GUERRE SANNITICHE

 

Armi da lancio

LA PRIMA GUERRA SANNITICA (343 - 341 a.C.)

I contatti con popolazioni della Magna Grecia e dell'Etruria durante le lotte che caratterizzarono il VI e V secolo a.C. per il controllo dell'Agro Campano (vedi pagine dedicate), avevano impartito ai Sanniti una forte spinta verso la crescita sociale e culturale tanto da inoltrarsi nella ricerca di nuove fonti di guadagno e quindi l'ampliamento del loro mercato economico con il controllo di nuove aree di scambio, ma anche con lo sfruttamento di nuovi giacimenti metalliferi per la produzione di utensili e di armi.
I Sanniti iniziarono così ad annettere i territori limitrofi, attuando una vera e propria espansione tramite conquista. Non ci è noto come la Lega Sannitica spartisse le terre annesse tra le tribù che la componevano, ma che si sia trattato di violente conquiste è fuor di dubbio.

 Spada da Campovalano
Spada con fodero (2).

I guerrieri della Lega non si accontentarono di effettuare incursioni al solo scopo di razzia. I Sanniti, avendo bisogno di buoni pascoli per le loro greggi, miravano al controllo del territorio e ad una costante presenza su di esso, operando una vera e propria colonizzazione. Erano particolarmente attratti dalle pianure dell'Apulia, dalla vallata del Liri, dominata dai Volsci, e dalla terra più fertile e ricca di tutte: la Campania.
Indubbiamente i loro vicini li aggredivano per rappresaglia, ma in questi violenti scontri i Sanniti avevano la meglio, parte perchè spinti ad essere piu risoluti e tenaci dalla maggiore necessità e parte perchè, a differenza dei loro vicini, avevano un esercito meglio equipaggiato e più numeroso, con uomini meglio addestrati all'uso delle armi.

Si spinsero ad est, verso l'Apulia, stabilendo il proprio controllo su Luceria che, anche se non proprio sannita, era certamente in termini d'amicizia con essi. Ad ovest, verso la Campania, si insediarono saldamente su entrambe le sponde del medio e alto Volturno: Cubulteria, Trebula, Caiatia e Venafrum, a ovest del fiume, rimasero tutte sannite per gran parte del periodo delle guerre contro Roma. A nord-ovest si andarono avvicinando sempre più al bacino del Liri ed ai suoi abitanti Volsci: Atina e Casinum divennero città sannite.
Ciò li portò pericolosamente vicini al Lazio dove, alla metà del IV secolo a.C., i Romani ne avevano conquistato il predominio politico e non poterono certo rimanere inerti quando si accorsero che i Sanniti continuavano ad avanzare ben oltre il Liri. Prima o poi lo scontro tra i due popoli doveva inevitabilmente avvenire.
I Romani, dal canto loro, avevano già subito l'onta dei Galli e del loro capo Brenno ("Vae victis!" - 386 a.C.), uscendo da quella situazione solo con diplomazia e molto denaro. In seguito a questo avvenimento capirono l'importanza di controllare i territori limitrofi a Roma e le popolazioni stanzianti. A nord i continui tafferugli con gli Etruschi davano loro filo da torcere ma erano controllabili, a sud i Volsci erano stati più volte ridimensionati nelle loro mire espansionistiche tanto da averli indeboliti drasticamente. Si aprivano così per i Romani i territori delle fertili pianure sia del fiume Liri sia, più a sud, della Campania. Esattamente come per i Sanniti (1).
Per ambedue i popoli l'area del medio Liri divenne di importanza cruciale e fu nel contendersi quell'area che iniziò la grande lotta per la supremazia sull'Italia. Erano in gioco necessità fondamentali, oltre ai fertili terreni ed alle risorse minerarie, anche la libertà di entrambi i popoli.

 

 L'espansione delle due potenze

Le mire espansionistiche delle due potenze militari nel IV secolo a.C.
 


Lo scontro con i Romani fu dunque inevitabile ma ambedue i contendenti capirono subito la consistenza belligera dell'avversario e l'approccio sbagliato al problema.
Sicuramente, dopo le prime battaglie, entrarono in azione più le parole che le armi, essendo coscienti del fatto che combattendo tra di loro indebolivano le rispettive difese contro gli attacchi di altre popolazioni italiche.

Signifero - Portatore romano di insegne
Portatore romano
di insegne.
 

Così, nel 354 a.C., fu stipulato un trattato tra la Lega Sannitica ed i Romani dove venivano sanciti i termini di una pace che delimitava le aree territoriali dei due popoli. Ovviamente si trattava di un'alleanza tra uguali, fra due poteri della stessa statura, e fu il primo trattato firmato dai Romani con un popolo al di fuori del territorio laziale. Il trattato, discusso diplomaticamente dai Feciali romani e dai Meddix sanniti, era di tipo difensivo dove, oltre a venir delimitate le rispettive aree di influenza veniva individuato anche il loro limite: il fiume Liri.
Nessuno doveva oltrepassare quel limite, altrimenti il trattato sarebbe decaduto e si sarebbe tornati alle armi.
Per molto tempo il patto fu rispettato, forse per più di dieci anni. In questo lasso di tempo ambedue i popoli si spinsero verso il medio Liri senza mai oltrepassarlo, ma i Sanniti procedettero anche in direzione della Campania, le cui terre pur se non comprese nel trattato, erano situate dalla parte del fiume Liri di loro competenza.
I Romani iniziarono a temere questo controllo sannita su territori così vasti tanto da meditare un intervento armato ma, per non rompere la pace siglata, andarono cercando il modo adatto ed il momento propizio. La Campania settentrionale divenne quindi il nuovo pomo della discordia ed ai Romani si presentò presto un avvenimento che permise loro di oltrepassare i limiti del Liri sanciti dal trattato di pace senza infrangerlo.

Nel 343 a.C. i Sanniti si trovarono a contatto con i Sidicini, gente di lingua osca che popolava il territorio di Teanum, sul confine occidentale del Sannio e che occupavano una zona cruciale per le loro mire di espansione. Infatti quell'area si trovava sulla direttrice naturale di penetrazione che dal Sannio conduceva in Campania settentrionale, per cui era importante assumerne il controllo. Allarmati, i Sidicini invocarono l'aiuto dei Campani, altra popolazione di lingua osca più numerosa che si era organizzata in una Lega che faceva capo alla città di Capua. Ai Sanniti non piacque l'intromissione dei Campani e mossero contro di loro, conquistando tutti i territori intorno alla città.

A quel punto, secondo Tito Livio, i Campani chiesero l'intervento di Roma, restia ad intervenire proprio per non infrangere il trattato. In effetti la zona dove successero questi avvenimenti era nel territorio spettante al controllo dei Sanniti, a sud del fiume Liri, come stabilito dal trattato del 354.
Ma Roma, consapevole che mantener fede a quel trattato significava lasciare un territorio troppo ricco e fertile nelle mani di un'altra potenza militare, intervenne in aiuto dei Campani inviando l'esercito a Capua. I Sanniti, dall'altra parte, non potevano tollerare che i Campani, e quindi i Sidicini, passassero sotto l'influenza romana. La contesa tra le due potenze sfociò in guerra e, dopo una prima serie di vittorie romane, come al monte Gauro, vicino Napoli, ed a Suessula, i Sanniti riuscirono a controbattere ed a far ripiegare le forze nemiche quasi al di fuori dei territori della Campania settentrionale.
Tra i Magister Equitum e Consoli romani che scesero in campo, si ricordano Marco Valerio Corvo, Caio Marcio Rutilo ed Emilio Mamercino.

 Il messaggio di Roma ai Sanniti.
Il messaggio di Roma ai Sanniti affinchè rispettas-sero la città di Capua come municipio romano (3).

Dei Meddix sanniti gli storici romani non hanno tramandato nulla. In seguito, dopo il tributo di sangue versato in due anni di guerra, ambedue le forze antagoniste si resero conto che la questione poteva essere risolta diplomaticamente e riposero le armi ripristinando il trattato del 354 con alcune modifiche che portarono la Campania settentrionale sotto l'influenza di Roma, lasciando ai Sanniti le terre dei Sidicini e quindi l'importante controllo delle vie d'accesso alla stessa Campania.
Per i Romani rimaneva aperto, per i collegamenti con i territori del meridione, solo l'accesso costiero di Terracina. Anche questa volta si trattò di un trattato equo, tra eguali. Infatti le condizioni sanzionavano la rinuncia romana alla difesa del popolo per il quale la guerra era cominciata ed il conseguente abbandono di un'area strategicamente importante per i contatti con il sud della penisola, ma la ratifica del rinnovato trattato, anche se procurò una lunga pace tra i due popoli, indebolì sensibilmente la potenza d'intervento sannita con l'ampliamento della sfera d'influenza romana su un territorio ormai tanto vasto da rivaleggiare con quello dei loro "amici-nemici", un territorio che apportò nuove braccia e tributi a Roma che inevitabilmente si tradussero in un accrescimento sia demografico e quindi militare, sia economico.
Le mire espansionistiche di Roma volgevano ormai al sud tanto da iniziare ad inglobare nel sistema delle "colonie latine", cioè agglomerati urbani sotto controllo romano, molti insediamenti sia dell'attuale frusinate che della Campania occidentale, troppo vicino ai territori storici dei Sanniti.


 

NOTE

(1) La storia dell'espansione sannitica nel IV secolo a.C., che portò questo popolo a scontrarsi con i Romani, non può essere ricostruita senza l'ausilio delle vicende raccontate dagli storici ed annalisti classici, come Tito Livio, poichè quelle sono le uniche fonti storiche pervenuteci. La sistematica azione di annientamento perpetuata da Roma contro i Sanniti ha pressocchè cancellato tutte quelle testimonianze che descrivevano una società, come quella sannitica, fortemente avversata dall'Urbe. Per questo motivo gli avvenimenti narrati sono sempre in riferimento alla cronologia classica romana, basata sul calcolo derivante dal potere succedutosi a capo della repubblica, i fasti consulares, e dai trionfi, cioè il tributo che il senato romano concedeva al console che aveva svolto in quell'anno l'impresa bellica più importante. Ciò significa che ogni cosa è rilevabile dal nome del console o dittatore romano nel cui periodo di potere è accaduto l'avvenimento. Ma la cronologia classica, su cui si basano tutte le ricostruzioni storiche, non trova unanime consenso in quanto è stata rilevata una certa discrepanza di anni tra molti degli avvenimenti descritti e la successione cronologica dei consolati romani.
In questa ricostruzione degli avvenimenti accaduti durante il periodo delle Guerre Sannitiche, come nel resto del sito Internet, vige la cronologia classica che ritroviamo su tutti i libri di scuola ma, per chi volesse approfondire l'argomento, è possibile saperne di più consultando il testo:
M. Sordi - Roma e i Sanniti nel IV secolo a.C. - Licinio Cappelli Editore - Roma 1969

(2) Spada con fodero in legno e con un piccolo coltello che veniva legato al fodero. Rinvenuta nella necropoli di Campovalano - IV secolo a.C. - Museo Nazionale Archeologico di Chieti.

(3) Incisione di Ballarini tratta dal libro di Pasquale Albino "Ricordi storici e monumentali del Sannio Pentro e della Frentania" - Campobasso Tip. De Nigris 1879


La seconda Guerra Sannitica (Prima Parte)

 

 

 

Pagina successiva - La seconda Guerra Sannitica (Prima parte)Torna alla Home PagePagina precedente - Il Meddix TuticumCliccare per accedere alle pagine desiderate

 

Storia dei Sanniti e del Sannio - Le guerre sannitiche - Davide Monaco - Isernia 2009