Racconti e Favole                                                                                                                                                                                

 

  RACCONTI GIALLI   RACCONTI BREVI   

Quartetto con delitti

                             GLORIA E GEORGE

-Vuole la casa, Gloria, altrimenti niente divorzio,-

-E tu lasciale la sua maledetta casa a quella sgualdrinella viziata e presuntuosa.-

-Scherzi? Tre piani, la mansarda, il terrazzo attorno al tetto, la cantina con duemilatrecento bottiglie scelte, venti stanze col caminetto e sei bagni, il parco tutto intorno con gli alberi di frutta e la jacaranda che fiorisce a primavera, il cancello originale in ferro battuto, il garage per quattro auto, l’appartamento di servizio, il portone posteriore in ciliegio massiccio, due gazebo, il roseto, la cucina con il forno a legna, la biblioteca con millenovecentoventrè volumi rilegati e la scala a chiocciola mobile in legno di sandalo profumato. -

-Ma non c’è la piscina  George e non ci sono le galline.-

-Non so nuotare e non ho mai potuto soffrire l’acqua, ma devo ammettere che non mi dispiacciono le uova fresche.-

-Bene, ce ne andiamo in campagna, niente piscina, montagne di uova fresche e polli arrosto.-

-Sai cosa ha avuto il coraggio di dirmi con quella sua vocetta melodica e  furba ? ‘Oh, George, non mi metterò certo in mezzo tra te e Gloria, raggiungi pure la felicità con tutto il cuore. Io me ne starò qui in questa casa piena dei nostri piccoli ricordi.

-E anche piena dei vostri furiosi litigi. Lasciale la sua maledetta casettina piena di tanti ricordini. Ci troveremo una fattoria vicino a un ruscello, uova fresche e trote. Ce la spasseremo.

Gloria è affondata nella sua poltrona, apre leggermente le gambe, mostra le famose mutandine di pizzo nero di fiandra, george ha un attimo di smarrimento ma si riprende.

 -Come se non sapessi che sul retro della casa è in attesa con le valige quello Smith, quel tizio che si è arricchito con la vendita di auto usate. E io dovrei lasciare che quel truccatore di contakilometri si sieda sulle mie poltrone in pelle fatte venire da Vienna? Che appoggi sul vetro veneziano del mio tavolinetto in ciliegio pieno della California i suoi calzini con dentro i suoi sudici piedi?

 Gloria si alza, si toglie le scarpe, lascia cadere la gonna e si sfila le mutandine, si china a raccogliere le scarpe e mostra il suo sedere, quel sedere che ha fatto dire a George la prima volta che lo ha visto ‘Sei più bella di una cavalla inglese al derby di Epsom’.

 Gloria sospira.

-Vado a farmi la doccia, George.

Ma George è un fiume in piena ormai inarrestabile.

-La casa ha una  biblioteca con i libri  volumi scelti uno a uno, il pezzo forte è una copia del Corano in arabo, le iniziali di ogni capitolo in oro, la carta sottile introvabile. Quello Smith strappa le pagine e ci si arrotola le sigarette di tabacco, a lasciarlo fare. 

 Pausa. George infila la testa nelle tendine della doccia.

 -E il tavolinetto del Settecento nello scrittoio? Laccato e intarsiato, con un cassetto segreto impossibile da trovare e far scattare, Elisabeth ci ha messo un mese per trovare le tue lettere in quel cassetto.

 La testa di Gloria spunta fuori dalla doccia.

-Spero che Elisa abbia trovato la lettura interessante e di suo gusto.

 Gloria continua a tormentare il miscelatore dell’acqua calda e fredda, si rende conto che il suo sedere non sarà sufficiente a farle vincere la guerra. La guerra sarà lunga imprevedibile rischiosa. All’improvviso chiude il miscelatore, apre la tendina, fa sentire la sua voce.

-Mi è venuta un’idea.

-Ti ho parlato del caminetto nella sala da pranzo? E’ rivestito con piastrelle spagnole del ‘600 e ha uno specie di passaggio segreto.

-Mi hai parlato del caminetto almeno cento volte. Ma ora lascia stare le piastrelle e i passaggi segreti, mi è venuta un’idea.

-Che idea?

-Mi chiedevo se non potesse succedere una disgrazia a Elisabeth. Un incidente magari, in quella sua casa piena di piccoli ricordi dove si sente tanto sola.

-Ma come è cominciata questa storia?-  Si chiede George ascoltando perplesso le parole di Gloria.  E’ cominciata due mesi fa per la sua maledetta abitudine di comprarsi libri da leggere.

 

George attraversa la strada con l’aria infastidita e perplessa: due lunghe gambe femminili, e la brunetta a cui appartengono, gli occupano la vetrina del suo negozio di libri, e così per dare uno sguardo alle novità letterarie dovrà aspettare che l’intrusa se ne vada. Prova a lanciarle sguardi minacciosi e intimidatori  riflessi dalla vetrina. Le gambe della brunetta non sono male. I piedi forse un poco grandi, chi sa per quale motivo si pretende che le brunette alte abbiano i piedi piccoli come cinesine. Il sedere le riempie tutta la gonna ma non sembra abbastanza rotondo. La brunetta non pare affatto spaventata, ma piuttosto presa dai libri esposti, non si muove di lì anzi si porta un dito alle labbra con fare dubbioso  e piega una gamba.. Ha polpacci robusti quasi da atleta, ma la gamba nel complesso può continuare a essere definita elegante. La giacca a quadretti  le sta stretta sulle spalle, potrebbe essere una appassionata di nuoto. Altro per ora non si vede, nel complesso la figura è gradevole, niente grasso eccessivo. A sorpresa la brunetta si volta, schiude le labbra appena troppo larghe, spalanca gli occhioni neri, china un poco la testa di lato e gli sorride interrogativa, mostrando due file di coralli bianchi.

-Se crede di fare lo squalo con me, avrà vita dura. - Pensa George.

Lei insiste a sorridere tra il compatito e l’ironico.

Il suo seno è teso e alto sotto la camicetta, ma potrebbe essere merito del reggiseno.  La brunetta si avvia con un dondolio impercettibile e George pensa che finalmente può godersi la sua vetrina di libri, ma la brunetta è piena di sorprese, prima di scendere il gradino del marciapiede per andare dall’altra parte si volta ancora a guardarlo.

George sa quando deve cambiare idea, e qualcosa gli dice che negli ultimi tempi ha lasciato troppo spazio ai libri nella sua vita.

La brunetta passa da un marciapiedi all’altro a ogni gradino fa un saltello da bambina che gioca e non bada al resto del mondo. Porta i capelli raccolti dietro e questo le lascia scoperte due deliziose orecchie di color bianco e rosa, passa davanti a una vetrina,  si ferma a guardare una camicetta di pizzo bianco.  George colto di sorpresa fa un giravolta con indifferenza e si ferma a qualche distanza.. Lei continua a godersi la sua camicetta di pizzo bianco e si porta ancora il dito dubbioso sulle labbra. Le dita sono affusolate, le unghie smaltate  di rosso lucente. George decide che può perdonarle questo vezzo del dito alle labbra.

La brunetta si riavvia con aria malinconica. George sa quando una cosa deve essere decisa, entra nel negozio e ne esce con una piccola scatola rettangolare. Accidenti non immaginava che le camicette di pizzo costassero tanto, ecco perché le donne sono sempre così nervose e scontente. Con aria irrequieta George scruta l’orizzonte, la fortuna aiuta gli audaci, la brunetta è in vista . Si prosegue. Lei ora entra in un portone ma prima si è voltata a lanciargli un lungo sguardo.

-Quale è il tuo gioco bambola?- pensa George disgustato.- Forse ora mi chiederai i soldi per compare le medicine alla povera zia malata?-  La brunetta apre il cancello in ferro battuto dell’ascensore e rimane in attesa di George entrato nel portone.

-Dove andiamo?-

-All’ultimo piano naturalmente.-

George ha un tamburo nello stomaco.

Ultimo piano. E’ il piano del tetto, non c i sono porte di appartamenti. I due si fronteggiano, la brunetta gli prende decisa la scatola rettangolare.

-Perché mi tremano le dita?- pensa George mentre la scatola gli scivola via.

-Non so se è la misura giusta.-

-Siamo qui per provarla.-

Si toglie la giacca a quadretti  e glie la allunga.  Poi si sfila la maglietta con l’ippopotamo rosa e la mese sul suo braccio sopra la giacca. Il reggiseno nero non sembra avere problemi particolari con la brunetta, le sue spalle sono larghe al naturale non ci sono spalline nella giacca, si vedono le scapole in risalto . Le braccia sono tornite ma forse non all’altezza delle gambe, i gomiti un poco ruvidi. Ma le mani promettono giardini di delizie: bianche sul dorso, il palmo appena sfumato di rosa, le lunghe dita morbide e tenere.  La brunetta ha finito di spogliarsi e apre la scatola, lasciando George un poco deluso ma tutto sommato soddisfatto di come si mettono le cosa. Lei indossa la camicetta nuova e mette la sua maglietta nella scatola, fa una giravolta e  lancia la scatola, che George afferra la volo  con qualche incertezza per la difficoltà di guardare lei e la scatola allo stesso tempo.

La brunetta riapre la porta dell’ascensore. I due scendono. Accade l’incredibile. La brunetta volta le spalle a George, si solleva la gonna, si china e si abbassa le mutande rosa.

-Guardare ma non toccare-, dice lei decisa.

Le mutande sono lunghe al ginocchio e ricamante, tipo Pellegrina del Mayflower. George è in preda all’incantesimo, capisce che la gonna aderente le appiattiva ingiustamente il sedere.

-Dio mio, è tondo come il sole.- Pensa.

Quanto alle cosce, George non ricorda pollastra che ne avesse di migliori.

I due ora sono sul portone. La brunetta si avvia fuori ma ordina a George di rimanere dov’è con l’indice minaccioso.

-Mi chiamo Gloria Duckson, ho un negozio di tappeti a Butcher Street e un marito.-

-Potremo presentargli mia moglie,  mi chiamo George Penbleton.

     Quando posso trasferirmi da te

-Allora bambola quando posso trasferirmi da te? Mi preparerai tante buone cenette, ci scommetto. Niente più ristoranti, un sacco di soldi risparmiati. Magari faremo qualche modifica a quella tua casa, non è molto pratica da starci per uomo d’affari dome me. Bisognerebbe abbattere qualche parete per farci un grande salone, ci voglio fare le riunioni trimestrali dei venditori. Ti devo ancora ordinare gamberi e vino ghiacciato, bambola. –

 -Non chiamarmi  bambola. E non si abbatte nessuna parete. Niente divorzio-

Orazio Walpole Smith, general manager, come dice il suo biglietto da visita col bordino rosso, rimane interdetto. Solleva le sopraciglia, poi sporge il labbro inferiore come un bambino che corre dal gelataio con un soldino ben stretto nella manina, ma arrivato trova un cartello con scritto ‘Chiuso per ferie’.

-Forse non vuole lasciare la collezione di kimono di seta che usa come pigiama? Che se li  prenda i suoi dannati pigiama giapponesi.-

-Non vuole lasciarmi la casa il bastardo.-

-Come sarebbe? Non è ansioso di correre via con  quella sua Gloria Culo-Grosso?-

 

Il sedere di Gloria come abbiamo visto no è grosso ma tondo, perfettamente tondo. Orazio però ritiene opportuno farlo ingrassare a tutto vantaggio del sedere scarso di Elisabeth che in effetti soffre alquanto tutta la questione.-

-Quel maiale vuole Gloria ma vuole anche tenersi la casa, magari si illude che sia io a cedere, che me vada.-

-Non sarebbe una cattiva idea, ci prendiamo un appartamento in centro, magari con un bel salone dove metteremo un lungo tavolo.-

Lei lo guarda in modo inespressivo, prima di rispondere.

-Il letto della camera matrimoniale è del Settecento, in legno della California intarsiato a mano. Fu costruito a mano all’interno della stanza portando su i pezzi di tronco. La fottuta casa risale alla fine al 1713. Sotto la casa c’è una grotta per riempirla d’acqua e resistere a un assedio dei pellirosse o dei soldati del Re di Francia.

Orazio non riesce a entrare in sintonia con Elisabeth, sta pensando alla riunione trimestrale dei venditori.

 

-Elisabeth, che te fai di una grotta piena d’acqua? Pensavo ti piacesse l’aranciata. Avreste potuto fare un garage nella grotta.-

-Aspetta un momento, Orazio.-

-Cosa succede?-

-Tu sei sempre in contatto, con quei tipi strani? Quei tizi della Mano Nera per i quali preparavi le automobili blindate e col motore truccato. Mi hai raccontato che forse qualcuna di quelle automobili era servita per un assassinio su commissione. Hai detto che grazie a quei soldi ti sei potuto metter su la tua rete di Saloni di vendita automobili. –

 -Sei matta? Abbassa la voce. Sono favole che inventavo per far colpo su di te. E poi sono passati tanti anni. –

-Però tu mantieni sempre i contatti con i tuoi clienti, non è vero  Orazio? Non andresti a parlare con loro, non lo faresti per me?-

 

Orazio sbadiglia a lungo, per fame dice, ai concerti dove viene trascinato da Elisabeth, ma come venditore di automobili anche usate conosce l’animo umano e i suoi inconfessabili desideri.-

-Sei davvero matta, vuoi che faccia uccidere George per avere la tua casa per te. Tra l’altro George mi è anche simpatico, non hai idea se voglia comprarsi una nuova automobile?-

-Non ho detto niente del genere Orazio, sei tu che lo hai pensato. Naturalmente non lascerò la mia casa, non potrei sopportare che Gloria dorma nel suo letto di ciliegio. Niente divorzio allora.-

 Orazio Walpole guarda con intensità piena di affetto quella donna così raffinata ed elegante, diversa da tutte le commesse e impiegate che frequenta. Gli sembra di aver vissuto solo per lei, per darle quello che vuole. Sa anche che non può sfidare la fortuna, non incontrerà mai più una donna come Elisabeth tutta per lui.

 

La Mano Nera   

-Il signor Cipolla ha piacere che siate venuto a trovarlo e si ricorda il vostro nome anche dopo tanto tempo. Ma è sempre molto occupato dai suoi affari e vi può ricevere solo per cinque minuti.--

La segretaria che ha parlato così a Orazio Walpole Smith sembra un modello di efficienza. Dall’anticamera dove è stato messo si vedono una fila di computers dietro una vetrata, Orazio ha attimi di smarrimento, teme di aver sbagliato Cipolla, il suo aveva un taccuino e una mezza matita. Ma non ha tempo di replicare alla segretaria, si apre una porta in noce massiccia e appare Joe Cipolla, vestito in modo sportivo e con scarpe da ginnastica., niente completo blu a righe come ai bei tempi.

-Orazio Walpole, furfante matricolato, cosa sei venuto a fare? A vendermi una delle tue auto con tre ruote? Ricordati che me lo devi dire in cinque minuti. Putroppo sono u uomo molto occupato, anche se non dimentico, che se sono qui lo devo anche alle auto speciali che mi preparavi e mi serviva quando qualche cattivo soggetto mi correva dietro. Avanti vieni dentro, siediti e pigliati tutti i sigari dalla scatola. –

Orazio decide che la cosa migliore è arrivare subito al punto.

 

-Grazie Joe. Ho un problema, mi serve qualcuno che mi faccia un lavoro e forse tu hai ancora contatti con gli amici degli amici.-  

Joe serra le labbra e sbuffa insoddisfatto della partenza del colloquio.

-Che dici Orazio, che lavoro ti serve, un grattacielo? Una piscina? Cipolla Construction Company ti può fare ogni cosa. Ti faccio un buon prezzo.-

Orazio non è uno sciocco dopotutto. Uno che comincia col gonfiare le gomme e si ritrova dieci Saloni di vendita di automobili difficilmente è uno sciocco, si aspettava la risposta di Joe ed è venuto preparato.

-Joe ti piacciono sempre le auto d’epoca, quelle con tutti i pezzi originali. –

-Ci vado pazzo lo sai E’ questo che ti serve? Vuoi piazzare un’auto d’epoca che hai sgraffignato da qualche parte e non ha i documenti in regola. Si sempre il solito bricconcello. Te la compro io. Di che auto si tratta? Non vorrai mica farmi uno dei tuoi soliti tiri, a me al tuo Joe? –

-E’ una Scaglietti Joe, con tutti i pezzi originali. Una Scaglietti non si compra, è un regalo che si ricambia con un favore. Un favore speciale come si diceva una volta nell’ambiente.-

Sul tavolo di Joe suona un cicalino e si accende una lampadina rossa, la segretaria avverte Joe che i cinque minuti sono passati. Ma Joe schiaccia un bottone con un gesto appena irritato. La segretaria ora sa che Joe non vuole essere disturbato. Joe ora si rivolge a Orazio.

-Le Scaglietti non esistono più, molte cose non esistono più. E dove mai avresti trovato questa Scaglietti? –

-Ha tutti i marchi originali sulle ruote e sul cofano, quando apri la portiera e ti ci siedi sembra di essere in un sogno, no si sente neanche un sospiro dai sedili. Metti in moto e non riesci a svegliarti, silenzio assoluto, eppure il motore gira. Ogni pezzo meccanico è lappato e lucidato a mano. E la selleria  in cuoio poi. Nessuno sa dove Scaglietti trovasse il suo cuoio. Sul contratto di vendita di ogni auto si impegnava a non rivelarlo. Si diceva che usasse la pelle di certe vacche di una fattoria scozzese nutrite con una mistura segreta di fieno ed erba. Si serviva, dicevano, di una conceria inglese alla quale forniva certe fiale preparate dal farmacista del suo paese da aggiungere alle vasche di concia. Per il collaudo andava all’alba in cima a una collina con un maestro di musica, per cogliere ogni rumore dissonante nell’orchestra del motore. Si diceva che Scaglietti prendesse informazioni sui suoi clienti prima di vendere un auto e ne avesse rifiutata una a un re dalle parti della Svizzera perché l’autista guidava male.-

 Joe ascolta affascinato, con riverenza, la montagna di balle che Orazio ha preparato per lui, ma sa anche che una Rolls Royce di fronte a una Scaglietti è un’auto rumorosa e volgarotta. Nessuno canterà mai più come Caruso, nessuno costruirà mai più una Scaglietti.

 -Va bene Orazio, ma dove avresti trovato questa Scaglietti, dal maestro di musica?-

 -L’ho avuta in dote da mia moglie, ma poi divorziammo. Le passo un sacco di soldi di alimenti, ma mi sono tenuta la Scaglietti.-

-Come sarebbe in dote da tua moglie? Nessuno sapeva che avessi avuto una moglie. Che balle racconti al povero Joe?-

-Sarà stato un dieci anni fa almeno. Una mattina d’agosto ero in giro a cercare automobili   usate da comprare a quattro soldi dagli agricoltori. Sai com’è, trovi due Ford T di prima degli anni venti, ne fai una sola e la rivendi come auto d’epoca originale.-

-Continua.

-Viene un maledetto temporale, vedo una casa, un fienile, una specie capannone che sembra una stalla. Mi rifugio nel capannone. Esco dalla mia macchina, neanche il tempo di capire dove sono che dietro una specie di gabbia in legno vedo le ruote a raggi e il marchio sui mozzi. Per poco non mi prende un colpo. Mi avvicino senza neanche avere il coraggio di sfiorarla. Quasi non sento la voce della ragazza alle mie spalle. ‘Vi interessa quell’auto? Dovete sposarmi se la volete, è la mia dote. Però dubito che troverò un marito con un’auto cosi polverosa”.-

 

Joe lo interrompe.

-Questa è la miglior storiella tu che abbia mai inventato per vendere un’auto d’epoca fasulla a un cliente. Cme ci è finita l’auto nel tuo capannone dalla Carrozzeria Scaglietti in Europa?-

Orazio non tiene conto dell’interruzione.

-La ragazza aveva il sedere largo e le tette grosse. Una vera campagnola. Si capiva subito che aveva voglia di essere spogliata e sposata, non so quale delle due cose di più. Non doveva passare molta gente per quella strada. La ragazza non aveva una espressione molto sveglia, ma volevo quell’auto quale che fosse il prezzo da pagare.  Pensai velocemente a un piano. Se offrivo soldi invece del matrimonio, potevo  rischiare. Vai a sapere la reazione di quei tipi di campagna. Se offrivo molti soldi si potevano insospettire. Non volevo correre neanche il minimo rischio. Così il sabato mi portai la ragazza sulla Scaglietti nella Chiesa Metodista con tutti i parenti e gli amici dietro, stando bene attento ai sassi e alle buche. Parlando con la ragazza, con mia moglie dovrei dire, viene fuori che il nonno aveva un sacco di fattorie prima della grande recessione, la crisi del ’29. Quando era ancora pieno di soldi il nonno se ne era andato in giro per l’Europa in vacanza ed era tornato con la Scaglietti, modello unico col cruscotto in ciliegio rosso e noce.-

Joe Cipolla è pensieroso, interrompe di nuovo.

-Una bella storia davvero.-

Ci sono tutte le carte di circolazione in regola, i campagnoli sono precisi. Il contratto di vendita, il libretto di manutenzione, i documenti di spedizione e della dogana, il foglio del Registro. E poi c’è la macchina Joe. Tu torni a casa tardi di notte, entri con quella macchina in camera da letto e tua moglie non si sveglia. –

Joe si alza dalla scrivania.

-Andiamo a vedere questa Scaglietti, se non hai mentito stamattina ti prendi un assegno da un milione di dollari.-

-Una Scaglietti non si vende Joe, si scambia con un favore speciale. Sembra che il marito di una signora non voglia concedere il divorzio e questo per me è un problema.-

Joe ride.

-Ti sta a cuore la signora, povero Orazio? E tu il marito ammazzalo. –

-Appunto, Joe.-

I due si guardano negli occhi. Joe Cipolla sta pensando a quante Scaglietti ci sono in giro in ordine, forse nessuna.

-Dove la tieni la Scaglietti, Orazio?

-Qui a due passi, nel garage di casa mia, ho fatto fare un box con la porta blindata. –

-Ascolta Orazio, ora dico alla segretaria di portarti tè e biscottini nel salottino. Sono biscotti fatti in casa con la ricetta della zia Mary. Intanto telefono a ceti amici miei, poi ce ne andiamo a fare due passi fino al tuo garage.-

Orazio si avvia alla porta, ma poi si ferma a metà strada come se si ricordasse di un’ultima  cosa.

-Senti, Joe.-

-Cosa succede?-

-Mi ci fai mettere il limone nel tè. -

 

 

(continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

top