UN ALTRO MATTONE NEL MURO di Laus (minamiasakura@virgilio.it) PROLOGO Albert era seduto al tavolo della cucina. Con una mano reggeva una tazza di caffè fumante. Con l’altra teneva una vecchia e consumata fotografia. Improvvisamente la porta si aprì. Albert posò la fotografia sul tavolo, stando attento che fosse rivolta dalla parte bianca, in modo che non si vedesse. <>, disse alzando gli occhi e facendo un sorriso. Françoise era rimasta ferma, tenendo aperta la porta con una mano. Sembrava piuttosto sorpresa di vederlo lì: <> Albert alzò le spalle: <> <>, disse lei chiudendo la porta e prendendo una tazza. Albert la seguì con gli occhi mentre si versava il caffè nella tazza: <> Françoise si mise a sedere e sorseggiò un po’ di caffè: <>, disse un po’ contrariata. Albert fece un’espressione un po’ dispiaciuta e abbassò gli occhi: <> <>, disse lei posando la tazza sul tavolo e girandola spingendo il manico <> Albert rialzò lo sguardo e le sorrise: <> <>, disse lei alzando le spalle <> <>, disse lui sorridendo. <>, disse lei con un tono ironicamente contrariato <> <>, disse Albert quasi ridendo. <> Françoise stava guardando il riquadro cartaceo bianco che era posato sul tavolino, e in particolare la scritta che c’era sopra. <>, lesse Françoise a voce alta. <>, disse Albert riprendendola sbrigativamente in mano. Françoise lo guardò perplessa: <> <>, disse Albert guardando la foto con uno sguardo triste <> Françoise lo guardò con uno sguardo pieno di comprensione, senza dire nulla. Sapeva abbastanza bene la storia di Albert da sapere cosa fosse significata per lei la donna che aveva scritto quella breve dedica dietro l’immagine. <>, disse Albert porgendole la fotografia. <>, chiese lei sorpresa. Albert annuì mettendole la foto davanti, posata sul tavolo: <> Françoise raccolse la foto e la guardò. Era piuttosto vecchia. Doveva averne passate tante. Su un angolo c’era anche il segno di un inizio di combustione, ma la donna nella foto si vedeva ancora bene. Doveva essere stata colta di sorpresa, perché aveva un’espressione un po’ sorpresa e la sua posa era molto naturale e la rivelava in tutta la sua bellezza: aveva dei lineamenti molto fini e delicati, tipicamente nord-europei. <>, disse Albert dopo un po’. <>, rispose Françoise posando delicatamente la foto sul tavolo e guardando l’uomo. Albert cominciò a giocherellare un po’ con la tazza ormai vuota, facendola girare sul tavolo: <> Françoise stirò i lineamenti del volto, senza rispondere. Non aveva parole con cui consolare l’amico, il cui dolore si leggeva chiaramente sul volto. Lentamente finì per distogliere lo sguardo, guardando da un’altra parte. Improvvisamente, dopo lunghi attimi di silenzio, la tazza di Albert cadde riversa sul tavolo e Albert si prese il volto nella mano destra, cominciando a piangere silenziosamente: <>, disse facendo cadere pesantemente il braccio destro sul tavolo e nascondendovi la testa. Françoise lo guardò sentendosi impotente. Tutto quello che le riuscì di fare fu posare la sua mano sulla mano sinistra di Albert che era posata sul tavolo, stringendola lievemente. Albert continuò a piangere per parecchi minuti. Quando rialzò la testa si asciugò gli occhi con un tovagliolo di carta che era sul tavolo: <> <> disse Françoise sorridendo appena <> Albert non disse nulla, ma le sorrise sinceramente. PARTE I <> Gilmour guardò Albert dal basso in alto, distogliendo l’attenzione dai documenti che stava leggendo. <>, disse Albert. <> disse Gilmour mettendo i gomiti sul tavolo e intrecciando le mani davanti alla bocca <> Albert strinse la mano sinistra in un pugno: <> Gilmour sospirò pesantemente e chiuse gli occhi, appoggiandosi allo schienale della sedia. Stava riflettendo. Albert lo guardò in silenzio per alcuni istanti. <>, disse improvvisamente Gilmour andando a cercare qualcosa in un cassetto <> Albert aggrottò la fronte perplesso, ma restò in silenzio aspettando che il professor Gilmour proseguisse. Gilmour raccolse alcune carte e le ordinò: <> Albert annuì e strinse ancora di più il pugno, tanto che se avesse avuto pelle invece che metallo avrebbe già cominciato a sanguinare. <>, disse Gilmour <> <>, disse Albert abbassando la testa e chiudendo gli occhi. Per un attimo tornò tutto nella sua mente: la pioggia, la Porta di Brandeburgo, il filo spinato, le guardie, gli spari, Hilda morta fra le sue braccia… <>, disse Albert alzando gli occhi verso il professore e gesticolando con le mani. <> annuì Gilmour <> PARTE II <>, disse Bretagna non appena furono usciti dall’aeroporto Schönefeld4. <> gli disse Albert sottovoce <> Bretagna si guardò le scarpe come se veramente si aspettasse di trovare delle guardie sotto le suole. Intanto Albert si guardava intorno. Il cielo era nuvoloso e prometteva pioggia. <> , disse Joe cercando di riattivare l’attenzione dell’amico. <>, rispose Albert meccanicamente. Albert cominciò a camminare verso una fila di taxi parcheggiata poco più in là. Appena li vide avvicinare un tassista uscì dalla sua auto. <>, gli chiese Albert in tedesco. <>, disse semplicemente lui prendendo le valigie dalle mani dei suoi nuovi passeggeri e caricandole nell’auto. Albert salì davanti, mentre gli altri 3 si misero dietro. <>, chiese il tassista azionando il tassametro. <> rispose Albert laconico. Il tassista cominciò ad andare. Albert si mise taciturno a guardare fuori dal finestrino. Costeggiarono la Spree5 in alcuni lunghi tratti e infine lo attraversarono e finalmente furono arrivati. Il tassista tirò fuori le valigie mentre i passeggeri scesero. Albert pagò il viaggio: <> <>, disse il tassista guardando la banconota che gli aveva dato Albert <> Albert, che si era già avviato verso l’entrata si voltò appena: <> <>, balbettò il tassista non credendo quasi ai suoi occhi. I quattro si avvicinarono alla reception. L’uomo che stava dietro il bancone alzò lo sguardo scrutandoli: <> Albert posò le valigie di fronte al bancone e prese i documenti falsi che aveva loro fornito Gilmour: <> L’uomo controllò qualcosa sul tomo che aveva davanti: <> Si voltò e prese due chiavi tra quelle appese dietro di lui: <> <>, disse Albert prendendo le chiavi. Si rediresse verso i suoi compagni che lo stavano aspettando poco più in là. Porse a Françoise la chiave della singola. <> <>, chiese Joe in tono ironico mentre cominciavano a incamminarsi verso le loro stanze. <>, disse Françoise sorridendo <>, chiese Joe alzando gli occhi al cielo <> <>, intervenne Bretagna mettendosi fra i due. In tutta risposta Bretagna si beccò due gomitate, da una parte e dall’altra. <>, disse tenendosi i due fianchi <> <>, disse Albert voltandosi per godersi la scena. <>, disse Françoise. <> <>, disse Françoise aprendo la porta della sua stanza. <>, disse Joe. <>, disse Françoise entrando nella sua stanza e chiudendo la porta dietro di sé. Posò la valigia accanto al letto e andò subito alla finestra. Da lì avrebbe dovuto vederlo. Dette un’occhiata e non le ci volle molto per identificarlo. L’avevano presa apposta quella stanza. In una cucina di un appartamento del palazzo di fronte un uomo in tutto e per tutto uguale a quello ritratto nella foto che aveva mostrato loro il professor Gilmour stava seduto al tavolo leggendo il giornale e bevendo una tazza di caffè. Françoise abbassò lo sguardo fino alla strada: <> PARTE III <> Françoise era seduta di fronte alla finestra e stava ancora guardando verso l’appartamento del professor Klein. Si voltò appena per vedere Joe e poi tornò a monitorare la situazione: <> <>, chiese Joe sedendosi sul letto. <> <>, commentò Joe. <> <> Joe ripensò alla loro conversazione con Gilmour. <> <>, aveva chiesto Joe. Era stato Albert, in piedi davanti a una finestra a guardare fuori, a rispondere per il professore: <> si era voltato verso gli altri partecipanti alla missione riuniti nello studio di Gilmour <> <>, aveva detto Françoise portandosi una mano alla bocca. <> aveva ripreso Gilmour <> <> La voce di Françoise lo riportò al presente. <> rispose Joe <> Françoise strinse le labbra: <> <> <> continuò Françoise guardando ancora fuori dalla finestra. <> <>, disse Joe. Ci fu qualche attimo di silenzio nella stanza. Françoise continuava a sorvegliare la casa del professor Klein e Joe si limitava a guardarla in silenzio con mille pensieri in testa. <>, disse Françoise improvvisamente, con una voce calma e quasi meccanica. Pochi secondi dopo una pioggia debole ma insistente cominciava a cadere su Berlino. PARTE IV Albert guardava silenzioso la Porta di Brandeburgo ergersi maestosa di fronte a lui, con la bandiera della Repubblica Democratica Tedesca che sventolava sopra di essa. Poco più in là si ergeva il Muro. 155 km di cemento armato che attraversavano la città e arrivavano fino al distretto di Postdam. Albert non si accorse nemmeno della pioggia che cominciava a cadere. Iniziò a camminare per le vie della città, mentre la pioggia lo bagnava a poco a poco. Camminava quasi meccanicamente nelle strade che erano state teatro della sua infanzia, della sua vita, del suo passato. Camminava fra la gente, lasciando che le gambe lo guidassero attraverso i suoi ricordi. Si muoveva sicuro tra le strade come se non se ne fosse mai andato da lì. Camminò a lungo, incurante della pioggia che gli scendeva lungo il viso. Arrivò di nuovo nei pressi della Spree e si fermò un momento a guardare il fiume dal mezzo di un ponte. Quindi continuò nel suo cammino verso il passato, fino a che non arrivò nei pressi del Tierpark7. Era arrivato nel Friedrichsfelde, il luogo in cui aveva vissuto la sua vita da cittadino berlinese. Qui era nato, qui era vissuto. Era passato attraverso il nazismo, la guerra. Qui aveva conosciuto i suoi amici e Hilda. Costeggiò il parco, camminando sulla strada che gli passava accanto e arrivò infine nella strada nella quale era nato e cresciuto. La guerra aveva lasciato poco in piedi. E quindi c’erano molte cose diverse rispetto a quando lui era un bambino. Ma le case si potevano ricostruire e così era stato fatto. E non sembrava cambiato molto da quando lui se n’era andato. Anche quella caffetteria era sempre al suo posto. Si raccolse ancor più dentro il suo giubbotto, sperando che nessuno lo riconoscesse e continuò a camminare guardandosi intorno. A un certo punto sbatté contro qualcosa. <>, disse Albert e istintivamente gli porse la mano destra. Lui era rimasto in piedi ma il ragazzo con cui si era scontrato no. E ancora non aveva visto la mano che Albert gli aveva offerto. Fu allora che Albert si accorse di aver dato la mano “sbagliata” e la ritrasse subito. <>, stava dicendo il ragazzo mentre si rialzava <> Albert lo guardò incuriosito. Aveva un aspetto familiare. Anche il ragazzo, che ancora non aveva visto Albert bene in faccia, fece un’espressione lievemente sorpresa vedendolo. <> <> Il ragazzo gli saltò al collo abbracciandolo: <> Albert restò un po’ interdetto all’abbraccio del ragazzo, ma poi lo abbracciò debolmente e dopo un po’ lo scostò da lui: <> <> rispose il ragazzo <> Andreas si incamminò verso la caffetteria. Una volta entrati lo fece sedere al bancone e cominciò a preparare del caffè. <>, disse Albert guardandosi in giro. <>, disse Andreas versando il caffè mettendosi di fronte a lui. <> Andreas si limitò ad annuire gravemente: <> <> Albert si voltò verso la voce e si alzò in piedi: <> La ragazza era senz’altro sorpresa, ma in breve la sua espressione passò dallo stupore all’indifferenza: <>, chiese mettendosi anche lei dietro il bancone <> <>, cercò di calmarla Andreas, ma Albert lo fermò con un gesto della mano. <> Albert si fermò un attimo. Poi si rivolse al ragazzo <> <>, disse Johann sciacquando dei bicchieri <> <>, esclamò Andreas guardando la sorella con uno sguardo torvo. Albert chiuse gli occhi un attimo. Poi sospirò e riprese il cappello che aveva posato su uno sgabello lì accanto. <> disse alzandosi e dirigendosi verso l’uscita. <>, cercò di fermarlo Andreas. Albert si voltò appena: <> disse <> Albert abbassò lo sguardo <> Albert uscì dal locale e cominciò a camminare lentamente sulla strada del ritorno. Intanto la pioggia era diventata più forte e insistente. <> Albert si voltò e aspettò che Andreas lo raggiungesse. <> gli disse Andreas con il fiatone quando lo ebbe raggiunto <> Albert restò in silenzio guardandolo. Andreas rialzò la testa dopo essersi ripreso un po’ dalla corsa: <> Albert annuì: <> <> <>, disse Albert scuotendo la testa <> <>, disse Andreas annuendo <>, disse porgendogli un ombrello. Albert lo prese in mano: <> <> Albert gli sorrise: <> <>, gli disse Andreas porgendogli la mano destra. Albert trasalì: “Non posso dargli la mano…” Restò fermo qualche istante e infine lo abbracciò come un fratello. Dopo qualche istante si scostò da lui: <> Dopodiché se ne andò sotto la pioggia con il suo vecchio ombrello aperto, in direzione del Cimitero Centrale Cittadino. Andreas lo guardò fermo sotto la pioggia finché non gli fu più possibile vederlo: <> PARTE V <>, disse Joe dopo un bel po’ che era rimasto fermo a guardare Françoise che sorvegliava l’appartamento del professore. <> disse Françoise <> Joe si grattò la testa rimuginando sul da farsi: <> Si avvicinò alla finestra anche lui e controllò la situazione. La finestra dell’appartamento di Klein era aperta e lo si vedeva chiaramente mentre era seduto nella solita poltrona in salotto. <>, disse Françoise alzandosi in piedi <> <>, chiese Joe volgendosi verso di lei. Françoise scrollò le spalle: <> Joe guardò di nuovo perplesso verso la casa di Klein. Françoise lo scrutò pensierosa, poi si allontanò un attimo per andare in bagno. Joe quasi non se ne accorse. Tornò a guardare in strada, verso la macchina dove stavano i due uomini. Un’altra macchina molto simile si fermò accanto alla loro. La macchina con i due uomini quindi si mise in moto e si allontanò e la nuova macchina prese il suo posto. “Uhm… si danno il cambio.”, pensò Joe guardando l’ora. Erano le 4 del pomeriggio. I due di prima erano lì già quando loro erano arrivati in albergo verso mezzogiorno. <> Joe si voltò verso Françoise con uno sguardo interrogativo: <> Françoise lo guardò con un’espressione indecifrabile sul volto: <> Joe la osservò perplesso. Poi realizzò e scosse la testa: <> disse <> <>, rispose lei con una voce atona cercando qualcosa in un beauty case. Joe le si avvicinò e la prese per un braccio e costringendola a guardarlo in faccia: <> <> gli rispose <> <> chiese lui aggrottando la fronte <> Lei lo guardò perplessa, senza rispondere. <> I due si voltarono verso Bretagna che era appena entrato nella stanza e li stava guardando con un po’ di stupore misto a curiosità. <>, disse per smorzare la tensione. <> disse Joe in un tono piuttosto adirato <> <>, disse Bretagna in un tono di voce piuttosto sarcastico e alzando gli occhi al cielo. Joe si era portato alla finestra: <> Bretagna si avvicinò. <> Bretagna annuì: <> <> disse indicando la macchina dei sorveglianti <> <> <> intervenne Françoise <> <> lo avvertì Joe <> <> disse Bretagna grattandosi la pelata <> <>, disse Joe guardando Klein che, ignaro di tutto, stava ancora fermo nella sua poltrona. PARTE VI Albert camminava lentamente tra le file di tombe, cercando un volto che neanche il tanto tempo passato era riuscito a cancellare dalla sua mente. Poteva sentire il suo cuore artificiale aumentare il proprio battito ad ogni passo che i suoi piedi muovevano sulla ghiaia dei vialetti. Hilda era lì vicino a lui, sepolta da qualche parte. <> disse Albert pensando a voce alta e richiamando le parole di Andreas. Era stato a quella tomba insieme a Hilda tante volte in passato. Lei era molto attaccata ai suoi nonni paterni e spesso andava a trovarli, e a volte aveva portato anche lui. Erano stati sepolti in una parte che allora era piuttosto nuova, dove all’epoca non erano presenti molte lapidi. Ma le cose erano cambiate. C’erano state parecchie sepolture in quella zona negli ultimi anni e Albert faceva non poca fatica a ritrovare i suoi punti di riferimento. Improvvisamente si fermò. Il cuore cominciò a battergli ancora più forte. Restò fermo e immobile per qualche lunghissimo secondo. Si voltò e cominciò a camminare nella direzione opposta dalla quale era venuto. Aveva voglia di correre, ma era pur sempre in un cimitero. “Calma Albert, calma… magari ti sei sbagliato.” Dopo pochi metri che sembrarono essere centinaia di chilometri, si fermò davanti a una lapide di marmo scuro. Sopra vi era scolpita una semplice croce a rilievo sotto la quale il volto di una donna sorrideva guardando verso di lui. Albert lesse l’iscrizione a voce alta, come a voler sentire da una qualche voce che fosse lei, per esserne sicuro: HILDA HÄßLLER 22/07/1938 – 08/11/196X Chiuse gli occhi, lasciando che le sue emozioni si calmassero, cercando di riordinare le idee. Poi li riaprì e restò a lungo immobile in piedi davanti alla lapide, guardandola in ogni suo più piccolo particolare. La pioggia appena caduta aveva lasciato piccole goccioline sopra il marmo. Ogni tanto qualcuna scivolava giù, come piccole lacrime. I fiori che erano dentro il vaso sembravano piuttosto freschi. Sicuramente qualcuno veniva a cambiarli spesso. Johann e Andreas, molto probabilmente. Guardò il mazzo che aveva in mano. Erano rose bianche. Hilda adorava le rose, in particolare quelle bianche. Si inginocchiò e scartò le rose, adagiandole accuratamente sulla loro carta. Quindi cominciò a metterle a una a una dentro il vaso, cercando di sistemarle il meglio possibile. Quando ebbe finito piegò la carta e rimase inginocchiato con un braccio su un ginocchio a fissare la lapide. Quasi senza accorgersene si tolse il cappello e lo tenne in mano, mentre le parole cominciarono a uscirgli di bocca calme e pacate, nonostante fosse tanto tempo che avrebbero voluto vivere. <> Albert si tolse il guanto della mano destra e la alzò come a volerlo mostrare alla fotografia di Hilda <> si rimise il guanto alla mano <> Albert restò fermo e in silenzio per alcuni secondi. Poi si portò l’indice e il medio uniti della mano sinistra alle labbra, per poi sfiorare con quelle stesse dita la foto di Hilda. Concluse il suo gesto e sorrise appena. Si alzò in piedi e abbassò la testa, recitando una breve preghiera. Quindi si fece il segno della croce e si rimise il cappello in testa, raccogliendo poi la carta da terra. Guardò un ultima volta la lapide: <> Portò la mano alla visiera del berretto, abbassando leggermente il capo in segno di saluto. Poi cominciò a camminare sulla via del ritorno. <> L’uomo si voltò indietro, nella direzione da cui proveniva la voce che lo aveva chiamato. <> esclamò Albert sgranando gli occhi e lasciando cadere la carta per terra <> <>, rispose lei abbassando gli occhi <> Albert si voltò completamente verso di lei, chiedendosi se avesse sentito tutto i discorso e non avendo il coraggio di porle direttamente la domanda. Istintivamente si mosse verso di lei e quando Johann indietreggiò nel vederlo avvicinarsi capì. <>, le chiese fermandosi per non spaventarla ulteriormente e sapendo già la risposta. <> Albert sospirò e chiuse gli occhi un attimo. Poi li riaprì e guardò Johann con un’espressione malinconica: <> disse guardandosi le mani coperte dai guanti <> Strinse le mani in due pugni e guardò di nuovo verso Johann che era immobile, come impietrita di fronte a lui, guardandolo con gli occhi pieni di una miscela di stupore e timore. Albert decise di avvicinarsele. Lei non si mosse, più per una qualche sorta di terrore che per sua volontà <> le disse quando fu abbastanza vicino da poterla toccare. Avvicinò la sua mano destra verso di lei e proprio quando lei lo vide fare questo chiuse gli occhi e abbassò la testa alzando una mano come a difendersi. Albert si fermò paralizzato da quella visione. Lei sapeva cosa c’era sotto quel guanto. L’aveva visto e ne aveva paura. Dopo qualche secondo Albert ritirò la mano e indietreggiò di qualche passo: <> disse abbassando gli occhi <> Si voltò e riprese il suo cammino verso l’uscita. Dopo qualche passo si fermò nuovamente per raccogliere la carta e, senza voltarsi, le disse: <> Si rialzò e ricominciò a camminare lentamente. Johann riaprì gli occhi e lo guardò allontanarsi. Il terrore che aveva provato piano piano si dileguò, ma l’uomo era già scomparso dalla sua visuale quando Johann si rese conto di averlo profondamente ferito. PARTE VII Un piccione si posò sul davanzale della finestra. Klein alzò appena gli occhi dal giornale, poi riprese la sua lettura. Il piccione allora restò lì a guardare il professore aspettando che egli gli rivolgesse ancora l’attenzione. Passarono parecchi minuti prima che il professore rialzasse gli occhi e si accorgesse che il piccione non si era mosso. Posò il giornale sulle ginocchia e guardò il pennuto incuriosito. Sembrava che gli sorridesse… “Un piccione che sorride… i piccioni non sorridono!” Klein scosse la testa, pensando così di svegliarsi dal miraggio. Ma quando guardò di nuovo verso il piccione, questo non solo gli stava sorridendo, ma lo stava anche invitando ad avvicinarsi con un’ala mentre con l’altra gli diceva di restare in silenzio. “Ma che diavolo…” Si alzò dalla poltrona e si avvicinò al pennuto. Quando fu abbastanza vicino il piccione alzò una zampa mostrandogli un rotolino di carta attaccatovi. Il professore guardò il piccione perplesso. Poi scrollò le spalle e prese il rotolino di carta. Lo srotolò e cominciò a leggere9. Professor Klein, NON DICA UNA PAROLA: LA SUA CASA E’ PIENA DI MICROFONI!!! Siamo i cyborgs inviati dal dottor Gilmour per portarla fuori dalla DDR. Siamo in 4 e alloggiamo allo Stadt Berlin. Una delle stanze in cui alloggiamo ha la finestra che dà direttamente sul suo appartamento. Se alza gli occhi ci vedrà. Klein alzò gli occhi e vide un ragazzo e una ragazza che lo guardavano dalla finestra di fronte. Lo salutarono con un cenno della mano. Ricominciò a leggere. Dobbiamo metterci d’accordo per mettere a punto il piano di fuga. Dia un suo vestito a 007 (è il piccione che le ha portato il messaggio) e lo lasci uscire con la sua auto. Le guardie che stanno in attesa di fronte a casa sua dovrebbero seguirlo e allora lei sarebbe libero di uscire e potremmo così incontrarci. Uno di noi la aspetterà all’edicola qui all’angolo della piazza. Bruci questo messaggio dopo averlo letto. Klein guardò il piccione e gli sorrise. Avrebbe voluto ringraziarlo ma non poteva per via dei microfoni. Si avvicinò al caminetto e poi prese un fiammifero. Lo accese e quindi diede fuoco al messaggio, lasciandolo poi cadere fra la cenere e frantumando irrimediabilmente i resti con un attizzatoio. Andò in camera sua e prese qualche suo capo d’abbigliamento e li portò al piccione. Appena vide il professore con i vestiti in mano il piccione saltò giù dal davanzale e si trasformò sotto gli occhi del professore che in pochi secondi si trovò di fronte a un suo perfetto sosia. 007 si vestì in un attimo senza dire una parola. Poi andò a cercare il bagno e entratovi aprì tutti i rubinetti. Klein lo raggiunse guardandolo perplesso. 007 uscì di nuovo dal bagno e prese un foglio ci carta e una penna dal tavolo del telefono. Poi tornò in bagno e invitò Klein a seguirlo. Giunti tutti e due nella stanza, 007 scrisse qualcosa sul foglietto di carta e poi lo mostrò a Klein. Dove sono le chiavi della macchina e dov’è parcheggiata? Klein prese la penna dalla chiave di 007 e scrisse la risposta, dando il foglio indietro. Le chiavi sono nel cassetto di destra del tavolo del telefono. L’auto è parcheggiata davanti al palazzo, la terza in prima fila. E’ una Volkswagen nera. 007, letto il biglietto annuì e scrisse un’altra cosa. Resti fermo qui almeno 10 minuti, facendo meno rumore possibile. Poi esca e vada a incontrarsi con il mio compagno. Faccia sparire questo biglietto. Rese il pezzo di carta a Klein e chiuse i rubinetti. Quindi uscì dal bagno. Pochi istanti dopo Klein sentì sbattere la porta di casa. Guardò l’orologio da tasca che portava nella tasca del suo panciotto. Le 5 e 16. Si sedette delicatamente sulla tazza del water chiusa e restò con l’orologio in mano guardando l’orologio e le sue lancette che avevano cominciato a scandire il tempo che mancava al momento in cui sarebbe stato un uomo libero. PARTE VIII Albert entrò nella stanza di Françoise. Joe e lei erano fermi davanti alla finestra. <>, chiese. Françoise si voltò: <> <>, disse Joe indicando fuori. Albert si avvicinò e guardò nella direzione indicatagli: <> <> disse 003 <> <>, gli chiese Joe. Lui annuì: <> Françoise si voltò e lo guardò perplessa. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma restò in silenzio. Quindi tornò a guardare verso l’appartamento di Klein. Restarono in silenzio tutti e tre per alcuni istanti, fino a quando 003 non avvertì che 007 era uscito di casa: <> disse semplicemente. 009 si sporse leggermente dalla finestra. Pochi secondi dopo 007 usciva dal portine del palazzo con le sembianze di Klein. La macchina delle due guardie si mise in moto e cominciò a seguirlo. <>, disse 009 <> <>, lo fermò 004 <> <> 004 gli sorrise rassicurante: <> 009 guardò il compagno perplesso. Poi annuì: <> 004 sorrise e uscì dalla stanza. Arrivato all’esterno dell’albergo si diresse verso l’edicola all’angolo. Era piuttosto grande. Abbastanza per passare inosservati. L’edicolante stava sonnecchiando leggendo un tascabile. Manco si accorse del nuovo potenziale cliente. Cominciò a dare un’occhiata ai quotidiani. Passarono circa una quindicina di minuti. Klein arrivò e cominciò a guardarsi intorno. Poi iniziò a guardare alcune riviste che non sapeva nemmeno che esistessero. Albert prese una monetina nella sua tasca e la fece cadere nei pressi di Klein. <>, gli disse avvicinandosi. <> <> Klein guardò l’uomo che aveva di fronte perplesso. <>, gli disse 004 guardando i giornali. <> <> disse Albert quasi sottovoce prendendo una rivista di sport e cominciando a sfogliarla velocemente <> <>, chiese Klein impaziente. 004 rimuginò un attimo: <> <> Albert prese una rivista e andò dall’edicolante a pagarla. Quindi Klein lo guardò allontanarsi. La conversazione era evidentemente finita. PARTE IX Albert rientrò in albergo e si diresse immediatamente nella stanza di Françoise. <>, gli chiese Joe non appena fu entrato. Albert buttò la rivista che aveva comprato sul letto e si mise pesantemente a sedere su una sedia: <> <>, disse Françoise. <>, disse Albert <> <>, disse Françoise guardando verso l’appartamento di Klein. <>, disse 009. <>, gli suggerì 004. <> Prese un piccolo congegno che teneva in tasca e lo azionò: <<007, sulla macchina ci potrebbero essere dei microfoni quindi stai attento a quello che dici e soprattutto ascolta: puoi rientrare. Con Klein è andato tutto bene.>> <> 009 guardò il congegno radiofonico sorridendo. 007 aveva capito alla perfezione. <> disse <> <> La comunicazione si chiuse. <>, commentò 004 dondolandosi sulla sedia <> <> disse 009 <> <>, disse 004. <>, disse 003 continuando a guardare la casa di Klein. <>, le chiese 009 guardandola perplesso. <>, rispose lei alzando le spalle come se fosse la cosa più ovvia del mondo <<”Ora ci tocca stare qui 5 ore a sorvegliare il vecchio”. Gliel’ho sentito dire poco dopo che si sono dati il cambio.>> <>, disse 009. Intanto 003 aveva ripreso a guardare quello che succedeva nella casa di Klein. La figlia di Klein voltò appena la testa guardando il padre entrare in casa. Stava per dire qualcosa, ma il padre le fece segno di stare zitta. Poi la invitò a seguirla dopo aver preso dei fogli di carta e una penna dal telefono. La condusse in bagno e di nuovo azionò i rubinetti. Poi scrisse qualcosa su un foglio di carta e lo dette alla figlia. Erika, sono venuti a salvarci! I cyborgs di Gilmour sono arrivati finalmente. Fai finta che io non sia in casa. Fino a quando non tornerà il mio sosia. Poi capirai. Questa casa è piena di microfoni. Erika lesse il foglio e poi guardò il padre perplessa. Anche lei scrisse qualcosa. Sai benissimo che non intendo seguirti .Vai pure, ma io non vengo. Erika dette il foglio al padre che lo lesse e la guardò interdetto. Poi scrisse di nuovo qualcosa. Sai bene che non posso lasciarti qui. Se ti catturassero la mia fuga sarebbe inutile e loro capirebbero presto cosa sei e comincerebbero a studiarti. Vuoi che finisca così? <>, esclamò Françoise. <>, le chiese Joe. <> <>, disse 004 sogghignando. 003 non gli fece caso ma continuò a osservare la situazione. Lo scambio di messaggi scritti intanto continuava. Erika stava leggendo quello del padre e sembrava ci stesse riflettendo sopra. Poi scrisse nuovamente qualcosa. Va bene… ma poi ognuno per la sua strada. La porta di casa sbatté. Erika dette il foglietto a suo padre e uscì dal bagno. Si ritrovò di fronte la copia vivente di suo padre. Il sosia si schiacciò l’ombelico e divenne un canarino. I vestiti rimasero per terra e lui volò via dalla finestra aperta. <> <>, disse lei raccogliendo i vestiti. <>, le chiese andandosi a sedere sulla poltrona. <> Erika piegò i vestiti e li posò sul tavolo della stanza. Posò sul tavolo anche le chiavi della macchina che aveva trovato in una tasca dei pantaloni. Klein la guardò malinconico, ma senza dire nulla. Non voleva che gli altri sapessero. Ed era per questo che non aveva mai affrontato l’argomento dentro quelle mura. Era perfettamente a conoscenza che la sua casa era piena di microfoni nascosti ovunque. Si mise la testa fra le mani e sospirò profondamente. Erika sbatté un pugno sul tavolo: <> <> disse Klein scuotendo la testa <> PARTE X 009, 004 e 003 erano dentro la macchina che avevano noleggiato e stavano costeggiando il muro andando verso l’aeroporto. Solo 007 era rimasto in albergo. 004 stava guidando, mentre 009 guardava il muro poco lontano, dal suo finestrino. 003 teneva la testa bassa, seduta sul sedile dietro. Avevano detto poche parole da quando avevano lasciato l’albergo. La notizia li aveva un po’ sconvolti. <>, disse improvvisamente Joe rompendo il silenzio che stava diventando opprimente <> <> disse Françoise <> Passarono ancora alcuni istanti di silenzio. Non erano begli argomenti di cui parlare. A un certo punto Albert rallentò fino a fermarsi accostando su un lato della strada. Erano in mezzo a una specie di foresta. <>, chiese 009. 004 stava guardando verso il muro poco distante: <> Sentirono il rumore di un aereo in decollo, quasi per confermare quello che aveva appena detto Albert. <>, disse 009. <>, constatò 003. <>, disse 004. <>, disse 003 guardandosi intorno. <>, disse Albert. 009 scese dalla macchina e guardò verso il muro. 003 lo raggiunse poco dopo. <> 003 scrutò per un po’ la zona circostante. Poi scosse la testa: <>, disse <>. 003 si voltò a destra guardando verso la strada. <>, chiese 009. <> E infatti pochi istanti dopo una volante si fermò davanti alla macchina. Scesero due poliziotti. <>, disse uno di loro. <>, rispose cordialmente Joe. Anche Albert uscì dall’auto: <> I poliziotti scrutarono i tre individui con fare circospetto. <>, chiese l’agente che non aveva salutato. <>, disse Albert mettendosi una mano in tasca e porgendogli il suo. Il poliziotto lo prese in mano: <> <> <>, disse l’agente passando gli dal passaporto a lui un paio di volte. Albert si tolse il cappello perché potesse controllare meglio. <>, commentò l’agente squadrandolo. <> <> disse l’agente <> <> <> disse l’altro agente <> L’uomo che si doveva chiamare Ludwig li guardò con occhi sospetti: <> <>, disse Albert alzando le spalle. <>, chiese l’agente. <>, rispose Albert cercando di non far trasparire il senso di fastidio che cominciava a provare. L’agente annuì non tanto convinto: <>, disse restituendo il passaporto ad Albert. Albert guardò il “confine” di cemento armato poco lontano: <> L’agente annuì, poi si rivolse al collega: <> <>, rispose avvicinandosi a lui <> <>, disse Albert <> <>, disse Joe simulando un accento stentato. Anche Françoise salutò dando una leggera intonazione francese al suo tedesco. I due entrarono in macchina, mentre Albert era già entrato ed aveva messo in moto. Quando le portiere si furono chiuse Albert fece inversione e tornò indietro. Mentre si allontanava guardò nello specchietto retrovisore i due poliziotti che erano rimasti immobili e li guardavano allontanarsi. <>, disse Joe in tono ironico. <> disse Albert sogghignando <> PARTE XI La tv era accesa su un telegiornale. Bretagna stava guardando la strada quando Françoise entrò nella stanza. <>, gli chiese sedendosi sul letto. <>, rispose Bretagna <> <> <> Françoise lo guardò sospirando: <> <> <> Bretagna la guardò incuriosito: <> Françoise si tolse le scarpe e le mise ordinatamente in un angolo: <> <> Françoise alzò gli occhi: <> Bretagna scosse la testa per confermare che quel nome non gli diceva nulla. Poi Françoise capì: <> Bretagna strabuzzò gli occhi: <> <>, confermò Françoise sospirando. <> Restarono qualche attimo in silenzio, mentre Françoise tolse alcune cose dalla sua valigia. Poi guardò Bretagna che era rimasto immobile nella sua posizione, sorvegliando ancora la strada. Quando l’inglese si accorse di essere osservato si voltò: <> <>, disse lei incrociando le braccia. Bretagna la guardò un po’ dispiaciuto: <> Françoise scosse la testa: <> <> Intanto, nell’altra stanza, Joe starnutì. <>, disse Albert con un panno in mano. <>, disse Joe soffiandosi il naso con il suo fazzoletto. Pochi istanti dopo Bretagna entrò: <> <>, chiese Joe. <> <>, disse Albert lucidando la sua mano di metallo. <>, disse Bretagna. <>, chiese Bretagna eccitato. Albert si lisciò il mento: <> <>, disse Joe. Bretagna lo guardò incuriosito e Joe se ne accorse: <> <>, rispose Bretagna scuotendo la testa <> Joe lo guardò aggrottando la fronte: <> <>, disse Bretagna scuotendo entrambe le mani davanti a lui. <> disse Albert <> <>, disse Joe seccato. Joe si nascose in bagno e Bretagna si sdraiò sul suo letto. <> Albert continuò a pulire la sua mano: <> <> <>, disse soffiando poi sulla mano. <> <> Bretagna si raccolse in posizione fetale: <> <>, disse Albert strofinando in modo particolarmente energico sul dorso <> Un’ombra gli passò sul volto, mentre lo strofinare sulla sua mano si bloccò. Bretagna lo guardò malinconico, ma non disse nulla. Albert posò la mano sinistra con lo strofinaccio in mano sul ginocchio e l’altra continuò a guardarla con un’espressione strana: <> <> disse Bretagna. Evidentemente se ne parlava era perché ne sentiva il bisogno. E lui non sarebbe certo scappato, ma lo sarebbe stato ad ascoltare da buon amico. <> <> Albert annuì e mosse le dita della mano come a sgranchirle: <> <> <>, disse Albert con tono grave. Bretagna lo guardò strabuzzando gli occhi: <> <>, disse Joe entrando nella camera con un accappatoio addosso. <> disse Albert mostrando loro la mano destra come se non l’avessero mai vista <> Bretagna e Joe, che si era già rimesso i pantaloni e si stava abbottonando la camicia, si guardarono l’uno con l’altro. <> Françoise richiuse la porta dietro di sé, rimanendo poi ferma sulla porta: <> <>, disse Joe. <> disse Bretagna con un accenno di risatina <> Albert guardò gli amici ad uno ad uno, e poi abbassò lo sguardo: <> disse rimettendosi il guanto alla mano <> <>, disse Joe provando ad allacciarsi la cravatta, con poco successo. <>, disse Bretagna ridendo. <>, disse Joe seccato. <>, disse Françoise avvicinandoglisi e cominciando ad allacciargli la cravatta. <>, disse Joe guardando l’amico con la coda dell’occhio. <> <>, rispose lei finendo il lavoro. <> <>, disse Françoise sorridendo. <>, disse Albert <> <>, disse Bretagna schiacciandosi l’ombelico e trasformandosi in Joe. <>, disse Albert. <>, disse Bretagna mettendosi accanto a un Joe piuttosto spaesato. <>, disse Françoise. <>, disse Bretagna. <> disse Françoise inclinando la testa di lato. <> La gomitata di Joe l’aveva colto in pieno stomaco. <>, gli disse Bretagna ritrasformandosi e tenendosi un braccio sulla pancia. Albert stava ridendo come un matto. Françoise sorrise. Non si ricordava l’ultima volta che l’aveva visto ridere tanto di gusto. PARTE XII <>, disse Bretagna scolandosi il boccale. Erano al bancone di una birreria del centro, piena di gente. <>, disse Albert gustandosi la sua. <>, chiese Bretagna guardandosi intorno. <>, disse Albert bevendo un altro sorso. <>, disse Françoise posando il suo boccale <>, disse alzandosi dallo sgabello. <>, disse Bretagna con un sorrisetto ironico sul volto. Françoise non disse nulla, ma passandogli di dietro gli mollò una gomitata nella schiena e se ne andò. <>, disse tenendosi una mano di dietro. <>, commentò Albert divertito. <> <> <>, disse Joe sedendosi al suo posto. <>, disse Albert. Bretagna ordinò un’altra birra. <>, chiese Joe un po’ sorpreso. <> disse Bretagna <> <>, disse Joe non troppo convinto. <>, gli chiese Bretagna. <> gli chiese Joe perplesso. <> Joe alzò gli occhi al cielo: <> <>, disse Albert <> <<1000 yen che non mi riconosce.>>, disse Bretagna convinto. Joe continuava a guardarlo perplesso. <>, lo incalzò Bretagna. <> sembrò riflettere Joe <> Bretagna deglutì: <> Joe si alzò dal suo sgabello allontanandosi. Anche Bretagna si alzò e andò a nascondersi pochi attimi dietro una parete, per poi tornare al bancone, sedendosi al posto di Joe con le sue sembianze. Albert lo guardò incuriosito: <> <>, disse aggiustandosi i capelli con la mano <> Albert sorrise. Avrebbe voluto dirgli che forse la sua era solo invidia ma Françoise li raggiunse in quel momento e si mise a sedere. <>, disse Albert. Françoise gli sorrise: <> <> Albert la guardò perplessa: <> <> Albert stava cercando di non scoppiare a ridere. La cosa più divertente era l’espressione di delusione tipica di Bretagna stampata sulla faccia di Joe. <>, disse Bretagna sconvolto. <>, chiese lei perplessa. <>, disse Albert <> <>, disse Bretagna. <> rispose lei. <>, disse Bretagna mestamente e alzandosi. Dopo pochi secondi ritornò con le sue vere sembianze, accompagnato dal vero Joe. <> disse Bretagna bevendo un bel po’ della birra che intanto era arrivata. <> disse Françoise <> <>, chiese lui perplesso. <>, gli rispose <> Bretagna guardò Joe con un’espressione tra il disperato e l’incredulo. <>, gli disse Joe <> <> disse Albert divertito <> Joe e Françoise scoppiarono a ridere. <> disse Bretagna scandendo ogni “ah” lentamente <> <>, disse Albert <> <>, disse Joe continuando a ridere <> Bretagna sbuffò e si voltò dando le spalle al bancone: <> <>, disse Albert voltandosi. Anche Joe e Françoise si voltarono. <> disse Françoise <> <> disse Bretagna ironicamente <> <> <>, chiese Albert. <>, disse Joe. PARTE XIII Erika restò seduta al suo tavolo per un’altra ora. Era sola. Sembrava che non ci fosse nessuno con lei. Poi si alzò e uscì dal locale. <>, disse Joe <> <> <>, disse Albert ironicamente. I quattro si alzarono e uscirono a loro volta dal locale e cominciarono a seguire Erika a distanza di sicurezza. <>, disse Françoise guardandosi intorno. <>, disse Albert. Erika camminava lentamente. Sembrava non avere una meta precisa. <>, chiese Bretagna dopo un bel po’ che la seguivano. <>, rispose Albert non molto garbatamente. <>, chiese nuovamente Bretagna <> Albert alzò gli occhi e vide la bandiera della RDT sventolare sopra i tetti: <> <>, chiese Bretagna insistente. <>, disse Joe guardando i due con la coda dell’occhio. <>, disse Albert ironico. <>, rispose Bretagna in tono offeso. <>, disse Françoise indispettita. <>, aggiunse Joe guardandoli storto. <>, disse Bretagna allargando le braccia. Joe e Françoise, che erano davanti a loro due, si fermarono e lo guardarono piuttosto adirati. <>, disse Françoise. <>, disse Albert continuando a camminare e superandoli tutti e tre. <>, disse Bretagna ignorando beatamente Albert e rivolgendosi agli altri due. <>, rispose Joe stringendo il pugno. <> li interruppe Albert che si era fermato <> I tre finalmente si mossero e raggiunsero Albert, ricominciando poi a camminare insieme a lui. <>, sbottò Albert nervoso. <>, disse Françoise. Effettivamente, poco più in là, Erika era ferma all’incrocio tra due strade, seduta sui gradini di un negozio. I quattro si fermarono a distanza. Sembrava non si fosse accorta di loro. <>, sussurrò Françoise dopo qualche attimo di silenzio. <>, disse Bretagna sconsolato. <>, propose Albert guardando i suoi tre compagni. Dopo qualche istante di esitazione, i tre si guardarono l’uno con l’altro annuendo. <>, disse Joe incamminandosi. <>, disse Albert seguendo gli altri tre. I quattro si avvicinarono tranquillamente a Erika che sembrò non vederli nemmeno quando furono a pochi passa da lei. <>, la chiamò Françoise con un tono conciliante. Solo allora la ragazza alzò gli occhi gonfi e lucidi e li guardò perplessa: <> Il suo sguardo si era riempito improvvisamente di paura. Frnaçoise le si avvicinò sorridendole: <> <>, chiese Erika squadrandoli ad uno a uno. <>, disse l’uomo alzando una mano <> <>, disse Bretagna sfregandosi la mano sulla testa imbarazzato. Erika continuò a guardarli perplessa: <> <>, disse Joe avvicinandosi. <>, chiese lei ancora più perplessa. Joe e Françoise si guardarono con un breve sguardo di intesa. Poi fu Françoise a parlare. <>, le disse nel tono più accondiscendente possibile. Erika sgranò gli occhi incredula: <> <> la rassicurò Joe <> Erika abbassò lo sguardo e poi lo mosse lentamente verso il centro dell’incrocio: <> Si fermò esitante, come se non sapesse se andare avanti o meno. <>, disse Françoise <> Erika sospirò abbassando nuovamente lo sguardo. Poi lo rialzò e li guardò nuovamente uno per uno, quindi accennò una specie di sorriso di accondiscendenza: <>, disse guardandosi intorno <> PARTE XIV Erika li condusse in un elegante locale. Si sentiva un’odore di pasticceria molto invitante. Li fece sedere a un tavolo abbastanza appartato e poco dopo un cameriere venne a prendere le ordinazioni, per poi lasciarli soli. Erika si guardò intorno con un velo di malinconia sul viso: <> <>, chiese Albert stupito <> <>, lo riprese Bretagna in tono severo. Erika scosse la testa: <> <> esclamò Bretagna sorpreso <> <>, disse Erika imbarazzata <> <>, chiese Joe. Erika annuì: <> Il cameriere arrivò, lasciando sul tavolo i krapfen e le bibite che avevano ordinato. Dopo che se ne fu andato Erika continuò il suo racconto. <> Erika fermò il suo racconto stringendo le labbra. <>, chiese Albert guardandola con uno sguardo pieno di comprensione. Erika annuì: <> Erika chiuse gli occhi, mentre una lacrima le scivolò sul viso. I quattro si guardarono l’uno con l’altro. Potevano capire molto bene come si sentisse. Ci erano passati anche loro. <>, continuò Erika stringendo le mani in due pugni. <>, disse Albert. Erika lo guardò con uno sguardo disperato: <> <> rispose Albert <> <> <>, disse Albert in tono deciso <> <> le disse Françoise <> <>, disse Joe <> <> disse Bretagna spezzando un pezzo del suo krapfen <> <>, disse Albert sorridendole. Erika li guardò a uno a uno. Non sembrava molto convinta: <> <>, rispose Joe. <> I quattro si guardarono. Poi fu Françoise a prendere la parola: <> Erika abbassò lo sguardo e restò in silenzio. <> disse Joe <> Erika lo guardò un po’ stupita. Poi la sua bocca cominciò a disegnare un sorriso: <> <> <> disse Erika abbassando gli occhi <> <>, le disse Françoise. Erika soppesò le parole della ragazza in silenzio. <>, disse infine <> PARTE XV Arrivarono nelle vicinanze di Alexander Platz verso le 3 di notte. <>, disse Erika ai suoi nuovi quattro amici. <>, chiese Albert. <> <>, disse Joe <> <>, le disse Albert. <>, rispose Erika avviandosi verso casa. Restarono a guardarla allontanarsi per un po’, poi si avviarono anche loro verso l’albergo. Erika arrivò sotto il portone di casa e dette un’occhiata di sfuggita la macchina con i due che stavano di guardia mentre cercava le chiavi di casa nella borsetta. Entrò e salì di corsa le scale, fino ad arrivare alla porta di casa sua. Aprì ed entrò, cercando di fare piano. Ma si accorse che suo padre la stava aspettando nel salotto. <>, le disse andandole incontro. <> <> disse l’uomo scuotendo la testa <> Erika annuì: <> Si voltò verso il tavolo del telefono e si mise a scrivere qualcosa su un foglio. Ci mise un bel po’ mentre Klein la guardava perplesso. Quando la ragazza ebbe finito, porse il foglio al padre. <>, gli disse dandogli un bacio sulla guancia e allontanandosi. <>, rispose Klein portandosi una mano sulla guancia che gli aveva baciato. Era tanto che non lo faceva e la cosa lo aveva sorpreso. Andò a sedersi in salotto e si mise a leggere il foglietto che Erika aveva scritto. Ho incontrato per caso i cyborgs di Gilmour. Abbiamo preso accordi per il piano di fuga. L’appuntamento è per stasera alle 21, quando gli uomini che stanno di guardia davanti a casa nostra cambieranno per il turno. Passeremo dalla Berlin Stadtwald. E saremo finalmente due persone libere. Ti devo chiedere scusa, papà. C’erano tante cose che non avevo capito. Non so se sono ancora pronta a perdonarti, se ci riuscirò mai completamente. Se domani sera tutto andrà bene avremo almeno una possibilità per provare a ricominciare una nuova vita insieme, in un qualche luogo dove la parola “libertà” abbia ancora un qualche significato. Perdonami. Ho lasciato che il rancore coprisse il bene che ti voglio. Con affetto, Erika Klein rilesse la lettera un’altra volta, per imprimerla bene nella mente. Non avrebbe voluto bruciarla come tutti gli altri messaggi, ma era necessario. Si alzò e accese un fiammifero dando fuoco al pezzo di carta e lasciandolo bruciare nel caminetto, rimanendo a guardare finché la fiamma non si fu spenta e la carta non fu che cenere. Françoise sorrise guardando la scena dalla sua finestra. Poi si andò a sedere sul letto, lasciandosi cadere all’indietro. Era piuttosto stanca. Aveva usato molto i suoi poteri quel giorno e questo aveva richiesto un grande dispendio di energie. Qualcuno bussò alla porta. Françoise inclinò la testa all’indietro, verso la porta: <> Joe aprì la porta ed entrò. <>, disse Françoise rialzandosi. <> <> Joe sorrise: <> Le porse un bicchier di carta coperto. <>, disse prendendo il contenitore <> Françoise si mise a sedere sul letto aprendo il bicchiere e cominciando a sorseggiare la bevanda calda. <>, disse Joe sedendosi su una sedia che prese in un angolo <> Françoise bevve ancora un sorso: <>, poi si voltò verso la finestra <> Joe sospirò: <> Françoise restò in silenzio soppesando le parole di Joe una per una: <> <>, disse Joe alzandosi e rimettendo la sedia a posto <> <>, gli rispose Françoise con un lieve sorriso. Joe era già sulla porta: <> <>, disse Françoise posando il bicchiere su un comodino. <> Françoise sorrise: <> Joe guardò l’orologio che portava al polso. Era quello che gli aveva regalato lei per il suo compleanno14: <> <>, gli disse. <>, le disse sorridendo. Poi ripensò alla sera in cui gliel’aveva dato e un po’ di imbarazzato rossore gli passò sul volto. <>, le chiese lei. Joe si riprese e scosse la testa: <> <>, rispose Françoise piuttosto perplessa. Joe uscì dalla stanza. Françoise rimase ferma immobile per qualche secondo, poi alzò le spalle e cominciò a prepararsi per la notte. PARTE XVI Joe rientrò in camera. La luce era spenta e l’unica che entrava veniva dalla finestra aperta, alla quale Albert era affacciato. Bretagna era sdraiato a pancia sotto sul suo letto, il primo che si incontrava, e stava russando beatamente. Era andato a letto senza neanche spogliarsi. Albert solo quando sentì la porta sbattere. <>, disse <> Joe si andò a sedere sul suo letto, che era quello in mezzo ai due, e cominciò a slacciarsi le scarpe: <>, disse con un tono piuttosto nervoso mentre si sbottonava la camicia. Albert fece un’espressione perplessa, poi alzò le spalle e si riaffacciò fuori. Dalla loro stanza si vedeva uno scorcio di Alexander Platz. <>, gli chiese Albert dopo un po’ di silenzio. <> rispose Joe sdraiandosi col pigiama indosso. Albert non rispose, ma si tolse dalla finestra e andò a sedersi sul suo letto guardando l’amico. Lo osservò immobile in silenzio qualche istante. Poi iniziò a spogliarsi per andare a letto. Joe si mise a sedere sul letto, raccogliendo la gambe a lui e guardando davanti, verso la parete. Trasse un profondo sospiro. Albert lo guardò un po’ divertito, mentre si infilava il sopra del pigiama. <>, gli disse tirando su le lenzuola del suo letto. Joe guardò Bretagna, che sembrava nel bel mezzo di un lungo viaggio nel mondo dei sogni… già, i sogni. <>, gli disse Albert sdraiandosi senza tirarsi addosso le lenzuola <> Joe volse lo sguardo verso Albert che si era sdraiato con un braccio sotto la testa, ma ancora non disse una parola. Albert lo guardò con la coda dell’occhio. Vedendo che Joe non sembrava intenzionato ad aprirsi, si voltò dall’altra parte. <>, gli disse. <>, chiese Joe improvvisamente. Albert si voltò verso di lui torcendo il busto e guardandolo perplesso: <> Joe si grattò la testa, quasi a raccoglierne i pensieri che vi frullavano dentro piuttosto caoticamente e cercando di ordinarli in concetti finiti e dotati di senso. Albert si mise a sedere con le gambe incrociate guardando l’amico con la fronte aggrottata per qualche secondo. Joe girò un po’ la testa qua e là, come se cercasse le parole scritte sui muri. Poi tirò un profondo respiro. <>, chiese infine. Albert restò in silenzio a guardarlo per qualche secondo. Volse lo sguardo un po’ in là e fece una strana smorfia con la lingua. <>, disse infine <> <> <>, disse Albert diventando serio <> Joe lo guardò un po’ deluso: <> Albert sorrise: <> <> Albert alzò le spalle: <> <> Albert si grattò la nuca: <> Joe rimase in silenzio, con la testa appoggiata sulle ginocchia e guardando fisso davanti a sé. <>, gli chiese Albert <> <>, chiese Joe senza voltarsi <> <> Joe annuì: <> Albert restò in silenzio soppesando attentamente quella specie di confessione. Si sdraiò nuovamente e aprì gli occhi verso il soffitto: <>, si voltò verso Joe che ancora guardava fisso di fronte a lui <> Joe si voltò appena: <> <> <> <> Joe restò zitto qualche secondo: <> <> Joe non disse niente limitandosi a guardare Albert pensieroso. Quel silenzio durò alcuni minuti. Gli unici rumori che si sentivano erano il russare di Bretagna e i rumori della città che si intrufolavano dalla finestra rimasta aperta. <>, riprese Joe <> ripensò al sogno e si prese la testa fra le mani <> Albert sorrise: <> <>, disse Joe <> <>, disse Albert voltandosi di nuovo dall’altra parte. <> Joe si sdraiò e chiuse gli occhi. Passarono alcuni istanti, poi sentì la voce di Albert: <> Joe si voltò dall’altra parte, facendo finta di essersi già addormentato e di non aver sentito. PARTE XVII Mancavano 5 minuti alle 9 di sera e al cambio del turno. 007 e 004 stavano aspettando dietro una macchina parcheggiata che arrivasse l’auto delle due nuove guardie. <>, chiese 004 al compagno per l’ennesima volta. <> La macchina arrivò e dette il cambio. <>, constatò 009 dalla stanza d’albergo dando un’occhiata all’ora. Qualche minuto dopo che la macchina aveva parcheggiato, una bella e provocante ragazza si avvicinò ad essa e bussò al finestrino. <> L’uomo che era seduto al posto del passeggero abbassò il finestrino: <> La ragazza si abbassò facendo di tutto per far sì che l’uomo notasse il prosperoso seno che aveva: <> L’uomo, che non poteva fare a meno di guardare il petto della donna, rimase qualche attimo in silenzio: <> <>, disse la ragazza sporgendosi ancora di più dentro l’abitacolo. <> <>, disse l’altro improvvisamente. <> <>, disse scendendo dalla macchina. <>, disse la ragazza rialzandosi. <>, chiese l’uomo. <> La ragazza lo accompagnò e, girato l’angolo, quando fu sicura di non essere vista dall’altro uomo, stordì il suo “soccorritore” con la sua pistola laser. <>, disse 007 prendendo le sue sembianze. <>, disse 004 comparendo da un vicolo <> <> disse 007 frugandogli nelle tasche e prendendo il portafoglio e i documenti <> <>, disse 004 portando l’uomo nel vicolo da cui era venuto. <> disse 007 guardando i documenti di identità che aveva in mano <> <>, gli intimò 004. <>, disse 007 avviandosi. Entrò in macchina e notò un ricevitore da cui provenivano dei rumori. Si sentì la voce di Erika che canticchiava qualcosa. Doveva essere collegato all’appartamento di Klein. <>, chiese il “suo” compagno. <> L’uomo si voltò e alzò gli occhi verso l’appartamento di Klein. 007 colse l’attimo e lo stordì con la pistola: <> 004 comparve poco dopo e prese il secondo per portarlo nel vicolo accanto all’altro. 009 e 003 scesero e si portarono accanto alla macchina. <> disse 009 <> <>, disse 007 imbarazzato. <>, disse 003 riferendosi al primo travestimento di 007. <> <> 004 arrivò: <> <>, disse 009 facendo lampeggiare una minitorcia verso l’appartamento di Klein. Pochi istanti dopo padre e figli furono sotto il portone di casa loro. <>, chiese Klein piuttosto nervoso. <>, gli disse 004. <<007, mi sa che ti devi rimpicciolire.>>, disse 009. <> <>, gli disse mostrando la macchina. <>, disse trasformandosi in un gatto tigrato. Salirono tutti e cinque sulla macchina. 004 andò alla guida, con 009 al suo fianco, mentre gli altri tre si misero dietro. <>, esclamò Erika sorpresa. 007 le era saltato sulle ginocchia, accoccolandosi e mettendosi comodo. 004 lo guardò senza sapere bene che cosa pensare: <> <>, disse 007 in tutta risposta. 004 scosse la testa e mise in moto, partendo alla volta della Berlin Stadtwald: <> Gli altri stavano ridendo come matti. Un po’ di relax prima di affrontare la parte più difficile della corsa verso la libertà. PARTE XVIII Arrivarono nei pressi del luogo che avevano scelto per oltrepassare il muro verso le 10. 004 parcheggiò la macchina in un luogo nascosto, coperto dalla vegetazione. Era luglio, ma in quel luogo c’era un’arietta fresca e frizzante, assolutamente fantastica. <>, chiese 009 a 003. <>, rispose lei. <>, disse 004 <>, disse poi rivolgendosi a 007 che era ancora un gatto e se ne stava in braccio a Erika. <<004 ha ragione.>> disse 009 <> <>, rispose 007 con due occhini tristi assolutamente umani, scendendo dalle braccia di Erika e ritrasformandosi <> <>, disse 004 avviandosi. Camminarono per un po’ nella vegetazione. Ogni tanto sentivano qualche aereo passare sopra le loro teste. <>, disse 004 a un certo punto <> Arrivarono nel punto indicato da 004 e si accucciarono. <>, chiese 009 dopo che si erano nascosti. <>, disse 004 armando la mano <> <>, chiese 009 mettendogli una mano sul braccio. <> <> <> disse 004 alzando gli occhi al cielo <> <>, disse scomparendo grazie all’accelerazione. 009 si mosse come un fulmine verso la torretta di sinistra e con un balzo vi giunse sopra. I due soldati di guardia non fecero nemmeno in tempo ad accorgersi di lui che erano già storditi. Poi fece altrettanto con gli altri due. Quindi tornò dai suoi compagni. <>, disse sfregandosi le mani. <>, disse 003 improvvisamente <> <>, disse 004. <>, disse 009 Una jeep si fermò sotto la torretta di sinistra. <>, disse un soldato smontando dal fuoristrada <> L’uomo aspettò qualche istante e non ricevendo risposta riprovò: <> <>, disse il suo compare seduto nella jeep. <> disse il primo <> <>, disse quello in macchina accendendo la radio <> Un proiettile lo colpì in pieno. L’altro si sporse dalla torretta: <> Cadde dalla torretta e finì il suo volo a terra. Era morto. <>, disse 004 con la mano destra fumante <> Gli altri uscirono dalla vegetazione. Il muro era proprio davanti a loro. 16 cm17 di cemento armato dalla libertà. <>, disse 004 inginocchiandosi e sparando. Nel muro si aprì un grosso buco. <> <>, disse 009. Klein annuì e uscì dal suo nascondiglio. <>, sibilò l’uomo dentro la jeep. Solo 003 lo sentì, ma fu abbastanza per farla voltare e vedere che l’uomo stringeva in mano una pistola con tutta l’intenzione di usarla. Partirono due colpi. <>, urlò 003 facendo appena in tempo ad accasciarsi a terra. Uno colpì in piena spalla Albert, che tuttavia riuscì a sparare e a colpire il soldato una seconda volta colpendolo a morte. L’altro toccò a Klein. <>, urlò Erika gettandosi sul padre accasciato a terra. 009 e 003 si avvicinarono di corsa. <>, disse 009 rigirandolo. <>, disse lui con un filo di voce <> <>, disse 009 prendendolo in braccio e alzandosi <> <> <>, disse 003. Tutti e sei scomparvero attraverso il buco creato da 004. I militari arrivarono pochi secondi dopo. Guardarono attraverso il buco, ma chiunque vi fosse passato si era dileguato nel nulla. EPILOGO Aeroporto di Tempelhof18, Berlino Ovest, una settimana dopo. <> Gilmour strinse la mano a Klein: <> <>, disse Klein stringendo la mano a Gilmour, mentre l’altro braccio era ancora ingessato <> <>, disse Isaac sorridendo. <> disse Erika posando una mano sulla spalla dell’uomo <> <> <> disse poi Erika <> <>, disse Albert. I due si avviarono verso il loro volo, mentre Gilmour e i suoi ragazzi li guardavano. <>, disse Bretagna facendo l’occhiolino all’amico. <>, esclamò Albert arrossendo <> <> sogghignò Bretagna <> <>, esclamò Joe. <> disse Bretagna alzando gli occhi al cielo e portandosi pensierosamente un dito alla bocca <> <>, disse Françoise <> Joe la guardò andare via incapace di dire una sola parola. Poi si voltò verso Bretagna con uno sguardo che avrebbe incenerito un bue nel giro di un millesimo di secondo. Albert se la stava ridendo di gusto. <> disse Joe con quel tono calmo che si dà la violenza. <> <>, sbottò Joe <> <> disse Bretagna con un tono così vero che Joe capì che veramente non si era reso conto. Scosse la testa e se ne andò imprecando. <>, disse Bretagna guardandolo allontanarsi. Albert gli si avvicinò: <> <> disse Bretagna <> Joe intanto era arrivato all’uscita. <> Joe cercò di farsi venire un sorriso, poi si voltò verso di lei: <> <> <> <>, gli chiese avvicinandosi a lui. Joe fece due calcoli: <> <>, disse lei alzando le sopracciglia <> <>, chiese lui incuriosito. <> <> <>, gli disse sorridendo e tornando all’interno dell’aeroporto. Joe la guardò senza dire una parola, cominciando a scuotere la testa piano piano. Albert lo raggiunse poco dopo: <> <> <> Joe sbuffò: <> cercò di cambiare discorso <> Albert sorrise stirandosi un po’: <> Joe sorrise e annuì: <> <> <>, chiese Joe aggrottando la fronte. Albert sorrise: <>, disse strizzando un occhio. F I N E Note finali: Berlino non l’ho mai visitata. Non so se il muro passasse dalla Berlin Stadtwald, così come non so parecchie altre cose. Mi sono avvalsa di una guida Baedeker, sperando di indovinarci il più possibile. Per il resto, posso solo sperare che questa fanfic vi sia piaciuta. ______________________________________________________________ 1 Ai più attenti non sarà sfuggito che il titolo non è altro che la traduzione in italiano del titolo della famosissima canzone dei Pink Floyd Another brick in the wall. 2 Walter Ulbricht è l’uomo che ha governato la Repubblica Democratica Tedesca, guidando il regime di tipo sovietico, praticamente da pochi anni dopo la fine della guerra fino al 1971. E’ a lui che si deve, per esempio, la costruzione del Muro di Berlino. 3 Quando c’era ancora la divisione tra RFT (Repupplica Federale Tedesca) e RDT (Repubblica Democratica Tedesca), per entrare nella RDT servivano dei visti di soggiorno e per il transito sul passaporto che andavano richiesti presso le ambasciate della RDT. Inoltre era necessario stabilire in anticipo l’itinerario, il tipo di soggiorno (albergo o altro) e il numero di giorni che si voleva sostare. I marchi tedeschi orientali dovevano infatti essere acquistati alla frontiera in base ai giorni di permanenza. 4 Schönefeld era l’unico aeroporto di Berlino Est. Si trova nella parte meridionale della città. 5 La Spree (spero sia femminile ^^’) è il fiume che attraversa Berlino (da Ovest ad Est). 6 Vedi Camera con vista. 7 Il Tierpark è uno zoo. 8 “Addio” in tedesco. 9 Da qui in poi iniziano alcune sequenze originariamente scritte con diversi fonts (uno per personaggio) che sono fatti a imitazione della scrittura a mano. E’ possibile che alcuni di essi non siano presenti sul vostro computer e che perciò vengano visualizzati come un normale “Arial”. 10 In Giappone, quando uno starnutisce senza apparente motivo, si usa pensare che qualcuno stia parlando di lui. Un po’ come quando a noi “fischiano le orecchie”. 11 La Colonna Trionfale è quella statua raffigurante Nike (non la marca di abbigliamento sportivo, ma la Dea della Vittoria). Se avete visto Faraway, so close di Wim Wenders, sicuramente avrete capito di che parlo. 12 Union Jack è il nome con il quale è chiamata la bandiera del Regno Unito (non quella dell’Inghilterra, che è una croce rossa su sfondo bianco), quella con due croci rosse bordate di bianco su sfondo blu. 13 Joe ha raccontato, molto brevemente, la storia di Tetsuwan Atom, il manga di Osamu Tezuka che ha inaugurato il filone degli androidi e dei cyborgs nel mondo dei manga e che quindi è il predecessore per eccellenza di Cyborg 009. 14 Vedi Buon compleanno, Joe. 15 Non credo che sia un mistero che Freud è colui che ha fatto dell’interpretazione dei sogni una vera e propria disciplina psicologica, utilissima per studiare la psiche e i desideri delle persone. 16 La Gestapo era la polizia segreta della RDT. 17 16 cm era lo spessore del Muro di Berlino. 18 Tempelhof era uno dei 3 aeroporti di Berlino Ovest e quello che, fino al 1975, gestiva la maggior parte del traffico internazionale.