DELENDA AKUDUNNIAD

 

 

LA PERDUTA AQUILONIA

Non esiste un'unica causa nel sorgere di un insediamento urbano: è certo importante la posizione strategica che occupa in rapporto al territorio, posizione atta a formare un centro di potere politico; altre cause possono essere ricercate nella presenza di un luogo di culto largamente diffuso e frequentato, in particolare se legato ad importanti divinità; molto rilevante, tuttavia, è la motivazione commerciale, cioé la costituzione di un centro di raccolta e di scambio lungo il percorso delle mercanzie. Spesso queste ed altre motivazioni si sommano all'origine degli abitati per continuare, con alterne vicende, attraverso i secoli ed i millenni. In ultima analisi, un insediamento perpetua nel tempo il suo apparato urbano che cresce e si trasforma quando esercita un'azione che interessa la popolazione tutta del territorio dove è ubicato.
I motivi che condussero i Sanniti a costruire la città di Aquilonia sono senz'altro compresi tra quelli descritti ma, attualmente, siamo solo in grado di fare congetture perché nulla c'è pervenuto al di fuori del suo nome.
Dov'era Aquilonia? Perché se ne sono perse le tracce?
La sua storia si concluse nel 293 a.C. dopo una memorabile battaglia contro gli eserciti romani che coinvolse tutti i touti sanniti, una sorte che anticipò nel tempo quella di Cartagine nel 146 a.C., facendo forse dichiarare dal Senato romano la stessa tremenda frase.
Questo testo si basa sugli avvenimenti narrati da Tito Livio, conosciuti e studiati da sempre, e non vuol essere nulla più che una rilettura, sintetica ed esemplificata, di una vicenda epica, forse la più misteriosa della storia dei Sanniti legata al nome di una loro città.


 Rilievo con armi da Pietrabbondante - I Secolo a.C.
Rilievo su lastra calcarea con scudi, elmo e corazza
testimoniante l'offerta di armi nel santuario sannita di
Pietrabbondante - I secolo a.C.
 

 

PROBLEMI DI TOPONOMASTICA

Le difficoltà che sorgono quando si tenta di approssimare l'ubicazione della città sannita di Aquilonia, derivano soprattutto dalla poca conoscenza che abbiamo del popolo che la edificò. La storia dei Sanniti è tuttora lacunosa, anche se in questi ultimi tempi molti sono stati gli studi pubblicati sull'argomento.
Tra questi, alcuni saggi sono diventati vere e proprie "pietre miliari" sulla conoscenza di quest'antico popolo; altri pur basandosi su ipotesi, parzialmente smentite dalla ricerca archeologica, hanno comunque contribuito alla ricostruzione di alcune fasi della storia del Sannio.
L'ubicazione di Aquilonia quindi presenta una notevole difficoltà in quanto la fortezza fu distrutta dai Romani nell'ultima fase delle Guerre Sannitiche e forse non venne più riedificata, dimenticata così non solo nel ricordo delle genti ma intenzionalmente cancellata dal corso della storia da un nemico a cui poco importava la sua sorte e quella del popolo che la edificò. Pochi sono gli storici antichi che hanno narrato le vicende del popolo sannita con obiettività; il più delle volte essi le descrissero a distanza di secoli reinterpretando le antiche fonti.

Vaso - VI Secolo a.C.
Vaso in bucchero
VI secolo a.C.
 

Come Tito Livio che, essendo cittadino dell'Urbe, tese a glorificare le gesta di quei condottieri i cui discendenti, coevi all'antico storico, occupavano un ruolo importante nella vita pubblica romana; per tali motivi molti fatti furono forse intenzionalmente alterati ed appare difficile una ricostruzione veritiera di ciò che realmente accadde durante le Guerre Sannitiche. Negli ultimi decenni le molteplici interpretazioni di questi scritti e di quelli di altri storici antichi, hanno portato gli studiosi ad identificare il sito di Aquilonia in diversi luoghi del Sannio.
Di tali ipotesi, nessuna è stata avvalorata dalle recenti ricerche archeologiche che invece, avendo riportato alla luce altre antiche vestigia e non riuscendo a portare a termine i singoli studi per amalgamarli alla ricostruzione storica dell'intero Sannio, hanno solo alimentato vecchie diatribe su cui ancora si discute.

Il silenzio calato su questa roccaforte sannita, la cui ubicazione forse è andata perduta insieme ai libri liviani XI - XX di ab Urbe condita, accresce la volontà di ricercare elementi utili all'identificazione del suo sito originario.
In effetti riuscire a localizzare Aquilonia significa ricostruire topograficamente una buona parte del territorio sannita e dirimere quelle confusioni che attuali toponimi e argomentazioni archeologiche hanno invece scompaginato: l'unica difficoltà è riuscire a raccapezzarsi tra tanti campanilismi inutili.
Le possibilità di individuare nell'area dell'antico Sannio l'originario sito di Aquilonia sono legate ad un attento studio di comparazione tra le fonti storiche e l'analisi del territorio.

Ciò non significa che i ruderi di quest'antica fortezza non possono essere individuati allo stato attuale delle cose. Essi non sono persi definitivamente, ma sono ancora esistenti anche se in una forma diversa da quella che possiamo aspettarci.
L'eventuale aspetto che l'antico sito potrebbe attualmente avere varia a secondo che esso sia stato ricostruito dopo la distruzione romana, anche dopo un lasso di tempo consistente, oppure sia stato definitivamente abbandonato. La prima ipotesi, quella del riuso del sito, ci porta ad indirizzare la nostra ricerca verso centri tuttora abitati o abitati fino a poco tempo fa, cioè esistenti oggi sul territorio ma allo stato di ruderi. Di questi ultimi abbiamo un esempio nell'antico abitato di Rocchetta a Volturno, alle sorgenti del fiume omonimo in provincia d'Isernia, oggi disabitato e ricostruito dopo l'ultima guerra mondiale poco più a sud del precedente. Dopo cinquant'anni, la strut-tura urbana e pochi edifici sono ancora in buono stato ma, il resto, sono solo ruderi.

 Guerrieri sanniti
Guerrieri sanniti che consultano un sacerdote (5).

Di questa prima ipotesi potremmo includere anche quei centri non più esistenti o ravvisabili sul territorio la cui testimonianza può però essere desunta dalle fonti storiche e dall'analisi del territorio stesso.
La fortezza di Aquilonia, ritenuta strategicamente importante dai Sanniti, era sicuramente ubicata in una zona da cui era agevole controllare almeno uno degli accessi alle aree limitrofe al Sannio, oppure ai limiti di un'importante arteria stradale interna al territorio.
Potremmo così prendere in considerazione gli itinerari tratturali ed analizzare gli insediamenti abitativi sorti per il controllo di queste vie naturali ed in particolar modo quei tratti situati ai limiti del territorio dell'antico Sannio.
Considerando invece la seconda ipotesi, cioè l'abbandono della fortezza dopo la distruzione attuata dai Romani, potremmo indirizzare la ricerca verso lo studio di particolari toponimi che riportano al concetto di fortezza o di rocca fortificata oppure all'individuazione di toponimi in relazione con il nome stesso di Aquilonia. Dovremmo indirizzare la ricerca non più su di un centro abitato o sui ruderi o le testimonianze topografiche relative ad una città ma verso toponimi che derivano da qualcos'altro. Vediamo quale.
La difficoltà di una ricerca mirata, viene giustificata dal nome stesso della fortezza di Aquilonia che non può essere assunto come originario, essendo di derivazione romana come molti altri termini esistenti sul territorio sannitico.
L'odierno nome del fiume Volturno deriverebbe dall'antico nome "Olotronus" con cui le genti osche indicavano l'imponente corso d'acqua (1). Furono forse gli Etruschi insediati nelle terre campane a nominarlo "Volturnum" che fu poi latinizzato in "Vulturnus" dopo le guerre contro Roma.
I Romani usavano termini allusivi per indicare diverse cose, in particolare quelle che esprimevano concetti di forza e di potenza: chiamare una fortezza nemica con un

termine paragonabile all'aquila, che per essi era simbolo di forza e nobiltà, significava indicare qualcosa di temibile e nello stesso tempo ammirabile per la forza e la nobiltà d'arme che vi era in essa concentrata.
Paragonando l'originario nome in lingua osca della fortezza sannita, DAINNUDUKA (2), che si legge da destra verso sinistra, e l'assonanza che questo nome ha con Aquilonia, si intuisce come i Romani abbiano probabilmente cambiato il nome originario osco con un altro che da esso derivava e, latinizzato, assumesse un significato degno di quello che per essi rappresentava.
E' probabile quindi che l'origine romana del nome Aquilonia sia da ricercare nella coincidenza fonetica che esisteva fra la pronuncia osca AKUDUNNIAD (pron. AKURUNNIAR) ed il latino AQUILONIA (3).

 Cammeo romano con simbolo imperiale
Cammeo romano con
simbolo imperiale.

Tornando all'immagine dell'aquila, l'idea di forza e di potenza che questo volatile esprimeva, portò i Romani a denominare particolari luoghi, spesso a carattere militare, con derivazioni dal nome del nobile rapace. Per la stessa ragione, una delle fortezze più imponenti del nord della penisola del futuro impero romano era denominata Aquileia, alcune città romane che facevano parte dell'importante baluardo nordico nella difesa dell'impero avevano la stessa derivazione e il simbolo delle legioni romane, la vera potenza di Roma, era l'aquila.
In seguito alle guerre contro Roma l'intero territorio del Sannio venne presidiato da un forte contingente militare romano ed il controllo del territorio risultò essere solo un'attività di prevenzione, condotta contro presumibili stati di ribellione delle popolazioni sottomesse.
In effetti questa fu l'unica attività militare che gli eserciti di Roma attuarono nel Sannio intorno alla metà del III secolo a.C., avendo ormai stremato tutte le forze avversarie in grado di ribellarsi al loro dominio.


I Pentri divennero socii di Roma: erano cioè membri di un'alleanza militare, abitualmente ma non correttamente chiamata federazione, organizzata dalla padrona della penisola italica. Non è sicuro se veri trattati tra essi e Roma fossero stati regolarmente compilati e stesi per iscritto. Se lo furono, non vennero ufficialmente descritti come foedera iniqua, parendo tale termine troppo sprezzante per un uso pubblico. Ciò comunque non nasconde il fatto che, nei confronti di Roma, i Sanniti si trovarono in una posizione di marcata inferiorità (4).


Solo molto più tardi, con la istituzione dei municipi e con il riordine dei territori della penisola italiana in regioni, il Sannio parve assumere un equo ruolo nei confronti di Roma. Ma anche dopo secoli, rimase vivo il timore dei Romani verso i Sanniti, confermato anche dalle cause e dagli avvenimenti sia della Guerra Sociale e sia di quella Civile culminata con la battaglia di Porta Collina del 82 a.C., fatti che portarono al genocidio del popolo sannita attuato da Silla.
Dopo la caduta di Aquilonia nel 293 a.C. che segnò la fine delle guerre contro Roma, i Sanniti continuarono a vivere ed a lavorare in un territorio ormai occupato da un nemico che continuò ad infierire sulla popolazione

superstite con deportazioni al di fuori del Sannio, concedendo quei territori ormai spopolati ad altre genti provenienti da diverse aree del centro-sud della penisola. I Romani, temendo il riorganizzarsi della Lega Sannitica, divisero quindi i "Touti" disperdendone le genti.
Ma l'asprezza del territorio non consentì a molte delle popolazioni importate, molto spesso reduci dell'esercito romano, di impiantarsi stabilmente e di fondare nuove genie. Così, nel tempo, questi territori furono abbandonati e molto lentamente furono occupati di nuovo dalle progenie dei deportati sanniti, aiutati a rientrare nel Sannio da quelle famiglie che, divenute numerose e potenti collaborando (per lo più sfruttando la situazione) e non combattendo apertamente i Romani, cercarono di preservare le antiche genie esasperate dalla diaspora subita.

 Cavallo rampante in bronzo - IV Secolo a.C.
Cavallo rampante in bronzo
Pietrabbondante IV Secolo a.C.

Il conseguente isolamento che circondò queste terre, accentuato dalla politica repressiva romana ed accresciuto dall'asprezza morfologica del suo paesaggio inviluppato nel cuore dell'Appennino centro-meridionale, finì per emarginare quelle tradizioni che costituivano il bagaglio culturale del popolo, limitandone lo sviluppo e preservando, fin quasi gli inizi del I secolo d.C., la lingua originale osca.
L'unico vettore di scambi commerciali e, quindi, di contatti sociali era rappresentato dalla transumanza, ma essa avveniva proprio in quell'area di influenza umbro-sabella che era il nucleo originario della lingua osca, chiudendo così inesorabilmente il cerchio.
Partendo da queste considerazioni, è molto probabile che il sito dell'antica Aquilonia fosse conosciuto nel Sannio con la sua originaria denominazione osca e così tramandato nel tempo. Cercare quindi sul territorio sannita una località che ricordi l'aquila oppure un nome che derivi da essa potrebbe risultare errato perché la fortezza con un nome di tale derivazione era conosciuta solo e soltanto dai Romani.


 

NOTE


(1) Volturno era uno dei figli di Eolo, dio latino dei venti. Non si esclude che Olotrone potesse essere il nome del corrispondente personaggio dell'Olimpo osco.

(2) L'emissione in bronzo attribuita ad Aquilonia porta sul dritto una testa di Athena con elmo corinzio con etnico in lettere osche, retrogrado, AKUDUNNIAD; sul rovescio un guerriero in piedi con patera nella mano. Se ne conoscono una ventina di esemplari dei quali due provengono da Agnone, uno da Pietrabbondante ed un altro dal ripostiglio di Carife, oggi disperso, del quale dà notizia il De Vetu in Notizie degli scavi del 1826. E' discussa l'attribuzione di questa moneta così diversa per tipi da quella degli altri centri del Sannio: studiosi del secolo scorso ritenevano dovesse attribuirsi ad Aquilonia in Irpinia (l'odierna Lacedonia). A questa tesi più recentemente ripresa, su considerazioni linguistiche dal Vetter e dal Pellegrini se ne oppone una seconda per cui la moneta dovrebbe considerarsi prodotta dalla Aquilonia nella regione dei Pentri, nota attraverso la tradizione letteraria.

Aquilonia - 293 a.C.

Circa la funzione di questa emissione, il Lenormant per primo avanzò l'ipotesi che Aquilonia avrebbe battuto moneta non come città ma come posto d'armi e punto di raccolta delle forze sannitiche nelle vicende che seguirono la dolorosa sconfitta di Sentino nel 295 a.C., riconoscendo nel soldato riprodotto sul rovescio uno dei guerrieri scelti a far parte della leggendaria "legio linteata". Non possiamo parlare di moneta esclusivamente commemorativa perché nell'ambito della monetazione antica non sono note emissioni commemorative in quanto tali, ma sicuramente lo scopo celebrativo è espresso attraverso la scelta di tipi particolari, riprodotti su monete che entravano normalmente in circolazione. (Vedi anche le pagine dedicate alle monete sannitiche)
(CANTILENA R. - Problemi di emissione e di circolazione monetale - in "Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I secolo a.C. Atti del Convegno, 10-11 Novembre 1980" pp. 85-97. Edizioni ENNE. Campobasso, 1984).
Alcuni esemplari di questa emissione sono custoditi nel Museo Archeologico di Napoli.

(3) Da tener presente che l'origine dell'alfabeto osco risale circa al V secolo a.C. e che molte lettere avevano una fonetica diversa da quelle latine (ad esempio, al segno D corrispondeva il suono della consonante liquida R) ma sicuramente, col tempo, l'influenza dell'area latina vicinora ha progressivamente unificato la pronuncia.

(4) SALMON E.T. - Il Sannio e i Sanniti - Ed. EINAUDI, Torino 1985

(5) Incisione di Centenari tratta dal libro di Pasquale Albino "Ricordi storici e monumentali del Sannio Pentro e della Frentania" - Campobasso Tip. De Nigris 1879

 

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Storia dei Sanniti e del Sannio - Aquilonia - Davide Monaco - Isernia 2000

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