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S.A.T.S. 2000 di Daniele Cupini
Studio Allestimenti Tecnici per lo Spettacolo
Progettazione-Produzione Eventi Live
 

Al Politeama il musical degli "Who":
scritto trent’anni fa stupisce per la sua modernità.

"It’s a boy, mrs. Walker; it’s a boy!". È così che alla madre del piccolo Tommy viene annunciata dalle infermiere la nascita del figlio. Nella consueta formula di rito. Quel che sarà davvero poco consueta, pur mantenendo però tracce di forte ritualità, è la vita che il neonato si troverà a vivere, tutta sotto il segno di un trauma infantile: l’uccisione, davanti ai suoi occhi, dell'amante della madre da parte del padre, considerato a torto disperso in guerra. Travolto dallo choc, il ragazzo si chiude in un mondo tutto suo, fatto di "tranquille vibrazioni" ma incrinato, via via, da sadici interventi di parenti, dall'amore tormentato dei genitori e da incontri con ambigui psichiatri, tronfi santoni ed equivoci dispensatori di oscuri paradisi artificiali. Per diventare alla fine straordinario campione di flipper e idolo delle folle, acquistando nuova e piena coscienza di sé.

In fondo, la vicenda Tommy, l'opera rock scritta alla fine degli anni Sessanta da Pete Townshend e suonata dagli "Who" di cui era leader sta tutta qui, mischiando - talvolta in modo anche confuso ed incerto – ideologia e vaghi aneliti spirituali. Se però è diventata quel che è diventata, ovvero una leggenda della musica popolare, più volte portata in palcoscenico e trasposta anche sul grande schermo in un film di Ken Russell, è soprattutto per due motivi: l'essere riuscita a fondere in maniera quasi perfetta gli umori di tutta un'epoca e una partitura incalzante nella quale - rispetto alla loro musica precedente – il suono degli "Who" si fa meno istintivo e più maturo e dove la foga e l’irruenza di un gruppo rock tra i più individualistici e "duri" (autore qui di brani assolutamente trascinanti, vedi Pinball Wizard, The Acid Queen e Listening to you) si mescola ad un'enfasi più epica e melodrammatica creando - come qualcuno ha detto - una sorta di bildungsroman iniziatico saturo di umori psichedelici.

Ebbene, riascoltato e rivisto a trent’anni dalla sua creazione, nella messinscena del Teatro della Munizione di Messina in questi giorni al Politeama Genovese (la sera della prima non esaurito come era lecito attendersi), Tommy ritorna a sorprendere per la sua sostanziale freschezza, pure al di là di alcune slabbrature di trama e struttura che possono far sorridere. il merito, oltre che del musical in sé, sta anche nell’ormai acquisita professionalità di un gruppo che si pone tra i migliori in Italia in questo genere, in grado di unire voci eccellenti (non solo negli interpreti principali Olivia Cinquemani ed Egidio La Gioia, ma in tutti i suoi componenti), una band che dà ottimi risultati "live" e una regia, quella di Massimo Piparo, che si concentra con semplicità sui motivi conduttori della vicenda, facendosi perdonare alcuni piccoli difetti, come l’uso insistito, inutile e di maniera degli sbuffi di fumo o le coreografie un po' scolastiche. Ne viene comunque fuori uno spettacolo piacevole e variopinto, tutto adesso all’idea forte che ancora adesso, a tre decenni di distanza, Tommy ci rimanda, quella di un personaggio dai contorni autistici che per gran parte della vita rifugge qualsiasi contatto col mondo esterno: una delle più folgoranti metafore sul rifiuto di ogni valore consolidato di cui la cultura rock si è sempre fatta portatrice.

di Dario Vassallo.

da Il Giornale del 7 febbraio 1999

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