Diritto internazionale
del mare

 
Indice 
 

 
 
Cenni storici
I giuristi incominciarono ad interessarsi del diritto internazionale del mare nel momento della espansione coloniale verso i nuovi territori d'oltre mare all'incirca nel secolo XVII.
Nel 1609 Ugo Grozio pubblica Mare Liberum, nel quale sostiene la liberta' dei mari dalla impossibilità di fatto di occupare e delimitare una cosa che per sua natura non è delimitabile come i mari. Dietro tale dottrina l'autore vede gli interessi concreti della compagnia olandese delle Indie di fronte alle pretese al controllo esclusivo della navigazione verso le indie orientali ed occidentale avanzate da Spagna e Portogallo.
Posizione antitetica la si ebbe nel 1635 con l'opera Mare Clausum di John Selden, che vuole dimostrare la possibilità di appropriazione del mare al pari del territorio (citando il precedente del proclama di Giacomo I del 1609 escludente la presenza delgi Olandesi nei mari prossimi alla Gran Bretagna).
Il primo criterio per stabilire la fascia di mare appropriabile da parte dello stato fu proposto nel 1702 nel De dominio maris disseratio di Cornelis van Bynkershoek. Il criterio e' estremamente empirico, basato sull'effettivo dominio che uno stato può avere sul mare delle sue coste: la gittata dei cannoni dalla terraferma.
Ci si rese presto conto che data la evoluzione delle artiglierie il limite sarebbe stato sempre piu' incerto e dunque nel 1782 Ferdinando Galiani propose un limite generale di tre miglia (giustificandolo peraltro sempre col fatto che era quella la portata massima dei cannoni).
 

L'estensione di tre miglia di mare territoriale trovo' molte conferme nella pratica internazionale (Stati Uniti, Gran Bretagna) ma non fu universalmente accettata (Svezia, Norvegia, Spagna, Portogallo, Russia prima e URSS poi).


La codificazione del diritto del mare
I tentativi di codificazione del diritto del mare in questo secolo hanno come artefici la Societa' delle nazioni prima (senza ottenere alcun risultato) e la Organizzazione delle Nazioni Unite poi.
Numerosi problemi sono legati alla evoluzione tecnologica e scientifica, per cui non si discute piu' della libera navigazione e della pesca solamente, ma anche dello strumento della piattaforma continentale (idrocarburi), dell'inquinamento e dell'ambiente marino, dell'affermazione di zone sui generis oltre alla classica contrapposizione fra mare territoriale e alto mare.
Vediamo i tentativi di codificazione e i loro esiti:
 

Aja, 1930
fallimento dell'unico tentativo delle Societa' delle Nazioni

Ginevra, 1958
positivamente conclusa e importantissima ad opera della organizzazione delle Nazioni Unite. La conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare si concluse con l'adozione del testo di quattro convenzioni:
  1.         sul mare territoriale e la zona contigua
  2.         sull'alto mare
  3.         sulla pesca e la conservazione delle risorse biologiche dell'alto mare
  4.         sulla piattaforma continentale
Le convenzioni di Ginevra costituiscono tuttora, malgrado le loro carenze, il diritto convenzionale vigente fra diversi stati.
 
 
Da tali convenzioni si deduce indirettamente che il mare territoriale non può oltrepassare le 12 miglia (limite massimo istituibile in materia di polizia doganale, fiscale, sanitaria o d'immigrazione).
Riguardo la piattaforma continentale essa è definita come il letto del mare e il sottosuolo delle regioni sottomarine adiacenti alle coste ma situate al di fuori del mare territoriale, fino ad una profondità di 200 metri o, al di là di tale limite, fino al punto in cui la profondità delle acque sovrastanti permette lo sfruttamento delle risorse naturali delle predette regioni. L'importanza della piattaforma deriva dalla possibilita' di estrazione di idrocarburi, ormai generalmente accettata, purchè non pregiudichi la condizione di alto mare delle acque sovrastanti.
 
 
Da notare che non venne minimamente recepita nella convenzione di Ginevra la tendenza di alcuni paesi, in particolare sudamericani, di rivendicare la propria sovranita' fino a 200 miglia dalla costa, pratica contrastante con quella generale. La ragione di tale rivendicazione era quella di assicurarsi il controllo delle risorse ittiche indispensabili a quelle nazioni.

Ginevra, 1960
La seconda conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare riguardante l'ampiezza del mare territoriale e i limiti delle zone di pesca fu un fallimento.

Montego Bay, 1982
La terza conferenza delle Nazioni Unite, conclusasi nel 1982 con l'apertura alla firma della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ha particolare importanza sotto diversi aspetti.
Dal punto di vista formale: pur procedendo inizialmente per consensus il testo ha alla fine dovuto essere votato (con il favore peraltro di ampia maggioranza). Tuttavia al 1989 erano state raccolte solo 40 delle 60 firme per la sua entrata in vigore.
Dal punto di vista del contenuto: in tale convenzione si trova insieme un'opera di codificazione e di impulso per lo sviluppo progressivo del diritto del mare consuetudinario. I due concetti nuovi più importanti che da essa emergono sono:
il concetto di patrimonio comune della umanità (che sara' visto in seguito);
la nozione di zona economica esclusiva: un'ampia zona di 200 miglia entro la quale lo stato costiero gode di diritti limitatamente alle materie di rilievo economico (principalmente lo sfruttamento delle risorse minerali e biologiche, la protezione dell'ambiente, la ricerca scientifica, le installazioni aritificiali).
Le ragioni della sua istituzione vanno ricercate in quelle rivendicazioni fino alle 200 miglia fatte non solo dai paesi sudamericani per assicurarsi le risorse ittiche marine, ma anche da altri paesi com e l'Islanda (rivendicante 50 miglia per la pesca, riluttante persino alla esecuzione delle sentenze di condanna delle Corte internazionale di Giustizia. Inoltre anche il Canada adotto' nel 1970 misure di controllo sulla navigazione fino a 100 miglia dalle sue coste, con lo scopo di tutelare l'equilibrio ecologico della zona visti i progetti di passaggio di superpetroliere rompighiaccio. Avvenne così che nel corso dei negoziati anche gli stati che inizialmente erano contrari cambiarono posizione istituendo anch'essi zone economiche fino a 200 miglia, ponendo in chiaro che ciò non pregiudicava la tradizionale libertà di navigazione.
La convenzione della terza conferenza delle Nazioni Unite, anche se non ancora in vigore, e' comunque lo strumento basilare per la descrizione del diritto internazionale del mare.



Il mare territoriale e i suoi limiti
Mare territoriale:
è una zona di mare adiacente al territorio, sulla quale lo stato esercita la sovranita' nelle condizioni previste dal diritto internazionale.
Anche le isole (distese naturali di terra circondate dalle acque che restano scoperte ad alta marea) hanno un mare territoriale. 
Sul mare territoriale la sovranita' di estende allo spazio aereo sovrastante, al fondo del mare stesso e al relativo sottosuolo.
 
 
L'estensione del mare territoriale è fissata dallo stato costiero nel limite massimo di 12 miglia marine. Tale regola è rispettata da 123 stati, mentre soltanto 20 rivendicano limiti piu' ampi. E' pero' da tenere presente che negli ultimi tempi molti paesi hanno ridotto le loro pretese e spesso quelli che continuano a rivendicare distanze maggiori in realtà lasciano impregiudicata la libertà di navigazione.
 
 
Il mare territoriale è misurato a partire da una linea di base che costituisce il cosiddetto limite interno. Le acque che si trovano fra la terraferma e il limite interno sono denominate acque interne. La linea di base normale è la linea di bassa marea, come indicata sulle carte marine a grande scala riconosciute ufficialmente dallo stato costiero. 
Vi sono pero' numerose eccezioni e particolarita':
  1. In caso di costa profondamente indentata e frastagliata o di frangia di isole lungo la costa: puo' essere impiegato il metodo delle linee di base rette che congiungono punti appropriati (i punti più sporgenti dei promontori costieri o delle isole litoranee). La convenzione del '58 e la cnudm dispongono anche che il tracciato delle linee base non puo' scostarsi sensibilmente dalla direzione generale della costa e che le acque interne devono essere sufficientemente legate al dominio terrestre (ma rimane nel vago sul dignificato di cio' e sulla indicazione di precisi limiti spaziali come la lunghezza dei segmenti o la distanza dalla costa) .
  2. In caso di baia può essere tracciata una linea di base retta congiungente i punti di entrata della baia con dei precisi limiti geometrici: la c.d. regola del semicerchio, per la quale la superficie della baia deve essere uguale o superiore a quella di un semicerchio avente per diametro la linea passante fra i due punti di rientranza della baia stessa. La linea di chiusura della baia non può eccedere le 24 miglia.
  3. eccezione ai limitI sopra indicati (in particolare al limite di 24 miglia) le cosiddette baie storiche sulle quali le convenzioni internazionali non precisano alcunche' con vistosa lacuna. Si tratta di una regola consuetudinaria descritta confusamente in dottrina anche se si concorda per i requisiti:
      1. 1.        dell'esercizio di una autorita'
      2. 2.        della continuita' di tale esercizio
      3. 3.        dell'acquiescenza degli altri stati
      4. permangono molti dubbi sul significato da attribuire ad ognuno dei requisiti stessi.
In caso di stato arcipelago (si tratta di una importante novità introdotta dall cnudm) si possono costruire le cosiddette linee di base arcipelagiche rette, congiungenti i punti estremi delle isole piu' lontane e degli scogli emergenti. Condizione è che venga cosi' delimitata una zona in cui il rapporto acqua/terra sia al massimo 9/1. Inoltre la lunghezza delle linee non puo' superare le 100 miglia (il 3 % puo' arrivare al 125).

Ultima regola importante : quando due stati sono adiacenti o si fronteggiano nessuno di essi puo', salvo accordo contrario, estendere il suo mare territoriale al di là della linea mediana, i cui punti sono equidustanti dai punti piu' prossimi delle linee di base, salvo titoli storici o convenzione.




La zona contigua e la zona economica esclusiva
Una delle caratteristiche del nuovo diritto del mare e' la previsione di zone sui generis, adiacenti al mare territoriale, entro le quali lo stato esercita non una piena sovranita', ma diritti relativamente a materie espressamente determinate. Accanto al mare territoriale (sottoposto alla sovranita' dello stato) e all'alto mare (spazio sottoposto ad un regime di libertà) troviamo dunque zone intermedie.

ZONA CONTIGUA : e' la zona entro la quale lo stato costiero puo' esercitare il controllo necessario per reprimere e prevenire le infrazioni alle sue leggi doganali, fiscali, sanitarie e d'immigrazione commesse nel suo territorio o nel suo mare territoriale. Essa è prevista sia dalla convenzione del '58 che dalla cnudm, la quale l'ha estesa a 24 miglia dalla linea di base.
Precedenti storici importanti nel XVIII sec. quando la Gran Bretagna pretese di esercitare un controllo fiscale e doganale sulle navi dirette ai porti nazionali entro la distanza di 12 miglia dalla costa. Simili pretese furono avanzate dagli Stati Uniti dopo l'indipendenza e nel periodo del proibizionismo.

ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA : e' una zona che non puo' estendersi oltre le 200 miglia a partire dalle linee di base di uno stato costiero, al quale spettano :
  1. diritti sovrani ai fini della esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, delle acque, dei fondi marini e del loro sottosuolo, e circa le altre attivita' dirette a fini economici, come la produzione di energia a partire dall'acqua, dalle correnti e dai venti;
  2. giurisdizione in materia di stabilimento e uso di isole artificiali, installazioni e strutture, in materia di ricerca scientifica marina e in materia di protezione e preservazione dell'ambiente marino.
  3. altri stati spetta invece la liberta'di navigazione.
  4. Esistono poi altre regole piu' specifiche: riguardo alle isole artificiali le navi devono rispettare determinate distanze di sicurezza e le stesse isole non possono essere collocate lungo le vie di circolazione essenziali alla navigazione internazionale.
Sembra facile poter dire che allo stato costiero spettano tutte le attivita' concernenti lo sfruttamento economico della zona, mentre agli altri stati spettano tutte le attività connesse alle comunicazioni internazionali. Ma per alcune attività di cui la cnudm non parla sorgono problemi, come per es. per le esercitazioni navali militari. L'unico criterio nella cnudm è dato dalla disciplina delle cosiddette attività residuali. Per tali attivita' che non sono state previste dalla cnudm come spettanti allo stato costiero o ad altri stati in conflitto con questo si dovrebbe applicare ex conventione il criterio della equita' con riguardo a tutte le circostanze pertinenti ...

Il regime dello sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva : si tratta di una innovazione della cnudm che applica un cosiddetto esclusivismo attenuato a favore dello stato costiero, finalizzato al contempo al mantenimento dell'equilibrio eco-biologico e allo sfruttamento ottimale delle risorse. Lo stato costiero :
a. fissa il volume ammissibile delle catture, in funzione di ricerche scientifiche con criterio di conservazione;
b. determina le sue capacita' di sfruttamento;
c. se questa è inferiore al volume ammissibile di catture autorizza alla pesca altri stati per il volume residuo non utilizzato. Nella scelta degli stati deve tenere conto della loro situazione economica (paesi in via di sviluppo, paesi che tradizionalmente esercitavano ivi la pesca o privi di sbocco al mare). Puo' pretendere anche eventualmente un pagamento (per es. per il rilascio di autorizzazioni);
d. sviluppa una normativa relativa alle modalità della pesca e alle specie di cui la cattura e' autorizzata. Per alcune specie la stessa cnudm fissa le regole di pesca (migratori, mammiferi marini, specie anadrome e catadrome). Lo stato costiero esclusivista puo' procedere ad arresto, ispezione, sequestro e proposizione di azione giudiziaria, procedendo immediatamente alla revoca del sequestro della nave e alla liberazione dell'equipaggio verso cauzione o altra garanzia sufficiente. In nessun caso è ammesso l'improgionamento o altra forma di punizione corporale.

E' da tenere presente che fino ad ora la cnudm non e' entrata in vigore e dunque vincolanti giuridicamente sono solo le norme giuridiche internazionali generali consuetudinarie, le quali possono essere state ivi codificate, ma non necessariamento coincidono con quelle della convenzione che come noto contribuisce anche allo sviluppo progressivo del diritto internazionale. Nella pratica infatti sono state istituite zone economiche esclusive da 74 stati ma molti applicano una normativa notevolmente spostata a proprio vantaggio rispetto a quella prevista dalla convenzione.



La piattaforma continentale
Il concetto di piattaforma continentale ha le sue origini nella pratica internazionale della metà del secolo XX precedendo quello di zona economica esclusiva. Esso e' strettamente legato ai progressi tecnologici che hanno orientato l'interesse verso lo sfruttamento delle riserve minerali (in particolare gli idrocarburi) del sottosuolo marino.
I primi precedenti si ricordano nel trattato fra Gran Bretagna e Venezuela del 1942 per la delimitazione del fondo e sottosuolo rispetto all'isola di Trinidad, al di la' delle rispettive acque territoriali, e nel proclama Truman degli Stati Uniti per il controllo delle risorse naturali della piattaforma continentale contigua alle coste statunitensi.
La nascita di una nuova fattispecie consuetudinaria generale fu riconosciuta gia' dalla codificazione di Ginevra del 1958 : per piattaforma continentale essa definisce il letto del mare e il sottosuolo delle regioni sottomarine adiacenti alle coste, ma situate al di fuori del mare territoriale, fino ad una profondita' di 200 metri o, al di la' di tale limite, fino al punto in cui la profondita' delle acque sovrastanti permette lo sfruttamento delle risorse naturali delle predette regioni.
La successiva Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare ha:
        determinato una sovrapposizione fra piattaforma continentale e zona economica esclusiva, estendendo questa, ampia fino a 200 miglia dalla costa, anche allo sfruttamento delle risorse dei fondi marini e del relativo sottosuolo;
        correlato la definizione di piattaforma continentale con il concetto geologico di margine continentale:
la piattaforma continentale di uno stato costiero comprende i fondi marini e il loro sottosuolo al di la' del suo mare territoriale, per tutta l'estensione del prolungamento naturale del territorio di questo stato, fino al bordo esterno del margine continentale, o fino a 200 miglia marine dalle linee di base a partire dalle quali è misurato il mare territoriale, quando il bordo esterno del margine continentale si trova ad una distanza inferiore. Ma se questo si trova a una distanza superiore la piattaforma continentale non puo' estendersi oltre le 350 miglia dalle linee di base o le 100 miglia dall'isobata dei 2.500 metri (sic ! ?).

Sulla piattaforma continentale i diritti dello stato sono esclusivi nel senso che nessuno puo' intraprendere attività di esplorazione o sfruttamento senza l'espresso consenso dello Stato costiero (indipendentemente dall'utilizzo di risorse della piattaforma). Da tale punto di vista emerge la differenza con la zona economica esclusiva che deve essere istituita con atto dello stato e prende in considerazione la possibilità di utilizzo di stati terzi in caso di sfruttamento non ottimale.
 
 
Le risorse naturali della piattaforma comprendono le risorse minerali e gli organismi viventi appartenenti alle c.d. specie sedentarie : quelle che allo stadio in cui possono essere pescate sono immobili sul fondo o al disotto del fondo o sono incapaci di spostarsi se non restando continuamente in contatto con il fondo o il sottosuolo (alghe ?). Da notare che lo stato costiero e' tenuto a versare contributi in danaro o natura relativamente allo sfruttamento di risorse non viventi della piattaforma posta al di la' delle 200 miglia dalle linee di base (fino al 7% del valore o volume di produzione) ripartiti fra gli altri stati tenuto anche conto della loro situazione economica (stati in via di sviluppo) e della loro mancanza di litorale.
 
 
Particolari disposizioni si incontrano riguardo le isole artificiali e in genere di installazione e strutture destinate a fini economici, sulle quali lo stato titolare della piattaforma ha diritti esclusivi, con anche giurisdizione in materia doganale, fiscale, di sicurezza e immigrazione. In ogni caso essi non devono pregiudicare la liberta' di circolazione (non devono essere collocate in modo da intralciare l'uso delle vie di comunicazione essenziali alla navigazione internazionale) e devono essere notificate e dotate di appositi segnali si presenza e zona di sicurezza non maggiore di 500 metri.
 
 
I diritti dello stato costiero non pregiudicano dunque il regime giuridico delle acque sovrastanti (alto mare o z.e.e.) e il relativo spazio aereo. In relazione alla collocazione di cavi od oleodotti essa non puo' essere impedita ma occore il consenso dello stato costiero per la determinazione del tracciato degli stessi che possono essere da questo controllati per evitare danni ecologici da inquinamento.

Si noti che nuove prospettive si aprono per lo sfruttamento delle risorse minerarie del continente antartico
A tale proposito e' stata redatta e aperta alla firma nel 1988 una convenzione sullo sfruttamento minerario di tale zona, anche se molte difficolta' sono poste da quegli stati che vorrebbero la istituzione di un parco mondiale su tale continente.


La delimitazione della piattaforma continentale e della zona economica esclusiva
Si tratta di un problema che si pone fra gli stati che si fronteggiano o sono adiacenti per i quali e' necessario determinare il tracciato di una linea di confine relativa ai fondi marini e per la z.e.e. anche alle acque sovrastanti. Problema delicato e controverso.
 
 
Laddove gli stati riescono a stringere un accordo non vi sono problemi. Ma difficile e' individuare le norme o la norma applicabile in caso di mancanza di accordo.
 
 
La Conferenza di Ginevra del 1958 fa riferimento in primis all'accordo e in mancanza, salvo che delle circostanze speciali non giustifichino altra delimitazione, dispone la individuazione della linea mediana i cui punti sono equidistanti dai punti piu' prossimi delle linee di base a partire dalle quali e' misurata l'ampiezza del mare territoriale di ciascuno di questi stati. Ma poi non specifica quali siano le circostanze speciali citate e gli altri modi di delimitazione !!
 
 
La Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 non riesce al fare meglio a causa della mancanza di uniformita' e convergenza a livello si prassi internazionale (e dunque di consolidata regola generale consuetudinaria a proposito). Si limita a invitare ad intese provvisorie con la ratio di impedire in ogni caso conflitti assicurando mezzi pacifici di risoluzione della controversia. 
 
 
Mancando una norma sostanziale che regoli la materia la giurisprudenza a riguardo richiama il principio della equa soluzione. Se si puo' parlare di formazione giurisorudenziale di una norma che prescrive un'equa soluzione rimane difficile stabilire con certezza come tale norma operi. Si tratta in realta' di un espediente concettuale cui ricorre il giudice che, dovendo comunque dirimere la controversia proposta, non vuole apertamente ammettere il suo ruolo creativo di diritto. 
 
 
Si ricordi comunque che la regola del ricorso a equi principi non ha alcunche' in comune con la soluzione ex aequo et bono: più che applicare salomonicamente l'equita', quest'ultima e' posta come fine mediante il quale individuare dei principi di determinazione rigorosi improntati a evitare ogni differenza di trattamento ingiustificabile.

Vediamo allora quali sono tali principi di delimitazione praticati dalla giurisprudenza e richiesti dalla norma sull'equa soluzione.


Le circostanze rilevanti ai fini della delimitazione
Nell'ambito della norma sull'equa soluzione vediamo quale siano le circostanze adottate ai fini della delimitazione della piattaforma continentale e i metodi adottati per ciascuna circostanza analizzata, in un secondo momento vedremo le applicazioni pratiche di tali criteri e metodi.

Circostanze geografiche
Esse assumono una importanza preminente nella delimitazione. I metodi applicati sono:
  1.  metodo della equidistanza odella linea mediana;
  2.  metodo della proporzionalita': viene applicato quando le coste dei due paesi che si fronteggiano sono irregolari, nel caso concave (con effetto di avvicinare il punto di incontro delle linee di equidistanza) e convesse (con effetto di allontanare il punto di incontro di tali linee), con chiaro svantaggio per i paesi aventi la costa conformata alle seconde. Con il criterio della proporzionalita' si cerca un rapporto ragionevole tra l'ampiezza delle zone di piattaforma appartenenti allo stato costiero e la lunghezza del suo litorale, misurata secondo la direzione generale della costa. Si noti che rileva a riguardo la lunghezza della facciata marittima di uno stato e non gia' la superficie del suo territorio. Sempre per motivi di equita' si possono prendere in considerazione per applicare l'equita' anche i fondi sottostanti al mare territoriale e le acque interne.
  3. metodo dello spostamento della linea di equidistanza per effetto della diversa lunghezza delle facciate marittime;
  4. metodo della perpendicolare alla direzione generale della costa o della bisettrice dell'angolo formato dalle linee di direzione generale della costa che si applicano per evitare effetti amputativi e inqui derivanti dal metodo della equidistanza;
  5. metodo della perpendicolare alla linea di chiusura di una baia, evidentemente laddove la baia sia divisa fra due stati;
  6. metodo del semieffetto delle isole in cui la delimitazione si ricava costruendo la linea di divisione prima ignorando la presenza dell'isola, poi calcolandola come punto base. Il semieffetto si ricava individuando la linea tracciata a meta' strada fra le due linee precedenti; nel caso di isole c.d. dalla parte sbagliata della linea mediana, ossia piu' prossime al territorio di un altro stato diverso da quello cui appartengono, si è utilizzato (isole Angolo Normande nella controversia franco britannica) il metodo dell'enclave: si è effettuata una separazione fra la piattaforma adiacente alla costa inglese e quella delle isole in questione, attribuendo loro una piattaforma limitata a 12 miglia.
Circostanze geologiche
Esse hanno un peso oggi poco marcato. Si tratta di prestare attenzione alla struttura fisica del fondo marino (presenza di fosse o catene montuose sottomarine), visto che la piattaforma continentale non altro che una zona prolungante fisicamente il territorio dello stato. In molti casi, sebbene tali ragioni siano state avanzate dalle parti, la Corte le ha respinte come equivoche preferendo altri metodi e criteri.
Riguardo la presenza di pozzi petroliferi o altri giacimenti importanti, sebbene a rigore dovrebbe trattarsi di circostanza geologica in realta' il peso e' tutto politico.

Circostanze politiche
Rileva anche la pratica intercorsa in passato di fatto fra le parti, anche in base a precedenti convenzioni, come nel caso della delimitazione fra Libia e Tunisia, per il primo suo tratto, in cui la corte si e' rifatta a precedenti convenzioni fra Francia e Italia allora responsabili delle relazioni estere dei due paesi, o ancora per il caso delle Guniea - Guninea Bissau.

Circostanze militari
In realta' ove sono state richiamate sono parse estremamente ambigue ed equivoche. Come nel caso Libia Malta.

Circostanze biologiche ed ecologiche
La loro valutazione e' stata pero' respinta dalla Core nel caso del Golfo del Maine, non essendo essa convinta che sia possibile riconoscere le vere frontiere naturali stabili e sicure in un ambiente mobiel, variabile, appunto vivente.

Circostanze economiche
Esse poi, fino ad ora, non hanno avuto rilievo alcuno nelle delimitazione, essendo ad avviso della corte circostanze variabili e tali da potere in qualsiasi momento far pendere la bilancia da una parte o dall'altra in modo imprevedibile, secondo la buona o cattiva sorte dei paesi in causa. 



ESEMPI DI DELIMITAZIONE



GOLFO DEL MAINE USA - CANADA : applicazione del metodo della bisettrice, della perpendicolare alla linea di chiusura della baia e dello spostamento della lineao di equidistanza per la diversa lunghezza delle facciate marine.




L'alto mare
L'alto mare e' il mare che non è sottoposto alla sovranita' di alcuno stato ed inizia la' dove terminano gli spazi dove gli stati costieri possono rivendicare diritti esclusivi. Le norme ad esso relative si applicano dunque a tutte le parti di mare che non sono comprese nella zona economica esclusiva, nel mare territoriale, nelle acqe interne e arcipelagiche. Si tratta evidentemente di definizioni di carattere negativo.

Il regime giuridico dell'alto mare e' basato sulla piena libertà per tutti gli stati, anche quelli privi di litorale:
navigazione, sorvolo, posa di cavi e condotte sottomarine, costruzione di isole artificiali o altre installazioni, pesca, ricerca scientifica.
Tale liberta' non va intesa pero' in senso assoluto, in quanto va esercitata tenendo presente gli interessi degli altri stati aventi tutti i medesimi diritti degli altri, si dice esercizio ragionevole. Non sarebbe per es. tale l'esercizio indiscriminato della pesca in modo da esaurire le risorse biologiche senza la preoccupazione di conservarle o di permettere la stessa attività agli altri stati.
Fra le libertà si ricorda quella di istituire zone chiuse in alto mare per la effettuazione di manovre militari a condizione che:
- sia dato adeguato preavviso ai terzi;
- il periodo di chiusura deve essere limitato;
- che le zone in questione non siano essenziali per la navigazione internazionale.
Condizione che a parere dell'Australia e della Nuova Zelanda non sarebbero state rispettate dalla Francia per i suoi esperimenti nucleari all'atollo di Muroroa, nella Polinesia francese, anche se la dichiarazione della fine degli esperimenti da parte della Francia impedì il pronunciamento della Corte internazionale di Giustizia.

La bandiera 
Ogni stato può fare navigare liberamente le navi battenti la propria bandiera, con la pretesa che davanti a questa nessun altro stato possa esercitare la propria giurisdizione su di esse (o anche quelle battenti bandiera di organizzazioni internazionali).
Se invece una nave percorre l'alto mare senza battere alcuna bandiera, non godendo della protezione di alcuno stato, può essere oggetto di visita e di controllo da parte delle navi da guerra, cosi' anche la nave che batte diverse bandiere a seconda della convenienza. Comunque se la ispezione risulta infondata non avendo la nave senza bandiera compiuto alcun atto che giusitifcava il controllo, essa può richiedere l'indenizzo di ogni danno derivato.
 
 
Riguardo la attribuzione della bandiera da parte di uno stato ad una nave nessuna norma del diritto internazionale generale determina le condizioni per il rilascio. Esiste invece una norma che obbliga ogni stato ad esercitare un controllo effettivo sulle navi battenti la propria bandiera. Utile anche per individuare le cosiddette bandiere ombra o di comodo oltre al fatto che in tal modo si puo' assicurare il controllo tecnico, amministrativo delle stesse, soprattutto in relazione alla sicurezza della sua circolazione, interesse di tutti gli stati. Deve dunque esistere un collegamento fra nave e stato di cui batte bandiera. Tuttavia in caso di violazioni a tali obblighi le sanzioni sono piu' che blande: un altro stato non può interferire materialmente limitandosi a segnalare il pericolo allo stato corrispondente che prenderà autonomamente iniziative di inchiesta o i rimedi che riterra' opportuni. Nel tentativo di assicurare tale legame tra stato e bandiera e' stata recentemente adottata la convenzione delle Nazioni Unite di Ginevra del 1986 sulle condizioni di registrazione delle navi.

interferenze da parti di stati sulle navi di altri in alto mare
        le navi da guerra e le navi appartenenti ad uno stato o da esso gestite e impiegate esclusivamente per un servizio pubblico non commerciale hanno una immunita' dalla giurisdizione degli altri stati che e' completa;
        per le altr navi invece il divieto di interferenze da parte di altri stati ha delle eccezioni:
  1.         pirateria, che e' definita in base a molte condizioni, tante che può dirsi un reato difficile a verificarsi. Occorre infatti che esso sia compiuto attraverso un'altra nave o aeromobile specificamente in alto mare, dove non vi e' giurisdizione di altro stato. Non si parla di pirateria per atti analoghi compiuti da navi da guerra o di proprietà di uno stato perché l'atto sarebbe immediatamente a lui imputato (salvo il caso di ammutinamento). Ogni stato puo' in alto mare fermare la nave responsabile e arrestare l'equipaggio per processarlo in base alle proprie leggi e per mezzo dei propri tribunali. Si e' parlato a proposito di crimen juris gentium, che offende la comunita' internazionale nel suo insieme. Bisogna tuttavia notare che le condizioni della definizione vista sono tali che quasi tutti gli atti affini cadono sotto denominazinoi diverse. E' sufficiente che il reato avvenga nelle acque territoriali, per esempio, magari scelta fra gli stati che non hanno i mezzi per prevenire e reprimere il reato. 
  2. diritto all'inseguimento, quando le autorita' di uno stato costiero hanno motivo di pensare che una nave abbia contravvenuto alle leggi e regolamenti propri e tenta di catturarla. Il diritto di inseguimento e' sottoposto ad alcune condizioni: che abbia inizio a partire dalle acque interne o territoriali o sottoposte comunque alla sua sovranita'; sia preceduto dalla intimazione a fermarsi fatta a distanza tale e nei modi tali che possa essere avvertita; che l'inseguimento non sia interrotto; infine l'inseguimento deve cessare quando la nave inseguita entra nel mare territoriale di un altro stato (per rispetto della sovranita' di quest'ultimo).
  3. per la interruzione di emissioni radiofoniche o televisive non autorizzate e comunque in violazione del diritto internazionale, caso previsto dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare invero non per codificazione di norma generale esistente ma per promuovere lo sviluppo progressivo. Il diritto di fermare le trasmissioni e di arrestare i responsabili e' comunque subordinato al fatto che le emissioni possano essere ricevute.
notare che riguardo le navi dedite alla tratta degli schiavi, queste ultime possono esclusivamente essere oggetto di visita da parte di navi da guerra straniere, e in teoria l'unico obbligo e' quello di segnalare il fatto allo stato competente per bandiera, in teoria...
 
 
 
Ai fini della collaborazione da parte di tutti gli stati per la repressione del traffico di stupefacenti in alto mare va notato che il diritto di interferire a bordo di tali navi battenti bandiera straniera e' subordinato ad un accordo fra gli stati interessati alla repressione.
 
 
La liberta' di pesca in alto mare si e' gia' detto non essere assoluta in quanto ispirata alla conservazione delle risorse biologiche e alla coordinazione non solo di interventi a tale fine ma anche della pesca altrui. Si noti che la cooperazione per le misure di conservazione delle risorse e' sfociata in diversi trattati internazionali riguardanti specifiche zone (come l'Atlantico nord occidentale, l'Antartide) o per determinati animali (convenzione sulla caccia alla balena di Washington del 1946).
 
 
Vi e' piena liberta' di posare condotte sul fondo marino, salvo responsabilita' per colpa o dolo in caso di rottura o comunque di danni.

Infine riguardo le attivita' militari in alto mare la norma che destina quest'ultimio esclusivamente a fini pacifici non esclude attivita' di navi e mezzi militari che non si traducano nella minaccia o nell'uso della forza contro la integrita' territoriale o la indipendenza politica di altri stati. Vari trattati hanno provveduto riguardo al progressivo disarmo di tali zone (in particolare di armi nucleari).


La navigazione

NELLE ACQUE INTERNE
Nelle acque interne la navigazione e il sorvolo sono sottoposte alla piena autorita' dello stato costiero.
Diversamente nelle acque arcipelagiche si parla di uno specifico diritto di passaggio arcipelagico, attraverso tuttavia vie di circolazione e rotte aeree designate dallo stato arcipelago.
L'accesso a porti altrui dipende invece dalla stipulazione di appositi trattati, bilaterali o multilaterali (come la convenzione sullo statuto e il regime internazionale dei porti marittimi di Ginevra, 1923).

NEL MARE TERRITORIALE
Notevole che nel mare territoriale una norma consuetudinaria di antiche origini limiti il diritto di sovranita' dello stato costiero. Questo e' infatti obbligato a consentire il passaggio inoffensivo delle navi straniere, ma si osservi che tale diritto non vale invece per gli areomobili, che hanno invece bisogno di consenso.
Cosa si intende per passaggio ? Si intende un attraversamento rapido e continuo, senza soste e ancoraggi che non siano quelli ordinari per la navigazione o eccezionali per stato di necessita' o di pericolo. Soprattutto deve essere un passaggio inoffensivo, e a proposito la cnudm ha dettato tutta una serie di comportamenti incompatibili (dalla minaccia all'impiego della forza, manovre o esercitazioni con armi, uso di aeromobili, imbarco e sbarco e quanto in violazione delle norme sulla importazione ed esportazione, doganali e di immigrazione, inquinamento, pesca, ricerche o rilevamenti, perturbazione del funzionamento di ogni sistema di comunicazione, tutte le attivita' non connesse con il passaggio).
I sottomarini e tutti i veicoli sommergibili devono navigare in superficie e inalberare la loro bandiera, mentre le navi a propulsione nucleare o trasportanti materie nucleari o pericolose devono prendere le opportune cautele previste da accordi internazionali e possono essere obbligate ad utilizzare solo determinate vie di circolazione.

Le navi che percorrono il mare territoriale devono conformarsi per un'ampia serie di materie al diritto del paese attraversato (ma ovviamente in materia di progettazione, construzione e armamento valgono solo regole generali internazionali altrimenti la varieta' legislativa renderebbe inpossibile ogni passaggio). 

Nel suo mare territoriale lo stato puo' sospendere temporaneamenete l'utilizzo per la navigazione di determinate zone senza discriminazioni fra stati, per motivi di sicurezza o per esercitazioni armate. Laddove vi siano pericoli deve darvi pubblicita' adeguata ai naviganti.

Riguardo al passaggio delle navi da guerra straniere non tutti gli stati sono concordi. Per lo piu' si ritiene che, essendo perrmesso sempre il passaggio inoffensivo, non sia la natura della nave a determinare tale carattere, bensi' il tipo di attivita' svolto.
Le navi da guerra e quelle dello stato utilizzate a fini non commericali godono della immunita' dalla giurisdizione dello stato costiero.
Riguardo alla giurisdizione sulle altre navi la cnudm impone, usando il condizionale (il che e' significativo), quindi imporrebbe, determinati obblighi nel mare territoriale:
lo stato costiero non dovrebbe esercitare la sua giurisdizione penale sulle navi straniere che passano sul suo mare territoriale se non nei casi seguenti:
1) se le conseguenze dell'infrazione si estendono allo stato costiero;
2) se la infrazione e' di natura tale da turbare la pace o l'ordine nel mare territoriale;
3) se l'assistenza delle autorita' costiere e' stata richiesta dal capitano della nave o da un agente diplomatico o funzionario consolare dello stato di bandiera;
4) se tali misure sono necessarie per reprimere il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Ancora lo stato costiero non dovrebbe arrestare o dirottare una nave straniera che passa nel suo mare territoriale per esercitare la sua giurisdizione civile nei confronti di una persona che si trova a bordo. 
 
 
Insomma per giustificare l'intervento su una nave straniera di passaggio sarebbero necessarie gravi circostanze che collegano lo stato a quella nave (o a quanto trasporta). Se poi la nave ha appena lasciato le acque interne lo stato costiero puo', in mare territoriale, applicare il proprio diritto nazionale nel arrestare persone a bordo per illeciti penali o prendere misure esecutive o conservative in materia civile.

NEGLI STRETTI
Il regime degli stretti e' particolarmente importante perche' questi costituiscono spesso vie obbligate per le comunicazinoni marittime. Esso non costituiscono una zona a se' stante ma rientrano pienamente o nelle acque interne o nel mare territoriale e mettono in comunicazione due porzioni di alto mare o di zone economiche esclusive.
Differenti dagli stretti sono i canali artificiali, per i quali invece non esiste alcun diritto di navigazione, salvo quanto stabilito da convenzioni specifiche di passaggio libero per determinati stati (come per il Canale di Suez e quello si Panama).

La finalita' del regime giuridico degli stretti e' proprio quella di favorire il passaggio di tutte le navi ed anche degli aeromobili, senza autorizzazioni, purche' cio' avvenga in tempo di pace e in modo inoffensivo. Ancora a differenza che nel mare territoriale il passaggio non puo' in alcun modo essere sospeso.
Il transito deve essere continuo e rapido nelle modalita' gia' viste.
I pericoli della navigazione, ed eventuali percorsi per evitarli, devono essere segnalati dallo stato costiero.

Vi sono pero' dei tipi particolari di stretti sottoposti a diversa regolamentazione:
  1. gli stretti che collegano il mare territoriale di uno stato all'alto mare o alla zona economica esclusiva di un altro stato;
  2. stretti formati dal territorio continentale di uno stato e un'isola appartenente a tale stato;
Valgono in questi due casi le norme sul passaggio inoffensivo in mare territoriale con la differenza che il passaggio non puo' essere in modo alcuno sospeso.

Per finire si noti che per alcuni stretti valgono le disposizioni di trattati in vigore da lunga data (stretto di Magellano, del Bosforo e dei Dardanelli, gli stretti Baltici, lo stretto fra la Finlandia - isole d'Aaland - e la Svezia).

NELLA ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA
Nella zona economica esclusiva tutti gli stati godono della liberta' di navigazione e di sorvolo e degli altri utilizzi internazionalmente leciti in armonia con quelli spettanti allo stato costiero (nel caso possono esserci anche criteri di priorita' da accertare caso per caso).

Se è chiaro che la liberta' di passaggio vale anche per i mezzi militare e' invece controversa la questione se in tale zona possano liberamente esercitarsi attivita' militare diverse dalla mera navigazione (favorevoli a tale liberta' Stati Uniti d'America, Francia e Italia, contrari Capo Verde, Uruguay e Brasile). Una possibile zoluzione potrebbe vedersi nella distinzione fra vari tipi di attivita' militari:
- manovre militari: verificanti la coordinazione delle flotte e che potrebbero essere consentite come modalita' di navigazione;
- esercitazioni con armi e bersagli: in tale caso potrebbe trovare applicazione lo art. 59 della cnudm che in caso di conflitto di interessi fra stato costiero e altri stati per il quale la Convenzione non disponga, prevede la rispluzione in base all'equita' e con riguardo a tutte le circostanze pertinenti, tenuto conto della importanza che gli interessi in causa presentano per le diverse parti e per la comunita' internazionale nel suo insieme. E nel caso specifico il confronto degli interessi in gioco dovrebbe proprio propendere a favore dello stato costiero, in quanto lo stato terzo dovrebbe spiegare perche' la esercitazione deve essere condotta proprio in quella zona economica esclusiva e non in alto mare.

IN ALTO MARE
In alto mare ogni stato ha diritto a far circolare liberamente le navi battenti propria bandiera, il che si collega ad alcuni obblighi in materia di sicurezza della navigazione e di protezione per gli equipaggi, propri e degli altri mezzi (equipaggiamenti, condizioni di lavoro, segnalazioni etc.).
Proprio in materia di sicurezza in mare sono applicabili diversi trattati (Convenzione per la sicurezza della vita umana in mare, per la prevenzione delle collisioni, per i criteri di addestramento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi, convenzione sulla linea di massimo carico, convenzione sul salvataggio).

Poiche' tutti gli stati godono della liberta' completa in alto mare anche quelli privi di litorale devono, per potere godere di tale liberta', avere anche diritto di accesso al mare e relativa liberta' di transito con ogni mezzo di trasporto sul territorio degli stati interposti fra di essi ed il mare. Le condizioni e le modalita' di tale diritto di transito sono stabiliti per mezzo di accordi bilaterali o regionali.



I fondi marini al di la' delle giurisdizioni nazionali quali patrimonio comune della umanita'
L'aspetto piu' innovativo della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e' la istituzione dell'Area patrimonio comune dell'umanita', applicabile ai fondi marini al di fuori delle giurisdizioni statali.

I motivi di tale istituzione:
In conseguenza delle innovazioni tecnologiche e scientifiche si e' fatta sempre piu' verosimile e vicina l'ipotesi dello sfruttamento delle risorse minerarie, e in generale economiche, dei fondi marini anche a profondita' molto grandi. In tale prospettiva era importantissimo che si procedesse ad una regolamentazione di tale sfruttamento, in quanto:
-         l'idea di territorialita' su cui e' basato il concetto di piattaforma continentale (recepita dalla convenzione del 1958) avrebbe determinato un vantaggio ingiusto nei confronti degli stati geologicamente piu' favoriti;
-         la mancanza di regolamentazione avrebbe invece avvantaggiato altrettanto ingiustamente gli stati piu' ricchi i quali, soli e per primi, avrebbero potuto affrontare gli investimenti enormi necessari a tali imprese, accaparrandosi i giacimenti piu' importanti.

Il Patrimonio comune dell'umanita' fu proposto da Malta nel 1967 e recepito dapprima nella risoluzione dell'assemblea generale della Nazioni Unite n. 2749 del 1970 e poi dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
La cnudm prevede che l'Area e le sue risorse siano il patrimonio comune della umanita', stabilendo una normativa che si basa almeno su quattro principi fondamentali:
  1. principio del divieto di appropriazioni nazionali, per il quale nessuno stato puo' vantare diritti sovrani o esercitare sovranita' (ne' tantomeno alcuna persona fisica) sull'Area e le sue risorse;
  2. principio della destinazione a fini pacifici;
  3. principio della uguaglianza compensatrice, ai sensi del quale nell'utilizzare le risorse dei fondi marini dell'Area occorre favorire i paesi in via di sviluppo. Inotre tutte le attivita' condotte devono essere svolte nell'interesse dell'umanita' intera, indipendentemente dalla situazione geografica degli stati, e affinche' cio' si realizzi bisogna tenere conto di quella parte della umnita' in condizioni peggiori e quindi svantaggiata in una eventuale libera corsa allo sfruttamento;
  4. principio dell'internazionalismo istituzionale; pe il quale il raggiongimento dei fini sopra elencati richiede la istituzione di una apposita organizzazione internazionale, competente in via esclusiva a gestire il patrimonio comune dell'umanita', in modo che le risorse siano inalienabili e i minerali estratti commerciabili solo ed esclusivamente in conformita' delle norme della cnudm e della organizzazione internazionale appositamente creata.
  5. organizzazione internazionale e' denominata Autorita' Internazionale dei fondi marini
 
 
 
Lo sfruttamento delle risorse dell'Area si fonda su un sistema detto parallelo, che intende conciliare il principio del patrimonio comune della umanita' con il dato di fatto che soltanto un ristretto numero di stati dispone delle tecnologie e dei capitali per questo tipo di attivita', un sistema di compromesso dunque.
Vengono a trovarsi dunque i seguenti soggetti:
- gli stati e le loro imprese private patrocinate;
- la cosiddetta Impresa (simpliciter) che e' un organo della stessa Autorita' Int. f. m. conducente attivita' di esplorazione, sfruttamento, trasporto, trattamento e commercializzazione dei mierali estratti.

Modalita' operative, dette nel caso banking system:
  1.         Questi due poli (Stati o loro imprese e la Impresa) sottopongono alla Autorita' piani di lavoro i quali devono riguardare lo sfruttamento di una zona con tali caratteristiche da potere permettere due distinte attivita' di estrazione, equivalenti e ben delimitate dal piano presentato;
  2. autorita' nell'approvare il piano decide quale delle sue attivita' di estrazione concedere al richiedente in sfruttamento esclusivo. L'altra sara' condotta dalla Autorita' stessa tramite la sua Impresa o una associazione di paesi in via di sviluppo;
  3. attivita' riservata a se' o alla associazione dei paesi in via di sviluppo e' effettutata con tecnologie acquistate a condizioni che apposite norme della cnudm si preoccupano essere giuste, e con finanziamenti avuti dagli stessi stati membri.
  4. tal modo si riescono a superare le difficolta' che deriverebbeo dalle spese di esplorazione ed estrazione.
Altre norme di preoccupano di proteggere i paesi produttori su terraferma (attraverso sistemi di limitazione della produzione marina e di compensazione) e di evitare la formazione di monopoli nella attivita' di esplorazione e sfruttamento dell'Area.

Organi della Autorita' Internazionale dei fondi marini:
-
Assemblea, di cui fanno parte tutti i membri della cnudm, organo supremo con funzioni di politica generale e competenza su tutte le materie oggetto della organizzazione;
- Consiglio, organo esecutivo che si compone di soli 36 stati eletti dalla assemblea con criteri di equa ripartizione geografica fra determinate categorie predisposte (per es. esso e' competente in materia di approvazione dei piani di lavoro);
- Segretariato;
- Impresa.


I problemi della attuazione del patrimonio comune dell'umanita'
Proprio la regolamentazione ora vista sulla zona patrimonio comune della umanita' ha costituito il principale punto di disaccordo in materia del diritto del mare. La impossibilita' di conciliare le varie posizioni ha fatto si che non si potesse adottare il testo della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare tramite consensus, bensi' si è dovuto procedere a votazioni con criterio a maggioranza.
 
 
Fra gli stati contrari a tale regolamentazione compaioni proprio quelli occidentali piu' industrializzati e importanti, come gli Stati Uniti, non firmatario della cnudm, in quanto con tale convenzione si scoraggerebbe l'attivita' mineraria, porterebbe al monopolio dell'Impresa, e imporrebbe disposizioni inaccettabili in materia di trasferimento della tecnologia. Infine non rifletterebbe adeguatamente gli interessi degli stati industrializzati, anche nella fase di presa di decisioni all'interno della Autorita'.
Un tale dissenso e' evidentemente molto grave perché anche una futura entrata in vigore della Convenzione senza l'adesione degli stati piu' importanti svuoterebbe il significato della normativa medesima.
D'altra parte molti paesi in via di sviluppo sostengono che i principi e le regole della convenzione sarebbero in realta' gia' in vigore come norme generali del diritto consuetudinario.
Nella pratica internazionale qual'e' la prassi seguita ?
-         Alcuni paesi sviluppati hanno elaborato leggi interne (pur a carattere provvisorio fino alla efficacia della cnudm) riguardanti lo sfruttamento dei fondi marini internazionali (U.S.A., Germania, Regno Unito, Francia, U.R.S.S., Giappone, Italia). Tali normative hanno in comune la previsione di un sistema per cui le imprese possono ottenere da una autorita' internazionale l'autorizzazione a sfruttare una porzione di fondi marini, sulla quale sono loro riconosciuti diritti esclusivi. E' inoltre prevista la validita' di licenze concesse dagli altri paesi detti reciprocanti che abbiano adottato sistemi simili e riconoscano fra loro le rispettive autorizzazioni. Esse prevedono infine che parte del ricavato vada, secondo vari criteri, a beneficio dell'umanita'.
-         Inoltre diversi stati hanno fra loro concluso trattati relativi al rilascio e alla registrazione delle autorizzazioni minerarie (84 Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, U.S.A.) e relativi al mantenimento della riservatezza dei dati (86 Belgio, Canada, Italia, Paesi Bassi, U.R.S.S.). L'intesa sulla completa liberta' dell'alto mare anche in materia di sfruttamento delle risorse minerarie (senza alcuna rivendicazione di sovranita') e' piena fra questi paesi.

Sempre nella prassi e' pero' possibile intravvedere segni di attenuazione del conflitto e di riavvicinamento delle posizioni con i paesi in via di sviluppo:
- l'adesione di molti paesi occidentali sviluppati alla iniziativa e ai lavori della Commissione preparatoria della Autorita' internazionale dei fondi marini (Prepcom) e del Tribunale internazionale del diritto del mare, la quale prevede la presentazione della domanda di registrazione a titolo di investitori ponieri alla Prepcom. Ai sensi della Cnudm si intendono Investitori pionieri i principali stati dei paesi occidentali e potenze mondiali che abbiano rispettato precisi impegni di ricerca e investimento e a condizione che essi si impegnino di sottoscrivere la Cnudm stessa, ed anche i paesi in via di sviluppo sottoscrittori della cnudm che abbiano soddisfatto le condizioni finanziarie richieste.
Per il fatto che Francia,Giappone, India e U.R.S.S. hanno effettivamente presentato domanda per essere investitori pionieri si e' in un primo momento creato il problema della possibile sovrapposizione di zona con i paesi potenziali pionieri, essendo tutti interessati ad una zona del Pacifico. Problema poi risolto tramite intese internazionali.




La protezione dell'ambiente marino
Nel'evoluzione del diritto internazionale, non solo del mare, la protezione dell'ambiente ha un posto sempre piu' importante.
Senza dubbio due norme consuetudinarie sono emerse dalla pratica e dalle convenzioni:
 
  1. E' fatto divieto ad uno stato di inquinare il territorio di un altro stato o uno spazio posto al di la' delle giurisdizioni nazionali;
  2. Gli stati hanno l'obbligo di cooperare al fine della protezione dell'ambiente e della prevenzione dell'inquinamento.
Norme che trovano ampia applicazione in materia di mare.
Tanto da essere confermate dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

Conferma della prima norma:
Nella cnudm troviamo una definizione di inquinamento specificamente elaborata per l'ambiente marino: introduzione diretta o indiretta, da parte dell'uomo, di sostanze o di energia nell'ambiente marino, compresi gli estuari, quando essa puo' avere effetti nocivi, quali danni alle risorse biologiche o alla fauna e flora marine, rischi per la salute dell'uomo, intralcio alle attivita' marittime, comprese la pesca e le altre utilizzazioni lecite del mare, alterazione della qualita' dell'acqua di mare dal punto di vista della sua utilizzazione e degradazione dei valori di gradimento. 
In particolare si ricordi il divieto del cosiddetto inquinamento transfrontaliero, il quale consiste nell'inquinamento originante dalle attivita' sottoposte alla giurisdizione di uno stato che produce i suoi effetti negativi sugli altri stati o il loro ambiente, con il dovere per ogni stato di evitare che l'inquinamento risultante da incidenti o da attivita' sottoposte alla sua giurisdzione o controllo si estenda al di la' delle zone ove essi esercitano diritti sovrani. Certamente allora fra le attivita' sottoposte a giurisdizione di uno stato sono quelle compiute dalle navi che battono la sua bandiera.
Inoltre il divieto di inquinamento marino e' cosi' importante da essere preso in considerazione, seppure de jure condendo, nel progetto sulla responsabilita' internazionale adottato dalla Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite.

Conferma della seconda norma
Sempre in ambito della cnudm troviamo ribadito l'obbligo della collaborazione, diretto o tramite apposite organizzazioni, un obbligo al comportamento in buona fede in pratica, che per es. impone uno stato ad informare gli altri sulle attivita' a sua conoscenza suscettibili a creare inquinamento, oppure a consultarsi e a partecipare a negoziati in materia. Al proposito la partecipazione doverosa ai negoziati non si esplicita in un semplice dovere formale, bensi' le trattative devono essere avviate con lo scopo di arrivare ad una soluzione, e cio' non e' compatibile, in caso di posizioni divergenti, con il matenimento assoluto e inamovibile delle proprie posizioni.
La collaborazione puo' poi concernere la elaborazione di piano di urgenza in caso di pericoli, programmi di ricerca scientifica, assistenza tecnica ai paesi in via di sviluppo.

Un grave limite della cnudm è, ad avviso dell'autore, che le disposizioni in materia di protezione dell'ambiente ivi disposte non si applichino alle navi da guerra e a quelle dello stato utilizzate per usi pubblici non commerciali.

Fonti di inquinamento marino tipiche:
    1. Inquinamento da navi: ci si riferisce all'inquinamento causato dalle navi in conseguenza (a) delle normali operazioni di uso delle navi, il cosiddetto inquinamento operativo, (b) a seguito di incidenti, e allora si parla di inquinamento accidentale. Al proposito gli stati hanno l'obbligo di disporre misure in materia di prevenzione di tale inquinamento attraverso la regolamentazione della progettazione, costruzione, armamtento e gestione delle navi battenti la loro bandiera. 
      1.         L'applicazione delle norme relative all'inquinamento da navi e' affidata sia allo stato bandiera, sia allo stato del porto, sia allo stato costiero, sempre in coordinazione con il principio secondo il quale l'ambiente deve essere protetto senza intralciare arbitrariamente la navigazione. Tale applicazione e' ripartita secondo un complicato schema di divisione dei poteri stabilito dalla cnudm. In particolare se pieno e' il potere dello stato bandiera sulle sue navi, piu' limitato quello dello stato costiero e dello stato del porto (porto in cui la nave si trovi volontariamente dopo aver commesso una infrazione al di fuori delle sue acque territoriali). Le azioni intraprese da uno stato per reprimere infrazioni di una nave straniera devono essere sospese quando lo stato di bandiera abbia intentato una procedura per quella infrazione entro 6 mesi dalla prima azione (a meno che si tratti di danno grave o che lo stato di bandiera sia gia' ripetutamente venuto meno al suo dovere di repressione). Tale tipo di inquinamento e' stato poi preso in considerazione anche da altre convenzioni internazionali, fra cui importante la convenzione per la prevenzione dell'inquinamento da navi di Londra, '73, detta Marpol, che introduce nuovi sistemi tecnici e impianti da applicare alle navi e stabilisce obblichi di cooperazione in materia di rilascio di certificati per le navi stesse. Ancora altre convenzioni riguardano gli incidenti in alto mare, da idrocarburi e da sostanze diverse, la loro prevenzione, l'attivita' di intervento e anche la responsabilita' civile da inquinamento.
  




La ricerca scientifica
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare dispone l'obbligo da parte degli stati e delle organizzazioni competenti di incoraggiare e facilitare la ricerca scientifica marina.
Essa deve avvenire:
-        a fini esclusivamente pacifici;
-        con l'obbligo di rendere pubblici i programmi e le conoscenze ricavate;
-        senza intralcio degli usi leciti del mare e con riguardo alle norme per la protezione dell'ambiente marino;
-        anche attraverso la cooperazione fra stati e organizzazioni. 

Il regime della ricerca varia a seconda degli spazi ove essa si svolge:
  1. mare territoriale la ricerca e' subordinata al consenso e alle condizioni dello stato sovrano.
  2.         Nella zona economica e sulla piattaforma continentale ugualmente occorre il consenso dello stato costiero. Tuttavia la cnudm prevede l'obbligo di consenso da parte dello stato costiero quando si tratti di progetti di ricerca pura, a fini esclusivamente pacifici per l'accrescimento delle conoscenze a vantaggio di tutta l'umanita'.
Il progetto puo' invece essere rifitutato a discrezione dello stato costiero:
se ha una incidenza sulla esplorazione e lo sfruttamento di risorse naturali (ricerca applicata);
 
E' inoltre previsto l'obbligo da parte dei promotori della ricerca di fornire allo stato costiero tutti i dati relativi alla ricerca prima, dandogli la possibilita' di partecipare alla attivita' se lo desidera, e comunicargli i risultati di questa poi. Risultati da counicare anche a livello internazionale.
Riguardo al consenso dello stato costiero vale la regola del consenso tacito. Il consenso si presume se lo stato costiero non dichiara il suo rifiuto entro 4 mesi dal ricevimento delle informazioni sul progetto.
  1. di fuori della zona economica esclusiva la ricerca scientifica e' libera e non richiede alcun consenso. Valgono le disposizioni generali della cnudm che prevedono la cooperazione fra stati e organizzazioni nello sviluppo e nel trasferimento delle tecnologie marine

Alcune disposizioni importanti riguardano la protezione degli oggetti storici e archeologici scoperti in mare. Si puo' a proposito configurare una sorta di zona archeologica, che si estende al massimo 24 miglia dalle linee di base, entro la quale e' illecita la asportazione non autorizzata degli oggetti in questione.
Per gli oggetti storici e archeologici trovati invece nell'Area si applica ovviamente il principio del patrimonio comune all'umanita',e come tali sono conservati e custoditi, tenendo conto dei diritti preferenziali dello stato o paese di origine di tali oggetti, o per il quale essi hanno fondamentale importanza storica o culturale.




Il diritto del mare e l'Italia
L'importanza della materia per la Nazione Italiana, storica e geografica, e' evidente.
L'ampiezza del mare territoriale italiano e' stato determinata in 12 miglia (mentre fino al 74 era di 6 miglia cui si aggiungevano altre 6 di zona contigua).
Nel 77 e' stato istituito un sistema di linee di base rette e il golfo di Taranto e' stato dichiarato baia storica.
L'Italia ha inoltre aderito alla convenzione del 1958 e stipulato accordi di delimitazione del mare territoriale con la Jugoslavia e Francia.
Nello stretto di Messina e' stata regolamentata la organizzazione del traffico e vietato l'accesso alle navi adibite al trasporto di prodotti petroliferi o di altre sostanze nocive con una stazza maggiore ad un dato limite.
Per quanto attiene alla piattaforma continentale l'Italia si rifa' agli accordi internazionali e in mancanza adotta il criterio della linea mediana che segna il limite entro il quale possono essere rilasciati permessi per la coltivazione di (sic) di idrocarburi liquidi e gassosi. Si sono avuti accordi a tal fine con la Jugoslavia, Tunisia, Spagna, Grecia.
Notevole che l'Italia, come gli altri paesi del Mediterraneno, non ha proclamato per il momento una zona economica esclusiva. Riguardo la pesca esistevano accordi bilaterali che permettevano all'Italia ad esercitare la pesca nelle acque costiere di Jugoslavia e Tunisia che sono tuttavia scaduti. Nel mare territoriale la pesca e' riservata ai cittadini italiani e alle navi da pesca nazionali.
Al di la' della giurisdizione statale una legge del 1985 regola la attivita' di esplorazione e coltivazione delle risorse minerali dei fondi, tutte sottoposte a permesso e gravate da un contributo del 3,75 % del valore medio di mercato del minerale estratto, contributo destinato all'aiuto dei paesi in via di sviluppo.
 

In materia di protezione del mare la Legge n. 979 del 31/12/82 recante disposizioni per la difesa del mare prevede la redazione di un piano generale di difesa del mare dall'inquinamento di durata non inferiore al quinquennio. Ancora dispone per la vigilanza in mare e il pronto intervento in caso di incidenti e sulla istituzione di riserve marine. Sanzioni penali sono previste per la discarica di sostanze vietate da parte del naviglio mercantile. Da notare infine che l'Italia e' parte contraente di quasi tutti i trattati in materia di protezione dell'ambiente marino.

Sebbene l'Italia abbia firmato il cnudm nel 1984 e' tuttora dubbia la sua ratifica in quanto dichiaratasi critica, insieme a molti altri paesi occidentali fra cui gli U.S.A., della disciplina relativa allo sfruttamento dell'Area patrimonio comune della umanita'.
Inoltre l'Italia ritiene che per uno stato sia possibile effettuare manovre od esercitazioni militari nella zona economica di un altro senza notifiche preventive, ne' autorizzazioni o permessi. Neppure per la costruzione, gestione e uso di installazioni e strutture diverse da quelle destinati a fini economici. Neppure il passaggio di determinate categorie di navi nel mare territoriale puo' essere ad avviso dell'Italia subordinato a consensi preventivi o autorizzazioni.

Rileva per il diritto del mare anche la appartenenza dell'Italia alla C.E.E., avente competenza in materia di misure di conservazione, di gestione delle risorse e di contrattazione internazionale riguardo la pesca. Ancora competenza comunitaria e' esercitata in materia di protezione dell'ambiente.