Racconti e Favole                                                                                                                                                                                

 

    

 

Pablo Picasso - Senhoritas

                                                       Tutto per Aurora
George attraversa la strada con l’aria infastidita e perplessa: due lunghe gambe femminili, e la biondina a cui appartengono, gli occupano la vetrina del suo negozio di libri preferito. Per dare uno sguardo alle novità letterarie dovrà aspettare che l’intrusa se ne vada. Prova a lanciarle sguardi minacciosi e intimidatori riflessi dalla vetrina. Le gambe della biondina non sono male. I piedi forse un poco grandi, chi sa per quale motivo si pretende che le biondine alte abbiano i piedi piccoli come cinesine. Il sedere le riempie tutta la gonna tesa ma non sembra abbastanza rotondo. La biondina non pare affatto spaventata, ma piuttosto presa dai libri esposti, non si muove di lì anzi si porta un dito alle labbra con fare dubbioso e piega una gamba.. Ha polpacci robusti quasi da atleta, ma la gamba nel complesso può continuare a essere definita elegante. La giacca a quadretti le sta stretta sulle spalle, potrebbe essere una appassionata di nuoto. Altro per ora non si vede, nel complesso la figura è gradevole, niente grasso eccessivo. A sorpresa la biondina si volta, schiude le labbra appena troppo larghe, spalanca gli occhioni blu, china un poco la testa di lato e gli sorride interrogativa, mostrando due file di coralli bianchi.
-Se crede di fare lo squalo con me, avrà vita dura. - Pensa George.
Lei insiste a sorridere tra il compatito e l’ironico.
Il suo seno è teso e alto sotto la camicetta, ma potrebbe essere merito del reggiseno. La biondina si avvia con un dondolio impercettibile e George pensa che finalmente può godersi la sua vetrina di libri, ma la biondina è piena di sorprese, prima di scendere il gradino del marciapiede per andare dall’altra parte si volta ancora a guardarlo. Le sue labbra si muovono, George non sente il suono ma capisce cosa dicono.
- Seguimi.
George sa sempre cosa deve fare, e qualcosa gli dice che negli ultimi tempi ha lasciato troppo spazio ai libri nella sua vita.
Lei passa da un marciapiedi all’altro a ogni gradino fa un saltello da bambina che gioca e non bada al resto del mondo, passa davanti a una vetrina, si ferma a guardare una camicetta di pizzo bianco. George colto di sorpresa fa un giravolta con indifferenza e si ferma a qualche distanza.. Lei continua a godersi la sua camicetta di pizzo bianco e si porta ancora il dito dubbioso sulle labbra. Le dita sono affusolate, le unghie smaltate di rosso lucente. George decide che può perdonarle questo vezzo del dito alle labbra. Ora è abbastanza vicino a lei da sentire la sua voce.
- Comprami quella camicetta, idiota.-
Lei si riavvia con aria di ignorarlo. George sa quando una cosa deve essere decisa, entra nel negozio e ne esce con una piccola scatola rettangolare. Accidenti non immaginava che le camicette di pizzo costassero tanto, ecco perché le donne sono sempre così nervose e scontente. Con aria irrequieta George scruta l’orizzonte, la fortuna aiuta gli audaci, la biondina è in vista . Si prosegue. Lei ora entra in un portone ma prima si è voltata a lanciargli un lungo sguardo.
-Quale è il tuo gioco bambola?- pensa George disgustato.- Forse ora mi chiederai i soldi per compare le medicine alla povera zia malata?- La biondina apre il cancello in ferro battuto dell’ascensore e rimane in attesa di George entrato nel portone.
-Dove andiamo?-
- All’ ultimo piano naturalmente.-
George ha un tamburo nello stomaco.
Ultimo piano. E’ il piano della terrazza del tetto, non c i sono porte di appartamenti. I due si fronteggiano, lei gli prende decisa la scatola rettangolare.
-Perché mi tremano le dita?- pensa George mentre la scatola gli scivola via.
-Non so se è la misura giusta.- Le dice.
-Siamo qui per provarla.-
Lei si toglie la giacca a quadretti e glie la allunga. Poi si sfila la maglietta con l’ippopotamo rosa e la mette sul suo braccio sopra la giacca. Il reggiseno nero non sembra avere problemi particolari con il seno, le spalle sono larghe al naturale non ci sono spalline nella giacca, si vedono le scapole in lieve risalto . Le braccia sono tornite ma forse non all’altezza delle gambe, i gomiti un poco ruvidi. Ma le mani promettono giardini di delizie, lunghe dita morbide e sottili. Lei smette di spogliarsi e apre la scatola, lasciando George un poco deluso ma tutto sommato soddisfatto di come si mettono le cosa. Ora la vede che indossa la camicetta nuova e mette la sua maglietta nella scatola, fa una giravolta e lancia la scatola, che George afferra la volo con qualche incertezza per la difficoltà di guardare lei e la scatola allo stesso tempo.
Lei riapre la porta dell’ascensore. I due scendono. Accade l’incredibile. La biondina volta le spalle a George, si solleva la gonna, si china e si abbassa le mutandine rosa.
-Guardare ma non toccare-, dice lei decisa. Le mutande sono lunghe al ginocchio e ricamate, tipo Pellegrina del Mayflower. George è in preda all’incantesimo, capisce che la gonna aderente le appiattiva ingiustamente il sedere.
-Dio mio, ha un culo alto come il sole sui campi d’estate a mezzogiorno.- Pensa.
Quanto alle cosce non paiono niente male.
Lei si sfila del tutto le mutandine, si avvicina a George, lo tiene per il bavero della giacca, gli infila decisa le mutandine in tasca.
- Me le riporterai lavate e stirate da te. Usa acqua tiepida e sapone.
I due ora sono sul portone. La biondina si avvia fuori ma ordina a George di rimanere dov’è con l’indice minaccioso.
-Mi chiamo Aurora Duckson, ho un negozio di tappeti a Butcher Street .-
-Mi chiamo George Penbleton.-
-Se non saranno lavate e stirate bene, userò il battipanni dei tappeti sul tuo sedere.-




                                                   NEGOZIO DI TAPPETI
George ha un’aria soddisfatta e gongolante nel negozio di tappeti. Una commessa che ha l’aria di saper distinguere si avvicina.
-Il signore ha in mente qualcosa di particolare? -
-Vorrei vedere Ms. Duckson in persona, sono George Penbleton.-
 Adesso è nel salottino privato di Aurora. Lei lo guarda, lui gli porge la busta con le mutande di pizzo.
Aurora passa una mano esperta sul tessuto. Guarda il rovescio. Va alla luce di una finestra.
George è in attesa dei complimenti, compunto.
-Sono davvero ben lavate e stirate, bravo. -
George si guarda la punta delle scarpe, ‘Ci devo mettere del grasso di Lontra se piove ’, pensa.
Poi rivolto ad Aurora con modestia.
-Visto? Ora cosa ne diresti di andare a fare una cenetta noi due.-
Lampo di perplessità negli occhi di Aurora.
-Solo non capisco una cosa,- dice a voce bassa a George.
Suona l’allarme.
-Cosa?-
-La piccola etichetta Laundry China, che io mi ricordi non le mai mandate in lavanderia queste mutande. Sai non vorrei che quei piccoli mangiaformiche me le rovinassero. –
 E’ l’ora delle decisioni rapide. Il momento in cui Lord Wellington a Waterloo contro Napoleone decide se fare un attacco frontale o lanciare prima la cavalleria sui fianchi.-
 George non esita, si butta in ginocchio e prende la mano di Aurora.
-Sono mutande nuove, le ho fatte lavare dal cinese perché tu non ti accorgessi della sostituzione. Non potevo rinunciare alle tue mutande, al piacere di morderle, di sentire il profumo della tua rosa, il sudore delle tue cosce. Ti ho confessato la verità perdonami. –
 Aurora lo osserva con aria distaccata e divertita.
-Bene, George, andiamo a cena. –
Sollievo.
George cinge sui fianchi Aurora e si avvia con lei. Ma Aurora si ferma prima di arrivare alla porta, un dito interrogativo alle labbra.
-Suppongo tu non abbia un frustino con te, vero George? Sei un tipo decisamente distratto.
Terrore.
-Un frustino?-
-Si, un frustino. Ma non preoccuparti, ne ho sempre uno con me. Ora andiamo, so dove portarti.-
 
Ristorante
 E’ un tavolino appartato, dietro un angolo, vicino a un caminetto con un piccolo fuoco acceso. Aurora si è sfilata la scarpe e appoggia un piede nudo sulle ginocchia di George che la massaggia. Tutto il personale del ristorante sembra conoscere Aurora e i suoi gusti. Aurora saluta una bionda con un cenno che sembra vago, è lo chef, una tipa svelta di nome Maria. Lo chef si avvicina.
-Ora vi arriva una bottiglia di pinot nero della Nuova Zelanda. –
Pausa.
-Naturalmente potete usare il mio bagno privato, voi due.-
 Dopo qualche minuto Aurora diventa nervosa.
-George, portami a fare la pipì. Spero tu sappia come si fa il bidet a una signora-
Panico.
-Nel bagno delle signore? Lo sai come sono le donne qui. Se entra una comincia a gridare come cento galline spennate e si ruzzola in sala ‘Un uomo nel bagno delle signore, fatelo lo arrestare !’, spenderà i prossimi anni a farlo sapere in giro.-
-Muoviti coniglio, andiamo nel bagno privato dello chef.-_
 

 

                                                       

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