Racconti e Favole                                                                                                                                                                                

RACCONTI BREVI                            

              

  Favole

                           La Principessa e il Ranocchio impaziente

-Allora ti decidi a baciarmi, si o no?

Disse il Ranocchio alla Principessa.

Ma la principessa sbuffò come una caffettiera ed alzò le spalle.

-Stamattina ho le labbra screpolate, non è prudente toccare la tua pelle viscida.

-Sono mesi ormai che rinvii con ogni pretesto. Cosa faccio io qua, devo rimanere Ranocchio?

-Ma di che ti lamenti? Ti ho messo nel giardino vicino alla vasca dei pesci rossi. Hai sole, foglie di ogni tipo, una canna su cui dondolarti. Fai una vita da signor Ranocchio, dai retta a me. Cambiare è sempre rischioso. Da Ranocchio a Principe poi, figuriamoci.

-Ma sei impazzita? Io me ne stavo con i miei laggiù nello stagno. Mi hai fatto mille promesse per convincermi a venire qui. Non te lo ricordi come mi dicevi?  ‘E io ti bacerò bel Ranocchio, ti farò diventare un Principe, avrai il tuo cappello con le piume, la spada al fianco. Vivremo felici e contenti ’. Felici un corno, oltretutto l’acqua dello tua fontana non è neanche putrida, non te lo volevo dire, ma mi ci costringi.

-Ma che storie inventi, Ranocchio. Se stato tu a chiamarmi, nascosto sotto una foglia nelle stagno, con quella tua vocina da legnetto che si spezza. Crik, crik, crak, crak, oh principessa baciami ti prego.

-Giustappunto, ti chiamavo per essere baciato, non per essere trascinato qui  come un balocco. Io sono un Ranocchio, non un gatto di casa. Noi ranocchi, siamo una specie selvatica, lacustre.

-Smettila di lamentarti e di chiedere sempre. Sei un ingrato. E io che stavo pensando di iscriverti alla gara di salto. Pensa, se vinci sarai premiato dal Re in persona. Il re ti metterà a capotavola con una coroncina in testa, magari ti assegna anche un piccolo vitalizio. Tornerai da me vincitore, mio piccolo eroe.

Il Ranocchio si sente gelare. Sono queste dunque le Principesse. Donne egoiste, bugiarde, astute. Il povero Ranocchio si sente perduto, prigioniero per sempre. Mai avrebbe dovuto lasciare lo stagno, il crepitio della canna verde che cresce veloce e solo a pochi è dato di udire nel fondo della notte, le larghe foglie umide e fangose, e tutti i mille canti delle creature che si contrappongono al tramonto. Alas, egli ha lasciato tutto questo per uno stupido giardino ritagliato con le forbici. Tradito dall’ambizione.

-Quando mi bacerai, dunque?

-No so, domani, devo riflettere. La tua continua insistenza mi infastidisce.

Ma la Principessa, ha ormai preso la sua decisione, non lo bacerà mai.  Ella ha bene in mente le lettere delle principesse sue amiche, sono piene di lamentele sui principi. Aspasia di Curlandia non fa che piangere perché il suo scende sempre nelle cucine a trastullarsi con le cuoche. Gonerilla di Scozia è piena di lividi, per le botte che prende dal suo ogni volta che spende un centesimo. Sarebbe davvero una imprudenza senza giustificazioni baciare questo Ranocchio e tramutarlo in Principe.

 

                                                                SEDUTI SU UNA NUVOLA

“Mio Signore, mio Re, lasciate che indossi il mio velo di petali di rose e portatemi lassù su quella nuvola.”

“(Ci risiamo con questa storia della nuvola). Cosa mai altro potrei desiderare se non soddisfare ogni vostro desiderio, mia Regina, ma purtroppo stiamo attendendo l’Ambasciatore del Re di Francia, il Consiglio è già riunito sapete.”

“E io il velo di petali di rose quando me lo metto? Una volta ci sono i messi di ritorno, un’altra volta non so che carte da firmare. Adesso basta, o mi portate su quella nuvola o me ne vado in campagna.”

Il Re sbuffa, batte il pugno sulla tavola, non sa che pesci pigliare. La Regina approfitta dell’incertezza del re per tornare alla carica.

“Oh mio Signore, pensate, solo noi due lassù sulla nuvola, a guardarci mano nella mano, a dirci soavi parole, a sognare.”

Dopotutto non è neanche una cattiva idea, pensa il Re. Giusto oggi è giorno di ricevimento del popolo. Non sapessi cosa vogliono, soldi e favori, favori e soldi. Nostro generoso e nobile Re di sopra, nostro beneamato Re di sotto, oggi mi do malato e tanti saluti al popolo.

“ Mia adorata Regina, come avete potuto dubitare. Cosa sarebbe di me se voi andaste in Campagna? Un piccolo passero sperduto nel nido, questo sarei.”

I due ora sono seduti sulla nuvola.

“Mio Signore, mi avete resa felice. Guardate, siamo proprio sulla Piazza del Mercato. Il popolo guarda in su verso di noi, tutti ci amano.”

Tutti li amano?

“Guarda quella bagascia lassù, “ dice la Prima Villica.”Si è messa a prendere il venticello fresco, mentre qui i pomodori sono  a tre scudi.”

“E guarda quell’idiota del Re con la faccia di pesce fracico, “ dice il Primo Villico “Lui mette le tasse e io pago. Le strade sono ridotte a un fango e il signorino spende e spande per farsi venire i petali di rose.”

“Adesso vado a prendere la fionda e gli tiro due sassate in fronte,” minaccia il Secondo Villico.” Li faccio venire giù come tordi e facciamo una bella Repubblica.”

“Però sono così belli e felici, “ sospira la Seconda Villica. ”Vorrei essere lassù.”

Ma si è felici seduti su una nuvola? Il Re pare piuttosto annoiato.

“Mia dorata Regina..”

“Mio unico Signore?”

“Stavo pensando: forse vi farebbe piacere sapere cosa succede in giro per il mondo. Vorreste mandarmi a comprare la Gazzetta?”

(“Adesso ricomincia con la storia di mettersi a leggere il giornale quando stiamo insieme”). Oh, mio Re, parliamo un poco insieme, lo facciamo così di rado ormai.”

Il Re ha proprio voglia di un panino e una birretta chiara e fresca. Stacca un pezzo di nuvola dal lato Nord e comincia a succhiarlo.

All’improvviso un levarsi di grida, una carretto ha preso fuoco giù nel mercato, il somarello alle stanghe grida più dei villici. Sguardi si levano dal basso al Re, che allarga le braccia sconsolato. Allora gli sguardi supplici si volgono alla Regina.

“Forse mia Signora, voi potete mostrare la vostra benevolenza al popolo. Spegner l’incendio da quassù.

La Regina lo fulmina.

“Come osate.”