ARMAMENTARIO SANNITA

 

LE ARMI DA DIFESA ED OFFESA
DELLE GENTI DI STIRPE SABELLA
Seconda Parte

 

 

Sotto la dizione "armi d'asta" comprendiamo armi munite di un lungo manico, da usare di punta o da getto. La necropoli di Campovalano ha offerto gran copia di questo materiale, tutto di ferro, con una abbondante tipologia. I "ferri" sono ricavati da una lastra, una porzione della quale si arrotonda a formare il cannone, cioè l'alloggiamento per la cima dell'asta lignea.
L'altra porzione, diversamente forgiata in larghezza, finisce in punta ed è sempre costolata. Altro elemento metallico, pertinente almeno ad alcune di queste armi, è il puntale conico in cui si inserisce la base dell'asta e che serviva ad infiggere l'arma nel terreno nei momenti di tregua o eventualmente a sostituire come arma la punta se l'asta si fosse spezzata. Il ritrovamento in situ di ferri in connessione con i puntali ha permesso di determinare la lunghezza delle armi alle quali erano pertinenti in quasi due metri; un esemplare, risultato poco più lungo di un metro, è stato rinvenuto in una tomba infantile.
 Cuspidi di lancia
Cuspidi di lancia.
(A)(B) e (C) da Boiano, (D) da Trivento.
Alcuni di questi ferri trovano per la forma puntualissimi riscontri nelle lance del Guerriero di Capestrano e della stele di Guardiagrele. La minore lunghezza di questi ultimi è dovuta alle esigenze della rappresentazione. Le forme dei ferri di Campovalano possono essere ricondotte a due tipi: a foglia di salice espansa (come quelle dei monumenti figurati) o allungata, e a triangolo. I primi, assai più comuni, sono lunghi con il cannone in media 30 cm, anche se alcuni esemplari raggiungono il mezzo metro; i secondi si avvicinano al mezzo metro. Alcuni ferri a foglia di salice espansa di Campovalano trovano forse riscontro con un esemplare rinvenuto nella necropoli di San Ginesio nelle Marche e altri, dei quali si ignora la provenienza, del Museo di Ancona.
La scure del Guerriero di Capestrano, non ignota alle necropoli marchigiane, non ha sin qui riscontro nelle necropoli dell'Abruzzo citeriore, viceversa qualche esemplare è stato rinvenuto ad Alfedena.
 Scure in ferro
Scure in ferro da Alfedena.
Questo fatto fa pensare piuttosto ad un'arma reale che ad un simbolo di comando. Non sono stati invece rinvenuti elmi che richiamino il singolare copricapo del Guerriero. Gli elmi venuti alla luce rispet-tivamente a Campovalano e a Torricella Peligna sono tipologicamente di derivazione greca, se non rappresentano addirittura oggetti di importazione. Il primo, nonostante qualche peculiarità, può essere ascr-

Elmo di fattura corinzia.
Campovalano - VII secolo a.C.



Elmo con la cervice di capride.
Torric. Peligna - VI secolo a.C.
 
itto al tipo di elmo corinzio, di cui rappresenta senza dubbio un mirabile esemplare; il secondo, che si data sicuramente al VI secolo sulla scorta del resto del corredo, è imparentato ad una serie numerosa che dalle Marche - Numana, Novilara, Pergola - si estende alla finitima Emilia (Forlì), all'Umbria (Città di Castello), giungendo al varesotto (Sesto Calende) e fino al Tirolo e alla Carniola.
La derivazione del tipo con sulla calotta la stilizzazione di una cervice di capride è greca; la manifattura potrebbe anche essere picena. Di presumibile importa-zione greca sono anche i due elmi della Collezione Leopardi di Penne; mentre ben poco si può dire di un elmo rinvenuto nella necropoli di Campo Giove nel sulmonese, del quale, per lo stato estremamente frammentario, non si è potuta determinare la forma.
Dalla necropoli di Alfedena provengono due elementi di forma rispettivamente cilindrica e troncoconica ottenuti da una spessa lamina bronzea: tracce di fermagli di ferro sono presenti ai bordi accostati tra loro.
È evidente che essi avessero funzione di difesa del braccio e dell'avambraccio e come tali possono essere assimilati alle "manicae" non ignote all'armatura greca e romana, per quanto piuttosto caratteristiche dei guerrieri barbari. Secondo la descrizione dei corredi tombali aufidenati data dell'editore sarebbero stati rinvenuti unitamente ad una coppia di dischi "kardiophylakes".
Sempre ad Alfedena è stato trovato un "colletto" di lamiera bronzea, notevol-mente spessa ma elastica, in vari esemplari. Questo elemento può richiamare alla memoria il collare del Guerriero di Capestrano che, tuttavia, per la presenza del pendaglio è stato ritenuto un ornamento piuttosto che una difesa.
 

Colletto di lamiera bronzea.
Quanto alla corazza a dischi "kardiophylakes", l'abbondanza dei rinvenimenti, intervenuti in un'area particolarmente varia che va da Palestrina alla falisca Capena, a Vetulonia, a Pisa e nel Piceno a Numana, ma soprattutto in Abruzzo, ha da tempo suscitato l'interesse
Kardiophilax  Paglieta

Kardiophylax da Paglieta (CH).
 
degli studiosi. Vengono dall'Abruzzo otto coppie rinve-nute nei vecchi scavi della necropoli di Alfedena; una coppia viene da Torricella Peligna; una, frammentaria ma stilisticamente fra le più notevoli, da Paglieta, ed infine una dalla necropoli delle Traccole di monte Saraceno sopra il complesso di Pietrab-bondante, nel Molise. Inoltre, frammenti di un disco esistono nel piccolo Antiquario di San Clemente a Casauria e di un disco, acquistato intorno al 1880 a Civitella del Tronto, si ha solo notizia essendo l'esemplare andato disperso; due dischi, infine, sono conservati nella piccola arme-ria di Castel Sant'Angelo a
Roma e, per la somiglianza con i dischi aufidenati, si potrebbe ritenerli di quella provenienza.
La corazza è essenzialmente composta di due elementi circolari uniti da una bandoliera che sormontava la spalla destra e da una cintura, forse di cuoio, di allacciamento sul fianco sinistro; ogni elemento consiste di due dischi convessi di dimensioni identiche dei quali l'uno di ferro - a volte è un cerchio in luogo del disco - serve di supporto all'altro di bronzo. Tracce di stoffa riscontrate sul disco interno possono essere riferite ad una imbottitura per attutire il contatto con il corpo.
Fu già osservato nel Guerriero di Capestrano come ciascun disco presentasse ai due estremi opposti di un diametro i sistemi di attacchi per la "bandoliera". In alcuni esemplari abruzzesi essi consistono in placche rettangolari snodate a cerniera e fermate da una lamella di bronzo che poggia sopra un supporto di ferro ed è bordata da una cornicetta pure di ferro. In altri esemplari gli attacchi per la bandoliera sono rappresentati, in un disco, da una cerniera e, nell'altro, da un gancio. In opposizione ad entrambi sono gli anelli mobili per la cintura. La bandoliera è composta sempre da tre placche: le laterali piane e la centrale curva, snodate a cerniera; a sua volta essa è incernierata a un disco per una estremità e unita all'altro mediante ganci. Salvo alcune eccezioni, un singolare "episema" compare sempre sui dischi, siano essi abruzzesi o di
 Altro kardiophylax tipo Paglieta
Kardiophylax
da Paglieta (CH).
altra provenienza. È la figura di un animale a doppia protome per il quale la curva elegante del collo e della coda (alla cui estremità è un'altra testa) e i musi che si prolungano in una sorta di becco aperto giustificano il nome di "quadrupede a collo di cigno". Sorreggono il corpo lunghe ed esili zampe, terminanti in una specie di ramponi.


Kardiophilax da Alfedena.
 
La raffigurazione a volte è ancor più elaborata: altre due teste, quasi a forma di lira, si sovrappongono a ciascuna delle due protomi; i becchi si triplicano assumendo varie fogge ecc. Nell'ambito esclusivo dei rinvenimenti abruzzesi, queste figure, siano esse esemplari araldici o simboli apotropaici, denunciano tutte, pur nel diversificarsi delle forme, unità di linguaggio figurativo, mentre per tecnica e per stile si differenziano sostanzialmente da quelle di altra provenienza tanto da permettere di postulare diversità di tradizioni artigianali, unitarie per i dischi abruzzesi e nettamente distinte da quella - o da quelle - dei dischi laziali, falisci, etruschi e piceni.
La provenienza dei dischi abruzzesi indica con notevole esattezza le terre poste lungo il fiume Sangro e i suoi affluenti; la stessa stele di Guardiagrele, che testimonia rappresentandolo quel tipo di disco, si localizza nello stesso comprensorio. Fuori da quest'area potrebbero essere additate in Abruzzo le rappresentazioni del "kardiophylax" offerte
dal Guerriero di Capestrano, i frammenti del disco dell'Anti-quario di San Clemente a Casauria, il disco di Civitella del Tronto e la coppia di dischi della necropoli del monte Saraceno. Altrove, sia in Abruzzo che nel Molise, non si ha notizia di alcun ritrovamento di questa difesa.
C'è da dire, tuttavia, che ciascuno di questi ultimi esemplari citati si diversifica in qualche modo dai dischi per così dire "sangritani". I due dischi che proteggono il torace del Guerriero mancano dell'episema; il fram-mento di San Clemente non solo presenta differenze tecniche, stilistiche e anche di repertorio
 
Kardiophylax da Casacanditella
nei confronti dei dischi sangritani, con i quali ha comunque qualche somiglianza, ma la sua testimonianza è inficiata dal fatto che non si conosce il luogo del rinvenimento essendo pervenuto nell'attuale luogo di conservazione da una collezione privata.
Kardiophylax da Pietrabbondante.
Kardiophylax da
Pietrabbondante.
 
Anche del disco acquistato dal Guidubaldi, suo editore, a Civitella del Tronto ignoriamo, tutto sommato, il luogo di provenienza, ed oltre a ciò, mancandone la riproduzione grafica, non sappiamo dire se l'episema, che pure il Guidubaldi descrive, sia del tipo di quelli sangritani o piuttosto degli altri rammentati.
Anche i dischi di monte Saraceno, a quel che ne è stato riferito, mancano di episema, ma essi sono topograficamente estranei all'area sangritana. C'è comunque da sottolineare la circostanza che rappresentano la testimonianza più meridionale del "kardiophylax" nell'ambito delle terre considerate in queste pagine.
Quanto all'origine di questa singolare arma di difesa, è stata avanzata l'ipotesi che i due dischi del "kardiophylax" si siano svi-
luppati da placche rettangolari o quadrate, rintracciando tra l'altro sulle placche stesse le tracce di ganci o anelli per sistemi di cinghie analoghi. Anche se questa ipotesi merita un più attento esame, è da escludere che l'eventuale processo di trasformazione dall'uno all'altro tipo abbia in qualche modo interessato l'Abruzzo, e pertanto il problema esula dal nostro assunto. È viceversa da sottolineare la probabilità che, data la dislocazione dei rinvenimenti abruzzesi, il "kardiophylax" facesse parte normalmente della panoplia delle tribù del chietino, mentre l'esemplare di monte Saraceno schiude la possibilità che tale genere di difesa si riveli diffuso anche nel Molise.
Dalla stessa tomba di Campovalano nella quale fu rinvenuto l'elmo, proviene l'unico schiniere che fino ad ora possa attribuirsi al periodo preso in esame. Di lamina bronzea assai robusta, esso, che è pertinente alla gamba sinistra, conserva un gancio e le tracce di altri tre per l'accostamento sul polpaccio dei due lembi della lamina mediante una stringa. Lungo l'orlo che va dal polpaccio al ginocchio corre una sottile decorazione incisa.
Caratteristica di questo elemento è la poderosa volumetria e il forte rilievo dato al muscolo gemello interno. Le circostanze del ritrovamento escludono nel modo più categorico che un secondo schiniere sia andato perduto, pertanto potrebbe supporsi che già in epoca così antica si usasse proteggere la sola gamba sinistra secondo il costume documentato dalle fonti per epoche posteriori.
 Schiniere da Campovalano

Vista di lato e
frontale dello schiniere.
Nel corso dello scavo eseguito nella necropoli di Capestrano fu rinvenuta una coppia di calzari di legno e bronzo. Ben diversi da quelli indossati dal Guerriero, si componevano di una suola lignea rigida, bordata da una fascetta bronzea, che si alzava dal suolo mediante otto ramponi aguzzi e rostrati. Calzari analoghi a questi di Capestrano provengono dalla necropoli scavata in contrada Fiorano di Loreto Aprutino. Anch'essi sono costituiti da una suola rigida sul cui spessore è inchiodata una fascetta bronzea. La suola poggia su un complesso sistema di ramponi, che la tengono alta sul suolo. Anche la necropoli di Campovalano ha restituito calzari analoghi ai precedenti, seppure i ramponi che sporgono dalla suola per quasi cinque centimetri siano costituiti solo da lunghi chiodi.
Questi calzari denunciano un uso accertato in un'area ben definita, che i ritrovamenti attuali porterebbero a comprendere fra il territorio "pretuzio" - cioè la provincia di Teramo - e il corso del Pescara. Una spiegazione del loro impiego potrebbe esservi in elementi, presumibilmente analoghi, rinvenuti a Belmonte Piceno su un carro, ma oggi purtroppo scomparsi a causa delle vicende belliche alle quali soggiacque il Museo di Ancona. Il catalogo del Dall'Osso, del 1915, parlava di elementi di ferro a forma di sandali "con grossi perni di ferro, disposti in giro presso l'orlo e ribaditi nel piano del carro" e ipotizzava che "questa specie di sandali probabilmente serviva al guerriero per appoggiare i piedi e mantenersi saldo sul piano del carro".
Nella nostra regione carri sono stati accertati nella necropoli di Campovalano unitamente a elementi dei finimenti equini, e in una tomba a San Giovanni al Mavone ma indubbiamente essi sono comparsi anche altrove, come dimostra la presenza di cerchioni di ferro pertinenti a ruote in tutto simili a quelle dei ritrovamenti sopracitati e che si conservano nell'Antiquario di Corfinio.

Armamentarium Terza Parte

 

 

 

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Storia dei Sanniti e del Sannio - Davide Monaco - Isernia 2002

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