Il nostro arrivo

23/03/95: una tiepida giornata di primavera

Questa è una data che per 112 "baldi giovani" quasi tutti italiani (ricordiamo l'irlandese Chicca, lo zairese-sardo-bresciano Piliu, l'allievo Cervello proveniente dalle isole Bermude e l'allievo Pizzo di Cinisello Balsamo (MI) che vagamente ricorda un iracheno) rappresenterà una delle giornate più drammatiche della loro esistenza paragonabile solo a qualche racconto dei loro nonni: i ragazzi del '99.

Quel giorno nasceva a Sabaudia il 159° Corso A.U.C. della S.A.C.A. che più tardi avrebbe preso il fierissimo nome KRATOS. L'Esercito partecipava questo evento ai suddetti 112 eletti inviando loro un simpatico bigliettino azzurro con l'invito a presenziare alla cerimenia che aveva inizio alle ore 12:00 ed addiruttura pagando anche il viaggio. L'invito veniva accolto con lacrime di commozione e gioia da 112 x 2 = 224 mamme e fidanzate degli invitati. In particolare la fidanzata dell'allievo Lanza si affacciò al balcone gridando: 'E' arrivata una cartolina!!!!". (Vedi performance dell'allievo Veggetti al Giuramento).

Nonostante la perfetta organizzazione logistica (treni, autobus, ACM...) gli invitati si presentarono alla spicciolata a partire dalle ore 8:00 del 23 fino alle 23:00 del 27/03 (vedi allievo Vinciguerra). Subito i primi arrivati si accorsero che il neonato non aveva alcuna sembianza umana, ma era un vero e proprio mostro da guerra tenuto a bada da 13 Cerberi addestrati e temprati da macchina da guerra (ex mostro) anziana. I 13 Inquadratori si riconoscevano per un cordino giallo al braccio e soprattutto per gli occhi iniettati di sangue. Questi 13 li ricorderemo come "incubo ciustode": credevamo facessero a gara tra loro per dimostrare chi fosse il più cattivo, ed in realtà era proprio così.

I primi passi furono forieri di ciò. Dalla porta centrale al cortile di gruppo con tutti i bagagli nella mano, ovviamente la sinitra. Bagagli stracolmi di tutte le attenzioni della mamma; il più ardimentoso (l'AUC Varrucciu) portava seco un monoblocco in acciaio temprato che spacciava per valigia Sansonite: ancora oggi ci chiediamo che fine possa aver fatto. Probabilmante à stata fatta brillare ai Pantani d'Inferno durante le esercitazioni di lancio con la bomba. Una volta dentro il danno era fatto, non restava che voltarsi e salutare per l'ultima volta il mondo civile, quindi ci rivolgevamo con un sorriso tra l'indulgenza e la riconoscenza a questi gentilissimi personaggi messi a nostra disposizione dall'E.I.. A tal gesto l'immancabile risposta era un sonoro "Che Cazzo ride?".

Da quel momento in poi era un sussseguirsi in crescendo di insulti, offese e cazziatoni. A questo punto ci accorgemmo che il soggiorno all'Hotel Scatraz non sarebbe stato così rilassante; sospetto confermato anche dal temibile motto che sovrasta la palazzina comando in tranquillo stile "liberty": "CONTRO L'ALA NEMICA ADDESTRO E TEMPRO". "Ma io non voglio essere temprato" e uno su tutti "Ma chi mo' fà fà!" (Come diceva l'allieva Tango).

Il serpentoneIl tragitto dalla porta centrale al cortile di gruppo rispecchiava in pieno l'architettura della caserma: solo angoli retti. Il camino, durato in realtà pochissimi minuti perchè fatto al passo dei marciatori, a molti, di noi sembrò un'eternità, durante la quale scrosero veloci nella nostra mente i fotogrammi della vita civile più o meno felice che avevamo abbandonato: addio mamma, addio fidanzata, addio amici!

Da quel momento diventarono importanti per noi solo tre cose: la presentazione urlata a squarciagola cui seguiva l'immancabile urlo dello scelto "Non si sente!", la sesta mattonella del corridoio di batteria per le adunate ed il rispetto per la vecchia (158° corso) che si saluta ma non si guarda.

Allineati in cortileArrivati all'interno del cortile di gruppo trovammo i nostri compagni di sventura. Dal perfetto allineamento e della terrificanti espressioni che devastavano i loro occhi sbarrati (restringimento della pupilla, respiro affannoso, tachicardia, ipersecrezione delle ghiandole salivari e nasali) pensammo di essere arrivati in un campo di concentramento dove si sperimentavano gli effetti dei gas nervini (precisazione: non sano gas ma liquidi).

A quel punto iniziò il conto alla rovescia per le ore 12; nell'attesa ci vennero confermati verbalmente dagli scelti i nostri sospetti iniziali: non ci sarebbe passato un cazzo!

Alle ore 12:00 cominciammo ad orbitare per la caserma con lunghissime code ben serrate: non si passa tra le file AUC. Dopo averci "gentilmente" assegnate le nostre camerette (che non erano, come molti pensavano, singole con bagno) ci hanno comodamente sistemato sul riposo formale a destra del posto branda, in attesa di qualche nuova tortura espletatasi: in coda di attesa dal barbiere, coda di attesa per la prima vestizione, coda di attesa per la seconda vestizione, in coda d'attesa per l'informeria, coda di attesa per la coda di attesa..... Il tutto rallegrato da urla continue, cazziatoni e presentazioni. Con queste attese arrivammo all'ora di cena, dopo la quale ci vennero presentati i due lementi che avrebbero suscitato in noi sentimenti di amore-odio e che evrebbero reso elettrizzanti i nostri risvegli: il COPERTINO ed il CUBO.

Qualcuno pensò ad uno scherzo, qualcun'altro chiese le istruzioni per l'uso, qualcun'altro scoppiò in lacrime. La prima sera trascorse con l'esercitazione cubo al termine della quale si presentò agli inorriditi occhi degli scelti un'inaudita schiera di mostruosi artefatti: tetraedri, esaedri, eptaedri ed alcuni incredibili dodecaedri. Tutto questo durò fino a circa mezzanotte, quando ci furono lasciati pochi secondi per coricarci: molti andarono a letto completamente vestiti, alcuni addirittura con le scarpe. Dopo alcuni minuti gli scelti passarono a darci la buonanotte: "Buona notte sassolini" alla quale occorreva rispondere: "buona notte grande roccia". Il sonno fino all'alba trascorse in un baleno. Il risveglio del secondo giorno può essere descritto con una sola parola "TRAUMA".

Urla e terribile frastuono di lamiere percosse ci strapparono agli affetti domestici cui eravamo ricongiunti in sogno e ci riconsegnarono alla dura realtà. Venne sconvolto uno dei riti quotidiani di molti di noi: caffè a letto, seduta in bagno di mezz'ora con Gazzetta dello sport, rasatura della barba con radiolina accesa. Tutto questo venne compattato in cinque (5!) minuti netti con il risultato di avere in inquadramento all'alzabandiera un considerevole numero di sfregiati e ricoverati in infermieria ad un allievo direttamente associato all'AVIS.

Scosso da questa scena l'allievo Petri Biagio sui produsse in una fantasmagorica presentazione definendosi "I compartimento AUC", sperando di essere aggregato alla Polfer. Eravamo talmente "scandali" che non ci fu permesso nemmeno di guardare la bandiera durante l'alzabandiera! Le giornate scorrevano (si fa per dire..) tra adunate, attese sul riposo formale o formalissimo e nei momenti liberi il sollievo: finalmente a marciare. Si vedevano robottini e Big Jim di varie specie; i più eclettici riuscivano a marciare portando avanti gamba e braccio dello stesso lato, dei portenti di coordinazione. Visto che eravamo stati così bravi ci guadagnammo come ricompensa la possibilità di parlare con una voce amica tramite telefono (Meucci, che tu sia benedetto!). Durata della chiamata: 50 secondi circa, frase di rito obbligatoria: "Sto bene, tutto a posto". E poi lacrime tenute a stento. Al ritorno dalle cabine ci aspettava un trattamento stile forche caudine: i poveri zanzoni in colonna costretti a passare nel tunnel della vecchia con tutti che pronunciavano la lettera più famosa della SACA: Z e noi come degli emeriti imbecilli intenti a salutare senza guardare, completamente rimbecilliti dal frastuono di 100 "ZZZZ...", tornavamo in batteria per allenarci per un nuove torneo di cubo-branda. Questo torneo è molto perticolare perchè tutti vincono, ed il premio è una mezz'ora di riposo formalissimo a destra del posto branda. Il premio, normalmnete di un quarto d'ora, era stato reso più consistente grazie ad un fantomatico campioncino che aveva dimenticato la maschera anti-NBC sul davanzale della finestra.

E fu sera e fu mattina: 3° giorno. Forti dell'esperianza del primo risveglio decidemmo di prepararci psicologicamente svegliandoci 5 minuti prima, stando però con gli occhi sbarrati nel letto ad origliare i vigliacchi preparativi di agguato degli Scelti. Un'altra splendida giornata alla SACA ci aspettava trascorsa la quale gli Scelti decisero, non sappiamo se per compassione o per necessità di convivenza, di bonificarci. La bionifica consittette in una "breve" doccia: immediata e rapida saponatina, spruzzatina d'acqua e fuori in 45 secondi di cronometro! Così rinfrescati eravamo pronti per lanciarci alla conquista di Sabaudia: infatti ci attendeva l'agognata libera uscita. Sembrava una liberazione ma in realtà era solo l'ennesima tortura. Ci fu imposto un comportamento rigidissimo: bisognava salutare tutto e tutti, anche i cani, non si potevano tenere la mani in tasca e non ci si poteva appoggiare ai muri alle cabine, a niente! Per sabaudia camminavamo a gruppi di 8, 16, 24, 32.. salutandoci anche tra noi (ancora non ci conoscevamo tutti, anzi molti di noi riconoscevano a stento il compagno di lato, ma ricordavano perfettamente il volto del compagno di fronte per averlo fissato per ore ed ore durante i periodi di riposo formalissimo a destra del posto branda, peggio era chi aveva di fronte solo i 42 buchi dell'armadietto) percorrendo itinerari obbligatori con divieto assoluto, anche di transito, davanti al Mon Caprice e all'Happy Days.

Il punto di arrivo comune era il ristorante "La Terrazza" dove il gestore con intuito fuori dal comune aveva preparato tavoli da 8 posti. Ci attestammo ai tavoli muniti di tutto il materiale necessario per le pulizie di campata, tra cui ingombranti ed imbarazzanti secchi con spazzoloni. Ai lavandini c'era una lunghissima fila e si potevano ammirare persone lavarsi di tutto, dai denti (non ci era stato permesso per 3 giorni) ai piedi! Il rientro era stato fissato dagli scelti alle ore 21:15. Schierati in adunata nel buio della notte di fine marzo, subimmo un pesantissimo cazziatone dagli scelti, perchè come al solito non ci avevamo capito un cazzo e non avevamo rispettato le loro ferree regole imposte. Il rientro in batteria si svolse infine con un lunghissimo e velocissimo serpentone che si arrotolò più volte all'interno del cortile di gruppo provocando non poche cadute. Naturalmente anche la buona notte non fu delle più affettuose, ma fu resa più leggera dal pensiero che ci attendeva il sospirato week-end.

Rilassati da un sabato e da una domenica, giunse un pesantissimo lunedì, seguito da altrettanto pesanti martedì e mercoledì, giorno che segnò la fine del nostro idilliaco rapporto con gli Scelti. Un commovente discorso di commiato da parte del lunghissimo Capocarro (anche Capocorso) ed un applauso liberatorio da parte nostra furono il segno che il 159° corso AUC iniziava a camminare da solo...


Questo brano è tratto dal Numero Unico del 159° corso AUC Kratos.

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