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S.A.T.S. 2000 di Daniele Cupini
Studio Allestimenti Tecnici per lo Spettacolo
Progettazione-Produzione Eventi Live
 

PAPA DARIO, L' ANTIPROIBIZIONISTA 

di FRANCO QUADRI 

Contro tutti, per la libertà insieme a Franca la strega Primeteatro A Milano il nuovo spettacolo di Fo e Rame, che affronta i tema droga, ma che appare meno irresistibile e un po' stanco rispetto al passato 

SONO la droga e il papa i due maggiori tabù affrontati e messi in scena nel Papa e la strega di Dario Fo, che di tabù non ha mai smesso di parlare né in teatro né in televisione. E infatti la droga aveva già un ruolo da protagonista nel ' 74 in La marijuana della mamma è sempre la più bella, dove tra l' altro figurava anche un prete confidente e mafioso; e di papi impersonati dal comico s' è visto per esempio Bonifacio VIII in Mistero buffo. Ma qui la presenza del pontefice, anche se fatta segno a qualche battuta pesante, non è altro che un pretesto per chiamare in causa l' autorità e incrementare il sapore surreale della vicenda: questo papa (polacco), da reazionario assoluto a contatto con la realtà si converte alla liberalizzazione della droga, e arriva a schierarsi per il controllo delle nascite; e persino a volere una chiesa povera, traguardo già raggiunto dal cinema americano nel fantapolitico L' uomo venuto dal Cremlino, dove Anthony Quinn interpretava un vescovo russo dissidente asceso al sacro soglio. Non c' era quindi motivo perché scattasse più di altre volte lo scandalo atteso per l' anteprima di due mesi fa. E lo scandalo s' è infatti fermato al battage di presentazione; lo spettacolo ha circolato regolarmente per l' Italia, continuando a contatto col pubblico ad assestarsi secondo i costumi di Fo, che inserisce nuove battute a getto continuo, non risparmiando neppure la prima milanese. Gli arricchimenti sono venuti direttamente dalla cronaca: ed ecco incamerato prima di tutti Noriega, che dopo il pastiche con la Nunziatura di Panama si prestava a divenire il tramite ideale tra la Chiesa e i narcodollari, e poi fiorire le allusioni a Ceausescu, Forlanescu, e anche a Scalfari, lasciando magari tra le quinte Berlusconi. Tra siparietti neoclassici e arcate rinascimentali in grado di ospitare sia la sede di Pietro che un dispensario per tossicodipendenti, la vicenda parte da un Vaticano dove trionfano walkie-talkie, computer e radio spie, di fronte a un assedio di centomila bambini di nessuno regalati al papa dal Terzo Mondo, e finisce tra attentati, avvelenamenti, spari, frecce, autobombe giocattolo. Sua Santità, che ha un papa pupo per doppio, è bloccato in pose statuarie e bizzarre da colpo della strega che consente a Fo di esibirsi nei suoi contorcimenti preferiti e anche di farsi imbragare a mezz' aria come un lampadario; è il sistema suggerito da una vera strega, evocata probabilmente per associazione, avvero Franca Rame. In abito bianco da finta suora, ma anche in veste di anti-Muccioli. Dirige infatti un centro dove i drogati, capri espiatori della società, non sono repressi e picchiati, ma fruiscono di razioni pressoché gratuite di eroina piovuta dal cielo; e portando così il mercato al ribasso con scorno dei trafficanti e anche dei repressori professionali, per i quali la droga, come si sa, è un altro pretesto demagogico per limitare la libertà. Era del resto il tema del citato spettacolo precedente, che al di là della denuncia si preoccupava più moralisticamente di documentare su un argomento non ancora così tragico. Ora Fo si schiera decisamente con gli antiproibizionisti e prospetta una legalizzazione, anticipata nello spaccio con controllo sanitario puntualmente messo in scena. Anzi si serve come portavoce del papa, che prima inconsapevole della droga, poi bucato di ero, arriva finalmente a liberarsi dei suoi preconcetti con un' enciclica rivoluzionaria: e agli spettatori offre anche una dose di falsetti e di gramelot in un delirante monologo. Ma il rovesciamento paradossale della realtà e l' assurdità pilotata della vicenda sembrano più prevedibili di altre volte. Si toccano uno dopo l' altro tutti i bersagli, un colpo e via come in un varietà televisivo, con relativo applauso rituale, per riprendere una cavalcata un po' stanca, certo non emotiva e irresistibile come la ripresa senza costumi di Morte accidentale di un anarchico due anni fa. Meccaniche anche le interpretazioni: del resto solo a un Dario Fo non eccessivamente creativo il copione permette i numeri papali già illustrati, mentre a Franca Rame, generosa e inesauribile come sempre, spetta la parte più predicatoria; agli altri, in prima linea Ireneo Petruzzi, Maurizio Trombini, Elio Veller, Elisabetta Cesone, Mario Pirovano, non restano che battute connettive da enunciare, senza gran possibilità di gioco. al Teatro Lirico di Milano

la Repubblica - Giovedì, 11 gennaio 1990

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