Santa Rosalia

Il nome Rosalia deriva da rosa+lilium , rosa e giglio, o semplicemente da rosa .

Il Monte delle Rose, infatti apparteneva al padre della Santa, il nobile normanno Sinibaldo che aveva ottenuto dal re Ruggero II il dominio sul territorio della Quisquina e del Monte delle Rose. Questa montagna separa precisamente, i due centri di Bivona e Palazzo Adriano ed è visibile dal vicino centro di Santo Stefano Quisquina

Rosalia visse la prima giovinezza a Palermo, nella splendida corte normanna, forse come damigella d'onore di Margherita di Navarra, consorte di Guglielmo il Malo. La ragazza ebbe quindi una raffinata educazione e visse in mezzo agli agi che, però, non le impedirono di riflettere sulla propria realtà umana e su quella divina. Si favoleggia che un dì, mentre si guardava allo specchio, vide riflesso il volto sanguinante di Cristo. Fu allora che decise di consacrarsi interamente a Dio, sfuggendo ai genitori che volevano accasarla con il Conte Baldovino. Secondo alcuni Rosalia entrò nell'ordine dei benedettini, secondo altri fu una monaca basiliana. Alla vita nel convento preferì, però la solitudine di una vita eremitica e contemplativa. Si coprì di ruvide vesti e venne a vivere nella tetra grotta della Quisquina, allora possedimento paterno.

 

  Statua dello scultore  stefanese Lorenzo Reina

Vani furono i tentativi di far recedere Rosalia dai suoi propositi. La credenza popolare vuole che il diavolo tentasse la vergine con i propri inganni, ma la Santa, con la preghiera e la penitenza, riusciva a superare tutte le difficoltà morali e materiali.

Sulla roccia sovrastante l'ingresso della spelonca proclamò solennemente, nel latino del tempo, la propria scelta di vita: EGO ROSALIA + SINIBALDI QUISQUINE ET ROSARUM DOMINI FILIA AMORE DNI MEI JESU CRISTI INI HOC ANTRO HABITARI DECREVI + .

 In italiano significa: - Io Rosalia di Sinibaldo, padrone della Quisquina e delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo, ho deciso di vivere in questa grotta.

Ancora oggi ci si chiede come potesse sopravvivere un essere così delicato in quella spettrale caverna.

Rosalia lasciò l'oscura grotta della Quisquina dopo un lungo periodo, forse di 12 anni (dal 1150 a 1162 ?) perchè sull'epigrafe, in basso a sinistra si legge questo numero. Più o meno fantasiosi sono i motivi per cui la giovane abbandonò la spelonca. Qualcuno ha scritto che la sua vita eremitica fu disturbata dal popolo del luogo vicino. Altri hanno sostenuto che, essendosi verificata una rivolta baronale contro i normanni, Sinibaldo si vide confiscati tutti i beni, compresi i territori della Quisquina.

Rosalia, pertanto,sarebbe fuggita da una proprietà che non apparteneva più alla propria famiglia.

L'eremita riprese così la via di Palermo, dove fece voto di clausura. Sul Monte Pellegrino pose la sua dimora , riaffermando il proposito scolpito nella roccia del Monte Quisquina e concludendovi, in preghiera , la propria esistenza.


IL RINVENIMENTO DELLA GROTTA ALLA QUISQUINA

Correva l'anno 1624. Sul Monte Pellegrino erano già state rinvenute le ossa della Santa e la notizia era pervenuta anche nella zona di Santo Stefano. Al paese lavoravano due muratori palermitani, Simone Tropiano e Francesco Bongiorno. I due, spinti da forte curiosità e dai racconti uditi, decisero di esplorare il territorio che fu del padre della Santa. Una storia antica raccontava dell'esistenza di una grotta al Monte Quisquina, dove gli abitanti delle zone vicine, solevano recarsi, un tempo, in pellegrinaggio, per pregare davanti ad un vetusto altare, in memoria di una certa romita. Col passare del tempo, però il culto era andato perduto ed il bosco aveva riconquistato quei luoghi allora molto selvaggi e pullulanti di fiere.

Dopo ardue ricerche, finalmente, gli esploratori si imbatterono in un anfratto tra le rocce, attraverso il quale a stento poteva passare un uomo. Decisero di tornare l'indomani con gli attrezzi adeguati. Calatisi dentro, ispezionarono la grotta e rinvennero, su un duro masso, un'iscrizione che non seppero leggere, perchè analfabeti. Con un pezzo di carbone trascrissero alla meglio il testo e lo portarono in paese, dove alcuni prelati lessero a fatica le due parole iniziali: Ego Rosalia.

Furono momenti di grande felicità: una gran folla accorse alla Quisquina, dove i religiosi, con immensa emozione, poterono leggere per intero lo scritto, che fu subito attribuito alla Santa.

Alcuni miracoli si verificarono in quel periodo: uno riguardò una certa Sigismonda Spinelli che fu esorcizzata in nome di Santa Rosalia; un altro toccò ad un muratore che lavorava all'ingresso della grotta, tale Nicolò Comparetto, che si disse miracolato per non essere stato neppure scalfito da un grosso masso, precipitato dalla volta della spelonca.


IL RITROVAMENTO DEL CORPO SUL MONTE PELLEGRINO

Nel 1623 una certa Geronima Lo Gatto di Ciminna, gravemente ammalata, ebbe la visione di Santa Rosalia che le ordinava di andare al Monte Pellegrino. Con un ritardo di circa sette mesi, la donna si ricordò che doveva sciogliere il voto per la guarigione ottenuta. Insieme a due amiche, Giacoma Amato e Francesca Anfuso, si recò sul posto, dove ebbe una seconda visione che le indicava il posto in cui scavare. Fu rinvenuto un masso che mostrava, attraverso una fessura, un delicato teschio. Le ossa erano completamente incastonate nella pietra e per liberarle si dovette usare lo scalpello. La conferma che si trattasse veramente del corpo della Santuzza venne da un altro episodio: Vincenzo Bonelli, dopo che gli era morta di peste la moglie, vagava sul Monte Pellegrino, cercando di vincere il dolore per la scomparsa della consorte,quando si ritrovò nei pressi della grotta abitata, secoli prima, dalla Santa. Per la stanchezza, si assopì, ma fu improvvisamente destato da una luce che usciva da un anfratto e subito vide comparire Rosalia, la Santa eremita, che gli promise che la peste sarebbe cessata dopo la processione delle reliquie. Per questo la Santa è stata riconosciuta protettrice dalle epidemie e dalle calamità.

Il Papa Urbano VIII, interessato dal cardinale Doria, inserì il nome di Rosalia nel Martirologio Romano e fissò il giorno della festa: il 4 settembre, ricorrenza del ritrovamento delle spoglie mortali della Santa. Queste furono poi collocate in un'arca e portate in trionfo per la città.

La peste scomparve definitivamente un anno dopo.

Da allora le chiese dedicate a Santa Rosalia si moltiplicarono in Sicilia, particolarmente nel palermitano e nell'area dei Monti Sicani, di cui fa parte il Monte Quisquina: Santo Stefano Quisquina, Bivona, Cammarata e San Giovanni Gemini, Corleone e Ficuzza, Castronovo e Prizzi.

Statua  custodita a Bivona

Il culto di Santa Rosalia si diffuse in Italia  ed anche in altri stati: Spagna, Francia e Polonia.


 

IL CULTO DI SANTA ROSALIA A SANTO STEFANO QUISQUINA

A Santo Stefano la festa di Santa Rosalia è fissata per la prima domenica di giugno e per i seguenti tre giorni. Le celebrazioni liturgiche avvengono la domenica, in chiesa, e il martedì in piazza, al ritorno della processione dalla Quisquina

La processione del busto con le reliquie

Il "Martedì di Santa Rosalia" è il giorno più atteso dalla popolazione, ansiosa di compiere i voti promessi (prummisioni). La maggior parte li risolve facendo a piedi scalzi il cammino percorso dalla Santa per arrivare alla Quisquina. La mattina presto il busto d'argento della Santuzza, circondato di rose, viene portato a spalla, con partenza dal Santuario di Giordano Ansalone, attraverso il paese. Superato il Monte Santa Croce, il corteo si immette per un breve tratto sulla statale , poi sale a destra per la trazzera che porta alla cosiddetta "Rocca di Santa Rosalia". Da qualche anno la località è stata sistemata per permettere un migliore svolgimento del culto e una statua di Lorenzo Reina vi è stata posta. La tradizione racconta che la Vergine palermitana dovette riposarsi su un masso dell'arido luogo, spossata per la faticosa salita.Qui i partecipanti  alla processione si fermano per recitare  alcune preghiere e per ...riprendere fiato. Precedono il corteo i cavalieri che prendono parte alla tradizionale "Cavalcata ": gli animali, oggi per lo più cavalli (ma una volta erano muli  o bardotti) vengono bardati con finimenti colorati e recano campanelli al collo che creano un'atmosfera pastorale altamente suggestiva, mentre l'aria profuma delle mille essenze delle erbe aromatiche calpestate, tra cui domina l'origano. 

Un momento serale della Cavalcata.

Attraversato il bosco, sempre preceduta dai "tammurinari", la processione giunge all'eremo  dove si svolgono le funzioni religiose. Anche qui sono presenti le immancabili bancarelle . Al termine delle cerimonie, le famiglie si sistemano nella frescura del bosco per consumare il tradizionale "castrato " cotto alla brace.

A pomeriggio inoltrato il simulacro viene riportato in paese, dove si celebrano altre funzioni religiose .

 

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