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Lettera al mio amico dai colori dell'arcobaleno

     
             
             
     

Stasera vorrei scrivere una lettera a te, mio amico colorato dai vivaci colori dell’arcobaleno. Il giallo della vitalità ti muove, il verde della speranza è nascosto nel tuo cuore, l’arancione dei tuoi sorrisi sboccia ad ogni nostro incontro, il rosso della rabbia è represso dentro te come in un vulcano, il violetto della paura l’ho conosciuto e lo temo, l’azzurro e l’indaco sfumano le tue false tranquillità in cui vuoi credere, in cui crediamo entrambi sempre di più.

La prima lettera che ti scrissi fu per dirti che avevo capito; anche se non spiegavo cosa avessi capito, tu lo sapevi: era quel qualcosa che tante volte sei andato vicino al dirmi, ma che non ascoltavo, forse perché dirlo sarebbe stato come asserire che fosse un qualcosa di strano. E per me non lo era; era parte di te, come i tuoi occhi nocciola, come la tua voce stridula, come il tuo passo ondeggiante, come la tua borsa a tracolla.

Quei sottintesi hanno creato delle crepe sotto il nostro terreno comune, quei detti e non detti ci hanno allontanato, ma noi ci siamo ritrovati, sempre, perché c’è tutto il nostro passato condiviso che ci unisce, un passato di risate, di camminate con passi sbilenchi, di battutacce. Non c’era ancora un passato di lacrime condivise, prima di quella lettera. Eri bello, in quel periodo, davvero bello: il primo amore, il primo lavoro, il primo volo verso la vita.

La seconda lettera era molto cattiva; quel qualcosa che non c’eravamo mai detti non ci permetteva di essere sinceri, non ti permetteva di aggiungere altro, e il silenzio creava un dirupo tra i nostri passi. Non capivo molte, troppe cose, che non osavo chiedere, ma mi permettevo di giudicare.

E’ così che ti persi, per un bel po’.

Ma ci siamo ritrovati, ancora una volta, e le tue parole, come un fiume in piena, hanno riempito il dirupo e le crepe, e dal nostro terreno comune è nato di nuovo il fiore dell’amicizia.

Non ti scriverò più lettere, ho deciso, perché le tue non risposte non mi diranno mai cosa ne pensi, se sei contento o se mi hai odiato, qualche volta. E’ difficile parlare con te, quando non vuoi, è difficile rispettare i tuoi silenzi, quando si avrebbe tanto da dire. Correre il rischio di perderti di nuovo per me è inammissibile, non ora che so che ho rischiato di perderti davvero, ora che so delle tue “cadute dalle scale”, ora che so dei tuoi lividi e delle tue ferite, non solo nell’anima. Ora è più difficile parlarti, è più difficile tacere, è più difficile guardarti negli occhi, è più difficile abbracciarti sapendo che non c’ero, quando… quando tutto è successo, quella notte, a trasformarti dal cucciolo indifeso che eri al cucciolo feroce che sai diventare. E’ più difficile ora che so che il silenzio può essere pericoloso, e che le parole, anche, possono esserlo. Spero solo di saperle mettere bene in fila, e di condirle con pacata affabilità, che non sembrino una critica, ma solo un parere, da chi ti conosce da tanti anni e con te ha condiviso risate, camminate con passi sbilenchi, battutacce, e lacrime incastrate in ciglia tremanti. Spero di avere una seconda occasione e di non lasciarmela sfuggire, ma soprattutto spero che tu abbia una seconda occasione di capire se davvero è arrivato di nuovo il momento di fuggire, o se, invece, le ombre della notte fanno sembrare mostri gli alberi che si piegano al vento nel solo intento di proteggerti.

Spero per te, amico mio dai colori dell’arcobaleno, e prometto di esserci comunque e sempre, ma SOLO se e quando TU lo vorrai.

D.

     
             
     

Daniela Troncacci

     
             
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