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Riceviamo dalla nostra inviata a Berlino e pubblichiamo -
The Corporation Regia: Jennifer Abbott, Mark Achbar Passaggio (storico oltre che ideologico: questo sembra
essere il presupposto di the corporation) dalla libertà del cittadino,
nell'ambito di leggi volte a tutelare il bene pubblico, all'arbitrio sfrenato
di pochi padroni dell'economia che gestiscono di fatto lo stato: quest'ultimo
è piegato all'interesse di pochi, fa l'interesse di certi gruppi
(sotto la moderna lobby si nasconde, infatti, un corporativismo medievale)
anziché l'interesse della comunità sociale, del corpo civile. Se ne tratteggia il profilo psicologico. diagnosi finale: psicopatia. La corporation, se fosse una persona (oltre che una persona giuridica quale di fatto è), avendo dato prova di insensibilità ai sentimenti altrui, di incapacità a stabilire rapporti duraturi o di sentirsi responsabile di alcunché, essendosi dimostrata inoltre incline alla menzogna, considerato tutto questo non potrebbe che essere uno psicopatico. Il paragone è esplicito, struttura una parte del film, la parte destruens, la parte critica. poi c'è la parte costruttiva, quella di sprone allo spettatore, con tanto di michael moore che si augura di aver contribuito alla sensibilizzazione collettiva. ma a parte l'esplicito appello finale, il dubbio di una responsabilità minore e collettiva si insinua ben prima in ognuno di noi: anzitutto in quanto noi siamo persone e siamo dunque passibili di catalogazione psicologica. Possiamo porci le stesse domande che hanno aiutato i
registi a definire moralmente e psicologicamente la società di
capitali, in particolare possiamo chiederci fino a che punto ci sentiamo
responsabili. questa è una domanda cui è difficilissimo
rispondere soprattutto, immagino, se si è occidentali: se si è
cioè abituati a pensare a ogni gesto parziale come a un tutto,
se non si è quindi per struttura mentale inclini alla connessione
causale ed effettuale, se si ignorano per abito mentale presupposti ed
effetti delle proprie azioni. bene. non così scopertamente, non
in maniera didascalica certo, però non c'è dubbio che in
qualche modo anche lo spettatore, il cittadino-spettatore è portato
all'autoanalisi, è "bersaglio" di un'accusa, è
chiamato a prendersi le proprie responsabilità: non è solo
una vittima, ma soprattutto un eroe potenziale. Può riunirsi in
assemblea e tentare di limitare l'espansione delle corporation nello stato
cui appartiene, può dimostrare, può testimoniare personalmente
davanti alle telecamere di essere la prova vivente dello sfruttamento
di molti a vantaggio di pochi, può scendere in piazza per riappropriarsi
del suo diritto all'acqua. oppure può ritenersi un ottimo lavoratore,
uno che fa esattamente quello che gli viene chiesto e per cui viene pagato:
un ottimo lavoratore, un esecutore esemplare, dimentico per un istante
(per una vita) di essere in realtà una persona, dimentico, per
una grossissima svista, di non essere solo un ruolo, ma una coscienza,
un cittadino, un uomo. |
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La nostra critica scrive delle cazzate?
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Credits
L'oggetto del desiderio, Hollywood parti, party, part one, part two, la Cecenia e l'Inguscezia, Thelonious Sphere Monaco e tutta la combriccola, tutti quanti, tutti quanti, il mattino ha l'oro in bocca, all job and no play?