Racconti e Favole                                                                                                                                                                                

RACCONTI                                 

                                                                         Concorso letterario

- E’ arrivata risposta da Pietroburgo, Semion Semionovic?

-Animucce mie, signor primo socio, purtroppo è negativa, il ministero non ci manda un kopeko. Sentite cosa dice, sentite voi stessi.

 ‘Egregio presidente, stimatissimi soci del Circolo Letterario Anatol Anatovich di Kolygrad., La richiesta di finanziare adeguatamente il vostro circolo e onorare la memoria del grande scrittore russo Anatol Anatovich di Kolygrad è purtroppo respinta dall’Ufficio Uscite e Cassa. Peraltro Sua Eccellenza il ministro in persona  mi ha espresso il suo rammarico, che dico il suo dolore. Egli desidera sappiate che si aspetta di ricevere nella sua biblioteca privata tutte le opere del nostro amato Anatovich e ha dato precise istruzioni alla cameriera, Marya Goggyna, di spolverare i libri con grande assiduità e attenzione. Il ministro conta anche di visitare al più presto il vostro illustre e benemerito circolo, ove spera gli sia consentito di declamare le sue poesie. Il capo-divisione.’

 Il primo socio si alza in piedi con aria cupa, si capisce che intende prendere la parola e il presidente glie la accorda.

 -Quella gente al ministero è solo un branco di maiali, non fanno che passeggiare e riempirsi di panini al salmone con i nostri soldi. Voi dovete fare qualcosa Semion Semionovic, non siete dunque il presidente del nostro circolo?

Il presidente ora è a sua volta in piedi, accigliato, fissa ancora incredulo la lettera del ministero.

 -Accolgo il vostro giusto rimprovero, signor primo socio, e anche voi ascoltatemi, animucce mie. Sarete tutti d’accordo che occorre per prima cosa un piano finanziario.

 Tutti i soci gridano e applaudono. Piano finanziario, signor presidente, giusto procedete.

Il presidente sorride condiscendente

-Ebbene vi ringrazio della vostra stima, amici miei, ma lasciamo la parola a Tremellov, il nostro stimato segretario tesoriere.

Tremellov è un ometto piccolino, puntiglioso, il cane da guardia della cassa del circolo, la sua faccia pallida a volte sembra assumere sfumature verdognole, come una oliva infelice.Egli imputa ogni sua infelicità alla propria moglie Tatiana Serpentova, una donna impossibile, capace persino di sghignazzargli dietro sulla porta ogni volta che si reca al circolo ‘Ebbene, Tremellov, marituccio mio, quando andremo alla corte imperiale a leggere il vostro racconto alla zarina?’

 Veramente Tremellov non è un letterato ma un contabile, ed è a causa di questo suo stato che occupa in silenzio l’ultimo posto al tavolo del circolo. Ma ora il suo momento è arrivato. La parola a Tremellov, Tremellov si alzi in piedi.

E Tremellov parla, cerca di essere tragico, incisivo, non vuole che si dica che è un noioso contabile.

 -La cassa è vuota, signori miei,- dice Tremellov, e guarda soddisfatto gli sguardi angosciati nel vuoto dei soci.-Dirò di più, siamo indebitati coi fornitori per una somma considerevole. – Tremellov ha concluso e ricade seduto tremante e in preda a sfinimento.

 Lo sguardo dei soci passa dal proprio bicchiere vuoto alla bottiglia di vodka al centro della tavola, al vassoio ancora colmo di panini imbottiti coi cetriolini, forse l’ultimo vassoio, ma nessuno osa muoversi.

 -Noi tutti sappiamo come gli affari siano andati male ultimante, -dice Serghej Trepcovich.

-Per non parlare del ritardo con cui il governo paga gli stipendi,- ci mette sopra Anton Platanov. 

L’assemblea ora tace, gli sguardi sono volti al centro verso il presidente. Tocca a lui, egli si alza e parla deciso.

-Animucce mie, questa è l’ora in cui non vi pentirete di avermi nominato vostro presidente. Noi non lasceremo che Anatol Anatovich,  colui che a pochi passi da noi, nella casa di mattoni rossi, scrisse ‘La steppa piange , noi non lasceremo, dicevo che egli sia dimenticato per colpa del governo e dei burocrati di Pietroburgo. Io, Semion Semionovic ho un piano finanziario.

La slitta che passa veloce sotto la finestra del circolo, i sospiri di Ivan Ivanovich verso Marya Selonova, la ricca vedova che siede accanto a Tremellov, ogni più sottile fruscio si ode nella sale dell’assemblea del circolo letterario Anatol Anatovich.

-Diteci dunque, sollevate le nostre anime.- Prorompe la vedova Selonova.

Si dunque diteci, prorompe il coro dell’assemblea. Il presidente sorride benevolo, rassicurate.

-Animucce mia, faremo un concorso letteraria. Ne ho parlato anche col nostro beneamato sindaco.

Si procede con la  discussione sul concorso letterario Anatol Anatovich.

-Ma signor presidente,- osa interrompere la vedova Selenova,- avremo speso, dovremo pagare premi ai vincitori del concorso, che piano finanziario è mai il vostro, voi ci portate nel baratro.

-No, Marya, essi pagheranno, gli scrittori intendo. Lasciate che vi spieghi, vi prego.

Il presidente fa apparire come d’incanto un foglio, con righe scritte ben allineate, e prosegue

-Questo è il bando del nostro concorso, animucce mie, ora ve lo leggerò e poi sarà messo ai voti per la vostra approvazione.

 Art. 1  Il circolo letterario Anatol Anatovich, in nome del suo presidente e con la approvazione del sindaco di Kolygrad,  bandisce un concorso in onore del grande scrittore russo Anatol Anatovich di Kolygrad.

Art 2  Il concorso ha per tema ‘Il cosacco e il suo cavallo in viaggio per la steppa. ‘ Tema assai caro al nostro grande scrittore.

Art 3  Ogni scrittore e ogni anima nobile che aspiri a diventarlo, invierà entro la prossima estate il suo racconto al presidente del circolo letterario di Kolygrad, unitamente a un vaglia di 350 rubli.

 

Art 4  Grandi festeggiamenti attendono il vincitore nelle feste d’autunno a Kolygrad, Il signor sindaco di Kolygrad farà stampare a sue spese il racconto vincitore  e ne ordinerà la lettura a tutti gli impiegati pubblici.

Il presidente ha finito la lettura del bando e come si conviene a ogni saggia assemblea, vi è un momento di intenso silenzio nel quale ognuno cerca il lato debole della proposta. La vedova Selonova  chiede la parola che le viene concessa come suo diritto.

-Signor presidente, come farete a far sapere in giro di questo nostro concorso e cosa mai pensate di ricavarci alla fine?

 

L’assemblea fa sue le parole di Anna Selenova. Grida arrivano da ogni posto. Non ci faremo che pochi rubli. Alla fine ci rimetteremo le spese. E’ una idea pazza. Questi sono i commenti ingrati e acidi dei soci.

Ma un buon presidente non si deve aspettare gratitudine. Semion Semionovic fa ampi gesti di calma con le mani , sorride poi riprende.

-Ci siamo informati animucce mie, ci siamo preparati. Faremo apparire il bando sui giornali. Calma signor primo socio, il sindaco anticipa tutte le spese. E quanto al resto, Marya Selenova, no mi aspetto che meno di diecimila racconti in risposta. Che moltiplicato per 350 rubli fanno, signor Tremellov ? 

-Fanno 350 mila rubli.- Risponde un attonito Tremellov .-Ci potremo pagare i debiti e alla fine ne dovrebbero rimanere abbastanza per i prossimi sei mesi.

 Qualcuno versa la vodka nei bicchieri vuoti, qualche altro fa girare il vassoio dei panini. Ma le assemblee non sono mai contente, non del tutto almeno.

-E cosa faremo dunque tra sei mesi,- attacca ancora il lamentoso primo socio.- Dovremo ancora indebitarci. Quello di cui avevamo bisogno era un vitalizio del ministero.-

Il primo socio ambisce alla carica di presidente alla prossima elezione. All’ultima elezione è stato battuto per due voti. ma questa volta era sicuro che ce l’avrebbe fatta . Peraltro il presidente è pronto a rintuzzare l’assalto e rassicura l’assemblea.

 -Animucce mie, è tutto predisposto, tra sei mesi faremo il concorso per i poeti, basterà cambiare qualche cosuccia, giusto qua e là. Il nostro sindaco è poeta egli stesso e ci ha proposto il tema ‘I lamenti del cosacco a cavallo per la steppa ’. Con il che abbiamo vodka e panini per i prossimi due anni. –

 Ma ancora una volta è l’instancabile vedova Marya Selenova a non essere soddisfatta.

-Ma signor presidente, ai poeti non balla un copeko in tasca, non pagheranno i 350 rubli per l’iscrizione.

Semion Semionovic ha ben studiato il suo piano finanziario e non ha difficoltà a replicare.

-Oh, Marya Selenova, di poeti ve ne sono a mucchi a montagne di ogni condizione sociale. Abbasseremo la quota di iscrizione, i poeti ricchi parteciperanno più volentieri, quelli poveri venderanno la giubba.

 

L’assemblea è davvero in fermento. Si, concorso, concorso, l’avevo detto io che bisognava fare un concorso. Ognuno vuole dire la sua a voce alta, persino il timoroso Tremellov ha qualcosa da dire..

-Signor presidente, io dico che bisognerebbe aggiungere un premio in denaro per il vincitore. Quelli di Gregorygrad hanno messo diecimila rubli di primo premio. Peraltro hanno fatto in modo che vincesse il secondo cognato del loro sindaco, per modo che il denaro non uscisse dalla città. Così hanno detto.-

  Il presidente è davvero furibondo, quando mai si è fatto intenerire da Tremellov e lo ha ammesso al circolo. Ora davvero si pente di questa sua eccessiva generosità. Non resta che replicargli con durezza.

 -Mio caro Tremellov, noi siamo letterati. Se volete lasciarci per unirvi agli usurai e ai venditori di cetriolini marci di Gregorygrad fate pure. –

 Il piccolo Tremellov cerca ora di appiattirsi sulla sedia, come oserà fingere ancora di urtare per caso la sedia di Marya Selenova, egli intuisce il definitivo disprezzo della vedova. ­_    

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                                                                        Sedere grasso

La lettura del giornale gli aveva messo addosso come una febbre, con una scusa si era allontanato dall’ufficio e si era avviato verso il Circolo dove suo moglie serviva dietro il bancone, con l’idea di rimediare qualcosa da bere.

-Cosa ci fai qui, Alexei? Lo sai che non ci puoi entrare -, chiese Ekaterina Goggynovna Dimitrona .

Suo marito Alexei Dimitrov era entrato con aria sicura e furba nel Circolo Ufficiali dello zar, poi si era seduto al bancone del caffè, nella saletta interna e aveva preso a esaminare con attenzione il menù, ma non con l’aria delle scroccone quanto dell’ospite che si ritiene in diritto di ottener qualcosa per i suoi meriti.

 

-Ci sono novità, Ekaterina, grosse novità.

-Ordina qualcosa e fila via alla svelta, sai che non puoi stare qui se non sei invitato.

-Dammi una vodka e uno di quei panini con salmone e cetriolini. Ma prima guarda qui sul giornale.-

 

E le aveva messo davanti il giornale con il bando del Circolo Letterario di Kolygrad.

-Bene, Alexei, maritino mio, è un concorso, bisogna mandare un racconto. Cosa hai a che vederci tu? Sei uno scrivano tu, non uno scrittore. Non tutte le penne scrivono romanzi, Alexei Dimitrov, altrimenti i calamai non farebbero che piangere e ridere.

-Devo metterti a parte di un segreto, Ekaterina, molto spesso invece di copiare quelle maledette pratiche del tribunale scrivo racconti, sei la moglie di uno scrittore animuccia mia. I fascicoli delle cause sono piene dei miei racconti, li tengo nascosti così, chi vuoi che se accorga.

-Ma qui, sul giornale, chiedono un racconto sui cosacchi, cosa ne sai tu di cavalli e della steppa, non sapresti fare nemmeno un panino con la biada.

-Non sarà questo di certo a fermarmi. Ho un sacco di tempo, chiederò, mi informerò.

-Ma qui dicono che bisogna mandare 350 copeki per partecipare, e tu possiedi soli il buco nella tua scarpa sinistra.

E poi non ti danno neanche un sacco di farina per premio quei bravi campagnoli di Kolygrad.

-Per partecipare faremo un prestito, animuccia mia di cosa ti vai a preoccupare, e quanto al premio saremo o ricevuti dal sindaco di Kolygrad, il mio nome comincerà a girare per le Russie, hai finito di stare dietro a un bancone per far ubriacare questi porci. –

 

Alexei mandò giù un sorso di vodka e aspettò il panino. Due ufficiali in divisa si sedettero accanto a lui e ordinarono da bere. Appena Ekaterina si allontana da loro per andare allo scaffale dei liquori, uno dei due ufficiali disse all’altro: - Guarda quanto è grasso il sedere della cameriera, da non crederci.-

L’altro ride. –Ne ho visti di meglio lungo la Prospettiva e anche in campagna.-

-Appunto dico-, disse il primo .- Andrebbe bene per un battelliere del Volga, loro sono abituati a navigare nel largo. A me non andrebbe bene.-

-Nemmeno a me,- disse il primo. –Appunto dico.-

Ekaterina mise due bicchierini di vodka davanti agli ufficiali e il piatto col panino con un contorno di insalatina fresca davanti ad Alexei.-

 

-Vuoi qualcosa d’altro?- gli chiese ? – Un altro panino al salmone?-

Alexei non rispose. Quando vide che lei era ancora lì davanti, scosse la testa.

-Ti porto un’altra vodka -, disse lei.

La bottiglia di vodka sullo scaffale era vuota, dovette chinarsi a prenderne un’altra nel ripostiglio in basso. La gonna nera le si tese sui fianchi mettendo in mostra un reggicalze rosso e le cosce bianche troppo grosse. I due ufficiali accanto ad Alexei si scambiarono una occhiata. Uno di loro sollevò le sopracciglia. L’altro sorrise e si portò il bicchierino alle labbra senza staccare lo sguardo dal sedere di Ekaterina. Alexei aveva finito il panino, si alzò, andò verso la porta. Sentì che lei lo chiamava, ma non si fermò, aveva voglia di tornarsene a casa.

 

Alexei, una volta a casa, si stese sul letto, chiuse gli occhi e si lasciò andare a pensare. Aveva la sensazione di essere a Kolygrad, era il vincitore del Concorso Letterario, il sindaco faceva un discorso, ogni cittadino aveva in mano una copia del suo racconto. Un tizio parlava a un altro tizio.

-Guarda la moglie dello scrittore, guarda il suo sedere, non crederesti che a Pietroburgo le donne avessero un sedere così grosso.-

-Le mogli degli scrittori non dovrebbero avere un sedere grosso così-, rispondeva l’altro.

-Appunto dico-, concludeva il primo.      

La sensazione si sparse dalla testa di Alexei fino alle ginocchia e le gambe. Aprì gli occhi e si mise ad agitare la testa sul cuscino da destra a sinistra. Poi si girò su un fianco e si addormentò. Non senti rientrare Ekaterina.

 

La mattina Ekaterina tirò su le tapparelle, ma Alexei era già sveglio.

-Guardati un po’ allo specchio,- le disse.

-Cosa c’è,- disse lei. – Che vuoi dire?- .

-Ho solo detto di guardarti un po’ allo specchio,- disse Alexei.

-Cosa c’è che dovrei vedere?-, disse lei, fingendo disinteresse. Ma cominciò lo stesso a sbirciarsi nello specchio.

-Lo sai che detesto dirti certe cose-, disse Ivan, -ma secondo me faresti bene a pensare di mangiare meno per qualche tempo. Ti farebbe bene perdere qualche chilo, mica tanto, non starai a offenderti se ti dico questo animuccia mia.-

 

Ekaterina si morse un labbro e frenò a stento una lacrimuccia. -Non sei più lo stesso, Ivan, da quando hai letto di quel concorso letterario. Mia madre Fjodora Goggynovna mi aveva messo in guardia che l’aria della Crimea rende gli uomini mutevoli, ma non volli darle retta. Non avevi i concorsi per la testa allora Ivan, quando venivo ai nostri appuntamenti coi sandwich ai cetriolini nascosti sotto la gonna per sfamarti, col terrore di essere scoperta e licenziata. E dov’è che sarei ingrassata dunque?- .  Purtuttavia si sollevo la camicia da notte fino alla vita e si esaminò i fianchi e la pancia allo specchio. 

 

Ivan aspettò che si fosse sfogata e poi cercò di scegliere le parole con attenzione.  – Bene, prima non mi era parso un problema. Ora, io dico, se dovessimo vincere il concorso, ci sarà da andare a  Kolygrad, la gente del posto non farà che osservarti e criticare. Ho parlato per un riguardo a te, animuccia mia, per me vai bene così.- 

Con la camicia da notte ancora arrotolata alla vita, Ekaterina ricominciò a osservarsi allo specchio. Si tirò su il sedere con le due mani e poi lo lasciò andare.

Ivan chiuse gli occhi. –Magari mi sbaglio-, disse.

Ekaterina cominciò a suggestionarsi, le pareva di vedere una grassa porcella nello specchio. -No, hai ragione, credo proprio che farò bene a perdere qualche chilo, non che mi aspetti che sarà facile, tutta quella roba da mangiare al Circolo è una tentazione.-  

 

 

 

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