EVARISTA E ZIA ANACLETA -Ma dove vai Evarista?- -Sono intrepida e arrivista Voglio far la giornalista.- -Tua nonna Evelina Coscia lunga e sopraffina Era pure arrivista Volle fare l'artista 'Vado a Pariggi', disgraziata Finì a Torre Annunziata Al Caffè Chantant Tirabusciò E mai più qui ritornò.- -Zia Anacleta, sono in pista Voglio far la giornalista.- -Questa cosa mi rattrista Ti pigliavi il macellaio Non passavo questo guaio. Tengo uno ad Atripalda Che non è una testa calda Che mi ha chiesto per favore A colei che spezzò un cuore Faccia avere il mio formaggio Che a me manca ogni coraggio Lo facemmo al caseificio Con gran gioia e sacrificio.- -Se le scatole mi gira Me ne vado da Al Giazzira.- -Li ci stanno i Mammalucchi Che t'afferrano coi trucchi Poi ti portano in cantina Nella stia con la gallina E se chiedono un riscatto Con che Turco ti baratto? Sono andata a far la spesa Poi passata sono in chiesa. A pregare Sant' Antonio Che si chiami il tuo demonio. Figlia mia senza cervello Nel deserto sul cammello Se di sabbia vien tempesta Tu vedrai che bella festa.- -Non ti mettere paura Che laggiù sarei sicura. Come guida ho il prode Assad Con lui vado a Baghdad Mano ferma e naso fino Ha un cognato di Avellino.-
IL GRULLO E LA GRULLA Un Grullo la venne in città Perché non si sa La vorrei giocare un terno al lotto Dodici, quindici, dumilaotto. La vorrei comprare le scarpe, per favore. Che numero, signore? E perché me lo chiedi? Non vedi? Ho due piedi. Quando ecco appare una sfera Che prima non c'era Dentro c'è un pappagallo Mezzo verde e mezzo giallo Il Grullo piange e si dispera Questo gallo non tira sera Ma son lesto come un lampo E vedrai che il gallo scampo. Questa vita é un grande sballo Pensa intanto il pappagallo Dalla sfera non mi frullo Sono mica un gran citrullo Ma che fa quel pazzo Grullo? Cerca pietra aguzza e nera Che spaccare vuol la sfera D'altro canto Che accade intanto? Da tutt'altra parte intanto la Grulla Davanti allo specchio balocca e trastulla Troppa ciccia ho nel sedere Forse meno dovrei bere Sono troppo ahimè incostante Mi van strette le mutande Io cammino troppo poco E mi mangio pure il cuoco Nelle sere disperate Mi divoro sei cassate Se mi vengono i malori Fò rimedio coi cannoli Voglio uscire, voglio uscire Passeggiare e dimagrire Or mi scelgo le scarpette Queste no, son piccolette Metto questa di gonnella Che la vita mi fa snella Un filino sol di trucco Evitiamo orsù lo stucco
Elisabetta e l'abate Corri, Corri Elisabetta M'apparecchia in tutta fretta Il beato Calimero Mi chiamò dal Monastero E del vescovo m'avvisa Ispezion qui si divisa Corri, corri Elisabetta M'apparecchia in tutta fretta Presto e ben qui si banchetta Con rispetto caro Abate Son finite le patate E del pollo giù in dispenza Non riman neppur l'essenza Ma mia cara Elisabetta Prendi pur la bicicletta Al Villaggio giù discendi Compra scegli spandi e spendi Due baiocchi già dobbiamo A Pasquale l'ortolano Vuol toccare il mio sedere Ferdinando il pasticcere Più nessuno con licenza Ci darà roba a credenza Pur Gennaro macellaro Che credevo tanto caro Si nasconde giù in cantina Per non darmi una fettina M'ha gridato la Bistrocchi Mentre impasta la farina Per li gnocchi dai baiocchi Oppur porta una gallina Il padron del panificio Vuol l'estremo sacrificio Dunque caro e santo Abate Date al vescovo insalate Me ne vado in fede mia A mangiare all'osteria Qualche tenero avventore Avrà un pure un pò di cuore Offrirò le mie violette Per il sugo e le polpette Benedetto san Cirillo Dove ho messo i tacchi a spillo.
I cinque gabbiani Cinque gabbiani sullo scoglio Fiutarono un imbroglio Mi sembra un caso strano- Disse primo gabbiano A me pare un caso tondo- Ribattè gabbian secondo Io mi ci sento perso- Confessò gabbiano terzo Io prendo e me ne parto- Dichiarò gabbiano quarto Chi sa chi lo ha spinto- Domandò gabbiano quinto
La pittrice Cosa c'è mia cara Alice? Voglio fare la pittrice Tu mi compri un gran pennello Ti fo un quadro che è gioiello Figlia cara benedetta Devi fare la calzetta Tu non hai verun talento Su ritirati in convento Mi fai solo scarabocchi Che spaventano i marmocchi Padre mio, padre mio Me ne muoio dal desio Tu mi compri un gran pennello Ti dipingo un Raffaello Padre mio padre mio Me ne muoio dal desio Tu mi compra un gran pennello Ti fo l'acqua sull'ombrello Lascia stare quella tela Maledetta sorte nera Mi mettesti in un inghippo Dipingendo zio Filippo Si sconvolse la famiglia E successe un parapiglia Paga il babbo per la figlia Ma lo zio mi venne bello Con i baffi sul cappello Questa si che è faccia tosta Fai sparire quella crosta Di far quadri il tuo furore A Filippo spezzò il cuore A tal punto fu sconfitto Che mai più pagò l'affitto Maledetto è dal destino Chi moroso ha l'inquilino Giù dal tetto ti prometto Fo' volare il cavalletto Coi pennelli e coi colori Poi di casa tu vai fuori Fai sparir la tavolozza Se no il babbo tuo ti strozza !
Poeta allo stadio in curva Disoccupato il meglio mestiere Altrimenti carabiniere Oppure la puttana Vigilessa Urbana Per non dire la mignotta Poliziotta O il peggio assassino Celerino Da un graffito sulla spiaggia - Riviera ligure di Levante
La legge italiana prevede che ogni accusato di un crimine, che sia innocente o colpevole, deve avere un avvocato difensore. Quale che sia il crimine, piccolo o grande. Se l'accusato non nomina un suo avvocato di fiducia, diciamo così, e' obbligato ad accettare un difensore d'ufficio. Indovinate quale ufficio sceglie il difensore: il pubblico ministero, ovvero l'accusa. Si possono immaginare le conseguenze tragicomiche.
La ballata dell'avvocato La ballata del cantar salato Ovvero dell'avvocato Nominato difensor d'ufficio E costretto a portar cilicio Ma per davvero Dal pubblico ministero E che se mai ti difende Subito se ne pente In quanto mai più Nominato è orsù Qual dolce e bel pensiero Ha il pubblico ministero Che sol nel Bel Paese Ti nomina a tue spese Un difensor che inciampica Col marchio suo di fabbrica
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