"Vita di Santa Rosalia Sinibaldi "     

Sac. Giuseppe Guggino (1841-1914)

Versione integrale

Capitolo II

Una notte, mentre i mortali erano immersi in profondissimo sonno, e la natura sembrava tutta quanta addormentata, in mezzo a questa universal quiete, odesi il calpestìo di una donna, la quale al concitato muovere dei passi pare una profuga. E tal è dessa - è Rosalia che fugge dalla sicula metropoli. Il di lei animo, forte come il granito dei monti, ha decretato irrevocabilmente decretato di fuggire il mondo per l'ardente amore del suo Dio e di seppellirsi viva in una recondita solitudine. Essa valicò pianure, monti, vallee, burroni; e dopo lungo e disagioso viaggio, pervenne al Monte di Quisquina, dominio di Sinibaldi, suo padre.

Uscendo da Palermo dalla parte di mezzodì, e camminando per lo spazio di quaranta miglia, s'incontra la gigantesca catena delle montagne di Madonia, il cui selvaggio dorso, dirupandosi a men irte giogaie, dà luogo a due monti minori detti monti gemelli, delle Rose e Cammarata. In mezzo ad essi come fiancheggiato da due torri sorge il Monte della Quisquina, monte pieno di folta selva, inaccessibile, ed allora ricettacolo di fiere.

Quivi la vergine Rosalia, dopo penosissimo incespicar qua e là, rinvenne una recondita spelonca, e questa elesse a suo eremitaggio.

Orrido e spaventevole, più che possa immaginarsi, è questo antro! qui mai la luce penetra coi suoi benefici raggi, ma eterna vi regna la notte; umida e fredda n'è l'aria; perenne lo stillar dell'acqua dai pendenti macigni,; a dir breve questa grotta sembra un atro sepolcro che le stesse belve feroci neppure sceglierebbero per covile. Eppure Rosalia, per ardente amore del suo Gesù, decretò di abitare qui, in hoc antro habitare decrevi, e di permutare lo splendore della sua reggia con questo sepolcrale ergastolo.

La eccelsa vergine corse intrepida ad affrontare tante asprezze, dacchè il suo grande animo seppe seguir costante quel celeste Sposo, da cui era chiamata ad eroismo tanto sublime! Essa si seppellì viva in questa erma solitudine; ingombra di cardi e dumi; dapoichè siccome le rose fioriscono tra le spine, così il divino amore si diletta del patire e, quanto più esso ingagliardisce, tanto più si compiace di maggiori austerità e patimenti.

In quel tenebroso antro mirasi Rosalia, ancora ansante pel lungo e d aspro cammino: Essa nella primavera degli anni, dal sembiante di un serafino, dalle fattezze placide e serene, dagli occhi raggianti amor di paradiso, sparse le trecce morbide sugli omeri delicati, si giace prostesa innanti la immagine del suo prediletto Crocifisso, cui ringrazia per averla condotta al salvamento; ed al quale fa le più affettuose e calde promesse di voler vivere seco lui in quella orrida spelonca e di offrirsegli in perenne olocausto.

Quivi rinviene il talamo preparatole dal suo purissimo Amante; e, ricolma da ineffabile gioia, intuona il cantico della vittoria, riportata sul mondo, sulla carne, sul demonio. Ella racchiude in seno un'anima di tempra sì adamantina, di pensieri sì alti e sublimi, che nulla ha possanza di rimuoverla dal suo irrevocabile decreto. L'orrore della solitudine, l'incursione delle fiere, e gli assalti satanici non sono capaci di sgomentare il di lei animo tetragono.

Un giorno la nostra Romita, tutta cosparsa di celestiale bellezza, sfavillante santa letizia, tutta accesa di sovrumana carità, in segno imperituro del suo saldo proponimento, scolpì sopra un macigno della grotta questa memoranda epigrafe:

EGO. ROSALIA 

SINIBALDI QUISQUINAE ET ROSARUM

DOMINI FILIA

AMORE. DOMINI . MEI. JESU CHRISTI.

IN HOC ANTRO HABITARE 

DECREVI

nella quale epigrafe mirabilmente espresse il suo nome, la sua prosapia e il suo possente amore.

Guardando la quale iscrizione, Essa solea  imprimere vieppiù nell'animo l'alto proposito della vita abbracciata e, nel medesimo tempo, richiamava alla mente i favori della bontà divina: Questa sembra una fortissima ragione per cui siasi determinata di eseguire siffatta iscrizione; ed a tale pensiero svanisce ogni ombra di vanagloria da potersi imputare alla nostra Sinibaldi. Questo inane scrupolo varrebbe altresì a condannare tanti e tanti Santi, che molte cose fecero, dissero e vergarono pelle quali meritarono essere grandemente encomiati dagli uomini.

Questa famosa iscrizione è incisa sopra un durissimo sasso tanto alto da non potervi affatto arrivare creatura umana, essendo la prima linea undici palmi sopra il suolo, per cui bisogna confessare essere stata forse eseguita in modo soprannaturale.

Rosalia, come abbiamo detto, pell'ardente amore del suo Dio, decretò di abitare in quel dirupo, dove non si approssimava mai bifolco ad arare la terra, né pastore a rintracciarvi le fiere, e quel dirupo, quell'orrida spelonca Ella preferisce alla reggia per vivere unicamente col suo dolcissimo Gesù: AMORE. DOMINI . MEI. JESU CHRISTI. IN HOC ANTRO HABITARE DECREVI. Questo sentimento, forte al par della morte, fu quello che la involò alle lusinghe del secolo e la sostenne costantemente in quell'oscuro sepolcro. E quando la noia prodotta dalla solitudine la divorava; quando quel ricettacolo di belve l'atterriva; quando le tenebre eterne di quel silvestre luogo la spaventavano; quando sentiva venir meno le forze, allora invocava in soccorso, come angelo tutelare, quell'arcana e possente parola: AMORE. DOMINI . MEI. JESU CHRISTI. "Oh Amore- Ella esclamava sovente- la potenza indomita del tuo pensiero è come il braccio di Dio! Tu sei la mia legge, tu la mia vita, te solo eternamente bramo: Un istante della tua presenza fa obliare tanti anni di amarezze e di afflizioni. Il mio cuore dinanzi a te è come in un oceano di delizie; e senza di te è in un deserto di desolazione. Tu sei maggiore della immensa capacità del mio cuore, la bramosia insaziabile del mio petto è spossata innanzi a te! La parola che tu dirigi al mio cuore quando mi infondi la dolcezza è la vita, fa languire sulle mie labbra i deboli accenti che io vorrei balbettare. Tu in questo antro tenebroso sei la mia luce ed in questa spaventevole solitudine tu sei il mio paradiso. Oh amore, tu solo ti misuri con Dio. I cieli svaniranno siccome fumo, la terra con i suoi abitatori cadrà come logoro vestimento, i doni di Dio mancheranno tutti, verrà meno la fede, la speranza, le profezie, la scienza, le lingue, i miracoli, ma tu, tu solo, vivrai in eterno!

Così questo Serafino di amore andava disfogando l'esuberanza della sua carità, sepolta viva nell'orribilissimo antro della Quisquina.    

La Santa Verginella amava ardentemente il suo Dio, e lo amava con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze; ed a Lui consacrava i suoi castissimi affetti, i suoi purissimi pensieri, e s'ingegnava ogni dì di amarlo sempre più con maggiore intensità e veemenza.

Veramente il nostro cuore fu creato per amare, ed amare, pria delle creature il sommo ed increato Bene. C'insegna il prediletto discepolo che Dio è carità. - Deus Charitas est- la quale, accendendo il nostro animo, ci fa partecipi dell'amore dello stesso Dio. La carità è una potenza divina che addiviene la vita dell'anima nostra appunto come questa è la vita del corpo.

Essa è una virtù soprannaturale che ci fa pensare, amare, operare divinamente; ed è capace di aumentare sempre senza termine.

L'oggetto formale della carità è Dio: ed il precetto di amare l'Ente Supremo è il primo e il massimo di tutti i comandamenti: Hoc est maximum et primum mandatum.

L'uomo è tenuto di amare Dio sopra tutte le cose, e pei benefici da lui ricevuti, e per le sue infinite perfezioni. Noi dobbiamo amarlo perché ci ha creati, redenti e ci ha preparata una beata eternità. Dobbiamo amarlo essendo egli potente, sapiente, bontà infinita; perché fedele in tutte le sue promesse, giusto in tutte le sue vie, perfetto in tutte le sue opere, glorioso nella santità: mentre quanto havvi di bello, d'incantevole, di sublime nel Creato altro non è che un debolissimo riflesso della bellezza eterna ed infinita di Dio. Le perfezioni di Dio superano di gran lunga ogni espressione: ed invero chi potrà rappresentare con parole tutte le lodi di lui?

Se noi alle volte amiamo perdutamente qualche creatura, per una semplice scintilla di buono e di bello che in essa risplende, quanto più amar dobbiamo il Creatore che è sorgente assoluta di ogni bene?

La  carità è la più eccellente , anzi è la regina di tutte le virtù; e san Paolo, mirabile vaso di elezione, così magnifica questa celestiale virtù:- Quand'io parlassi tutte le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la carità sono come un bronzo sonante o come un cembalo che squilla. E quando avessi la profezia e comprendessi tutti i misteri, e tutto lo scibile, e quando avessi tutta la fede, talmente che trasportassi le montagne, se non ho la carità sono un niente. E quando distribuissi ai poveri tutte le mie facoltà, e quando sacrificassi il mio corpo ad essere bruciato, se non ho la carità nulla mi giova-.

L'amore di Dio è necessario e indispensabile per conseguire l'eterna salute: - Se brami di entrare nella vita eterna, osserva i comandamenti: chi non ama è nella morte-.

Ora nel vergine animo della nostra santa Rosalia l'amore divino era sì fortemente radicato, che noi senza dubbio possiamo esclamare,con le infuocate parole dell'Apostolo: - Chi potrà separare Rosalia dalla carità di Cristo? forse la tribolazione? forse le angustie? forse la fame? forse la nudità? forse i pericoli? forse la persecuzione? forse la spada? Ma di tutte queste cose Ella è vittoriosa per colui che l'ha amata. Imperocchè io son sicuro che nè la morte,nè la vita nè gli Angeli, nè i principati, nè le virtudi, nè ciò che ci sovrasta, nè le cose future, nè la fortezza, nè l'altezza nè la profondità, nè alcuna altra cosa creata potrà separar Rosalia dalla carità di Cristo, la quale è in Gesù Cristo, Signor nostro.

Continua......

 

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