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S.A.T.S. 2000 di Daniele Cupini
Studio Allestimenti Tecnici per lo Spettacolo
Progettazione-Produzione Eventi Live

A Benevento, protagonista di "Assolutamente"
LINA SASTRI, UNA, NESSUNA O FORSE CENTOMILA...

di RODOLFO DI GIAMMARCO

BENEVENTO - Luci sui ballatoi, sul varco che porta ai camerini, sui tiranti a riposo, sulla scena nuda. Luci su un' attrice orgogliosa e vulnerabile che si addentra in questa pagina vuota di teatro irradiando un apprensivo pudore, e indossa l' abito-sottoveste in nero, le calze a rete, i capelli lisciati indietro quasi per un vezzo nervoso, con quel viso solcato di tragedia. Lei è Lina Sastri, attrice, giunta però a realizzare un obiettivo in più, quello di recitare e insieme (soprattutto, direi) cantare, coniugando un idioma a parte, che va oltre il dialetto, una specie di lingua del cuore e del corpo le cui fonti possono essere, sì, scritte o comunque inscritte nella convenzione, ma prescindono dalla carica elettrica, morbosa, dell' interprete "anomala" di oggi. Un preambolo del genere, con tanto di pubblico pian piano ammaliato, a coronamento di un successo personale della Sastri che va oltre la bravura tecnica, sta forse a suggerire che Assolutamente, così s' intitola la serata, non è quanto viene definito in locandina una "novità italiana", a firma di Giuseppe Manfridi, e semmai trattasi di recital (brutto, però, il termine), di repertorio vocale drammatizzato ad opera d' un talento naturale, cui sa dare assetto e nitore la regia esperta di Armando Pugliese. Il tracciato dello spettacolo volge dalla prosa alla melodia. All' inizio nasce la crisalide-attrice, e i musicisti l' assecondano con "Torna maggio" di Russo, poi il ghiaccio si spezza con la lezione di teatro che Mommina dà in extremis alle figlie in "Questa sera si recita a soggetto", cui più in là si innesca come contro-effetto la "Tarantella" friccicarella, un soprassalto emotivo. E c' è un debito pagato impeccabilmente a Eduardo, l' inveire di "Filumena" a Soriano: da brivido. I brani canori che s' alternano sono sentiti di dentro, prima che espressi: "Uocchie c' arraggiunate", "Malafemmena", "Era de maggio", finché il registro cambia, e la farfalla-attrice si esotizza, diventa sciantosa, secerne un animalesco eros magari parodiando la Carmen Zuccona di "Eden teatro" di Viviani. Ecco subito dopo, però, il freno quaresimale, la pietà senza musica di una mamma ignara e sfortunata in "' O mese mariano" di Di Giacomo. La rimonta è maliziosa, a base di refrain classici d' ambiente, che culminano a sorpresa in un clima torrido di luminarie, di furiosi e felini ammiccamenti, con una "Maruzzella" stile mambo che trascinerebbe all' inferno chiunque chiudendo i bis con "Bammenella" dopo essersi aggrappata di peso al sipario che si serra. Unica pecca: le suture di Manfridi non fanno davvero molto testo. Solerti lo scenografo Franco Autiero e la costumista Annalisa Giacci. Impossibile qui non citare, anche se non proprio di nostra competenza, tutta un' altra gamma timbrica napoletana, quella corale, germinata dal melodramma, di stile genuino e rigoroso, che ha pervaso il concerto-spettacolo di apertura del Festival, I suoni e le parole del Nanianà, su idea e conduzione dal vivo, al piano di Roberto De Simone, formidabile riorchestratore delle sue hit teatrali, per voce dei suoi interpreti stessi. Un gergo di ottave, di corde vocali umane. Il mito dell' ensemble musicale ispira la fantasia scenica anche di Gigi Proietti, è cosa nota, ma in sintonia con "Il teatro delle lingue sconfitte" battezzato da Gregoretti, stavolta la summa-show del mattatore, lo "Sconcerto", ha ceduto la precedenza a La scoperta dell' America, il poemetto in romanesco che Cesare Pascarella coniò nel 1893, un anno dopo il 400 anniversario. Il poeta, al tempo, ne ricavò molte letture pubbliche, ma Proietti vi si applica di più e di getto, conosce i sonetti quasi tutti a memoria, incarna con sapienza i panni dell' avventura oltreoceano di Colombo, insaporendo le trattative coi re, la gestione della ciurma, la farsa coloniale con gli indiani, il bottino di "fregnacce", la morale degli eroi fatti passare per matti.

da la Repubblica - Mercoledì, 16 settembre 1987

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