I SANNITI - LA RELIGIONE

 

Chiave bronzea
Chiave bronzea con iscrizione devozionale (1).

 

Adorare gli stessi dei fu per i Sanniti un fattore di unità tribale. La religione era molto importante tanto da connettere ad essa vari momenti dell'attività giornaliera. Non avevano un intero Olimpo in comune ma fu significativo che gran parte degli dei erano venerati da tutti i Sanniti. In caso di guerra, arruolavano intere schiere di combattenti vincolandoli ad un solenne giuramento sacro che non veniva mai violato, tanto era importante per loro mantenere il patto con gli dei.
Le grandi divinità antropomorfe erano le stesse delle popolazioni del centrosud Italia, e tra queste figure divine ricorrono spesso Juppiter (Giove), Mamerte (Marte) dio della guerra a cui si consacravano intere schiere di guerrieri sanniti anche mercenari, Mercurio, Diana, Apollo, Atena,

 I Dioscuri - Castore e Polluce - Campochiaro
I Dioscuri - Castore e Polluce (2).

i Dioscuri (Castore e Polluce), Dioniso, Kerres (Cerere) nelle varie forme nonché le Ninfee ed Ercole, molto venerato e raffigurato sia da statuette che su scudi e paragnatidi. Risulta comunque evidente l'influenza dei Greci nella religione dei Sanniti, specialmente dopo l'espansione, alla fine del VI secolo a.C., verso i territori campani e

Athena
Atena (4) da
Roccaspromonte.
 

le coste del Tirreno. Grande venerazione ebbe, già in epoca arcaica, una particolare divinità legata alle sorgenti, all'elemento acqua in generale ed alle sorgenti solfuree in particolare. La Mefite, "colei che sta in mezzo", fu una divinità seguita in tutto il Sannio come attestano i diversi santuari a lei dedicati sia in area pentra, come presso l'odierna Santa Maria di Canneto nella Val di Comino vicino Atina (FR), sia in area Irpina, come il santuario nella valle dell'Ansanto vicino Rocca San Felice (AV) oppure quello di Macchia Porcara presso Casalbore (BN).
Un altro elemento che sottolinea la loro profonda religiosità era il rispetto delle pratiche e le credenze religiose dei popoli con cui venivano in contatto. Alcune antiche testimonianze ci rivelano come, nello svolgimento di particolari rituali, i sacerdoti sanniti seguivano pratiche religiose non proprio autoctone ma ispirate a tradizioni di popoli amici, ma ciò non può meravigliare più di tanto, dati i continui contatti che le popolazioni sannitiche avevano con Etruschi, coloni Greci e Celti. Comunque questi rituali non sembrano essere stati particolarmente frequenti (3).

 Athena
Atena da
Roccaspromonte.

Molti sono i culti tramandatisi nel tempo tra gli Italici ma alcuni aspetti delle antiche pratiche, come il Ver Sacrum o "Primavera sacra", hanno impresso nelle credenze e nelle tradizioni dell'etnia sannita alcune espressioni rituali, come la consacrazione di uomini, animali e cose verso una divinità, ritrovate quasi intatte nell'odierno Sannio.
La Lex Sacrata, il rito che vincolava tra loro gli uomini a compiere una determinata azione, consacrandoli ad una divinità insieme alla loro famiglia ed ai loro beni, era una pratica comune a tutti i popoli italici, ma solo i Sanniti la portarono all'estrema esaltazione dei valori, spesso in relazione con avvenimenti bellici. Anche la polilatria, adorare più dei nello stesso luogo, era tipico della religione sannita. Infatti le divinità non erano isolate nella riservatezza dei loro templi individuali come in Grecia, né varie divinità erano riunite nello stesso luogo ma adorate separatamente.

Gli dei sanniti erano adorati ciascuno per la propria funzione ma tutti insieme e nel medesimo luogo sacro. Tipico esempio è la Tavola di Agnone, iscrizione sacra incisa in lingua osca, dove 17 divinità venivano celebrate in un unico posto. I Sanniti veneravano i loro dei, semidei e numina, non con questi rapporti di priorità e di importanza, concependo il proprio mondo come popolato da poteri e spiriti misteriosi che andavano rispettati e che incutevano loro un timore reverenziale tanto da dover sempre instaurare buone relazioni. Non sempre venivano immaginati in forma umana ed incerto era anche il loro sesso, ma quelli antropomorfi erano in maggioranza più dee che dei. Dimoravano in luoghi particolari e bisognava sempre conquistarne

 Ercole da Venafro - Cliccare per accedere alla scheda.
Ercole
Ercole - bronzo - Sant'Angelo di Macchia d'Isernia - Cliccare per accedere alla scheda.
Ercole bronzeo da Macchia
d'Isernia - III secolo a.C. (5).
 

i favori e l'amicizia, sia che erano benevoli sia malevoli, con preghiere ed offerte.
Di particolare importanza erano luoghi come la casa, per il focolare, la porta e la dispensa, oppure come i campi per il raccolto, i boschi, i ruscelli, le sorgenti e i luoghi di sepoltura. I Sanniti temevano elementi o azioni contaminanti e per scongiurarle facevano ricorso a cerimonie di purificazione. L'invasione del proprio territorio, ad esempio, apportava una contaminazione e la cerimonia del giogo sotto di cui furono fatti passare i Romani alle Forche Caudine fu un atto di purificazione dal pericoloso contagio della terra e delle genti apportato dall'invasore sconfitto.
I Sanniti facevano uso di amuleti per propiziarsi la buona sorte. Orazio, di stirpe sabellica, menziona spesso i Sabella Carmina, frasi di formule magiche che propiziavano gli dei e gli spiriti in occasioni particolari come il matrimonio o il raccolto. Queste pratiche, anche se più affini alla

magia che alla religione, erano molto usate nel Sannio. Praticavano la divinazione del futuro, interpretando il volo degli uccelli o le viscere degli animali sacrificati. Un aruspice pare vivesse nella zona di Agnone, a cui i Sanniti si rivolgevano per interpretare i segni prima di una battaglia.


Juppiter Liber bronzeoBase con iscrizione osca

Histonium - Juppiter Liber (6).


Parte Seconda 

NOTE

(1) La chiave bronzea, con iscrizione devozionale in osco (Vetter 1953 n.172):

     herettates sum / agerllud
     Sono di Venere, da Agello

è stata ritrovata a Tufillo ed è conservata nel Museo Nazionale di Chieti.

(2) La lastrina di piccole dimensioni, di argento ricoperta da foglia d'oro, è stata ritrovata nell'area sacra di Campochiaro, nella zona a sud-ovest del tempio. Lo schema principale raffigura, su di una linea di base, i Dioscuri, nudi, simmetricamente affiancati presso i loro cavalli. Le due figure tengono la lancia con il braccio interno e poggiano sulla gamba dello stesso lato. Il braccio esterno è appoggiato sulla testa dei cavalli che sollevano una delle zampe anteriori. La scena è inquadrata sia in alto che in basso da una medesima decorazione costituita da una serie di teste volte alternamente a destra ed a sinistra, intercalate da elementi di non chiara comprensione. Sopra e sotto vi sono una serie di perline accostate. Sulla superficie anteriore rimangono evidenti tracce di doratura. Posteriormente la lamina è stata rinforzata con un'altra sottile lamella d'argento. I due tagli laterali sono antichi, praticati quindi prima che l'oggetto venisse offerto al santuario.

 

(3) Di particolare importanza sono le relazioni sociali che questo popolo ebbe con i Celti.
Molte pratiche religiose sannite descritte dagli storici antichi hanno riferimenti nei riti druidici ed alcune testimonianze pervenuteci, come i ciottoli incisi in lingua osca, sembrano essere di ispirazione celtica. Anche l'assenza di grandi costruzioni formali negli arcaici luoghi sacri, la forma degli antichi recinti, gli "horti", dedicati a più divinità ed il fatto che l'area sacra fosse distante dagli insediamenti urbani, trovano comunanza con la religione dei Druidi. Nel rito dei sacrati alla Legio Linteata, nel 293 a.C., non si esclude che ad Aquilonia oltre ai sacerdoti sanniti ci fossero anche Druidi.
Il sacrificio di uomini ed animali contemporaneamente, descritto da Livio, è proprio un rito dei Druidi. Inoltre il libro sacro utilizzato dal sacerdote il cui nome è forse scaturito dalla fantasia di Tito Livio, un certo Ovio Paccio (che all'epoca equivaleva ad un nome generico osco), era formato da pagine scritte su lino, molto simile al libro sacro etrusco recuperato tra i bendaggi della mummia di Zagabria ed anch'esso di ispirazione druidica.

 Elmo celtico.
Elmo italico dalla tomba
celtica di Felsina.
Bologna - Tomba Bonacci 953
Inizi III Secolo a.C.

 

(4) Statua in terracotta di Atena da Roccaspromonte in provincia di Campobasso, attualmente custodita presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna. La statua, alta 151 cm. e datata intorno al IV secolo a.C., sembra riprodurre l'iconografia dell' Athena Pròmachos ed ispirarsi a proptotipi di età classica. Fu rinvenuta nel 1777 durante i lavori di aratura di un campo a Roccaspromonte, in un'area forse pertinente ad un antico santuario. Fu acquistata dal conte Lamberg, ambasciatore d'Austria a Napoli, la cui collezione di oggetti d'arte fu immessa poi nel Museo Imperiale di Vienna nell'anno 1815. La dea indossa un chitone dorico che nella parte posteriore è modellato con profonde pieghe verticali somiglianti alle scanalature di una colonna, e porta sul petto l'egida (la misteriosa pelle di capra ornata di frange che, scossa, provoca spavento e che è proprietà di Giove) a forma di mantello, con il gorgoneion. E' posta su di una base dalle fattezze molto arcaiche.
Insieme alla statua fu rinvenuto anche un altare di pietra andato purtroppo perduto, recante l'iscrizione in osco (Vetter 1953, n.158) :

     tanas niumeríis / frunter

dove, nell'ultima parola, frunter, si è soliti riconoscere il nome della divinità, e nelle due precedenti, il prenome ed il gentilizio del dedicante. Il gentilizio niumeriis, invece di niumsis, si presenta in forma latinizzata. E' probabile che ciò testimoni la continuità del culto almeno fino all'epoca della romanizzazione del Sannio.

(5) La statuina in bronzo, alta circa 30 cm., è stata recuperata da un contadino durante i lavori di aratura nei pressi della località di Sant'Angelo in agro di Macchia d'Isernia. Rappresenta un Ercole, purtroppo mancante di parte degli arti superiori, con la classica pelle di leone (leontè) attorno al collo e sulle spalle. Una clava doveva essere mantenuta dalla mano destra. La foto mostra un reperto conservatosi in maniera ottimale, rinvenuto con altri oggetti votivi poco tempo fa in un luogo dove è stata ipotizzata, da tempo, l'ubicazione di un'area sacra dedicata ad una divinità dell'Olimpo sannita ancora non individuata.

(6) Il peso bronzeo con iscrizione osca alla base proviene da Punta Penne nei pressi di Vasto. Infatti un culto di Juppiter Liber esisteva in loco. L'iscrizione recita:

     íúveís lúvfreís

L'organizzazione del culto è documentata nei Vestini dalla Lex Aedis Furfensis ed è da supporre che anche a Punta Penne, dove altri indizi rivelano la presenza di un insediamento frentano, vi fosse un santuario di carattere paganico - vicano.

 

 

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Storia dei Sanniti e del Sannio - La religione dei Sanniti - Davide Monaco - Isernia 2001
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