Racconti e Favole                                                                                                                                                                                

RACCONTI   

L'uomo che si innamorò della sua penna USB  anonimo

 La grande delusione   J G Page

 Shopping     Fort

 A spasso per Alghero  J G Page


 

                                                       L'uomo che si innamorò della sua penna USB  anonimo

Questa è la storia di un uomo che si innamorò della propria penna USB. Appena la comprò capì che aveva fatto un acquisto fantastico.Non potendo più parlare con gli altri, immersi nel loro squallore metropolitano, decise di acquistare qualcosa che potesse traportare i propri pensieri, la propria musica. A tutti quelli che incontrava, in quei cocci di conversazione che gli concedevano, si vantava del suo nuovo acquisto. Ogni tanto la tirava fuori, la girava, la guardava, si divertiva con il pollice a seguire gli spigoli smussati. Si compiaceva nell'ammirare quel bel blu elettrico, di continuo toglieva e rimetteva il tappo divertito dal ticchettio. Un giorno ricevette una telefonata da una ragazza conosciuta qualche mese prima. Non si era più fatta sentire e gli chiese se poteva venire a casa sua. Lui disse - Certo.- Arrivò, le chiese se voleva un the, ma non fece in tempo a far bollire l'acqua che si trovarono subito a letto. Per molte donne il sesso è come l'ombrello, ne sentono la necessità solo quando piove, pensò. Andò in cucina e prese tra le mani la sua penna, si mise a guardarla e rigirarla. Quando giunse la ragazza gli chiese - Che cos'hai? - Sono innamorato - rispose -.
Lei scoppio in  lacrime e scappo via, non sapendo che lui era innamorato della sua USB.


 

                                                          La grande delusione   J G Page

 Sono già due giorni che passeggio davanti al comò facendo finta di cercare qualcosa. Quelle due buste mi occhieggiano senza alcun pudore. Una gialla dalle dimensioni di un libro ed una bianca semplice con qualche timbro postale in più. Mi ricordo quando le ho ritirate dalla cassetta postale; le ho tenute, per qualche istante, tra le mani cercando di percepire la loro essenza. Del resto, come latori del destino felice o crudele di un sogno dovrebbero racchiudere in sé forti emozioni, capaci di oltrepassare la leggerezza ingenua della carta che li ospita.
Non so quando avrò il coraggio di aprirle. Ci saranno sicuramente delle scadenze da rispettare, ma finché rimane celato in una piccola busta... rimane un sogno... una sfida

Da questa donna, Vento d'Oriente, ebbi una delle più grandi delusioni, quando mi rivelò che nella busta c'era l'invito di un Concorso Letterario a mandare una poesia. La sventurata rispose.


 

                                                                                   Shopping     Fort


      Claretta,

ti ricordi quando non avevamo molti soldi ma stavamo benissimo ?Ti ricordi quando dovevi comperarti una camicetta, una gonna, o un pantalone? Una volta deciso e risparmiati i soldi, era una festa ! Aspettavi il sabato con impazienza. Dopo il pranzo pulivi subito, e quindi di corsa in macchina: sei sicuro di avere i soldi con te ? Mi chiedevi tutta preoccupata e con quella ingenuità che ti contraddistingueva, allora; ed io che ti facevo gli scherzi, che facevo finta di averli dimenticati, ecc. Poi un gelato che mangiavi in fretta e quindi a comperare il sospirato oggetto dei tuoi desideri che, durante la settimana, guardavi mentre aspettavi il tram che ti portava a casa dall' ufficio. Era un rito tutto vostro, tuo e della commessa, dal quale io ero tassativamente escluso: come si lava, come si stira, come fare le modifiche. Piccoli trucchi di donne, insomma. Finalmente mi chiamavi per pagare ed assistevi: quasi ti sentivi in colpa per i soldi che vedevi sparire nella cassa. Per strada al ritorno, eri felicissima e, spesso, aprivi il sacchetto per toccare il tuo acquisto, quasi volessi renderti conto che era lì, non era sparito, era tuo. E, guardando lo scontrino, suggerivi che spese non fare nei successivi giorni per ammortizzarne il costo.Tutto il pomeriggio era dedicato alle modifiche, lavaggio, stiratura, prove ecc. ecc.

Infine, ti presentavi da me e chiedevi: è vero che mi sta benissimo ?

 


 

Ma, si amica mia, allora ti stava bene anche un banale straccio da cucina. Potevi mettere qualsiasi cosa.

Sabato siamo andati a fare compere, hai comperato un sacco di roba e mentre pagavo tu eri già uscita e guardavi, annoiata, in giro. La roba messa nel portabagagli svogliatamente, hai voluto bere un caffé e, senza fretta tornare a casa. Era di primo pomeriggio.

A sera, non avevi ancora aperto i pacchi. Li hai aperti solo la domenica e, sempre di pomeriggio.

Così non vale, non è bello. Era molto più bella la festa di allora, adesso non vi è festa, è tutto così banale, quasi un fastidio, una incombenza da assolvere per  non pensarci più.


 

 

                                                       A spasso per Alghero  J G Page

-Ciao Betsy, cosa ne dici di andarci a bere qualcosa di fresco? Conosco un posto tranquillo qui vicino. Ci vado sempre.

-No grazie Robin, grazie di cuore, lo sai che non posso.

-In nome del tempo andato, Betsy.

-Non mi tentare Robin, lo sai che ci potrebbero vedere insieme.

-E’ per via di quel bastardo che adesso ti gira intorno, non è vero?  Suppongo che ti faccia qualche regaluccio di tanto in tanto, ti butta un osso come si dice.

-Suvvia Robin non dirmi che sei ancora geloso, è passato così tanto tempo. E poi tu sei un tale vagabondo indipendente.

-Non avrei saputo darti sicurezza, è questo che vuoi dirmi, Betsy.

-Via Robin lasciami andare ora, ci si rivede domattina, lo sai che sono sempre qui in giro la mattina.

-A domani Betsy.

 

Robin non sta neanche ad aspettare la risposta. Che se ne vada con chi gli pare quella cagna spelacchiata, quanto a me mi piace essere libero, avere i miei amici, andare dove mi pare. E poi è così ingrassata, ingrassano tutte, dove è la sua piccola Betsy che lo rincorreva sulla spiaggia per spingerlo tra le onde, e poi tornare tutta bagnata e felice al sole, si lasciava mordere le orecchie senza fare tante storie allora, come si dice.

Al diavolo le femmine, vuoi mettere un bel paio di salsicce di maiale. Robin è arrivato davanti al suo macellaio, scosta la tendina parasola di stecche, si affaccia e guarda dentro, il macellaio sembra che lo aspetti, come al solito d’altronde, ma che diavolo ha da allargare le mani sconsolato.

-Mi spiace Robin, le salsicce di maiale mi sono finite ieri sera, ma oggi me ne arrivano di sicuro. Dovresti ripassare più tardi.

All’inferno, non ne va bene una stamattina. Meno male che l’aria è cosi calda, ti avvolge, ti dice di lasciar perdere e di andare avanti per la tua strada, anzi meglio se ti fermi al fresco.

Ma di nuovo il maledetto profumo di femmina, la vetrina con tutte le mutande da donna non manca di attirare l’attenzione di Robin come al solito.  Segue la scia del profumo che viene dall’interno.

-Ehi, Robin, non vorresti comprare un regaluccio per la tua Betsy, vieni qui che ti faccio vedere qualcosa di speciale.

La commessa e Robin sono amici. Ma Robin ha visto una grassona che si infila nello stanzino delle prove, gli piacciono le forme tonde, quasi quasi si potrebbe dare una sbirciatina, vediamo cosa si prova la cicciona, forse un busto di stecche di balena.

Un grido orrendo squarcia l’aria immobile, la cicciona si è accorta di Robin nello specchio.

-Buttate fuori di qui questo bastardo .

Robin se la svicola fuori, oltretutto gli sta venendo appetito, per fortuna sente il fischio di richiamo e vede arrivare la macchina bianca.

-Svelto Robin salta su, andiamo a casa.

Meglio non farselo dire due volte, però meglio salire con indifferenza, mai far vedere che hai bisogno. Robin da una strusciatina alle cosce della tipa che se lo è preso in casa. Speriamo che non ci siano polpette con gli avanzi._