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Un pomeriggio umido e piovoso

     
             
             
     

E'  un  pomeriggio  umido  e  piovoso,  l'estate è alle porte,  fa caldo di un caldo appiccicoso;
raffiche di vento episodiche ma violente alzano polvere di cemento, residui dei recenti lavori alla pavimentazione stradale.
Auto scorrono davanti una porta a vetri;  dietro: un uomo, seduto ad una scrivania,  intento ad inserire dati in un computer,  di tanto in tanto alza la testa,  scruta  i  passanti,  riconosce volti familiari,  fa cenni di saluto,  ritorna ai suoi dati da inserire.   Talvolta getta distrattamente  lo sguardo più in là, all'altra porta a vetri, al di là della carreggiata; dietro: una ragazza che non sa di essere guardata.
E' un pomeriggio della settimana in cui i  negozi  sono  chiusi;  solo  le  agenzie  rispettano  il solito orario; e in quella via ce ne sono molte.  C'è noia nell'aria e negli uffici silenziosi.      Si  passa  il  tempo  a  guardare  fuori,  a  sfogliare  svogliatamente  un  libro  o  un giornale, a guardare fuori, ad ascoltare musica di sottofondo, a pensare, a guardare fuori.
La  ragazza  guarda  fuori,  vede  un  uomo  che  definisce  "vestito in modo distinto", con un ombrello sotto il braccio e la mano che regge una ventiquattrore di cuoio. 
Sulla scrivania:  un  libro,  aperto alla terza pagina,  letta e riletta più volte senza coglierne il senso. La ragazza legge qualche frase, poi ritorna alle precedenti perché ha perso il filo del discorso. 
Sul marciapiedi  opposto  l'uomo  che  prima era dietro la porta a vetri ora è davanti ad essa, fuma una sigaretta, parla al cellulare.
La ragazza pensa,  la sua  attenzione  catturata  da  una musica  dolce,  una  storia  d'amore narrata da una melodia esotica; la ragazza pensa... pensa e attende, attende una telefonata. Accende una sigaretta, si alza, va alla porta, esce sul marciapiedi di fronte all'uomo. Inconsapevole  gesto  imitativo;  inconsapevole  rito  propiziatorio;  ma  il  suo  cellulare non squilla.
L'uomo getta la cicca a terra,  rientra nel suo ufficio, ritorna ai suoi dati da inserire.               La  ragazza  rientra  nel  suo  ufficio,  spegne  la  cicca  nel posacenere, si  siede, il  libro ora chiuso, non lo apre. Guarda fuori ma non vede niente. Guarda fuori e pensa. Pensa a lui... lontano... che non chiama. Pensa e fantastica. Pensa, e i suoi occhi vorrebbero piangere.    Un velo grigio oscura la visione del cielo che si apre, del sole che spande la sua luce diafana prima di tramontare.
E' triste, la ragazza, da tanti giorni ormai, e non se ne accorge.
Il libro viene riaperto, guardato.  La ragazza  guarda l'orologio,  guarda il cellulare muto, poi di nuovo l'orologio. Guarda  il  libro,  prova  a  leggere  qualche  riga  poi si chiede: "che ora sarà?".  Sente  il  notiziario  alla  radio,  capisce  che  sono  le  diciotto.  Ancora  due  ore  di solitudine,   sola con i suoi pensieri,   sola con i suoi fantasmi da combattere,  sola con le sue lacrime  da  ricacciare  indietro.  Fa un sospiro,  beve un bicchiere d'acqua.  Si alza, apre la  porta a vetri,  dà  uno  sguardo  alla   strada   deserta.   Ritorna   alla  scrivania,  giocherella  con  una  matita,  la mordicchia qualche istante, beve un bicchiere d'acqua.
Lo  squillo  del  telefono  la  riporta  alla  realtà.   Una  sua  collega  le  comunica  l'avvenuto pagamento di una fattura.  Parlano per un po' del più e del meno;  si  mostra  allegra,  come sempre.  Riaggancia  il  telefono,  guarda  fuori,  sta  passando  un  vicino  che  non  vede da settimane;  sa  che  è  stato  molto  male.  Lui  la  guarda  di sfuggita,  d'istinto gli sorride del suo   sorriso   più  aperto;  è  contenta.   "Bentornato"  vorrebbe  dirgli.    Ma   non   c'è  abbastanza  confidenza.  Lui  si  ferma  un  attimo,  quasi  meravigliato,  ricambia il sorriso e la saluta.  Forse  il  suo  sorriso  ha  parlato  per  lei.   E'   un   fatto   curioso...  Non  parlano,  non  parlano  mai,  ma  si  scambiano  sorrisi,  quando  si  vedono,  quasi  tutti  i  giorni, e la giornata   sembra  d'incanto  più  lieta,  prende  a scorrere su binari a scorrimento veloce; la ragazza inizia a canticchiare.
Si alza, esce fuori dalla porta che aveva lasciata semiaperta.  La strada: d'un tratto popolata di bambini, mamme, nonne. Saluta, la ragazza, saluta e sorride; le si è aperto il cuore.  Sospira di un sospiro diverso.   Ritorna alla scrivania.  Spegne il cellulare.  Apre  il  libro,  si immerge nella lettura. Presto sono le venti. Spegne la radio.  Prende  la  borsa,  il  cellulare spento. Esce dalla porta a vetri, la chiude a chiave, si incammina verso casa;  passa davanti al  negozio  di  un  suo  amico  che  ha  deciso  di  non  rispettare  il  riposo infrasettimanale. Lo  aspetta;  fanno  due  chiacchiere, si incamminano ridendo verso casa.

     
             
     

Daniela Troncacci

     
             
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