joe sorseggiando la bevanda. Françoise tagliò una fetta di crostata e la mise in un piattino. Quindi la porse a Joe. Poi ne tagliò un piccola fetta anche per lei e si sedette alla destra di Joe. Joe aveva già mangiato un boccone della sua porzione: <> <> <> Françoise sorrise: <> <> <> Joe continuò a mangiare, quando si fermò, resosi conto che Françoise lo stava osservando praticamente immobile. <> <>, disse la ragazza scuotendo la testa, <> <> <> I due si voltarono sorpresi verso il nuovo venuto. <>, disse Joe, guardando con gli occhi sbarrati l’anziano scienziato. <> <>, rispose Françoise, più che lieta di avere una scusa per alzarsi dal tavolo e fare in modo che non ci si accorgesse troppo del suo rossore. <>, chiese Joe. <>, rispose Gilmore, mentre Françoise gli versava il caffè. <>, disse Joe. <> <>, chiese la ragazza. <> Gilmore versò due cucchiaini di zucchero nel caffè e cominciò a mescolare, continuando a parlare: <> <>, chiese Joe Gilmore sorseggiò il suo caffè: <> <>, disse Françoise. <> <>, propose Joe. <> <>, disse Joe Gilmore restò in silenzio per qualche secondo, soppesando le parole del ragazzo. Poi tirò un grosso sospiro e rispose: <> Joe si rivolse a Françoise: <> Françoise per poco non si mise a ridere. Glielo aveva chiesto in un modo così serio che sembrava quasi un vero invito: <>.   PARTE I   Partirono giovedì, nel tardo pomeriggio. Sarebbero sbarcati a Roma la mattina dopo. Lì avrebbero noleggiato un auto, e quindi sarebbero arrivati a Firenze nel primo pomeriggio di venerdì. <>, chiese Françoise, mentre leggeva una rivista di moda. <>, disse Joe continuando a guardare fuori dal finestrino. <>, chiese Françoise distogliendo lo sguardo dalla rivista e cercando gli occhi del ragazzo. <> disse Joe, girandosi verso di lei, <> <> Joe non rispose. Si limitò ad annuire. <> disse lei guardandolo perplessa. Poi un piccolo sorriso le si disegnò sulle labbra: <>, e ritornò a leggere la sua rivista. Joe sorrise. Non sapeva come l’avrebbe presa la ragazza. Per fortuna bene, a quanto sembrava. Il viaggio era lungo. Verso le 11 di sera, ora giapponese, Joe sentì la testa di Françoise appoggiarsi sulla sua spalla sinistra. Si voltò a guardarla. Stava dormendo beatamente. Sembrava il ritratto della tranquillità. Cercò di muoversi il meno possibile, per evitare di svegliarla, e di addormentarsi anche lui. Avevano ancora molte ore di viaggio davanti. Appoggiò la testa indietro e solo allora si accorse del ragazzino che lo stava guardando dal posto davanti. Joe lo guardò con aria interrogativa. Era un bambino giapponese che non avrà avuto più di 10 anni. Portava un cappellino dei Tokyo Giants in testa. <> Joe rimase un po’ interdetto. Non sapeva se negare o meno che Françoise fosse la sua ragazza. <>, incalzò il ragazzino. <>, rispose finalmente Joe. <>, disse il bambino squadrandolo. Joe rimase ancora più interdetto di prima. Era sempre così quando gli facevano notare le sue origini miste: <> <> <> <> Joe pensò alla risposta da dare: <> <> <> <> <> <> “Ha la leucemia”, pensò Joe notando solo adesso che sotto il cappellino non si vedevano capelli. <> <> La franchezza e incredibile naturalezza con cui quel ragazzino aveva detto del suo più che probabile destino lo colpì profondamente. Ancora forse non aveva capito quello che aveva, lo prendeva come un gioco. <>, continuò il ragazzino con lo stesso tono naturale e quasi distaccato di prima. Joe rimase scioccato:<> <>, disse lui voltandosi verso il sedile accanto al suo, dove era evidentemente seduto uno dei suoi genitori, magari addormentato. Altrimenti non avrebbe permesso che dicesse una cosa del genere <> <> (“Ma lo sto dicendo davvero?”) Il ragazzino guardò Joe perplesso: <> Joe cercò una risposta che sembrasse convincente: <> Il ragazzino sembrò pensarci su: <> Joe fu per dire qualcosa, ma il ragazzino scomparve di nuovo nel suo sedile: <>, si limitò a sussurrare Joe. Solo allora si accorse che Françoise, nel sonno, gli aveva messo una mano sopra la sua. Joe sorrise e cercò di nuovo di mettersi a dormire.   PARTE II   L’aereo atterrò a Roma in perfetto orario. Era una bellissima giornata di primavera. Mentre Joe e Françoise erano a ritirare i bagagli, Françoise fece notare a Joe un bambino che lo salutava: <> Joe riconobbe il ragazzino della notte prima: <> Ritirarono i bagagli e andarono a noleggiare un automobile. Quindi si misero in viaggio. <> Françoise distolse gli occhi dal finestrino e guardò Joe: <> <> <> <> Françoise rise: <> <> <> <> <> <> <> Joe aggrottò un po’ la fronte: <> <> <> <> <> Françoise fece un viso perplesso, facendo finta di non ricordare: <> <> Françoise finalmente si ricordò: <> <>, chiese Joe con un’aria un po’ delusa. <> Fu Joe stavolta a fare un viso perplesso. <>, concluse Françoise, sospirando “Certo che mi ricordo di quella sera… e come potrei dimenticare?”, pensava mentre ritornava a guardare fuori dal finestrino. Erano circa le 13, ora italiana, quando arrivarono a Firenze. Giunsero in albergo e Joe si avvicinò alla reception. Chiamò il portiere col campanellino. Un uomo sulla cinquantina apparve subito dietro il bancone, con il solito sorriso artificiale dei receptionists. Intanto anche Françoise si avvicinò al banco. Joe si rivolse all’uomo: <> <>, rispose il portiere armeggiando con un computer. Dopo qualche secondo l’uomo aggrottò la fronte e si rivolse di nuovo a Joe: <> <> <> <> <>, chiese Françoise rivolgendosi all’uomo.  L’uomo sorrise alla ragazza: <> Joe si limitava a restare in silenzio. Tra europei forse si sarebbero intesi meglio. Françoise rimase in silenzio qualche secondo, torcendo le labbra in una specie di smorfia: <> L'uomo sorrise: <>, rispose l’uomo sorridendo e girandosi verso il deposito di chiavi che aveva alle sue spalle. Françoise intanto si rivolse nuovamente a Joe, con uno sguardo che lui non riuscì a capire quanto fosse irritato e quanto divertito: <>, disse lei tornando al giapponese. <> <> <> Françoise gli dette una gomitata nel fianco, senza metterci troppa forza: <> <>, rispose Joe sorridendole appena. Il portiere dette loro le chiavi della stanza, la 264: <>, disse loro l'uomo <>, l’uomo si sporse un po’ e fece un gesto con una mano. Immediatamente un fattorino fu da loro e prese le valige. <>, disse infine il portiere. <>, rispose Françoise.   PARTE III   Quando furono davanti alla porta Joe le indicò la stanza immediatamente successiva: <> Joe aprì la porta e fece entrare Françoise. Quindi dette la mancia al fattorino, che ringraziò con un gesto del capo e gli augurò un buon soggiorno in inglese. <>, disse Françoise. <> <> <> Joe si tolse la cravatta e la giacca e quindi si diresse in bagno. Françoise cominciò a disfare le valigie, mentre sentiva l’acqua della doccia che cominciava a scrosciare. La stanza era piuttosto grande, ed arredata con gusto. Si vedeva che era un albergo a 5 stelle. Accese il televisore e si sorprese nel vedere che lì si vedeva anche Anténne 2, un canale francese. Sentire la sua lingua dopo tanto tempo la fece sentire un po’ a casa. Stavano trasmettendo una specie di talk show. La doccia smise di andare. Poco dopo si sentì il rumore dell’asciugacapelli. Françoise finì di disfare i bagagli, anche quelli di Joe, e di mettere a posto le proprie cose personali. Aprì la finestra e si affacciò al balcone, che dava proprio sull’Arno. Dei canottieri si stavano allenando sul fiume, lasciando una flebile scia al loro passaggio. Anche sulla Senna si vedevano cose del genere. Il ricordo le fece affiorare un piccolo sorriso sul viso. Non molto lontano, sulla destra si vedeva quello che doveva essere Ponte Vecchio. Sul lungarno parecchie persone camminavano, in un senso e nell’altro. Alcuni di loro sembravano delle coppie. Françoise provò un po’ di invidia. Restò sul balcone fino a quando la voce di Joe non attirò la sua attenzione. <> Françoise si voltò. Joe era già vestito. Si stava abbottonando le maniche della camicia: <> <> <> <>, disse Joe, che intanto stava litigando con la sua cravatta. Françoise lo guardò divertita. Ora capiva perché spesso e volentieri la lasciava un po’ lenta: <> Joe la guardò con uno sguardo un po’ perplesso, ma raccolse comunque l’invito della ragazza e andò sul balcone. Françoise cominciò ad armeggiare con la cravatta, mentre Joe dava uno sguardo a tutto quello che la ragazza aveva visto prima: <> <>, disse Françoise dando una leggera pacca sul petto di Joe con entrambe le mani. Joe la guardò stupito per la velocità con cui aveva eseguito, e poi guardò il nodo alla cravatta: <> <> Françoise si accorse solo allora di avere ancora le mani sul petto del ragazzo. Le tolse immediatamente e si voltò di nuovo verso il fiume. <>, chiese Joe incuriosito Françoise fece una piccola e impercettibile smorfia con la bocca, ma poi si voltò verso Joe e sorrise: <> Per qualche secondo i due rimasero in silenzio. Ricordare il passato era sempre difficile per un cyborg. Dimenticarlo impossibile: il ricordo di ciò che si era, degli esseri umani che si era stati era doloroso, ma era l’unica cosa che li legasse alla loro vita umana. Ricordarsene, ogni tanto, non era un segno di masochismo. Era una necessità. <>, disse Françoise, <> Joe scosse la testa: <> Françoise rimase piacevolmente stupita dalla risposta, ma non aggiunse altro sull’argomento: <> <> <>, rispose Françoise sorridendo.   PARTE IV   Joe stava sorseggiando un caffè, il secondo, seduto a uno dei tavolini del bar. Il caffè espresso italiano era ottimo. Sul tavolo aveva una copia del giornale, aperta sulla pagina degli spettacoli presenti in città. La televisione, accesa in un angolo, trasmetteva le notizie sportive. C’era un servizio sulla scuderia di casa la Ferrari. Sin da quando aveva cominciato a correrre in F1, il suo sogno era quello di guidare uno di quei bolidi rossi un giorno. Era il sogno di ogni pilota. E lui sarebbe stato il primo giapponese. Chissà se l’avrebbe mai realizzato.  Il servizio finì. Guardò l’orologio. Erano quasi le 3.15 del pomeriggio. Aveva lasciato Françoise in camera da quasi un’ora.  Poco più in là c’era un gruppo di turisti giapponesi che stavano bevendo del tè. Gli sembrò di riconoscere l’accento di Osaka. Un cameriere gli passò vicino e Joe lo chiamò con un cenno. Subito il ragazzo si avvicinò. Notando che era straniero, si rivolse a Joe in inglese: <>  <>  <>  Joe ci pensò un po’: <>  <>  <>  <>, disse il cameriere con un sorriso.  <>  <>  <>  Joe scrisse il suo nome in caratteri latini su un foglietto e lo porse al cameriere, che se lo mise in tasca.  <>, chiese Joe, puntando un dito sulla pagina degli spettacoli.  Il cameriere dette uno sguardo: <>  Il cameriere si fermò mentre stava prendendo la tazzina dal tavolo. Joe lo guardò sorpreso. Il cameriere era con la bocca leggermente aperta, come incantato da qualcosa. Joe seguì la direzione dei suoi occhi e…  <>  La ragazza si avvicinò al tavolo e Joe si alzò in piedi. Aveva un elegantissimo vestito blu, che le stava veramente bene. Uno scialle bianco le copriva le spalle. I capelli erano accuratamente raccolti, in modo che qualche boccolo rimanesse libero, lasciando in risalto il suo collo. Il trucco era leggero, ma perfetto.  <>  <>  Gli occhi della ragazza si spostarono sul cameriere, e solo allora Joe si accorse che non si era mosso. Lo guardò con uno sguardo eloquente, ma il ragazzo non sembrò accorgersi di lui.  <>  Il cameriere si accorse finalmente di Joe e capì che forse era meglio sloggiare.  <>  <>  Intanto Françoise stava guardando la scena divertita.  Il cameriere fu di ritorno un attimo dopo e porse a Joe un paio di foglietti.  <>, disse Joe porgendo il braccio a Françoise.  Françoise prese il braccio di Joe e si incamminarono verso l’uscita.  Il cameriere intanto si era spostato verso il bancone, ma continuava a guardare la coppia mentre usciva. La barista, da dietro il bancone stava facendo altrettanto. Ma più che altro era divertita dall’atteggiamento del cameriere. Gli mosse la mano davanti, ma lui non sembrò accorgersene. La ragazza scosse la testa e sorrise: <>  <>  <>  <>  <>  <>    PARTE V   Firenze era veramente una città bellissima. Era una sera di maggio. La temperatura era tiepida e tirava una brezza piacevole. I due camminarono a lungo: Ponte Vecchio; passarono davanti agli Uffizi; Piazza della Signoria si fermarono a prendere un caffè da Pazkowszki, in Piazza della Repubblica; Piazza del Duomo; Santa Croce; Palazzo Pitti. Erano appena le 5.30. Decisero di fare un giro per Boboli. <>, commentò Françoise quando si fermarono su una panchina alla grossa fontana che avevano visto all’entrata.  <>  <>  <>  Uscirono dal giardino e chiamarono un taxi. Joe dette al tassista le indicazioni e quest'ultimo annuì, avviandosi. Il maitre li condusse al loro tavolo.  Il cameriere li aveva consigliati bene. La carne era veramente buona e tenera, nonostante fosse alta almeno due dita. E fu più che sufficiente a sfamarli.  <>  <>, rispose Joe mentre lasciava a un cameriere la sua carta di credito.  <>  <>  Françoise lo guardò interdetta.  <>, continuò Joe frugando in una tasca interna della giacca, <>  Tirò fuori un piccolo astuccio quadrato e lo aprì. Dentro c’era un fantastico collier.  La ragazza guardò il gioiello meravigliata: <>  <>  <>  <>  Joe si alzò dal tavolo e si portò dietro di lei e le mise il collier al collo.  <>  <>, disse Françoise guardando il suo riflesso nel vetro della finestra accanto a lei.  <>  I due uscirono dal ristorante e Joe chiamò nuovamente un taxi. Stavolta fu lui stesso a indicare al tassista il luogo in cui voleva andare. Il tassista annuì.  <>, notò Françoise dopo un po’.  <>  <>  <>  Il taxi si fermò davanti a un teatro. I due scesero.  <>, disse Joe allontanandosi.  Fu di ritorno pochi minuti dopo.  <>  Françoise si limitò a seguirlo perplessa. Che cosa stavano andando a vedere?  Presero posto in platea. Joe si avvicinò all’orecchio della sua compagna e le sussurrò: <>  Françoise fu quasi per ridere: <>  <>  Le luci si abbassarono, il sipario si aprì e cominciò la musica.  <>, sussurrò Françoise.  <>    PARTE VI   <>, disse Françoise appena furono entrati nella loro camera. Joe richiuse la porta dietro di sé. <>, disse Joe. <>, chiese Françoise mentre si toglieva gli orecchini e li metteva a posto. Joe rimase un po’ interdetto. Françoise se ne accorse. Effettivamente era stata un po’ ambigua: <> Joe annuì, con una specie di sorriso: <> Quando tornò in camera Françoise si era già cambiata. Joe si infilò a letto, restando però seduto con la schiena appoggiata alla spalliera. Françoise andò in bagno e Joe la seguì con lo sguardo fino a che non ebbe chiuso la porta dietro di sé. Poi guardò il posto vuoto accanto a lui. Incrociò le braccia sul petto e l’indice della mano destra cominciò a battere aritmicamente sul bicipite sinistro. Si sentiva un po’ nervoso. Françoise fu di ritorno dopo cinque minuti. Entrò nel letto e anche lei rimase seduta come Joe: <> (“Come diavolo fa a essere così calma?”) <> <> <> <> <> <> Françoise spense la luce e si ritirò sotto le coperte. <> Françoise, che era girata dall’altra parte, non si voltò verso di lui, ma si limitò a rispondere: <> Anche Joe spense la luce si infilò sotto le coperte, sdraiato: <> Nella stanza cadde il silenzio. <> Françoise si voltò verso di lui, con la testa: <> Joe girò la testa verso di lei: <> <> <> <>, disse Françoise, voltandosi stavolta con tutto il corpo. I due rimasero in silenzio per qualche secondo. Poi Joe si girò col corpo verso di lei: <> <> <> Françoise sorrise, anche se lo seppe solo lei, visto che Joe non poteva vederla nelle sue espressioni: <> <> Continuarono a parlare a lungo, del più e del meno, finché non si addormentarono. In fondo era stato un bene dover condividere la stessa stanza.   PARTE VII   Hewson arrivò al mattino presto in albergo, come da programma. Portò le sue cose in camera e subito andò a fare colazione. Joe e Françoise lo seguirono, cercando di non farsi notare troppo.  Hewson era attorniato da due gorilla, che lo seguivano anche in bagno.  Al ristorante dell’albergo, si sedettero a un tavolo poco lontano, ma non troppo vicino a quello di Hewson. Il professore si mise a confabulare con uno che doveva essere un suo assistente.  <<003, riesci a sentire quello che si dicono?>>.  Françoise trasalì. Il fatto che l’avesse chiamata col numero indicava chiaramente che era ora di mettersi a lavorare: <>  003 azionò i suoi sensori uditivi. Quando il professore e l’assistente ebbero finito di parlare fra di loro, 003 riferì: <>  <>  <>  <>  <>  Joe bevve un sorso del suo caffè: <>  <>  <>  003 si guardò intorno con attenzione: <>  009 guardò l’orologio. Erano le 9.15.  Hewson si alzò dal proprio tavolo e si diresse verso l’uscita della stanza di ristorazione. I due cyborgs aspettarono che Hewson e il suo seguito fossero usciti. Quindi si alzarono e li seguirono. Dovevano cercare di non insospettire le guardie del corpo di Hewson. Il professore salì in camera sua. I due cyborgs entrarono nella loro stanza, che era proprio quella accanto.  <>, ordinò 009.  <>  Restarono in silenzio, mentre 003 captava ogni minimo rumore proveniente dalla stanza accanto. Passarono parecchi minuti. Poi 003 sentì finalmente qualcosa di interessante: <>  <>  Alle 10.30 Hewson uscì dalla stanza, seguito dalle guardie, e si avviò verso la sala conferenze.  003 si era già recata là per fare un sopralluogo. 009 seguì il professore da lontano.  La Conferenza si teneva in una sala conferenze al piano sotterraneo dell’albergo. Vi erano presenti i più importanti luminari nel campo della ricerca sulle nuove energie. Arrivato nella stanza, 009 trovò subito la compagna: <>  <>  <>  <>  <>  Ed effettivamente non successe nulla. Da allora fino all’ora di pausa e anche nella seconda tranche. Tutto tranquillo.    PARTE VIII   La seconda parte della prima giornata si concluse alle 18.30. Hewson passò un attimo in albergo, e poi si diresse immediatamente al ristorante in cui si doveva incontrare con Mullen. Era tra gli invitati alla Conferenza. Era anch’egli uno scienziato interessato alle nuove forme di energia.  Anche al ristorante i due cyborgs cercarono di tenersi a debita distanza dal tavolo di Hewson, sperando che le guardie del corpo prima o poi non si insospettissero nei loro riguardi. Al tavolo erano seduti in 4. Hewson, Mullen e i loro due assistenti. Anche stavolta 003 non si perse una parola di quello che diceva Hewson.  <>, stava dicendo Hewson.  <>  <>  <>  <>  <>  <> li interruppe l’assistente di Hewson, <>  <>  L’assistente salutò e si diresse verso l’uscita del ristorante.  009 guardava i due con la coda dell’occhio. Hewson doveva essere uno molto testardo. Non gli importava di morire pur di portare aventi quello in cui credeva.  <>, esclamò improvvisamente 003.  <>  <>  <>  <>  <>  003 si concentrò unicamente sul ticchettio dell’ordigno.  <>  003 si voltò verso il tavolo del professore: <>  009 si guardò intorno confuso. Se avesse provato ad avvicinarsi le guardie del corpo lo avrebbero fermato. Doveva escogitare qualcosa. Un piccolo bottone rosso al lato della porta della cucina gli fece venire un’idea.  <>  <>  <>  Françoise era riluttante ma acconsentì: <>  009 si alzò e si diresse verso il bottoncino rosso che aveva visto.  003 si recò fuori dal locale, cercando di non farsi notare troppo.  Quando fu arrivato, facendo attenzione a non essere visto da nessuno, 009 spaccò il vetro che copriva il pulsante e lo premette. Immediatamente una sirena cominciò a suonare.  <>, urlò un cameriere.  Il ristorante si svuotò in meno di un minuto e mezzo. Joe fu l’ultimo ad uscire. Non più di 30 secondi dopo l’ordigno esplose. Non fu un’esplosione enorme, ma sarebbe stata più che sufficiente a uccidere Hewson.  Joe raggiunse Françoise alla macchina: <>  <>  <>  I due si guardarono in faccia perplessi. Avevano a che fare con persone furbe e ben organizzate.  <> disse 009, <>  <>  <>  009 provò a spremersi le meningi. Era veramente un affare complesso.  <> disse 003 <>  <>, concluse 009.  <>  <> rispose 009, <>   PARTE IX   Nessuno dei due disse niente sulla strada del ritorno verso l’albergo. Quando rientrarono nell’edificio trovarono una novità. Era all’incirca mezzanotte e notarono che Hewson era seduto al bar con un ragazzo. Non avrà avuto più di 25 anni.  <>, chiese Joe.  <>, disse Françoise.  <>  <>, disse Françoise facendo un’espressione di intesa e prendendolo per una mano. Praticamente lo trascinò dentro il bar e solo allora Joe capì: non voleva destare sospetti mettendosi ad ascoltare la conversazione di Hewson e del ragazzo in mezzo alla hall.  Si sedettero al bancone.  <>, chiese il barista di turno.  <>, disse Françoise.  Joe la guardò stupito.  <> gli disse il barista?  <>  Poi si rivolse a Françoise: <>  <>, rispose Françoise sorridendo. Intanto stava ascoltando la conversazione tra Hewson e il ragazzo misterioso.  <>  <>  <>.  Hewson si fermò improvvisamente e si guardò intorno. Poi ricominciò a parlare, ma con una voce molto più bassa. Quasi avesse paura che qualcuno lo sentisse.  <>  <>  <>  <>, urlò il ragazzo alzandosi in piedi, sbattendo le mani sul tavolo e facendo cadere la sedia a terra, <>  <>, disse Hewson.  Joe e Françoise si voltarono verso di loro. Non c’era più bisogno di origliare. Stavano urlando come ossessi. Anche il barista restò immobile, fermando il panno con cui stava asciugando il bancone che aveva appena lavato e guardando padre e figlio interdetto. Sean si guardò intorno, essendosi reso conto di aver attirato l’attenzione. Guardò l’ultima volta il padre, e poi andò via.  Hewson rimase al suo posto, gli occhi bassi sul tavolo, i pugni chiusi davanti a sé.  Joe e Françoise si scambiarono uno sguardo perplesso.  <>, sussurrò Joe.  Françoise annuì.  Dopo qualche minuto Hewson si alzò in piedi. Stava per dirigersi verso l’uscita, quando si fermò davanti a Joe e Françoise.  <>, chiese il professore.  <>, disse Françoise.  Hewson annuì: <>, disse cambiando discorso e indicando la porta dalla quale Sean era uscito poco prima, <>  <>, disse Joe.  <>  Joe rimase interdetto, mentre Françoise si morse il labbro inferiore.  <>, disse Hewson.  <>  Hewson annuì: <>  E porse la mano a Joe che la strinse leggermente: <>  La ragazza strinse a sua volta la mano a Hewson: <>  <>  <>, cercò di ribattere Joe.  Hewson guardò l’orologio: <>  <>, gli disse Joe.  Hewson si diresse verso l’uscita, ma si fermò nuovamente e si voltò di nuovo verso Joe: <>  <>, disse Joe.  <>  Joe sospirò e si rivoltò verso il bancone. Françoise lo aveva già fatto da un pezzo, per nascondere il rossore provocato dalla battuta di Hewson.  <>, chiese Françoise dopo alcuni secondi di silenzio.  <>  <>  <>  <>  Joe ci pensò un attimo: <>  Françoise lo guardò furiosa: <>  E si alzò, lasciandolo lì senza dargli nemmeno il tempo di dire una parola.  <>, ma lei era già scomparsa.  Joe si alzò per seguirla, ma il barista lo richiamò: <>  Joe si voltò verso di lui con uno sguardo che lo incenerì. Il barista dovette esserne abbastanza impaurito, perché deglutì vistosamente: <>  <>  <>, disse il barista deglutendo nuovamente  Joe scomparve in un attimo.    PARTE X   Joe bussò alla porta della camera: <>  Nessuna risposta.  <>  La porta si aprì. Joe quasi non se l’aspettava e così entrò solo dopo qualche secondo.  Françoise era sul balcone e gli dava la schiena.  <>, chiese Joe.  <>  Joe girò gli occhi e a grandi passi raggiunse Françoise sul balcone.  La prese per un braccio e la costrinse a guardarlo in faccia: <>.  Aveva pianto…  <>, chiese Françoise divincolandosi dalla presa di Joe,<>  <>  <>  Françoise disse queste parole e fece per andarsene, ma Joe la afferrò nuovamente per un braccio: <>  Non si accorse nemmeno dello schiaffo che andò a stamparsi sulla sua guancia sinistra. Joe lasciò la presa e Françoise uscì in fretta dalla stanza.  Joe era rimasto impietrito. Il dolore alla guancia si fece man mano più forte e lentamente la sua mano destra andò a massaggiarsi la zona. Si sedette pesantemente sul letto, sempre tenendosi la mano sopra la guancia. La testa gli si era completamente svuotata. Era confuso. Ma una cose gli si fece chiara man mano che i minuti passavano. Quello schiaffo non lo aveva preso solo sulla guancia. Lo aveva colpito dentro. Chiuse gli occhi, cercando di raccogliere le idee.  “Stava piangendo…”  L’unica immagine che gli veniva in mente, che no riusciva a scacciare dalla mente.  Intanto Françoise era scesa nella hall. Le lacrime erano ricominciate a scendere. Stava cominciando a pentirsi di avergli dato quello schiaffo. Ma la sua attenzione fu catturata dal suono di un pianoforte… era il Per Elisa di Mozart. Seguì il suono e arrivò in una stanza con dei tavolini e delle sedie. Sembrava una specie di ristorante. Al pianoforte stava suonando qualcuno.  Françoise si avvicinò e riconobbe Sean, il figlio di Hewson. Lui sembrò non accorgersi di lei e continuò a suonare. Suonava veramente bene. Aveva un tocco delicato, leggero. Le sue dita sembravano danzare sulla tastiera.  Dopo poco più di un paio di minuti si fermò e solo allora si accorse che la ragazza lo stava guardando e stava applaudendo leggermente.  La guardò perplesso.  <>  Il ragazzo sorrise: <>  <>  <>, disse Sean volgendo gli occhi alla tastiera e poi di nuovo a Françoise, <>  <>, rispose Françoise sorridendo.  <>  <>  Lo sguardo di Sean si rabbuiò: <>  <>, disse Françoise abbassando gli occhi.  <>  Françoise rialzò gli occhi: <>  Sean si alzò dal pianoforte e scese dal piccolo palco: <>  Françoise si asciugò gli occhi con una mano: <>  <>  <>  <>  Françoise scosse la testa: <>  <>  Françoise ci pensò un attimo.  “Ma sì, che male c’è?” <>  <>, disse Sean.  Françoise rise delicatamente, ma poi la sua attenzione fu attratta da qualcosa. Guardò in direzione della porta.  <>, chiese Sean.  Françoise stette ferma qualche istante, poi scosse la testa: <>    PARTE XI   Françoise rientrò in camera verso le 2. Pensava (sperava) di trovare Joe già addormentato, ma la stanza era addirittura vuota.  <>  Cercò in tutta la stanza, anche in bagno. Ma non trovò niente. Si cambiò e si mise a letto. Passarono diverse ore e Joe non arrivò.  Infine la stanchezza ebbe il sopravvento e Françoise si addormentò.  Si risvegliò solo la mattina dopo, verso le 10.15. Era ancora sola.  Si vestì in tutta fretta e si recò al piano terra, alla reception.  <>  <>  <<264.>>  L’uomo dette un’occhiata dietro di sé e poi porse a Françoise un foglietto. Françoise lo aprì e intanto sentiva il cuore che gli batteva a mille: “Ti aspetto alla Conferenza, Joe.”  Il biglietto non diceva altro.  <>, chiese Françoise.  <>  <>  Guardò l’orologio. Erano le 10.45. Non le restava che recarsi alla conferenza.  <>  La ragazza si voltò verso la voce: <>  <>  <>  <>  <> (“E ora come lo dico a Joe?”)  <>  Françoise rimase interdetta, ma scosse la testa: <>  <>  Françoise sorrise: <>  <>  <>  Françoise si diresse velocemente verso la sala conferenze. Quando fu arrivata cercò Joe e, trovatolo, si diresse verso di lui.  <>, le disse mentre lo stava raggiungendo.  Françoise rimase quasi rabbrividita da quanto furono fredde quelle parole. Decise di lasciar perdere.  <>  <>  <>  Joe sembrò soppesare le parole della compagna: <>  Appena rientrati in camera Joe si tolse giacca, cravatta e scarpe e si sdraiò sul letto.  <>  <>, rispose Joe tenendo gli occhi chiusi.  <>  Joe non rispose.  <>  <<003, sono molto stanco. Puoi lasciarmi riposare un po’?>>  <>  Joe la sentì uscire dalla stanza e solo allora riaprì gli occhi.  “Ma perché ho fatto una cosa del genere?”    PARTE XII   <>  Françoise era seduta su una delle poltrone della hall. Si voltò verso l’uomo che l’aveva chiamata: <>  Notò che dietro di lui c’era anche il suo assistente, nonché Sean. Le guardie del corpo erano poco più in là.  <>  <>  <>  Françoise ci pensò un po’. Era un invito a pranzo. Doveva accettare o meno?  <>  <>, disse Françoise sorridendo.  Si recarono nella sala ristorante e si sedettero a tavola.  <>, chiese Françoise.  <>  <>, disse il suo assistente.  Françoise lo guardò incuriosita. Era un uomo di statura media, capelli neri tagliati corti e piuttosto male, occhiali d’osso neri. Un uomo abbastanza insignificante a giudicarlo dall’aspetto. Ma era proprio lui l’assassino incaricato?  <>, gli chiese Françoise innocentemente.  <>, chiese l’assistente.  Françoise annuì.  <>  “Sembra che reciti un copione”, pensò Françoise.  <>  “Ma tu guarda caso…”  <>, continuò Françoise.  L’assistente sembrò sorpreso: <>  <>  L’assistente sembrò cominciare a innervosirsi: <>  <>  <>  Il cameriere arrivò con gli antipasti.  <>, chiese Sean.  <>  <>  Françoise si limitò a sorridere.  Improvvisamente Hewson tirò fuori un piccolo contenitore cilindrico di argento, con dentro delle pillole.  <>  <>  Françoise le guardò con attenzione. Notò le iniziali, “DH”, incise sopra il coperchio. C’era anche un minuscolo graffietto sotto la D.  <>  Hewson sembrò sorpreso: <>  <>  Arrivò il primo.  <>  <>  <>  Hewson posò la forchetta nel piatto: <>  <>  <>  <>  Hewson sorrise tristemente: <>  <>  Hewson annuì: <>  Parker in quel momento si alzò: <>  <>, disse Hewson.  Poi il professore tornò a parlare con Françoise: <>  <>, intervenne Sean.  Hewson abbassò lo sguardo: <>  Françoise rimase in silenzio. La storia del professore era molto triste e le dette da pensare.  Intanto Frank tornò al tavolo. Ma quando si sedette sbattè contro una gamba e fece tremare tutto.  <>, cercò di scusarsi Frank mentre metteva a posto le cose che erano cadute sul tavolo.  <>  Il cameriere venne a ritirare i piatti.  A quel punto Hewson prese il suo contenitore e ne tirò fuori due minuscole pillole ovoidali bianche.  <>, chiese Françoise, indicando il contenitore.  <>, disse Hewson porgendoglielo.  Non c’era che dire. Era veramente ben realizzato.  <>, chiese Hewson.  <>  Sean passò la bottiglia al padre che si versò l’acqua dentro il bicchiere. Alzò il bicchiere dal tavolo e stava per infilarsi le pillole in bocca quando Françoise lo fermò, facendogli volare le pillole dalla mano colpendogliela da sotto.  <>, fu la reazione di Hewson  Sean era stupefatto: <>  <>  <>, chiese Hewson con una faccia inebetita.  <>, disse Françoise guardando Parker.  Hewson era sempre più perplesso: <>  <>  Hewson prese in mano il contenitore che aveva dato a Françoise: <>  <>  Joe apparve improvvisamente davanti a loro.  <>, esplose Parker alzandosi in piedi.  <>, disse Joe senza neanche degnarlo di attenzione.  <>  Stavolta Joe si rivolse a Parker: <>  Joe infilò una mano dentro la tasca destra della giacca di Parker e ne tirò fuori il contenitore vero, posandolo sul tavolo. Joe si rivolse di nuovo a Parker: <>  <>  <>, urlò improvvisamente Françoise.  Il vetro dietro di lei si infranse e una pallottola prese in piena fronte Parker, zittendolo per sempre.  <>, imprecò Joe.  <>, disse Françoise.  Joe si guardò in giro: <>  Joe corse fuori e, grazie al suo acceleratore, in pochi secondi raggiunse la macchina dei fuggitivi. Apparve loro davanti all’ultimo momento, e istintivamente l’autista sterzò, perdendo il controllo e finendo contro un muricciolo, dove l’auto si fermò. Joe si avvicinò velocemente all’automobile e ne estrasse prepotentemente un passeggero.  <>  Era decisamente ancora vivo.  <>  <>  <>  Joe gli prese un braccio, e cominciò a torcerlo: <>  <>  Joe lasciò la presa: <>  In lontananza si sentivano già le sirene.  Joe azionò l’acceleratore e in pochi istanti fu in albergo.  Trovò Hewson, suo figlio e Françoise che aspettavano nella hall dell’albergo. Sul luogo era arrivata anche la polizia.  <>, chiese Françoise quando fu giunto da loro.  <>  <>, disse Françoise  Hewson li guardò entrambi, restando seduto: <>  <>, disse Joe.  <>  <>, disse Françoise.  <>  Hewson strinse le mani a entrambi i cyborgs e si diresse in tutta fretta verso la sala conferenze.  <>, disse Joe.  <> Joe se ne andò, non senza guardare di sfuggita Sean che era rimasto lì fermo. Sean seguì Joe con lo sguardo, poi: <>  <>, chiese Françoise.  <>  <>  <>  <>  Sean sorrise: <>  Sean le si avvicinò e l’abbracciò. Poi se ne andò anche lui verso la sala.    EPILOGO   Françoise salì in camera. Joe era affacciato al balcone e sembrò appena accorgersi che lei fosse entrata. Françoise restò un istante ferma davanti all porta, indecisa sul da farsi. Poi si diresse verso di lui e si mise al balcone accanto a lui: <> Joe si sfiorò la guancia che era stata colpita: <> <> <> Joe non finì la frase. Françoise lo guardò per qualche secondo, in silenzio. Ma quando capì che non avrebbe concluso la frase, non riuscì a dire niente, per quanto ne avesse di domande.  <>, chiese Joe. <> <> Françoise sorrise: <> <>, chiese Joe con un'espressione perplessa. Françoise sembrò pensare un attimo alla risposta più adatta: <> <> <> Joe sbarrò gli occhi: <> <> <>, disse Joe con un'espressione accigliata. <> <>, ammise Joe. Françoise si sorprese. Non era da lui fare ammissioni del genere. Le sfuggì un sorriso. <> disse improvvisamente Françoise, <> Françoise tornò in camera e andò a rovistare in una borsa. Se ne tornò sul balcone con un pacchetto, sotto gli occhi sorpresi di Joe. <>, gli disse Françoise porgendogli il pacchetto. Joe guardò prima lei, poi il pacchetto che aveva in mano. Dopo qualche secondo di perplessità lo aprì. <> <> Joe la guardò sorridendo: <> Françoise gli legò la cravatta attorno al collo, con la stessa abilità mostrata pochi giorni prima. Si ritrovò ad alzare gli occhi e incontrò quelli di Joe, fissi su di lei. Erano così vicini che avrebbero potuto... Sentì un'ondata di calore farle arrossire il volto e distolse immediatamente lo sguardo, scostandosi da lui e dirigendosi verso il balcone. Joe la seguì con lo sguardo, rimanendo fermo e aggiustandosi la cravatta, che sentiva un po' troppo stretta intorno al suo collo. Dopo qualche istante la raggiunse, fermandosi accanto a lei, che teneva lo sguardo basso. Sembrava stesse guardando il fiume. <>, le chiese cercando di scrutare la sua espressione. Françoise restò in silenzio qualche secondo: <>, improvvisamente il suo sguardo fu attirato da qualcosa, nel cielo <> Joe alzò gli occhi, guardando nella sua stessa direzione. Vide una nuvola di forma oblunga e vaporosa, contornata dal colore arancione del cielo. <> ammise <> Restarono a guardare quella nuvola nel cielo per un bel po' di minuti, mentre la sera calava sulla città.   F I N E