Racconti e Favole                                                                                                                                                                                

RACCONTI  

 

                                              TUTTO FINISCE, QUALCHE VOLTA MALE
 Quando Diego Armando Maradona tira l'ultimo calcio di rigore finisce il gioco del calcio. Certo, ancora si tirano calci su tutti i campi dal Perù alla Norvegia, ma il bel gioco é finito. Ogni arte ha la sua epoca.

I russi scrivono ancora, ma l'ultimo grande scrittore russo ha deposto la penna a fine '800.

Hal BarGioco del calcioks guarda sorridendo il suo ultimo disegno e finisce l'epoca d'oro di Paperino e zio Paperone.

Ci saranno ancora Stanllio e Ollio? No, impossibile: Hollywood ha avuto il suo tempo e il suo luogo.

Presto vedremo i campi di calcio in plastica. Le ragazze pon-pon suoneranno la trombetta per fermare il gioco ed entrare in campo: pubblicità dello sciroppo. Gli spettatori saranno pagati per riempire gli stadi e il regista della tv li comanderà: insultare, applaudire, fare la ola, invadere il campo. C'era una volta il gioco del calcio e non si potevano sostituire i giocatori infortunati.  Quando si infortunava il portiere, tra la disperazione dei tifosi e la vergogna degli avversari, il centravanti indossava la maglia nera col numero uno. Tra grandi applausi  il portiere si avviava agli spogliatoi e il centravanti a difender la porta. Il massimo del brivido si poteva ottenere quando poco dopo si fosse azzoppato un terzino avversario. Il difensore veniva spedito all'ala sinistra ove se ne stava  trascurato. Troppo trascurato. Ecco che riceve un lungo lancio in contropiede di alleggerimento, riesce a stoppare  col petto, percorre come Milziade i cinquanta metri che lo separano dalla porta, segna il primo e ultimo gol della sua carriera. Questo era il gioco del calcio e voi che non lo avete visto non sapete cosa è la gioia di sognare. _

 

                                                                                  IL TIFOSO  

La testuggine verde è immobile in mezzo alla strada. Alla fine della partita Giovanni se ne torna a casa a piedi come era venuto. L’ampio viale che dallo Stadio Olimpico  porta al Tevere si gode le evoluzioni aeree degli storni. Al Napoli hanno annullato un gol forse regolare, ma nessuno se l’è presa più di tanto. Gli arbitri si cullano nello scirocco quando la Lazio gioca in casa, lo sanno tutti, niente di personale. Quest’anno la Lazio vince il suo primo scudetto, tutto il popolo romano allo stadio soffia sul pallone verso la porta nemica. Giovanni ha comprato il biglietto dal bagarino sotto ai pini, venti minuti prima del fischio comincia la svendita a prezzi stracciati. Giovanni è favorevole al libero mercato, specie la domenica a quest’ora.

Dentro la testuggine si agita la rabbia e la paura, i ragazzi sono armati solo di manganello, il caposquadra panciuto e baffuto è come un padre – Calmi, stiamo calmi . –

Gorilla sbuca da dietro al pullman. Un pullman pieno di tifosi laziali venuti dalla Ciociaria. Tornano a casa contenti, stasera si canta e si beve, la Lazio ha battuto il Napoli 2-1. Gorilla percorre lento la fiancata del pullman, ora ha trovato il punto giusto e sferra un primo calcio alla lamiera, poi un altro poi un altro. Silenzio. Si sentono le acque del Tevere sotto al ponte. Gli storni seguono il loro caposquadra nel loop, sono a un millimetro l’uno dall’altro non si possono distrarre.

Finito il lavoro, Gorilla  ne va per i fatti suoi, appena uno sguardo dietro, come colui che uscito al mattino dal manicomio criminale d’Aversa voglia rientrare per la cena, ma senza fretta.