GUERRE SANNITICHE

 

LA TERZA GUERRA SANNITICA (Epilogo)

(Il seguente testo è integralmente tratto da:
E.T. Salmon - Il Sannio ed i Sanniti
G. Einaudi Editore - Torino 1985)



Per i Sanniti dovette essere una dura e umiliante esperienza. I metodi brutali usati da Curio Dentato e Cornelio Rufino nella campagna conclusiva non ci vengono descritti, ma ce ne possiamo fare un'idea dalla quantità di bottino e dal numero di prigionieri che ne derivarono. Dalla loro vendita si ricavarono più di tre milioni di libbre di bronzo; ciò consentì allo stato romano di emettere la sua prima serie di monete (il famoso "aes grave") e di dare l'avvio a un sistema monetario che fu rapidamente adottato, se non imposto, in tutta l'Italia centrale. Il saccheggio non fu tutto: è lecito ritenere che sui Sanniti gravò l'onere di fornire alle truppe nemiche cibo e vestiario, dato che requisizioni seguivano regolarmente la guerra, nell'uso dei Romani, che le consideravano il prezzo della cessazione delle ostilità.
I termini del trattato non ci sono noti; Livio usa l'espressione "renovatum est", ma non si può pensare che esso ripetesse le stesse condizioni dei precedenti. Del resto, Livio usa la stessa espressione nel caso dei trattati fra Roma e Cartagine, che sappiamo essere stati diversi fra loro. Dopo tutto, i Sanniti erano stati ridotti alla sottomissione, non avevano negoziato la pace ed è quindi certo che i loro rapporti con Roma dovessero subire un netto cambiamento a loro sfavore. Il territorio del Sannio era stato indubbiamente ridotto, e buona parte delle terre che gli erano state sottratte erano fra le più fertili.

Un'ampia area a sud dell'Ofanto fu destinata alla nuova colonia latina insediata a Venusia, i cui abitanti sanniti vennero privati dei loro beni. Inoltre, a nord i romani s'impadronirono di terre a ovest del Volturno. Deve essere stato questo il momento in cui la valle dell'alto e medio Volturno sostituì il Liri quale linea di confine fra i due stati. In altre parole, la Lega Sannitica perse Cominium, Atina, Aquilonia, Casinum, Venafrum e Rufrae. Cominium e Rufrae non compaiono più nella storia, mentre Atina, Casinum e Venafrum divennero praefecturae romane. Non sappiamo esattamente quando ciò avvenne, ma sembra probabile che esse smisero di essere "sannite" dal 290 a.C. in poi. Venafrum non poteva certamente far più parte del Sannio, se è corretta l'ipotesi che alcune monete del III secolo recanti scritte in osco ne provengano; ma ciò significherebbe anche che la città era, a quell'epoca, uno "stato indipendente" e non ancora una praefectura romana.

 Cavaliere sannita
Cavaliere sannita.
Paestum - IV secolo a.C.

In altri termini, insieme ad Aquinum, Teanum e alle colonie latine di Cales, Fregellae, Suessa Aurunca e Interamna, essa costituiva una zona cuscinetto fra il territorio romano e quello sannita. Anche sulle sorti di Aquilonia sappiamo qualcosa dalle monete: le poche rinvenute testimoniano che anche tale città era divenuta un'entità distinta e non faceva più parte di uno stato tribale del Sannio, e ciò deve essere avvenuto nel III secolo, in quanto la dea guerriera raffigurata sul rovescio della moneta ricorda analoghe figure che compaiono sulle emissioni di Cales e Teanum in quel periodo. E' possibile che Venafrum ed Aquilonia siano divenute "romane" dopo la guerra di Pirro.

A quanto ne sappiamo, il resto del Sannio rimase intatto dopo la terza guerra, e presumibilmente la Lega Sannitica rimase in vita, ma anche in questo caso non è pensabile che potesse "rinnovare" il trattato con Roma su un piano di parità. Il Sannio non uguagliava più Roma; era ormai nettamente inferiore allo stato romano sia come estensione sia come popolazione. Inoltre la pace, come già osservato, non era stata negoziata, bensì imposta e, quindi, da questo momento in poi i Sanniti erano "alleati", ma non dotati d'uguaglianza giuridica con i Romani. Quando essi ripresero le armi, nel corso della guerra contro Pirro, Livio dice che "Samnites defecerunt".
Anche se l'uso di tale termine in un "Epitome" liviana non va inteso troppo letteralmente, non vi è però dubbio che, dal punto di vista dei Romani, i Sanniti in quella circostanza effettivamente si ribellarono. Gli "alleati" presso cui fu inviato Fabrizio nel 284 a.C., nel vano tentativo di impedir loro di schierarsi con Taranto e altri nemici di Roma, erano indubbiamente i Sanniti.

Diventando "alleati" di Roma, i Sanniti avevano l'obbligo di accettarne le decisioni per quanto riguardava la politica estera, di fornirle truppe ogni volta che venissero richieste, e di astenersi da atti d'aggressione nei confronti dei loro vicini. Un elemento che poteva offrire qualche consolazione era che il loro territorio, benché ridotto, per lo meno non era stato diviso, e ciò permetteva la sopravvivenza della loro Lega. Ma anche questo modesto conforto era sminuito dal fatto di aver dovuto accettare colonie latine sul suolo sannita, di avere almeno tre delle frontiere controllate da esse, e di non poter perciò più nutrire alcuna speranza di espansione. In effetti, il tempo di un Sannio realmente indipendente era ormai trascorso.

 

 

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Storia dei Sanniti e del Sannio - Le guerre sannitiche - Davide Monaco - Isernia 2001

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