ASSARCO - F.N.A.A.R.C.
Associazione Agenti e Rappresentanti di Commercio della Provincia di Napoli

8° Convegno internazionale giuridico professionale dell'agente di commercio

"L'agente di commercio europeo e il 2000"
Napoli 19 - 20 - 21 Maggio 2000
C.C.I.A.A. di Napoli - Salone della Borsa

INTERVENTO DELLO AVV. DARIO DE LANDRO
Legale dell'Assarco

"Brevi cenni, in particolare sull'evoluzione normativa e giurisprudenziale dellart. 1751 c.c. anche in relazione al decreto legislativo 65/'99".


Anch’io porgo a tutti Voi i miei saluti e spero di riuscire a tenere sufficientemente desta la Vs. attenzione.

Ciò è difficile a causa dell’orario pomeridiano inoltrato e in considerazione della serie di interventi precedenti, che hanno giustamente calamitato l’interesse di tutti noi. La qualità delle relazioni che hanno preceduto: quelle del Prof. CARUSO, del dirigente dello IUCAB, dell’Avv. PETRIELLO, del Prof. VILLONE, del Consigliere Dott.ssa CASOLA e degli altri, rende impari qualsiasi mio sforzo emulativo, per forza di cose modesto.

Non potendo percorrere pertanto questa strada, cercherò di recuperare, forzatamente solo in parte, l’incolmabile gap cui cennavo, proponendoVi un argomento, che è sempre stato oggetto di grandissima attenzione da parte degli agenti e cioè l’art. 1751 c.c. La mia, quindi, non sarà e non potrebbe essere una relazione, perchè non ne sarei peraltro titolato, ma un intervento tecnico, da operatore della giustizia.

Trattandosi di indennità, cioè d’un diritto suscettibile di quantificazione economica, si comprende bene l’interesse della categoria. Forse solo l’abolizione dello s.d.c. può superare oggi per interesse l’argomento delle indennità.

Peraltro poiché l’indennità in questione sappiamo essere abbastanza “cospicua” nel suo massimo vieppiù l’interesse cresce.

D’altronde noi legali sindacali abbiamo il polso degli argomenti di maggior Vs. interesse, dai quesiti che ci ponete di continuo.

Quindi ben sappiamo come le indennità in genere siano argomento appetibile.

Ma ho desiderato fortemente parlarVi ancora su questo tema perché l’evoluzione giurisprudenziale e, ora, anche normativa, è stata notevole.

E’ inattuale ormai quindi quanto sul punto ebbi a scrivere sul Notiziario dell’Assarco anni fa, a pochi anni dall’introduzione dell’indennità di cui parliamo.

Peraltro il “taglio” del mio scritto non era certamente ottimistico, basato com’era sul realismo che mi proveniva dalle pronunzie di accoglimento, alquanto sporadiche nei primi tempi dell’applicazione della norma in questione.

Di poi significative sono state le pronuncie di accoglimento ed oggi c’è da registrare una ancor più netta inversione di tendenza e ancor migliori auspici per il futuro. Quindi andava aggiornato il commento dei legali dell’Assarco sul punto.

Ed è un’ulteriore buona notizia, quindi, dopo quella dell’abolizione dello s.d.c. e degli altri aspetti migliorativi della normativa per gli agenti di cui già hanno esaustivamente parlato gli altri relatori, in particolare l’Avv. PETRIELLO e alla Dott.ssa CASOLA, che hanno affrontato l’uno le modifiche degli artt. 1742 c.c. e segg. e l’altra le indennità in particolare.

L’indennità di cui ora qui parliamo da alcuni degli agenti viene solitamente definita “indennità europea”, con un termine che non è certamente tecnico, ma che ha la sua giustificazione.

Difatti volendo cennare brevemente alla genesi di questa indennità (prima di passare alle modifiche normative) ricordiamo che questo emolumento di fine rapporto è stato introdotto nel ns. ordinamento nell’anno 1991 col decreto legislativo 303, che ha, recepito una direttiva comunitaria del 1986 la quale prevedeva tale tipo di emolumento.

Da qui evidentemente il sia pure improprio e abusato termine di indennità europea.

L’indennità in parola è prevista alla fine del rapporto di agenzia.

V’è la decadenza di un anno, quindi entro un anno dalla fine del rapporto va richiesta, almeno con raccomandata a.r., altrimenti se ne perde il diritto.

Si applica solo ai casi di cessazione del rapporto ad iniziativa della preponente che non sia la giusta causa per fatto addebitabile all’agente cioè se è stato l’agente col suo grave comportamento a determinare la risoluzione del rapporto.

E’ anche prevista per il caso che sia l’agente a disdettare il mandato, ma per fatto imputabile alla preponente, quando cioè sia stata quest’ultima, col suo grave inadempimento contrattuale a determinare la risoluzione del rapporto. E’ ancora prevista per il caso che l’agente dismetta il mandato per ragione di età, più specificamente per il maturamento del diritto alla pensione o per inabilità e altro (morte dell’agente, ipotesi su cui glissiamo per ovvi motivi scaramantici).

Le condizioni per l’ottenimento sono due e, prima dell’ultima modifica dell’anno scorso, erano previste come alternative cioè ne bastava una sola.

La prima è l’incremento dei fatturati apportati dell’agente sia rispetto al periodo precedente il suo mandato sia nel corso del suo rapporto con la preponente e ciò coniugatamente al vantaggio esistente per la mandante anche dopo la cessazione del rapporto con l’agente (cioè in quei casi in cui la clientela dell’agente continuata a esser servita dalla mandante).

L’altra è l’equità cioè motivi di oggettiva giustizia anche in considerazione delle provvigioni che l’agente perde.

Il “quantum” dell’indennità è previsto solo nel massimo e cioè fino ad un anno delle provvigioni medie dell’ultimo quinquennio o del minor periodo trascorso se il mandato ha avuto una durata inferiore ai cinque anni.

Ciò che è importante è che il comma 6° dell’art. 1751 precisa che le disposizione dell’articolo sono inderogabili a svantaggio dell’agente.

Facciamo quindi molta attenzione a questo comma perché ritorneremo fra poco su tale importantissimo aspetto. Ripercorrendo l’evoluzione avutasi sin qui dobbiamo ricordare anche che nell’Ottobre e Novembre 1992 rispettivamente per il settore industriale e quello commerciale, furono stilati gli accordi c.d. “ponte” voluti proprio nell’incertezza applicativa in cui ci si dibatteva subito dopo la norma del ‘91 di cui parlavo all’inizio di questo mio intervento.

In particolare pensando a quei (numerosi) casi in cui non erano presenti i requisiti per beneficiare delle indennità di cui all’art. 1751 (prima fra tutti l’incremento del fatturato) e col riferimento al timore di perdere così anche l’indennità suppletiva di clientela (che, invece, ricordiamo, non abbisogna di alcuna condizione che non sia la disdetta della preponente e le altre assimilabili), fu previsto che l’indennità suppletiva di clientela soddisfaceva, complessivamente i requisiti di cui all’art. 1751 c.c. La giurisprudenza, allora, si è atteggiata non univocamente.

Le pronunzie di disapplicabilità dell’art. 1751 si incentrano essenzialmente sulla considerazione che il senso delle parole “complessivamente più favorevole” prevista negli accordi ponte a favore dell’indennità suppletiva di clientela è da riferirsi proprio alle minori difficoltà probatorie, anzi alla quasi assenza di difficoltà per l’ottenimento di detta indennità suppletiva di clientela, essendo questa, come sappiamo, quasi automatica e secondaria solo alla disdetta di mandato della preponente a casi assimilabili previsti.

In tal senso:
Ente giudicante: Tribunale di Torino, 19 Dicembre 1997.
Parti in causa: Marchese c. Soc. Italpro. Voce AGENZIA
1998 39 GIUR. TRIB.
“Ove le parti facciano riferimento, per la disciplina del rapporto di agenzia, agli “
Accordi Ponte” del 1992, l‘indennità in caso di cessazione del rapporto andrà calcolata conformemente ad essi, ciò in quanto la disciplina collettiva (...) non si pone in contrasto con 1‘art. 1751 c. c. nuovo testo, atteso che tale norma prevede solo la soglia massima dell‘emolumento dalla quale non può pertanto ricavarsi alcuna ipotesi di inderogabilità in favore dell’agente”. Insomma gli A.E.C. del 1992 non violano i limiti posti dall‘art. 1751 per 1‘erogazione dell‘indennità di cessazione del rapporto nel senso che, salva disposizione più favorevole del contratto individuale o collettivo, 1‘agente non potrebbe ottenere un’indennità più elevata di quella massima prevista dalla legge.

Si veda altresì, nello stesso senso, il Tribunale di Viterbo del 24 Novembre 1997, secondo il quale l’accordo economico collettivo agenti del 27 Novembre 1992 non contrasta con quanto previsto dall‘art. 1751 c.c. in punto di indennità per la cessazione del rapporto, risultando la disciplina collettiva complessivamente migliorativa rispetto a quella codicistica. Infatti - afferma il Tribunale - “l‘incongruenza del raffronto in ciò risiede che l‘art. 1751 c. c. dispone la doverosità dell’indennità di cessazione del rapporto determinandone un tetto massimo (importo pari ad un anno di provvigioni calcolate sulla media degli ultimi cinque anni ...) mentre il contratto collettivo disciplina analiticamente tutte le voci di spettanza e ne determina la concreta applicabilità”. In primo grado di giudizio sulla medesima vicenda anche il Pretore di Viterbo si è schierato a favore dell‘applicabilità degli A.E.C.: “L‘art. 1751 c.c., in materia di indennità per lo scioglimento del contratto di agenzia, è praticamente inapplicabile, Il sistema di cui all’A.E.C. 27 Ottobre 1992 è certamente più favorevole di quello di cui art. 1751, in guanto assicura in ogni caso almeno una parte della complessiva indennità, indipendentemente dalla sussistenza delle condizioni poste dalla norma del codice”.

Nello stesso senso la Pretura di Milano del 12 Gennaio 1995, inedita, che ha affermato che “per guanto attiene all‘indennità di scioglimento del contratto, essa risulta dovuta ai sensi dell‘art. 1751 così come è stato novellato sussistendo, per quanto già sopra espresso i requisiti di cui all‘art. 1751, commi 1, 2, e 3. Codice civile, e deve essere quantificata sulla base delle disposizioni del nuovo accordo economico stilato il 30 Ottobre 1992. Le disposizioni del citato accordo ponte non possono essere considerate deteriori e pertanto illegittime rispetto alla nuova formulazione del rapporto di agenzia”.

Anche la Pretura di Reggio Emilia del 5 Gennaio 1996 e la pretura di Lecco del 29 Febbraio 1996 hanno affermato che “è pienamente valida ed efficace la disciplina dell‘accordo economico collettivo del 27 Novembre 1992 (c.d. “accordo ponte”) che ha dato concreta attualità all’art. 1751 c.c. nuovo testo, individuando i criteri per la determinazione dell’indennità in caso di cessazione del rapporto d’agenzia”. Infine la Pretura di Milano del 26 Giugno 1996 (inedita) ha ritenuto che le indennità previste dall’accordo economico collettivo non costituiscono un trattamento di sfavore rispetto alla normativa legale ed in particolare alla indennità in essa prevista.

Già prima della modifica introdotta dal decreto legislativo 65/’99 ovviamente alcune note pronunzie erano invece state a favore dell’applicazione dell’art. 1751 c.c. Personalmente la più favorevole che ho avuto modo di leggere è quella del Tribunale di Arezzo procuratore di parte attrice Avv. GELSOMINO a cui vanno tutte le felicitazioni e complimenti per il risultato ottenuto. In quel caso è stato riconosciuta addirittura cumulativamente l’indennità di cui all’art. 1751 e quella suppletiva di clientela, oltre il risarcimento del danno che, peraltro, però è fatto espressamente salvo, ove sussistente proprio della norma del “1751”.

Ma la più autorevole appare la pronuncia della Suprema Corte del 19/8/’97:

Per l’inefficacia degli accordi collettivo del 1992 si è infatti pronunciata la Suprema Corte la quale, sia pur occupandosi di un rapporto soggetto alla precedente disciplina, ha affermato che “in tema di rapporto di agenzia, la disciplina dell’indennità sostitutiva del preavviso di recesso, di cui all’ari. 1750 c.c. e dell’indennità per lo scioglimento del contratto, di cui all‘art. 1751 c.c. (modificato dal d. leg. 10 Settembre 1991, n. 303, di attuazione della direttiva 86/653/GEE a norma dell ‘art. 15, legge 29 dicembre 1990, n. 428) non è derogabile dalle parti neppure con accordo collettivo.

Sulla medesima vicenda, dopo il giudizio di rinvio, la Cassazione si è pronunciata una seconda volta confermando che l’indennità dovuta all’agente in sostituzione del periodo di preavviso e l‘indennità di scioglimento del rapporto di agenzia hanno carattere inderogabile e non possono essere escluse da contrari accordi collettivi o individuali.

Nella giurisprudenza di merito si sono pronunciati nel senso della prevalenza della disciplina del codice rispetto agli accordi collettivi: la Pretura di Forlì, ai sensi della quale “in linea di principio, la regola deve essere quella dell’applicazione dell’art. 1751 perché il giudice non può esimersi dall’applicare la legge nell’applicazione della legge l’interprete si troverà in un settore in cui non l’arbitrio ma la naturale componente valutativa, sicuramente allargata al massimo, del Giudice dovrà esprimersi, giustificando con la motivazione le scelte operate ...”. Prosegue la Pretura di Forlì: “con la riforma si è voluto sottolineare come novità della disciplina del rapporto il riconoscimento meritocratico nei confronti dell’agente, come da indicazione europea e solo applicando l’art. 1751 c.c. si può essere fedeli a tale volontà del legislatore. Ed infine, sempre secondo il Pretore di Forlì, “nel caso in cui vuoi per la mancanza di particolari condizioni, necessarie per applicare la norma di cui all’ art. 1751 c.c. (quali gli incrementi nella clientela o l’equità dell’indennità stessa o ancora la riferibilità della conclusione alla casa mandante) oppure per situazioni particolari dovesse risultare più favorevole alla fattispecie concreta il disposto degli A.E.C., nessuno elemento contrario si troverebbe nell’articolo citato del codice per l’applicazione di questo diverso metodo per calcolare le indennità dovute poiché il divieto di deroga ex ultimo comma dell’art. 1751 c.c. è previsto solo a sfavore dell’agente, e non a suo favore.

Nello stesso senso la Pretura di Treviso secondo cui “la normativa introdotta dall’art. 1751 c.c. nuovo testo è inderogabile a svantaggio dell’agente sicché al fine di assicurare a quest’ultimo il trattamento più favorevole deve essere verificata sia in astratto, sia in concreto, la prevalenza applicativa delle disposizioni della normativa contrattuale collettiva su quella della normativa legale”.

Ed ancora, nello stesso senso si è pronunciata la Pretura di Torino per la quale l’assunto secondo cui il disposto dell’art. 1751 c.c. risulterebbe derogato dall’A.E.C. del 1992 “è smentito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che questo Pretore ritiene di condividere pienamente, secondo cui la disciplina di cui all’art. 1751, nuovo testo, non è derogabile neppure con accordo collettivo”.

Anche la Pretura di Milano concorda con le tesi sopra esposte in ordine all’affermazione di una radicale incompatibilità tra il nuovo art. 1751 c.c. con le norme collettive contenute negli A.E.C. del 1992, risolvendosi per la prevalenza dell’art. del codice.

In particolare, risulta interessante tale ultima sentenza per l’indicazione dei criteri di computo dell’indennità dei quali si vedrà più oltre.

Con ciò, passiamo ad esaminare ora, invece, l’importante evoluzione normativa.

La norma del ‘91 prevedeva come alternative le condizioni per la fruizione dell’indennità di cui all’art. 1751 c.c.

Cioè bastava possedere un solo requisito:

1. incremento degli affari con vantaggio attuale della preponente;

2. al limite anche solo appunto la presenza del requisito dell’equità.

La direttiva comunitaria dell’86, invece, prevedeva che i requisiti dovessero sussistere entrambi.

La “ratio” della norma comunitaria era quella di premiare l’agente che avesse incrementato i fatturati.

L’inesatta applicazione della direttiva da parte dell’ordinamento italiano, col decreto legislativo del ‘91 poteva invece prescindere dai criteri meritocratici voluti dalla norma comunitaria e ne stravolgeva quindi proprio le finalità cui ho accennato poc’anzi.

L’Italia ha quindi subito una procedura di infrazione per inesatta applicazione della direttiva comunitaria ed ha dovuto adeguarsi ad essa rispettandola più puntualmente.

All’uopo col decreto legislativo 65/’99 le condizioni per usufruire dell’indennità sono divenute cumulative.

Sembrerebbe una modifica in “pejus” ma complessivamente (tanto per usare il termine dell’accordo ponte) sostanzialmente non lo è.

Infatti l’evenienza positiva e veramente rilevante è che il legislatore abbia ribadito l’indennità introdotta nel 1991 col decreto legislativo 303, nonostante gli “accordi ponte” del 1992. E’ questa una precisa volontà del legislatore che ha evidentemente inteso, ripetesi, ribadire l’indennità di specie, caso mai ve ne fosse bisogno.

E difatti il 6° comma dell’art. 1751 c.c. abbiamo detto recita:

“le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a svantaggio dell’agente”.

Ne deriva da ciò che in tutti i casi in cui l’agente ha e li può provare entrambi i requisiti di cui all’articolo 1751 e l’applicazione dell’indennità relativa, in concreto, per le peculiarità del rapporto (es. rapporto lungo e proficuo) porti ad una quantificazione dell’indennità, maggiore di quella che si avrebbe col calcolo dell’indennità suppletiva di clientela, non potrà essere disapplicato l’articolo 1751 c.c.

In tutti gli altri casi resta ferma la validità degli AECNL anche degli accordi-ponte che prevedono il riconoscimento dell’indennità suppletiva di clientela.

In sostanza non è più possibile una valutazione a priori come prevista dagli accordi ponte, che l’indennità suppletiva di clientela sia sempre un trattamento complessivamente più favorevole all’agente, dovendosi procedere in concreto, caso, per caso all’esame della maggiore o minore convenienza dell’applicazione dell’una o dell’altra fonte normativa (disciplina codicistica o fonte contrattuale collettiva). Si tratta del ragionamento già svolto dal Pretore di Treviso prima della novella del 1999.

Insomma essendo stata la norma ribadita anche dopo l’accordo del 1992 ed essendo “le disposizione dell’art. 1751 inderogabili, a svantaggio dell’agente”, non sarà più possibile, si ripete sempre ove ne ricorrono le condizioni, disapplicare l’indennità di cui all’art. 1751 c.c.

Si può dare anche qualche consiglio pratico agli agenti:

Nella fase stragiudiziale eventuale converrà all’agente incassare eventualmente l’indennità suppletiva di clientela, e poi richiedere la differenza ex art. 1751, endoannualmente, ad evitare la decadenza.

Con ciò non dovrà essere sottoscritta quietanza a saldo se l’agente è costituito in forma societaria perché l’art. 2113 c.c. che prevede che la scrittura privata transattiva è impugnabile entro sei mesi, salvaguardia solo l’agente costituito come ditta individuale (per analogia col lavoratore dipendente) e non le società di rappresentanze. Ovviamente né l’agente costituito come ditta individuale nè quello in forma societaria dovranno sottoscrivere verbali conciliativi dinanzi all’UPLMO, alle associazioni sindacali o innanzi al Giudice, perché questi sono inimpugnabili.

Prima di concludere non voglio smentire, però, tanto per non cambiare la mie caratteristiche prudenza e realismo. Voglio ancora sottolineare che la norma prevede solo il massimo dell’indennità: “fino ad un anno delle provvigioni medie dell’ultimo quinquennio”, quindi, per mera ipotesi discorsiva, l’indennità può variare in un “range” da zero lire ad un anno di provvigioni. Il massimo sarà ovviamente riservato ai rapporti di maggior durata e maggior soddisfazione, mentre negli altri casi sarà graduata tra il minimo e il massimo. Voglio sintetizzare solo una sentenza famosa al riguardo nella sua parte motiva cioè esplicativa. Si tratta d’una sentenza del foro di Milano in cui era convenuta la nota società di prodotti musicali KENWOOD.

Il Giudicante, valutato l’incremento dell’agente del 65% del fatturato, ha attribuito solo per metà all’agente il merito di tale incremento, riconoscendo poi alla preponente, per il prestigio del suo marchio, per l’enorme dispendio in termini di pubblicità ecc. il residuo merito dell’ulteriore metà dell’incremento del fatturato. Ha quindi riconosciuto la metà del 65% del fatturato annuo quale indennità ex art. 1751, che è ben lontano quindi dal 100%.

Ovviamente altre pronunzie basandosi “sic et simpliciter” su un buon incremento di fatturato hanno riconosciuto, nel massimo, l’indennità in questione.

Ora posso veramente concludere con l’auspicio che la Giurisprudenza che seguirà sarà conforme ai principi che ho enunciati atteggiandosi sostanzialmente per l’inderogabilità di qualsiasi patto contrario all’applicazione dell’art. 1751 c.c. così come il 6° comma di detto articolo prevede espressamente.

Non dovrebbero quindi esserci perplessità di alcun tipo al riguardo.

Noi Avvocati della FNAARC continueremo quindi a chiedere, quando ne sussistono i requisiti, l’applicazione di entrambe le indennità (suppletiva clientela e ex art. 1751 c.c.) cumulativamente o in subordine alternativamente a cominciare da quello di maggior effettivo favore caso per caso.

Lo facevamo anche prima.

Ora, però, con la novella del decreto legislativo 65/’99 lo faremo senz’altro con maggiore efficacia (la convinzione l’avevamo anche prima) perché voglio sia pur noiosamente ripetere il 6° comma dell’art. 1751 rinnovellato recita: “le disposizioni dell’articolo sono inderogabili a svantaggio dell’agente”.

Vogliate voi tutti scusarmi se l’argomento è poi risultato un po’ tedioso, spero non molto, ma indubbiamente il tecnicismo delle norme rende spesso pedante l’esplicazione.

Spero comunque di essere riuscito ad aggiornare sufficientemente i non addetti ai lavori sull’argomento.

Grazie ancora per l’attenzione e, se proprio vi dovranno essere interruzioni di rapporti di agenzia (purtroppo è inevitabile ciò) auguri di buone provvigioni e di ottime indennità a tutti gli agenti. E’ un augurio ovviamente anche un po’ interessato perchè a difenderVi ci saremo noi Avvocati.

Napoli, 20/5/2000
(Avv. Dario DE LANDRO)


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