Taccuino Giuridico
Dal
"Notiziario ASSARCO n° 37"
Attenzione
e consapevolezza maggiori nel sottoscrivere
mandati con preponenti staniere
A cura di Dario
DE LANDRO
Avvocato fiduciario dell'ASSARCO
Come riferito nel numero ultimo
scorso del Notiziario, cominciano ad essere più
significativi i numeri di mandati ad agenti
italiani da parte di preponenti estere, in
particolar modo degli altri paesi CEE. Le
distanze sempre più facilmente e velocemente
colmabili con gli attuali mezzi di trasferimento
e le comunicazioni telematiche in tempo reale,
hanno fatto sì che i traffici commerciali siano
ormai agevoli tra tutti i paesi industrializzati.
Il discorso vale vieppiù per quanto riguarda le
transazioni commerciali all'interno dei paesi
della Comunità Europea ora che l'Europa Unita è
cosa fatta e lo sarà ancor più con l'avvento
della moneta unica europea, che farà cadere ogni
eventuale ulteriore barriera mentale.
I consulenti professionisti che osservano tale
fenomeno, si devono giustamente preoccupare anche
delle problematiche di ordine legale, tributario
e quant'altro, che possono sorgere in virtù dei
rapporti di affari di cui sopra.
In particolare, in questa rubrica, possiamo
ovviamente cominciare ad ipotizzare qualcuno dei
problemi di diritto, al cui cospetto ci si può
imbattere.
Come sempre non avremo pretesa di esaustività ed
esamineremo appena alcune delle problematiche
possibili. Glova premettere anche agli agenti che
qualsiasi sentenza emessa da uno stato straniero
può avere efficacia nei confronti d'un cittadino
italiano.
In genere la procedura non è estremamente
semplice, perché occorre un particolare
procedimento detto giudizio di
"delibazione" della sentenza estera,
dinanzi alla nostra Corte di Cassazione.
Ma, se pur non agevole, il nostro (e gli altri)
ordinamenti ovviamcnte prevedono, come si può
notare, tale possibilità.
Pertanto anche gli agenti potrebbero esser tenuti
al rispetto d'una sentenza emessa in uno stato
estero.
Nel caso, poi, di sentenze emesse da altro stato
membro della Comunità Europea, la procedura per
ottenere l'efficacia nonché l'esecutiva della
stessa in Italia è estremamente semplificata.
La Convenzione di Bruxelles del 1968, resa
esecutiva dalla ns. legge n.804 del 21/6/1971,
prevede difatti un procedimento veramente
immediato per rendere esecutive in Italia le
sentenze emesse negli altri paesi della CEE.
Con leggi successive tale procedimento
semplificato è stato esteso ad altri stati
europei rispetto a quelli inizialmente contraenti
la convenzione.
Basti dire sul punto che, con un semplice ricorso
alla Corte d'Appello competente per territorio
nel luogo ove deve esser eseguita la sentenza e
con una copia tradotta della sentenza passata in
giudicato, il Giudice adito (nella specie,
ripetesi, la Corte d'Appello) rende esecutiva la
pronuncia ordinando l'apposizione della formula
esecutiva.
Sono estremamente remoti i casi in cui il Giudice
Italiano non debba concedere l'esecutorietà,
come nel caso, ad esempio, di contrarietà delle
decisioni straniere alle nostre norme di ordine
pubblico.
Si comprende quindi quale particolare attenzione
debba esser posta da un agente che abbia
relazioni di affari con una preponente straniera,
in quanto potrebbe esser chiamato a rispondere,
all'interno del rapporto di mandato, ai sensi
d'una legge che non è quella del nostro
ordinamento e che pertanto noi tutti conosciamo
certamente meno come senz'altro diversa dalla
nostra.
Per non parlare della differenza della
Giurisprudenza dello stato estero rispetto alla
nostra.
Si pensi ad esempio al limite inderogabile dello
star del credere esistente nel nostro paese e
"tutelato" dai nostri Giudicanti a tal
punto da "ritenere nullo ogni congegno
negoziale mirante ad aggirare il limite massimo
del 15% inderogabile dello star del
credere". Potrebbe un ordinamento straniero
o certa giurisprudenza straniera ignorare il
concetto di s.d.c. e ritenere valida una garanzia
di tipo di fideiussorio prestata dall'agente,
semmai anche al 100%!
Certamente tutti noi preferiremmo esser giudicati
dai nostri Tribunali, se non altro per motivi
logistici e per maggior conoscenza delle nostre
norme.
Insomma preferiremmo, in questi casi tenerci
anche i difetti della ns. Giustizia.
D'altronde non dimentichiamo ancora una volta la
nostra grande tradizione giuridica, forse
eguagliata da quella di alcuni stati (senz'altro
la Germania e forse la Francia) ma non seconda a
nessuno.
E' necessaria pertanto la massima consapevolezza
in ordine a quanto appresso viene quivi esposto.
Sempre la riferita convenzione di Bruxelles del
1968, in Italia definitivamente entrata in vigore
l'1/2/1973, prevede la legittimità della deroga
alla Giurisdizione.
L'unico limite che incontra tale possibilità è
previsto nel medesimo articolo della accennata
Convenzione laddove (art. 17) è prescritto che
la clausola derogativa alla giurisdizione debba
esser apposta per iscritto oppure confermata per
iscritto.
Consegue che, poiché i mandati, in genere, sono
predisposti dalle case mandanti, queste, se
straniere, preferiranno senz'altro prevedere che
le everituali liti future siano rimesse al
Giudice del loro stato.
E purtroppo la Giurisprudenza, non è orientata,
sin qui, a ritenere tale clausola, una condizione
gravosa e, perciò, necessitante d'una specifica,
reiterata, approvazione per iscritto ex art. 1341
c.c. (la famosa "doppia firma" cioè la
sottoscrizione apposta specificamente per
confermare alcune clausole poste in ulteriore
evidenza, in genere, in calce ai contratti).
In tal senso s'e pronunziata la ns. Corte
Cassazione a Sez. Unite il 18/9/1982 con sent.
4910.
Più precisamente le Sezioni Unite hanno statuito
che è valida la clausola di deroga alla
giurisdizione a favore della giurisdizione di
altro stato membro CEE e/o comunque aderente alla
Convenzione di Bruxelles, se tale clausola è
semplicemente riportata tra le condizioni
generali di contratto (mandato) predisposte da
uno dei contraenti, a tergo del contratto stesso,
in caso di sottoscrizione da parte di entrambi i
contraenti e nel caso in cui tale clausola sia
richiamata per espresso, non abbisognando quindi
una ulteriore specifica approvazione (la sopra
riferita doppia sottoscrizione).
Neppure è, poi sostenibile l'inderogabilità
della competenza funzionale dei nostri Pretori ai
sensi del ns.art. 409 cpc, in materia di
controversie di agenzia.
Difatti l'inderogabilità della competenza
funzionale cennata, opera riguardo alle
controversie devolute alla competenza del Giudice
Italiano, ma tale criterio non interferisce sulle
norme attinenti l'attribuzione della
Giurisdizione.
In tal senso si sono pronunciate da ultimo ancora
una volta addirittura le Sezioni Unite della
nostra Corte di cassazione, con Sentenza 3373 del
23/4/1990, per cui, come si diceva, nemmeno la
previsione cennata del ns. art. 409 cpc in ordine
alla competenza funzionale del Pretore (di poi
con la legge 128/92 individuato per territorio
nel comodo foro del mandato ove l'agente svolge
la sua attività), potrebbe sottrarre alla
giurisdizione straniera una controversia relativa
ad un mandato sottoscritto un agente italiano e
una preponente straniera, laddove il contratto
preveda che foro competente sia quello della
mandante quale foro semmai derogativo.
E' ovvio peraltro che la Giurisprudenza è
costante nel negare, però, ogni validita alla
clausola derogativa della giurisdizione che non
osservi la forma scritta e l'accettazione
relativa bilaterale (cioè dell'uno e dell'altro
contraente).
Difatti sarebbe ed è inefficace una clausola
derogativa alla giurisdizione indicata per la
prima volta dalla preponente in una fattura o in
una conferma d'ordine (o in documenti
equipollenti).
Per la validita della clausola derogativa nccnrre
qvantomeno invece uno scnmbio di lettere o
telegrammi (ancora attenzione quindi!).
E' pur vero che esiste un precedente
giurisprudenziale che giunge a conclusioni
diverse da quelle sopra riportate.
E' la sentenza del 25/10/1975 del Pretore di
Brescia secondo la quale l'art. 413 ultimo comma
nostro cpc avrebbe tacitamente abrogato l'art 17,
comma 1 Convenzione Bruxelles ed ha quindi
dichiarato la nullità della clausola di deroga
alla giurisdizione Italiana (a favore di quella
tedesca, nel caso di specie) prevista in un
mandato sottoscritto tra un agente Italiano e una
mandante tedesca.
E' comunque una non recente pronunzia in merito,
superata della giurisprudenza di legittimità piu
recente sopra riportata.
In definitiva si deve concludere che, dopo
l'entrata in vigore della legge 975/84 (ciò è
avvenuto l'1/4/1991), a seguito della ratifica ed
esecuzione della Convenzione sulla legge
applicabile alle obbligazioni contrattuali l'art.
25 comma 1 delle preleggi attinente alle
competenze delle obbligazioni contrattuali (forme
contratti) è stato sostituito ed è ora
applicabile l'art. 3 della Convenzione che
dispone che il foro per le controversie relative
a parte dei contratti o a tutto il contratto è
scelto dalle parti.
In caso le parti non abbiano indicato in
contratto alcun foro, il successivo art.4
sancisce quale foro quello con piu immediato
riferimento al contenuto del contratto, elencando
una serie di regole per individuarlo.
In definitiva è concreta la possibilità di
soggiacere ad una giurisdizione straniera, che
ripetesi, conosciamo meno.
Difficile e costoso potrebbe essere difendere i
diritti dall'agente in uno stato certamente più
lontano della propria residenza.
Questi motivi non possono certo essere ostativi
all'istaurazione di proficui rapporti di lavoro.
La conoscenza tali problematiche, tuttavia,
stimolerà gli agenti ad essere attenti alle
clausole contrattuali e, semmai, a farsi
assistere da un professionista adeguato, nella
fase precedente la sottoscrizione del contratto,
quantomeno per comprendere la disciplina cui
soggiace lo stipulando mandato.
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