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Maurizio Scaparro parla del dramma brechtiano che debutterà al Maggio fiorentino

UN GALILEO GRANDE ITALIANO

di RODOLFO DI GIAMMARCO

ROMA - Maurizio Scaparro dirigerà Vita di Galileo di Brecht che debutterà il 20 maggio alla Pergola, nell' ambito del Maggio musicale fiorentino. Le repliche si terranno dal 28 in poi all' Argentina. Fervono intanto le prove dello spettacolo (realizzato per conto del Teatro di Roma con l' apporto coproduttivo del Maggio) per un organico di circa 30 attori fra cui Pino Micol protagonista. Per meglio soddisfare i dettami brechtiani escludenti la realtà sia di un' Italia medioevale sia del Vaticano, l' idea di adesso a cui stanno lavorando lo scenografo Roberto Francia e il co-designer Pedro Cano (pittore spagnolo di New York) è quella di un mappamondo gigantografato, forte di un' intelaiatura geometrica e abitabile con volumetrie a più piani, sulla scorta di uno studio cinquecentesco di Luca Pacioli rinvenibile nell' opera "La divina proporzione", che pare proprio anticipi di secoli i labirinti di Escher. "Anche nelle intenzioni dell' autore" puntualizza il regista "questo non doveva essere un dramma storico, ma piuttosto l' allusione a una macchina scientifica, politica e teatrale cui l' uomo si sottopone. Ci si può chiedere quali siano le ragioni per proporre oggi un testo del genere, un testo che risentì del "peccato originale" della scienza moderna, dello sgancio cioè della bomba di Hiroshima, esordendo per altro in America, residenza elettiva di Brecht dove nel ' 47 fu Charles Laughton, a Los Angeles, a impersonare il primo Galileo assoluto". Da noi, fa spicco la clamorosa edizione curata nel ' 63 da Strehler, con Tino Buazzelli nel ruolo di scienziato sotto accusa, di temperamento massiccio e umano. "Sono trascorsi 25 anni da allora, da quella messinscena memorabile, e ho pensato che in questo frattempo potevano essere maturate altri urgenti, nuovi stimoli. L' evento di Strehler, importantissimo, l' ho vissuto come non-regista, con emozione, e Buazzelli mi suggerì una volontà seria di divertire (è lo stesso Brecht, nelle sue note, a chiedersi se il copione avrebbe poi ingenerato tragedia o commedia ottimistica, tant' è che i bozzetti originali si pensò ad un disegnatore di Walt Disney, ndr). Forse ho trovato meno intrigante la versione del Berliner Ensemble...". Il confronto a distanza con Strehler fa scaturire coincidenze. "In quei medesimi anni Pino Micol si spostava da Bari per andare a frequentare la scuola del Piccolo di Milano, perché lì s' insegnavano le nuove frontiere dell' arte: ora, Micol ha incamerato tante esperienze, ha l' età del personaggio, e alla parte aggiunge una vitalità razionale, un' ironia che è nelle righe di Brecht. In un messaggio che mi ha indirizzato John Houseman, producer della Vita di Galileo con Laughton, è testimoniata la regola della "semplicità" cui si uniformarono al Coronet Theatre di Los Angeles l' autore e l' attore, raffigurando un concetto di scienza che crea il dubbio. E a proposito di sarcasmo intellettuale, le doti di Micol appaiono collaudate, idonee". Sentendo questa dichiarazione, viene anche in mente un confronto fatto dallo stesso drammaturgo, a giudizio del quale il nostro scienziato doveva somigliare, sulla ribalta, a un Riccardo III suggestionante. "Non va trascurato che un tale Galileo, indagato nell' arco di oltre 30 anni, deve far mostra di toni aggressivi in quanto, sì, intelligente, ma spesso intollerante nei riguardi di un prossimo che era cinico, manovriere, non edotto. E se le sue asserzioni copernicane conobbero persino il compromesso dell' abiura, lui si manifesta ovunque tattico quanto spirituale, combattivo quanto vulnerabile. E' un grande italiano pieno di contraddizioni, con un che di stratega, di artista, di utopista dentro di sé. La prima didascalia che gli attribuisce Brecht contiene un avverbio: allegramente. Nulla toglie, nel complesso, che il Galileo descritto da Brecht sia poi soggetto di "politica". Anche se una delle scene più belle è la penultima, quasi una scena d' amore, in cui tramanda all' allievo Andrea un discorso creativo". Dalla locandina si segnalano Ezio Marano (Inquisitore), Fernando Pannullo (Cardinale Barberini), Beppe Tosco (Andrea), Mario Toccacelli (Frate Fulgenzio), Gianna Giachetti (signora Sarti) e Sabina Vannucci (Virginia, il ruolo che in Strehler era della Lazzarini).

la Repubblica - Mercoledì, 6 aprile 1988

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